venerdì 2 agosto 2019

Mercati in frantumi e valute fiat fragili





di Alasdair Macleod


Vi sono segni più che evidenti del fatto che il rallentamento economico globale sia ormai una realtà. Come nel caso del 1929, con la combinazione tra il picco del ciclo del credito e il protezionismo commerciale dello Smoot-Hawley Tariff Act, oggi ci ritroviamo in condizioni simili e ciò rappresenta una seria sfida economica per il sistema monetario post-Bretton Woods. Pertanto dobbiamo tenere a mente le conseguenze se la politica monetaria non riuscirà a contenere la recessione e si trasformerà in un vero e proprio crollo economico. L'autocompiacimento di mercati ormai in frantumi non è più un'opzione, con l'aumento dei prezzi dell'oro e di bitcoin che segnalano la prospettiva di un nuovo round di svalutazione monetaria per evitare di far emergere le distorsioni del mercato. Questo articolo mostra perché questo risultato potrebbe indebolire fatalmente le valute fiat e pone enfasi sulle alternative: bitcoin e oro.



Introduzione

Mai in tutta la storia economica registrata i mercati finanziari sono stati così distorti. Abbiamo visto l'Unione Sovietica e anche la Cina di Mao tentare di fare a meno dei mercati e fallire, affamando e massacrando milioni di loro cittadini nel processo. I Romani iniziarono un lungo periodo di svalutazione monetaria e durò da Nerone a Diocleziano, che scrisse i prezzi sulla pietra nel vano tentativo di controllarli. Mentre l'impero romano era il mondo conosciuto all'epoca, era essenzialmente limitato al Mediterraneo e all'Europa. Successivamente sono state registrate oltre cinquanta istanze di collasso monetario completo, la stragrande maggioranza avvenuta negli ultimi cento anni, portando al dissesto le società coinvolte. E ora potremmo essere di fronte al coinvolgimento del mondo intero, il peggior sconvolgimento economico mai visto.

Ci siamo abituati ai cicli del credito, alimentati dalla riserva frazionaria, sin dal Bank Charter Act del 1844, che legalizzò il sistema bancario a riserva frazionaria. Un ulteriore impulso è stato dato dalle banche centrali dagli anni '20 in poi. Ci siamo così abituati che ora ci aspettiamo che le banche centrali emettano e controllino i nostri soldi e si preoccupino solo quando pensiamo che potrebbero perdere il controllo. Nei loro sforzi per soddisfare il mandato che si sono auto-consegnate, le banche centrali intervengono sempre di più ad ogni ciclo del credito.

Il nostro compiacimento si estende ai prezzi, in particolare per quanto riguarda lo scambio e la valutazione dei beni capitali. Ora ci sono circa $13.000 miliardi di obbligazioni a rendimenti negativi. Raramente prestiamo piena attenzione a questa stranezza, ma i rendimenti negativi non sono mai la conseguenza di prezzi di mercato bensì di distorsioni monopolistiche. La BCE, la Banca del Giappone e la Banca Nazionale Svizzera impongono tutti tassi d'interesse negativi, nonché la Riksbank svedese e la Banca Nazionale della Danimarca. La BCE controlla la valuta e le finanze della più grande area economica del mondo e la BoJ quelle della terza economia più grande del mondo. In Danimarca i creditori offrono addirittura mutui a rendimento negativo: in altre parole, i danesi vengono pagati per accendere prestiti a tassi d'interesse negativi. I titoli di stato decennali emessi da Germania, Giappone, Svezia e persino dalla Francia hanno rendimenti negativi. Tutti i titoli di stato danesi hanno rendimenti negativi.

I rendimenti negativi si basano sulla preferenza temporale e quest'ultima fa riferimento al fatto che preferiamo il possesso attuale al possesso futuro, per ovvi motivi. Quindi quando ci separiamo dal nostro denaro, lo facciamo sempre ad un prezzo sul rimborso atteso, cosa che si trasforma in un tasso d'interesse positivo. L'idea che qualcuno ceda il proprio denaro per ottenerne meno indietro in una data futura, è semplicemente pazzesca.

