lunedì 11 dicembre 2017

L'innalzamento dei tassi d'interesse è dietro l'angolo





di Alasdair Macleod


Di recente sia Janet Yellen della FED che Mark Carney della Banca d'Inghilterra hanno preparato i mercati finanziari per i rialzi dei tassi d'interesse. L'ipotesi dovrebbe essere che questa mossa è stata coordinata e che sia la BCE che la Banca del Giappone debbano prendere in considerazione mosse simili.

Le banche centrali coordinano il più possibile le loro politiche monetarie, motivo per cui possiamo ritenere che stiano per avviare una nuova fase di politica con tassi d'interesse più elevati. L'intenzione di questa nuova fase vuole essere quella di normalizzare i tassi, poiché attualmente sono troppo stimolanti per le attuali condizioni economiche. Indubbiamente gli investitori rivaluteranno le loro allocazioni di portafoglio.

Dovrebbe essere chiaro che i rendimenti obbligazionari saliranno dalla parte bassa della curva dei rendimenti, producendo un vento contrario per le azioni. Gli effetti varieranno tra le varie giurisdizioni, a seconda di più fattori, non ultimo dei quali la misura in cui i tassi d'interesse e i rendimenti obbligazionari dovranno aumentare per riflettere le condizioni economiche reali. I due mercati in cui è probabile che la variazione della politica dei tassi d'interesse abbia l'effetto maggiore sono l'Eurozona e il Giappone, dove gli stimoli finanziari e i tassi negativi devono ancora essere invertiti.

Gli investitori che non capiscono queste dinamiche potrebbero perdere molti soldi. Sulla base della teoria dei prezzi e dell'esperienza storica, questo articolo conclude che i rendimenti obbligazionari aumenteranno più del previsto, e le azioni dovranno riflettere l'uscita di credito dalle attività finanziarie. Pertanto è probabile che le azioni entreranno presto in un mercato orso. Le proprietà commerciali e industriali dovrebbero trarre beneficio dai flussi di capitale reindirizzati dalle attività finanziarie, dando loro un ultimo impulso prima dell'inevitabile crisi finanziaria. Il denaro sonante, l'oro fisico, dovrebbe diventare l'asset più sicuro di tutti e dovrebbe vedere una crescente domanda di investimenti.

Valutare i risultati potenziali di questa nuova fase della politica monetaria è un puzzle multistrato. C'è lo stato reale dell'economia, la fase del ciclo del credito e la comprensione, o più esattamente la sua mancanza, delle relazioni tra denaro e prezzi da parte dei policymaker. Questo articolo ha lo scopo di dare un senso a questi fattori e alla loro interazione. Iniziamo esaminando il deficit intellettuale nella teoria economica e dei prezzi per migliorare la nostra comprensione sul dove si trovano gli errori strategici, i flussi di capitale che determineranno i valori degli asset e quindi i risultati probabili per le diverse classi di asset.



Fallacie riguardo i tassi d'interesse

L'errore più eclatante commesso dalle banche centrali e dagli economisti è credere all'ipotesi che il graduale rialzo dei tassi d'interesse agisca da freno al ritmo dell'espansione economica, e quindi possa controllare l'inflazione dei prezzi. I commentatori economici considerano generalmente i tassi d'interesse come il "prezzo" del denaro. È da questo errore che emerge la convinzione che la manipolazione dei tassi d'interesse abbia un effetto prevedibile sulla domanda di moneta in circolazione rispetto ai beni, e che quindi possa essere utilizzata per orientare l'inflazione dei prezzi. Non c'è niente di più sbagliato. I tassi d'interesse servono a preservare lo scambio futuro di beni rispetto ad oggi e non hanno nulla a che fare con la quantità di denaro. Determinano solo come viene utilizzata. In un mercato libero, l'aumento dei tassi d'interesse ci dice che la domanda di credito è in aumento rispetto alla domanda di contante, mentre i tassi d'interesse in calo indicano il contrario. Ciò che conta sono le proporzioni così assegnate, e non il totale.

