venerdì 22 ottobre 2010

Libertà ed Illusione

Ultimamente mi trovo molto a mio agio nel leggere Fred Reed. Questo passaggio, poi, sottolinea come le persone sono state relegate in degli spazi angusti privati della propria libertà, costretti ad una lotta per la sopravvivenza "artificiale". Mentre i veri nemici se la ridono dietro le quinte. "E' una bella prigione, il mondo" era scritto nell'Amleto; niente di più saggio. Ma ciò che è peggio, è la veicolazione dell'idea che la persona non valga nulla, senza "adeguata supervisione".
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di Fred Reed


Quando ero un ragazzino tanto tanto tempo fa, prima che il tempo iniziasse, o qualcuno avesse riflettutto sul perchè il tempo avesse dovuto iniziare, o per cosa fosse buono, vivevo nelle campagne della Contea di King George, Virginia. La contea costeggiava il fiume Potomac ed era principalmente composta da boschi. Dahlgren, terreno di prova della marina militare dove la mia famiglia viveva, declinava verso il fiume Machodoc, forse per un'ampiezza di tre quarti di miglio.

Le cose erano semplici allora. Quando volevo andare a sparare mettevo il mio fucile, un buon Marlin .22, sulla spalla ed uscivo dal portone principale. All'emporio di paese compravo un paio di scatole di proiettili, nessuno faceva domande ed insieme al mio co-cospiratore Rusty andavamo in campi o paludi per uccidere i barattoli di birra.

Oggi se un ragazzino di quindici anni provasse a fare ciò, sei volanti e la SWAT (con ogni probabilità letteralmente) si paleserebbero con le sirene spiegate, i genitori del ragazzino sarebbero incarcerati, l'emporio chiuso ed i suoi proprietari imprigionati ed il ragazzino sottoposto ad un'esame psichiatrico obbligatorio. I tempi cambiano.

A King George se un'amico ed io avessimo voluto andare a nuotare, saremmo potuti andare al molo delle barche, che era per uso pubblico, e saltare in acqua. Abbiamo fatto questo giorno e notte. Non c'erano quasi mai altre persone lì, sicuramente nessun bagnino. Oppure potevamo prendere la mia canoa, comprata con il denaro della consegna dei giornali, e vogavamo nell'acuqa di notte, eravamo felici della nostra gioventù e della nostra libertà, ed infine ci tuffavamo in acqua. Nessuno ci ha insegnato nulla. Era quello che i ragazzini facevano.

Oggi nuotare senza supervisione è proibito dovunque. Peggio ancora nuotare di notte per centinaia di yarde dalla spiaggia. In una canoa senza l'equipaggiamento di salvataggio approvato dalla Guardia Costiera. Nessuna supervisione da parte di un'adulto? Nessuna prova di aver preso un corso approvato dal governo su come vogare in canoa? Impossibile in questi tempi super-protetti, vendicativi e mummificati.

Non vedevamo nessun equipaggiamento di sicurezza perchè noi eravamo l'equipaggiamento di sicurezza. Potevamo nuotare, facilmente, con scioltezza, perchè lo abbiamo sempre fatto. Non penso che conoscevo qualcuno che non avesse nuotato per la larghezza del Machodoc. Nessuno ci supervisionava. Nessuno pensava che necessitassimo di supervisione. E non ne avevamo bisogno.

Se volevamo pescare, un bisogno molto frequente da noi, prendevamo le nostre canne e lo facevamo. Prendevamo per la maggior parte pesce gatto, persico, orate ed occasionalmente anche le selvaggie e combattive anguille. Gli adulti non avevano niente a che fare con ciò. Non avevamo bisogno di permessi per pescare. Nemmeno avevamo bisogno di aiuto.

Ciò che non notai allora, ma lo ricordo solo ora, è che non guardavamo con inquietudine se i nostri vecchi potessero disapprovare. Sapevamo che non lo avrebbero fatto. Stavamo pescando. E quindi?

L'intermo mondo funzionava in questo modo – non supervisionati, non guardati, lasciati soli. In inverno il lago artificiale si ghiacciava alla base e quando si faceva buio cinquanta di noi attraversavano il ghiaccio scivoloso sui pattini, non supervisionati. Gli adulti pattinavano ma erano pattinatori, non mammolette. E se volevi stare fino a tardi finchè saresti stato l'ultimo sullo (enorme) specchio di ghiaccio, attraversandolo velocemente, facendo sibilare il ghiaccio sotto i pattini, non annoiato perchè eri un sedicenne e non potevi sapere cosa il mondo significasse – potevi farlo. Nessuna supervisione.