E questa storia diventa ancora più bizzarra. Il governo francese ha debiti pari al PIL dell'intera Francia e non ha affatto un rischio di credito molto buono, malgrado ciò viene pagata dai creditori affinché possano comprare i suoi titoli di stato. Solo il quaranta percento della sua economia è la base fiscale produttiva per un governo spendaccione e spregevole. Un osservatore indipendente chiamato a valutare il ​​debito pubblico francese, difficilmente potrebbe classificarlo come investment grade nel senso proprio del termine. Ma non secondo i mercati obbligazionari e non secondo le agenzie di rating che gli investitori di oggi seguono pedissequamente.

Ci sono un certo numero di spiegazioni per questa follia. Oltre alla compiacenza e alla psicologia degli investitori, la distorsione più ovvia è la regolamentazione. Gli investitori, in particolare i fondi pensione e le compagnie di assicurazione, sono costretti dai propri regolatori ad investire quasi tutti i loro fondi in investimenti regolamentati. I loro funzionari, che sono burocrati sponsorizzati dallo stato, controllano il processo decisionale di investimento. I gestori di portafoglio sono diventati pazzi, gestendo capitali con poche opzioni rimaste tra cui scegliere.

Inoltre, con i loro bilanci altamente orientati, le banche con licenza statale conformi a Basilea II e III sono spinte verso asset "privi di rischio", che secondo le autorità di regolamentazione sono il debito pubblico. Le agenzie di rating sono parte integrante di questa finzione. Ad esempio, Moody's valuta la Francia come Aa2, debito di alta qualità e soggetto ad un rischio di credito molto basso. Questo per un Paese senza la propria moneta da inflazionare per ripagare il debito. Abbastanza basso per i rendimenti negativi? Abbastanza basso per essere pagati se si vuole prendere in prestito?

In Giappone il rapporto debito pubblico/PIL è ora superiore al 250%. La Banca del Giappone mantiene un tasso di riferimento di -0,1% e il rendimento dei titoli di stato a 10 anni è -0,16%, ponendo la curva dei rendimenti in territorio negativo. Non solo, ma la Banca del Giappone ha acquistato ¥5.600 miliardi di ETF lo scorso anno. Questo ha portato la sua partecipazione totale a ¥29.000 miliardi, il 5% della Prima Sezione della Borsa di Tokyo. Gli acquisti dello scorso anno hanno assorbito tutte le vendite estere di titoli azionari giapponesi, quindi erano chiaramente finalizzati a manipolare il mercato azionario piuttosto che una sorta di manovra monetaria.

Non è solo la Banca del Giappone, ma anche la Banca Nazionale Svizzera. In base alla sua relazione annuale e ai suoi conti, alla fine del 2018 deteneva in tutto il mondo $155 miliardi in azioni, pari al 21% delle sue riserve estere. Possiamo capire bene dove si sta dirigendo la politica monetaria delle banche centrali e non dovrebbe sorprenderci se gli acquisti azionari diventano un mezzo diffuso per manipolare i mercati azionari e aumentare la base monetaria.

I fondi sovrani, che sono fondi pubblici che devono la loro origine all'inflazione monetaria attraverso le borse estere, hanno investito un totale di quasi $2.000 miliardi in azioni quotate. Mentre questo numero è solo il 2,5% della capitalizzazione di mercato totale dei titoli quotati in tutto il mondo, rappresentano un elemento significativo nella determinazione dei prezzi marginali, in misura maggiore in alcuni mercati rispetto ad altri.

Tra di loro le banche centrali ed i fondi sovrani che acquistano azioni in quantità crescenti ampliano ulteriormente la portata del quantitative easing. I banchieri centrali ora hanno una base per redigere documenti neo-keynesiani sull'argomento, dando la possibilità ai politici di prendere provvedimenti ancora più radicali per perseguire i loro interventi.

Il controllo statale sui fondi del settore pubblico e privato, unito all'espansione del credito bancario, ha abbassato artificialmente i costi del debito pubblico e sembrerebbe che i governi siano ora in grado di emettere quantità illimitate di debito a rendimento zero o negativo. Fintanto che verrà immessa una quantità sufficiente di denaro e di credito, sarà usata come un finanziamento senza costi. Non importa quanta distruzione economica pioverà sui principali investitori del settore privato, come i fondi pensione, i cui deficit attuariali sono già in crisi. Non importa quanta distruzione economica pioverà sulle finanze dei fondi assicurativi, in cui i premi sono normalmente integrati da buoni rendimenti del portafoglio obbligazionario. Basta dare la colpa alle compagnie di assicurazione per l'addebito di premi più alti.