Pertanto se una banca centrale rialza i tassi d'interesse, ci sarà meno richiesta di credito. In passato, prima che il credito al consumo diventasse la destinazione dominante del credito bancario rispetto alla produzione industriale, l'aumento dei tassi d'interesse avrebbe scoraggiato l'avvio di progetti marginali e avrebbe reso antieconomici molti progetti già in corso. L'aumento dei tassi d'interesse avrebbe quindi agito per limitare la produzione di beni e non la loro domanda. Nelle prime fasi di un rialzo dei tassi indotto da una banca centrale, il limite posto sull'offerta di beni ha anche la probabilità di spingere i prezzi più in alto per un breve periodo di tempo, o di incoraggiare la sostituzione delle importazioni, data la viscosità dei mercati del lavoro a causa di un aumento della disoccupazione.

La manipolazione dei tassi d'interesse prima che il debito al consumo finisse per dominare l'allocazione del credito, non avrebbe mai funzionato come mezzo per regolare la quantità di moneta, e quindi l'inflazione dei prezzi. Oggigiorno la nuova allocazione del credito è meno incline ad aumentare e migliorare la produzione, e il suo maggiore utilizzo è finanziare mutui e consumi. Questo è particolarmente vero negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ma non meno uguale altrove.

Pertanto le conseguenze della manipolazione dei tassi d'interesse sono diverse rispetto al passato. Rialzare i tassi d'interesse non riduce, in linea di principio, la domanda di credito da parte dei consumatori, ad eccezione dei mutui. Le carte di credito e gli scoperti bancari non garantiti incidono fino al 20% sui saldi non liquidati, anche in periodi di politica di tassi a zero, a dimostrazione della loro mancanza di sensibilità in relazione ai tassi d'interesse. Lo stesso vale per il debito degli studenti.

Gli interessi sui prestiti per comprare auto ed acquisti analoghi non sono impostati dalla banca centrale, ma dalla concorrenza per le vendite di prodotti fisici. I produttori hanno due fonti di profitto di base: il margine sulle vendite e i profitti delle società finanziarie associate. A loro non importa come i due si sommino. Se i tassi d'interesse aumentano, spremendo i loro margini di prestito, possono sovvenzionare le loro operazioni finanziarie scontando il prezzo dei loro prodotti. In alternativa con un'espansione del credito, e presumendo che abbiano la capacità di farlo senza impegnare capitale aggiuntivo, il relativo costo marginale è legato a tassi di deposito estremamente bassi. Questo è il vantaggio per un produttore nell'avere un sistema bancario controllato: espandere il credito dal nulla per finanziare le vendite ha un costo basso.

Tuttavia le variazioni dei tassi dei mutui influenzano la domanda di credito al consumo. I rimborsi ipotecari per la maggior parte dei proprietari di case rappresentano le loro maggiori uscite mensili, e quindi un aumento dei tassi limita la spesa per altri beni e servizi. Inoltre i prezzi delle case sono impostati principalmente dal costo del finanziamento ipotecario, quindi un aumento dei tassi d'interesse sui mutui ha un impatto negativo sui valori delle abitazioni. I prezzi delle case in calo potrebbero rendere i consumatori più cauti.

L'ultima cosa che la FED e la Banca d'Inghilterra vorranno è rialzare i tassi d'interesse fino al punto in cui si rischierà un collasso dei prezzi delle case. Sono consapevoli delle conseguenze economiche. Negli Stati Uniti circa due terzi del debito al consumo sono mutui per gli immobili. Inoltre l'ultimo crollo del ciclo del credito era così incentrato sulla proprietà residenziale che i banchieri centrali e le autorità di regolamentazione delle banche sono sicuramente sensibili all'andamento dei prestiti ipotecari. Ma questa è l'unica forma di indebitamento al consumo che risponde agli aumenti dei tassi d'interesse.

La convinzione che i tassi d'interesse siano correlati al tasso d'inflazione è infondata, come dimostrato dal Paradosso di Gibson. La base della politica monetaria è quindi fondamentalmente errata.