I ragazzi avevano le macchine. La contea era per la maggior parte vuota, spendevamo infinite notti a guidare, guidare fino a Fredericksburg o solo per metterci alle spalle miglia su miglia su ampie strade tra i boschi, da soli, con amici, con le nostre ragazze.

Ciò che ricordo è quanto fossimo liberi. Solzhenitsyn una volta disse di essersi fermato su una autostrada deserta, di essere uscito dalla macchina e di essersi meravigliato che nessuno sapesse dove egli fosse, onemmeno se ne preoccupò. Così era a King George. Ti parcheggiavi con la tua fidanzata per infinite ore in qualche posto lontano da occhi indiscreti nei boschi. Nessuno chiedeva dove fossi stato, o cosa avessi fatto, o più probabilmente cosa non avessi fatto. I genitori non si preoccupavano perchè non c'era bisogno che si preoccupassero.

A posteriori potrebbe sembrare senza regole. E lo era. Nel mondo di oggi di super-sorveglianza da parte di poliziotti ostili, di metal-detector, di polizia nelle scuole, di classi obbligatorie per il controllo della rabbia e di ingestioni forzate di Ritalin o Prozac, King George suona, bè, pericolosa. Voglio dire, come si può lasciare che i ragazzini vadano in giro come vogliono, con...con...pistole, (eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeek!) birra e canoe non registrate senza la supervisione di un adulto premuroso, e...?

La risposta ovviamente è che noi sorvegliavamo noi stessi. Entro i limiti, comunque. Mi ricordo di quando stavo sul tettuccio della station wagon di mio padre e guardavo al pedale del freno perchè non avevo preso come avrei voluto quella curva ad S in discesa sulla Indian Town Road.

Ma, essendo ragazzini del Sud, sapevamo come maneggiare una pistola e le donne sapevano come maneggiare noi, e sebbene i ragazzi di campagna erano fisicamente resistenti nel fare lavori reali (consultare un libro di storia), non eravamo pazzi.Credo che eravamo felici, per quanto gli adolescenti vorrebbero esserlo. Solo che non lo sapevamo.

La disgrazia che vediamo quest'oggi – ragazzini che sparano uccidendo dieci compagni di classe, presunti studenti fusi dalle metanfetamine, suicidi, frequenti gravidanze – non accadevano proprio. Perchè? Perchè (sospetto fortemente) eravamo lasciati dannatamente in pace. Ai ragazzi era permesso di essere ragazzi ed alle ragazze di essere ragazze. Siamo cresciuti come l'erbaccia, come natura comanda, e non abbiamo avuto né anoressia né bulimia oppure una rabbia fumante dentro di noi, che deriva dall'essere un ragazzino forzato ad essere una ragazzina o un'androgino o un fiore.

Non posso parlare bene per le ragazze, eccezion fatta che erano sane di mente, bonarie e splendide. So di sicuro che i ragazzini avevano bisogno, come le piante hanno bisogno della luce solare, di andare in canoa su fiumi sconosciuti, di nuotare, di andare in bicicletta e competere – senza un'adulto premuroso. In autunno eravamo soliti giocare per ore a basket nella palestra – senza sorveglianza. Il più brillante di noi leggeva voracemente. Qualcuno era un radioamatore o leggeva testi di psicologia. Ma avevamo bisogno di sforzi fisici, avventura e libertà.

Li avevamo. La conseguenza? Avevamo la testa sulle spalle. Probabilmente abbiamo anche pensato che il mondo pareva essere un buon posto per un pò. Sebbene l'intero liceo avesse facile accesso alle armi da fuoco, nessuno mai sparò a nessun'altro. Solo l'idea sarebbe sembrata fantasiosa. Nelle rare risse, i ragazzi potevano colpirsi sul naso tra di loro. Prendere una chiave inglese? Colpire l'altro ragazzo in testa? Nessuna di queste possibilità.

Tuttu questo discorso farà infuriare l'intero fradicio bolo di terapisti, consulenti, psicologi che si grattano la barba, femministe, bevitori di succhi di frutta e promotori insicuri di creme solari. Ma ha funzionato.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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