È questa ora la domanda chiave: stiamo entrando in una nuova fase di bassa inflazione, o ci stiamo dirigendo verso una mega-crisi, possibilmente distruttiva dal punto di vista sistemico?

Se la risposta è quest'ultima, ci saranno molte cose che andranno storte. La Banca dei Regolamenti Internazionali, la banca centrale delle banche centrali, è certamente preoccupata. Solo questa settimana ha pubblicato la sua relazione economica annuale, in cui si dice: "La politica monetaria non può più essere il motore principale per la crescita economica". Per mantenere alto il morale, però, chiede riforme strutturali per aumentare la spesa pubblica per le infrastrutture. Tradotto: la BRI sta dicendo che si potrà ottenere poco allentando ulteriormente la politica monetaria, quindi presidenti e primi ministri, è tutto nelle vostre mani. È possibile creare risparmi rendendo lo stato più efficiente e spendendo di più per le infrastrutture.

Mentre la BRI si lava le mani del problema, la storia e la ragione ci dicono che un maggiore coinvolgimento dello stato nei risultati economici non farà che peggiorare le cose. È nella natura della burocrazia essere economicamente dispendiosa, perché il suo scopo principale non è l'uso efficiente delle risorse di capitale. E mentre il risultato, che si tratti di una nuova ferrovia ad alta velocità o di un ponte verso il nulla, può essere un risultato visibile, non cattura il costo reale per l'economia: deviare le risorse economiche laddove sono più domandate e dove sarebbero messe ad uso migliore.



Ascoltate il messaggio dal ciclo del credito

Gli investitori ottimisti dovrebbero notare che siamo già molto avanti nel percorso del nostro declino economico, il che etichetta le valutazioni finanziarie come fasulle. In seguito alla crisi della Lehman, l'espansione del denaro e del credito hanno alimentato l'inflazione degli asset, creando l'illusione di prospettive commerciali migliori. La soppressione dei tassi d'interesse è stata la spinta alle imprese affinché investissero nella produzione. Il deficit di bilancio pubblici hanno creato ulteriori spese. Gli economisti mainstream dicono che è tutto per rianimare gli spiriti animali, ma hanno incoraggiato le imprese ad inseguire un miraggio e mentre avanzano verso di esso sembra sempre un po' più lontano, fino a quando non scomparirà del tutto. Le aziende che facevano affidamento sul miraggio dello stato scopriranno che si trattava solo di un'illusione.

Per quelli di noi che lottano per preservare i propri risparmi, l'effetto dell'inflazione monetaria sui prezzi finanziari è tutto ciò che conta. Il potere d'acquisto della valuta in cui misuriamo i nostri risparmi è una considerazione comunemente trascurata, una questione di grande importanza invece in periodi di alta inflazione monetaria. Sfortunatamente è un effetto che non può essere misurato, ma questo non impedisce agli statistici di persuaderci che possano farlo comunque. Anche se sono accettate senza riserva dagli analisti finanziari, le statistiche ufficiali sull'inflazione dei prezzi sottostimano l'impoverimento progressivo dei consumatori a causa della svalutazione monetaria. Da quando è stata adottata questa disonorevole manipolazione delle statistiche, gli stati si sono trovati di fronte ad una scelta: o confessare l'inganno e proteggere la valuta da ulteriori svalutazioni, o come ogni imperatore romano che seguì Nerone, continuare a svalutare la moneta finché gli sciocchi crederanno nel suo presunto valore.

La crescente disonestà della manipolazione statistica è un ulteriore fattore da tenere in considerazione quando si osservano i cicli del credito. Fa parte di una politica atta a nascondere il fatto che stanno peggiorando: i policymaker sostengono di migliorare il loro controllo sugli eccessi dei mercati sopprimendo le prove che vanno in senso contrario.

I cicli del credito sono peggiorati sin dalla crisi inflazionistica degli anni '70, la quale fece seguito all'abbandono dell'accordo di Bretton Woods nel 1971. Le banche centrali hanno progressivamente svalutato le loro valute durante i cicli successivi, costringendoci ad un inevitabile grande crash.