Dovrebbe ora essere chiaro che c'è una mancanza di conoscenza ai livelli più alti delle banche centrali sul ruolo economico dei tassi d'interesse e quindi sull'intera base della politica monetaria. Un secondo errore è la convinzione che la domanda di credito possa essere gestita in modo microscopico attraverso variazioni dei tassi d'interesse di un quarto di punto. Non solo questa è una politica reattiva che cerca di chiudere le porte del fienile dopo che i cavalli sono scappati, ma ignora la realtà che i cicli del credito ingegnerizzati dalle banche centrali sono la radice del problema. Causano un accumulo di prestiti e investimenti improduttivi resi possibile solo da tassi d'interesse soppressi artificialmente. Gli aumenti dei tassi d'interesse, per quanto modesti, finiranno per scatenare l'improvviso riconoscimento di tali distorsioni: una crisi economica. Il punto è che nel momento in cui una banca centrale inizia a stimolare il credito attraverso la politica monetaria, inizia a perdere il controllo sugli eventi successivi.



Gli effetti dell'espansione del credito sui prezzi

Il collegamento tra le variazioni nella quantità di credito e l'effetto sui prezzi è tutt'altro che semplice. L'espansione del credito porta ad un bilanciamento degli aumenti dei depositi detenuti nei conti bancari, ma la categoria dei depositari/proprietari determina dove si andrà a palesare l'inflazione dei prezzi.

Nelle prime fasi di una ripresa economica post-crisi, l'aumento dei depositi è prevalentemente sostenuto dagli operatori nei mercati finanziari e quindi all'inizio della fase di ripresa del ciclo creditizio gli asset finanziari iniziano a gonfiarsi. Mentre i banchieri e i broker spendono una parte dei loro guadagni su articoli non finanziari, anche i profitti e i guadagni dei loro fornitori migliorano: avvocati, commercialisti, ristoratori, costruttori, fornitori di beni di lusso. I vantaggi iniziali dell'espansione del credito fanno aumentare gradualmente il livello generale dei prezzi nei centri finanziari, nonché nelle località di villeggiatura abituali di questi primi ricevitori di denaro ex novo. Con il passare del tempo, l'ulteriore espansione del credito avvantaggia una popolazione più ampia e i prezzi cominciano a salire più in generale. L'effetto è quello di una pietra lanciata in uno stagno, con le onde che si espandono verso l'esterno fino a quando diventano indiscernibili.

Tutto ciò presuppone che il desiderio di detenere denaro, piuttosto che ridurre l'esposizione a maggiori saldi monetari, rimanga costante. Sfortunatamente anche questo fattore può variare considerevolmente.

Il desiderio di detenere denaro può variare da zero, nel qual caso il denaro è completamente privo di valore, all'infinito, nel qual caso i beni non hanno valore. Il primo estremo si è verificato occasionalmente col denaro scoperto (in Zimbabwe di recente e in Germania nel 1923). Il secondo invece è impossibile, perché l'umanità ha bisogno di comprare almeno cibo, vestiti e riparo. Pertanto l'effetto delle variazioni tra il desiderio di detenere denaro o spenderlo per i beni può avere un impatto significativo sui prezzi, un fattore che va oltre il controllo delle banche centrali.

Di conseguenza ci sono due elementi principali che guidano la relazione tra la quantità di moneta e i prezzi man mano che il ciclo del credito progredisce: chi sta beneficiando dell'espansione del credito e le variazioni nel desiderio generale di detenere denaro o spenderlo. Nell'attuale ciclo del credito coloro che ne hanno beneficiato maggiormente finora sono state le persone che detengono asset finanziari, dove l'inflazione dei prezzi è stata dilagante. Le notizie recenti, secondo cui Janet Yellen e Mark Carney ora ritengono appropriata una politica di tassi d'interesse più aggressiva, ci dice che le loro istituzioni hanno rilevato un cambiamento nell'applicazione del credito. Stando così le cose, il motore dell'inflazione dei prezzi sarà riorientato dagli asset finanziari all'economia più ampia.

In altre parole, la domanda di credito bancario da parte di imprese non finanziarie sta aumentando e le banche sono più disposte a concedere loro prestiti. È indubbiamente questo sviluppo che ha incoraggiato la FED a frenare l'espansione del credito bancario invertendo il quantitative easing. Ma mentre ci sarà sempre un po' di spazio sui bilanci bancari per espandere il credito, la maggior parte dell'aumento del credito destinato agli asset non finanziari deve provenire dalla vendita di asset finanziari, in particolare titoli e obbligazioni statali a breve termine. E se la FED cerca anche di ridurre il proprio bilancio, il calo dei prezzi delle obbligazioni sarà maggiore.