Quelli di noi che non si crogiolano nell'illusione della MMT e della teoria keynesiana e monetarista, hanno sempre saputo che un giorno sarebbe arrivato suddetto crash. La fine dell'accordo di Bretton Woods è stato un evento in un ciclo più ampio di interventi e fallimenti statali. Von Mises sapeva che sarebbe successo, e spiegò il perché nel suo The Theory of Money and Credit, pubblicato per la prima volta in tedesco più di cento anni fa. Dieci anni prima che accadesse, predisse il crollo del marco e di altre valute europee nei primi anni '20. Da allora abbiamo dimostrato che abbiamo imparato poco.

È come vivere sulle pendici di un vulcano, sapendo che è certo che un giorno erutterà. Gli ottimisti scommettono che la montagna di debito a rendimento negativo non è il biglietto da visita del grande crash.



Protezionismo commerciale e ciclo del credito

Finora ho descritto gli squilibri nei mercati finanziari, evidenziati in questo ciclo del credito da crescenti quantità di debito a rendimento negativo. Ma l'anno scorso è sorto un ulteriore problema attraverso i dazi commerciali americani, che ora si combinano con il picco del ciclo del credito.

Nel 1929 lo Smoot-Hawley Tariff Act divenne legge alla fine dell'espansione del credito degli anni '20 e la combinazione delle due cose portò al crash del 1929 e alla depressione che ne seguì. Indubbiamente c'erano altri fattori che peggiorarono la situazione rispetto a quella che sarebbe stata altrimenti, principalmente i disastrosi tentativi del Presidente Hoover di intervenire nell'economia. Oggi l'intervento statale è molto più pervasivo e ha il potenziale di peggiorare le cose.

Non si può presumere che i mercati azionari di oggi possano scendere di nove decimi, come nel caso tra il 1929 e il 1932. Allora i prezzi erano misurati in oro al tasso fisso di $20,67 l'oncia. Oggi le valute sono totalmente scoperte e il prezzo di qualsiasi asset finanziario rifletterà le variazioni di valore sia dal lato del denaro che dal lato dell'asset stesso. Tuttavia è ancora probabile che le azioni possano essere liquidate durante una grave recessione. A questo si aggiunge un potenziale problema di ETF, in cui l'unico interesse degli investitori è quello di un mercato bullish e non dei singoli investimenti. Non appena la popolazione comprenderà le condizioni reali del mercato, possiamo aspettarci che liquideranno gli ETF legati agli indici azionari.

In un primo momento la fine di un periodo prolungato di espansione del credito sembrerà agli occhi degli investitori non tanto peggio di una normale flessione (nulla che la politica monetaria non possa risolvere). È certamente possibile che il barattolo possa essere calciato ancora una volta lungo la strada. Se ciò fallisse, si innescherà una seconda fase della psicologia degli investitori che anticiperà una recessione globale e una consapevolezza che la politica monetaria non riuscirà a fermarla. I mercati azionari dovrebbero quindi iniziare a calare sul serio. Ci si può aspettare che anche i prezzi delle proprietà calino significativamente, data la leva del debito ipotecario.

Se succederà, quasi certamente ci sarà un abisso finanziario in cui finiremo tutti noi. Lo abbiamo già visto: nel gennaio 1975 nel Regno Unito, dopo che il mercato azionario scese del 73% rispetto al picco del 1972. Ci fu un momento simile in America nel 2002, quando Alan Greenspan lo invertì intervenendo. E durante la grande crisi finanziaria c'è stato un altro di questi momenti, ancora fresco nelle nostre menti. La soluzione è sempre stata più interventismo delle figure istituzionali (stato, banca centrale, grandi banche commerciali e fondi pensione e assicurativi), agendo insieme dietro le quinte per ripristinare la fiducia. Possiamo essere sicuri che verrà scelta di nuovo la coercizione statale per rinvigorire la fiducia se la situazione dovesse degenerare anche stavolta.

Se il tentativo di ripristinare completamente la fiducia non otterrà risultati, le finanze pubbliche si deterioreranno ulteriormente e verrà impiegata inflazione monetaria su scala più grande di quella che abbiamo visto finora. Inondata di denaro fiat, la maggior parte delle economie sperimenterà quindi una crescente inflazione dei prezzi che non potrà più essere mascherata dalle statistiche ufficiali. Per proteggere le valute fiat e riflettere la crescente preferenza temporale dei mercati, sicuramente seguiranno tassi d'interesse più elevati.