Pertanto i rendimenti obbligazionari saliranno, possibilmente in modo piuttosto brusco, e le banche centrali non avranno altra scelta se non sanzionare gli aumenti dei tassi d'interesse a breve termine. Di conseguenza il tasso d'interesse, che invece di essere un indicatore di tendenze, come tutti credono, riflette in realtà gli sviluppi già presenti nel mercato, essendo guidato dalla domanda di credito non finanziario.

L'aumento dell'offerta di credito alle imprese non finanziarie aumenterà i saldi bancari dei loro fornitori man mano che il credito verrà utilizzato, portando ad un aumento temporaneo delle loro disponibilità di denaro rispetto alle merci. Questi depositi a loro volta vengono poi spesi per beni e servizi.

La domanda di beni e servizi, oltre a quella già fornita ai consumatori sotto forma di mutui, carte di credito, prestiti auto e per studenti, avrà quindi un ulteriore stimolo proveniente dai flussi monetari precedentemente legati agli asset finanziari. La proprietà di contanti e depositi bancari passerà dai mercati finanziari ai fornitori di beni e servizi, che poi la spenderanno per componenti nell'indice dei prezzi al consumo.

L'espansione del credito a favore del settore non finanziario aumenterà anche il PIL nominale, che rappresenta semplicemente il denaro totale speso per il consumo. Alla fine, dicono gli esperti, l'economia sta crescendo. Le previsioni dei profitti saranno riviste al rialzo. Tuttavia l'aumento dei rendimenti dei titoli di stato porrà fine al mercato toro nelle azioni.

Gli incubi delle banche centrali sono appena iniziati. Hanno già perso il controllo sui tassi d'interesse, perché le banche commerciali hanno iniziato a prestare a Main Street. Azioni e obbligazioni, al centro delle precedenti politiche di creazione di ricchezza, si stanno trasformando in motori di distruzione della ricchezza. Stiamo entrando in un periodo in cui il costo del credito, misurato in termini reali, sta per scendere al livello più basso del ciclo del credito.



Perché i tassi d'interesse reali diventeranno più negativi

Poiché l'economia non finanziaria si gonfia a seguito dell'espansione del credito, la natura del ciclo del credito subisce cambiamenti significativi. Come abbiamo visto, il credito bancario viene ritirato dagli asset finanziari, a scapito dei loro valori. Ciò porta ad una vendita significativa di titoli di stato a breve termine da parte delle banche e alla perdita di slancio rialzista nei mercati azionari, che poi entrano in un mercato orso. La popolazione tende ad acquistare azioni in questa fase, perché gli analisti rivedono verso l'alto le loro previsioni di profitto, giustificando apparentemente le valutazioni di mercato. Ma l'errore commesso dalla popolazione è quello di presumere che i prezzi delle azioni siano guidati dalle valutazioni, quando invece sono guidati dai flussi monetari.

Il flusso del credito bancario dal settore finanziario a quello non finanziario guadagnerà trazione, incoraggiato ulteriormente dal calo dei prezzi delle obbligazioni e dalle banche che riducono le loro valutazioni del rischio di credito riguardo l'economia non finanziaria. Le banche possono persino finire in competizione per concedere prestiti e sopprimere i loro tassi di prestito con il semplice espediente del credito in espansione. Se un numero significativo di banche compete in questo modo, i tassi di deposito nei mercati monetari saranno soppressi a loro volta, riducendo il loro costo medio, indipendentemente dal tasso dei Fed Funds.

Nel frattempo l'inflazione dei prezzi inizia ad accelerare mentre crescenti quantità di credito bancario finiscono per essere spesi per beni e servizi. La combinazione di un aumento del livello generale dei prezzi e della concorrenza a concedere prestiti porterà, in termini reali, a tassi d'interesse negativi. La continua soppressione dei tassi nominali da parte delle banche centrali, senza dubbio preoccupate per la distruzione della ricchezza nei mercati finanziari, rischia di determinare il più alto livello di tassi reali negativi dell'intero ciclo del credito. La banca centrale è costretta con riluttanza a rialzare i suoi tassi di prestito in un tentativo tardivo di tenere il passo con gli sviluppi economici. Mentre questa è stata la situazione che si è evoluta dall'inizio di questa fase espansiva, diventerà sempre più ovvio che la preferenza della popolazione per il denaro oscillerà progressivamente verso la preferenza per i beni, poiché si renderà conto che il potere d'acquisto del denaro accelererà il suo declino.

Anche le spese per i beni di ordine superiore, o i beni capitali, aumentano, guidate non solo dalla rivalutazione del valore nominale della loro produzione, ma anche dal desiderio di ridurre i saldi di cassa. Ma a meno che il credito bancario non si contragga, il denaro di una parte finisce per essere di proprietà di un'altra, senza che nessuno lo voglia trattenere. Ciò è particolarmente evidente negli acquisti di proprietà residenziali e commerciali nella fase finale del ciclo del credito.

Contrariamente all'impressione spesso fornita dai commentatori finanziari, la proprietà immobiliare non è un asset finanziario, essendo essa stessa non finanziaria sia nell'origine che nell'uso. La proprietà immobiliare diventa una destinazione ovvia per il denaro degli investitori, i quali fuggono dai valori in calo degli asset finanziari.

Nonostante gli aumenti iniziali dei costi di finanziamento nominali e dei rendimenti obbligazionari, la proprietà immobiliare viene sempre considerata come una solida risorsa e come protezione dal declino del potere d'acquisto del denaro. Ovviamente ci si può aspettare un diverso andamento dei prezzi delle varie categorie di beni, a seconda della loro esposizione a tassi d'interesse nominali in aumento. I mercati immobiliari residenziali, quando sono fortemente dipendenti dai finanziamenti ipotecari, rischiano di sottoperformare. La crescita delle vendite online ha soppresso l'utilità dei centri commerciali e dello spazio di vendita al dettaglio. Ma nonostante questi problemi, c'è poco altro disponibile per il capitale che fugge dai mercati obbligazionari e azionari. Agli occhi degli investitori, i mattoni sono considerati l'alternativa naturale agli asset finanziari e ad una valuta deprezzata.

Ancora una volta, si tratta di flusso di fondi. Seguite il denaro. Solo che questa volta invece dei valori degli investimenti, i prezzi che saranno gonfiati saranno quelli di beni, servizi e dei relativi beni capitali.



Non tutte le giurisdizioni sono uguali

Tutte le principali nazioni sono soggette al ciclo del credito. I tentativi dei banchieri centrali di coordinare le politiche monetarie attraverso incontri regolari presso la Banca dei Regolamenti Internazionali e le riunioni del G20, hanno fatto sì che la fase di crisi risulterà veramente globale. Inoltre, a causa di questo coordinamento, le distorsioni globali derivanti dal rialzo della domanda di credito e dal mancato controllo delle conseguenze risulteranno amplificate.

Inoltre tra le crisi creditizie varia il ritmo di progressione dalla fase di ripresa a quella d'espansione, e varia anche il volume dei flussi di credito relativo alle dimensioni di una singola economia, prima dentro e poi fuori dai mercati finanziari. Ciò porta ad anomalie significative. Stati Uniti e Regno Unito hanno livelli molto alti di esposizione al credito al consumo e anche ai mutui residenziali. La fase espansiva è in corso da qualche tempo nel Sud-Est asiatico, forse replicando le condizioni che hanno portato alla crisi asiatica alla fine degli anni '90. La variazione dei tassi d'interesse sarà maggiore in Giappone e nella zona Euro, dove persistono ancora tassi d'interesse negativi, ma queste giurisdizioni hanno una maggiore propensione al risparmio rispetto ai loro confratelli anglosassoni. La Cina prevede di posticipare la sua uscita dalla crisi del credito, affidandosi al controllo statale attraverso la proprietà delle banche. Russia, Australia, Medio Oriente e Africa sono legate ad un ciclo di prezzi delle materie prime, guidato a sua volta dalla fase espansiva del ciclo globale del credito.

Luoghi diversi, eventi diversi, ma il ciclo del credito rimane sempre lo stesso. Alla fine la fase espansiva del ciclo del credito andrà fuori controllo e le banche centrali non avranno altra scelta se non quella di tentare di proteggere il rapido declino del potere d'acquisto delle loro valute. Questa fu la decisione presa da Paul Volcker nel 1981, quando era il presidente della FED. Rialzò il tasso dei Fed funds fino al 20%. Questa volta la Yellen (se sarà ancora in carica) dovrà solo aumentare il FFR di alcuni punti percentuali prima che s'inneschi la crisi, dati gli alti livelli di debito improduttivo nell'economia degli Stati Uniti.