In un simile ambiente economico, il sistema bancario mondiale sarà sottoposto ad enormi pressioni ed aumenterà il rischio di un crash sistemico. Anche se non sarà mai troppo tardi per cercare alternative ai depositi nel sistema bancario, è molto meglio cercarle prima che si possa vedere una crisi all'orizzonte. Nel caso in cui le finanze globali si deteriorino in una crisi sistemica, la maggior parte delle persone sarà colta di sorpresa, essendosi affidata allo stato per regolamentare banchieri avidi e capitalisti clientelari di ogni genere.

Sfortunatamente il compiacimento e l'ignoranza non sono una difesa nei tribunali dell'esperienza umana. Le due alternativi di valore, dove i propri averi possono essere prelevati senza chiedere il permesso a nessuna autorità, sono le criptovalute (come bitcoin) e il denaro metallico (oro e argento). I loro prezzi stanno già aumentando, forse riflettendo le probabilità degli eventi distruttivi fin qui descritti.



Bitcoin, il re delle criptovalute

Gli individui più previdenti tra di noi avranno già stipulato un'assicurazione contro l'inevitabile calamità descritta da von Mises più di cento anni fa. Tradizionalmente ciò ha significato proteggersi con metalli preziosi, ma negli ultimi anni abbiamo osservato uno sviluppo interessante. Il decentramento delle informazioni attraverso Internet ha indebolito il controllo statale sul denaro.
Il crescente numero di millennial che ora cerca la verità sul denaro è un fenomeno tutto nuovo. Cercano alternative alle valute emesse dagli stati e sono la forza trainante delle criptovalute. L'invenzione di un rivale digitale, il bitcoin, insieme ad altre criptovalute, ha profonde implicazioni per l'accettazione pubblica del denaro fiat finora mai messa in discussione.

Keynes scrisse che: "Non esiste altro mezzo più subdolo e sicuro della svalutazione monetaria per rovesciare le basi della società. Il processo coinvolge tutte le forze nascoste insite nella distruzione economica e lo fa in un modo che neanche uomo su un milione è in grado di diagnosticare." (The Economic Consequences of the Peace, 1919).

Con i nuovi millennial, è stata erosa inaspettatamente l'ignoranza delle masse da cui dipendono gli stati che emettono valute fiat. Attraverso il loro interesse per le criptovalute hanno imparato a conoscere gli svantaggi delle valute fiat, e mentre il loro sostegno incondizionato a bitcoin e simili può essere messo in discussione, si rendono conto che gli stati svalutano le valute fiat a loro spese. Per questo motivo le criptovalute, in particolare bitcoin, rappresentano una minaccia significativa per le valute statali.

La conseguenza potrebbe essere quella di accelerare il crollo delle valute fiat. La fiducia nelle valute fiat è già in crisi, cosa che può essere dedotta dalle prestazioni del prezzo di bitcoin. Inoltre se le banche commerciali continueranno ad indebolirsi a livello sistemico, possiamo aspettarci di vedere una rapida crescita della quantità di depositi fiat scambiati dai millennial per comprare bitcoin.

L'errore che gli osservatori di bitcoin commettono spesso, è quello di squalificarlo come denaro perché troppo volatile. Ciò che conta non è il suo uso come mezzo per le transazioni, ma la sua capacità di conservare valore proteggendolo dall'intervento statale grazie al suo registro distribuito. Attraverso la continua svalutazione e il controllo restrittivo sull'uso delle valute fiat, gli stati hanno creato e alimentato la domanda di bitcoin. E quando si parla di sicurezza, bitcoin e la sua blockchain sono sopravvissuti a tutti i tentativi di infrangerla. È nei vari fornitori di servizi che si trovano i punti deboli, non in bitcoin e nella sua blockchain.

Sebbene abbiano mostrato interesse per la blockchain, le istituzioni finanziarie solo ora stanno iniziando a prendere atto del bitcoin stesso e la pressione sta crescendo affinché venga accettato come un investimento. I contratti futures su bitcoin sono negoziati presso il Comex e quando altre classi di asset sfoggeranno rendimenti inadeguati, la pressione delle istituzioni finanziarie per investire in bitcoin dovrebbe continuare ad aumentare.

Mentre nessuno può prevedere come si evolveranno i prezzi di bitcoin, sta già diventando chiaro che la sua storia ha ancora molto da dire. È interessante notare come il movimento recente dei prezzi di bitcoin sia arrivato in un momento in cui il rischio di recessione economica globale sembra essere in aumento. Non è ancora la prova tangibile che bitcoin possa accelerare il trasferimento di valore lontano dal denaro fiat, ma è uno spunto di riflessione.



Oro, l'unica forma di denaro che sopravvive a tutti e tutto

In tutta la storia la rarità, desiderabilità e stabilità chimica dell'oro ci dicono che è la forma di denaro più sicura. È solo nelle economie dell'Occidente, dove per decenni la propaganda statale ha ripetuto che l'oro non ha più un ruolo monetario, che le persone hanno dimenticato le sue comprovate qualità come denaro.

Poiché il potere d'acquisto delle valute statali è sempre più minacciato da una loro eccessiva emissione, l'amnesia collettiva dell'occidente sarà sostituita da una rivalutazione dell'oro come protezione contro il crollo delle valute fiat. Nonostante l'eccitazione per criptovalute sicure come bitcoin, l'oro rimane il rifugio ideale per chi è preoccupato per un mondo post-fiat emergente, un mondo in cui anche Internet e le comunicazioni mobili rischiano di essere interrotte, rendendo temporaneamente inutilizzabili le criptovalute come denaro. (Qui Macleod ignora che transazioni bitcoin possono essere effettuate anche attraverso onde radio, quindi questa sua tesi non è valida. NdT)

In vista di un crollo delle valute fiat, la tesi più forte a favore sia di bitcoin che dell'oro è la loro capacità di conservare valore. Tutto cambia quando si parla del ruolo di valuta e bitcoin non può competere con l'oro. Il trasferimento di bitcoin è limitato ad un ritmo giornaliero di circa 500.000 e si sta già avvicinando a questa capacità. Per questo motivo, a differenza di una moneta d'oro, non può sostituire le forme convenzionali di scambio istantaneo. (Qui Macleod ignora il tipo di scalabilità, on-chain e off-chain, che ha preso piede nell'evoluzione della storia di bitcoin, quindi questa sua tesi non è valida. NdT)

L'offerta fisica d'oro diventerà importante quando si guarderà al suo rapporto di prezzo con le valute fiat fallite, quindi è essenziale una valutazione adeguata dello stock di oro disponibile. L'oro in quanto denaro può essere considerato in due categorie: ci sono le riserve, detenute dalle banche centrali, e ci sono lingotti d'oro e monete in mani pubbliche. Le due quantità sembrano essere simili, come dimostra la seguente analisi.

Di uno stock totale di oro fisico in superficie, che stimiamo a circa 176.000 tonnellate, il 60% è utilizzato per gioielli e uso industriale. Rimangono 70.400 tonnellate, di cui 34.024 tonnellate sono registrate come riserve ufficiali. Tuttavia è quasi certo che nazioni come la Cina detengano oro che non è stato dichiarato e non tutte le riserve ufficiali sono lingotti, ma lingotti scambiati e dati in leasing, quindi conteggiati due volte. Supponiamo che queste due quantità si annullino a vicenda, abbiamo una stima di 36.376 tonnellate di proprietà pubblica, che insieme alle riserve ufficiali possiamo considerare come l'offerta di moneta in oro.

È un errore includere i gioielli in Asia (dove si trovano di più) come parte dell'offerta di moneta in oro. Il flusso d'oro nel settore dei gioielli tende ad essere un fenomeno a senso unico, dove è più probabile che venga usato come garanzia presso i banchi di pegno asiatici piuttosto che essere riscattato come denaro. Pertanto, tranne nel caso di una catastrofe economica post-apocalittica, i gioielli d'oro non faranno parte del flusso monetario. Prezzi dell'oro significativamente più alti possono cambiare questo aspetto, ma per ora i gioielli in oro dovrebbero essere considerati come un bene da tenere e tramandare alle generazioni successive.

Il motivo di questa precisazione è che gli analisti utilizzano erroneamente le stime del totale estratto come offerta di moneta in oro. Possiamo ora confrontare il valore dell'oro che circolerà come valuta con il totale di contanti e depositi bancari in monete fiat detenuti in tutto il mondo. Le ricerche su Internet ci dicono che il totale del denaro fiat del mondo ammonta a circa $80.000 miliardi, mentre la quantità di oro monetario vale $3.200 miliardi, un rapporto di 25 volte. E questo senza contare ulteriori espansioni monetarie nel tentativo di arginare una crisi creditizia in via di sviluppo.