Il tetto più basso per un aumento dei tassi nominali è proporzionale alla durata della fase espansiva. Apparirà molto più rapidamente, tanto che le banche centrali avranno pochissimo spazio di manovra sui tassi d'interesse. Le autorità potrebbero persino tentare di rimandare la fase di crisi imponendo controlli sui prezzi e sui salari, nella consapevolezza che, nel migliore dei casi, starebbero solamente comprando tempo.



Oro

Saremo fortunati se questa fase espansiva durerà oltre la fine del 2018, dato il margine ristretto per il rialzo dei tassi d'interesse per le quattro principali valute. Ma c'è una risorsa che è poco capita dai mercati finanziari occidentali: l'oro fisico.

Nel breve termine si può prevedere che la prospettiva di un aumento dei tassi d'interesse possa essere interpretata come un fattore negativo per i metalli preziosi. Questo perché gli speculatori nei mercati dei capitali occidentali sono soliti scambiare l'oro come l'immagine speculare del dollaro. Se il dollaro si sta rafforzando, l'oro si indebolirà. Se i tassi d'interesse aumentano, il dollaro si rafforzerà. Quindi secondo questa logica bisognerebbe vendere oro. Questo può essere vero durante la fase di ripresa del ciclo del credito, quando gli aumenti dei tassi d'interesse, o solo una loro minaccia, saranno giudicati dai mercati come un'azione preventiva che porterà ad una valuta più forte.

Nella fase espansiva le banche centrali reagiscono in ritardo, per le ragioni sopra descritte. La relazione fondamentale tra la politica monetaria e il prezzo dell'oro cambia rispetto a quella che persisteva nella fase di ripresa del ciclo del credito. Abbiamo visto la soppressione dell'oro durante la fase di ripresa, una volta che sono scomparsi i timori di un crollo finanziario e sistemico; ma il prezzo in dollari dell'oro è aumentato sin dal dicembre 2015. I rendimenti obbligazionari hanno toccato il fondo sei mesi dopo, con il rendimento del quinquennale USA all'1.9% oggi. Questa è la prova di un'evoluzione nei rapporti di mercato, perché i rendimenti dei titoli obbligazionari e il prezzo dell'oro stanno entrambi salendo. Questo cambio di rapporto conferma che siamo già passati dalla fase di ripresa a quella d'espansione.

Ci si può aspettare che il prezzo dell'oro si rafforzi durante la fase espansiva del ciclo del credito, riflettendo il calo del potere d'acquisto delle valute e la tendenza verso tassi d'interesse reali negativi. Questo è avvenuto anche durante la fase espansiva negli Stati Uniti alla fine degli anni '70, quando l'inflazione del dollaro stava minacciando di degenerare in modo incontrollato.

Un aumento del prezzo dell'oro si accorda anche con un aumento dei prezzi delle materie prime. Siamo già nelle fasi iniziali dell'espansione del credito, evento segnalato dalle frasi allarmistiche della Yellen e di Carney. I prezzi delle materie prime industriali stanno già aumentando, quindi i mercati ci stanno dicendo che il potere d'acquisto del dollaro, così come quello delle altre valute, stanno iniziando un nuovo declino. E mentre i metalli preziosi nel brevissimo termine potrebbero doversi adeguare al cambiamento delle relazioni del ciclo del credito, la Yellen e Carney stanno dicendo che è il momento giusto per comprare oro e argento.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. In effetti, è sempre il momento giusto per allontanarsi dalle bolle gonfiate dal Potere centrale, come dalla sua continua e crescente disinformazione.
    Dalle bolle e dalle balle del Potere.
    Là fuori c'è un mondo ormai inarrestabile che sta decentralizzando il controllo rendendolo davvero diffuso, democratico e low-cost grazie a protocolli matematici distribuiti.
    Dalle nostre parti, invece, si ciancia ancora di destra e sinistra e di delegare rappresentanza al Potere.

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