Conclusione

È molto probabile che la recente forza sia dell'oro che di bitcoin sia legata al cambiamento delle percezioni del rischio per quanto riguarda l'economia globale. Nelle ultime settimane è diventato sempre più chiaro come la coincidenza tra la fine della fase espansiva del ciclo del credito ed il protezionismo commerciale abbiano danneggiato gravemente il commercio globale; e gli effetti si stanno ora estendendo alle economie nazionali. Stando così le cose, possiamo aspettarci una rinnovata accelerazione dell'inflazione monetaria. Sostenendo le finanze pubbliche attraverso nuovi quantitative easing, il trasferimento della ricchezza verso scopi improduttivi indebolirà sempre più l'economia produttiva.

Ecco perché i prezzi dell'oro e di bitcoin sono un avvertimento di un'accelerazione della perdita di potere d'acquisto da parte delle valute fiat. Se le principali nazioni non riusciranno a proteggere le loro valute attraverso le loro banche centrali, allora queste due alternative alle valute fiat hanno appena iniziato la loro salita.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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1 commento:

  1. Tutti ricorderanno il panico del 2008 e come eruttò apparentemente dal nulla, devastando il mondo in un batter d'occhio.In verità, ci sono voluti anni per arrivare a quel punto e poi quasi un altro anno prima che passasse. Alla fine del 2006 si invertì la curva dei rendimenti e il mercato obbligazionario iniziò a vedere le prime fratture, circa due anni prima del crash ufficiale. La debolezza economica si sarebbe manifestata per la prima volta, negli Stati Uniti e altrove, nei primi mesi del 2007.

    A marzo del 2007 Ben Bernanke disse che il rischio nel mercato subprime fosse stato contenuto, perché c'era già un evidente indebolimento. Non sembrava che la situazione fosse così cupa, nonostante tutti i segnali d'allarme, eppure sappiamo tutti come è andata a finire. Il NBER non ha confermato "ufficialmente" la recessione fino al dicembre 2008, dopo più di un anno e mezzo in cui se ne parlava e innumerevoli assicurazioni ufficiali che non ci sarebbe stata alcuna recessione.

    Diversamente da allora, la maggior parte dello stimolo monetario da parte delle banche centrali è rimasto confinato nel settore finanziario e lì ha gonfiato delle bolle abnormi, come mostrato anche dai rendimenti obbligazionari negativi della curva svizzera (portando il totale globale delle obbligazioni sottozero a $13.700 miliardi). Bassi tassi d'interesse rendono più facile accedere al credito, soprattutto per le banche. Allo stesso tempo, il basso rendimento dei titoli di stato rende poco attraente l'investimento in queste opzioni a lungo termine. L'inflazione e il basso ritorno sulle opzioni d'investimento scoraggiano le persone a risparmiare ed incoraggiano le spese. Inoltre i tassi d'interesse bassi si traducono in un basso rendimento per le banche che concedono credito ai consumatori. Consumi elevati, bassi investimenti e bassi profitti in tutte le attività bancarie incidono fortemente sulla capacità delle banche europee di competere.

    L'esempio di Deutsche Bank dimostra il fallimento delle politiche della BCE: il valore della banca è diminuito in modo sostanziale nonostante il QE e ciò che è peggio è che la sua strategia di recupero è stata in definitiva compromessa da tale politica. L'intenzione di Deutsche Bank di ridurre la sua presenza a livello globale è un brutto segno. Le conseguenze negative delle politiche monetarie espansive richiedono un po' di tempo prima di manifestarsi, ma alla fine emergono. Deutsche Bank era già debole e quindi gli effetti delle attuali politiche sono eruttati prima lì, ma nel lungo termine vedremo effetti aggiuntivi in tutta l'economia più ampia.

    Più a lungo si protrarrà la debolezza nell'economia reale (come vediamo da Germania, Stati Uniti e Europa in generale), maggiore sarà la probabilità che si trasformerà in una flessione più grave. Le persone e le aziende terranno duro il più a lungo possibile, ma se il trend continuerà, alla fine getteranno la spugna (perché nonostante le apparenze il deleveraging affrontato da Main Street è stato ridicolo).

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