La stragrande maggioranza dei canali di informazione che la maggior parte delle persone legge sono redatti e scritti da chi fa gli interessi della cricca di Davos/City di Londra. Sono pochi quelli ufficiali e nella cosiddetta “controinformazione” che scrivono negli interessi degli USA. Questa situazione tira al suo interno anche analisti e commentatori indipendenti, che in buona fede, finiscono per essere dei megafoni involontari di una narrativa fasulla. La Lagarde sta cercando di abbassare il costo del capitale in Germania? Sì. Sta cercando di abbassare il costo del capitale in tutta Europa? Sì. I tagli dei tassi sono così virulenti in Europa prima di tutto perché la principale economia del continente, quella tedesca, è in condizioni peggiori di quelle del 2008 e, in secondo luogo, perché sta affrontando un problema di deflazione alimentato dalle politiche monetarie restrittive della FED sull'offerta di dollari offshore. La devastazione europea è tutta qui: la chiusura dei rubinetti del mercato dell'eurodollaro. La Lagarde sta cercando di tappare i buchi nei bilanci delle banche commerciali europee e delle banche centrali nazionali che sono emersi quando è stata costretta a seguire Powell quando ha iniziato a rialzare i tassi. Mentre la curva dei rendimenti americana è indirizzata a scendere sul lato lungo, quella europea, nonostante i numeri ridicoli e inverosimili, è inclinata verso l'alto. Quindi prima di parlare dei buchi di bilancio nella FED, meglio preoccuparsi prima di quelli nella BCE. Senza contare che fare affari con l'UE significa esporsi alla sua linea di politica commerciale estorsiva, mentre gli USA trovano accordi invece. E per chi sventola il feticcio della “forza dell'euro”, vorrei ricordare che la prima fase di una crisi monetaria è l'aumento della stessa. Pensate davvero che l'euro arriverà a 1.22 e il dollaro a 70? Con dazi potenzialmente al 50% per l'UE? Con quanto descritto da Lacalle nell'articolo di oggi? Un altro tema sono i pronti contro termine inversi che, starnazzano gli analisti indipendenti, saranno quelli che la FED userà presa dal panico. Ok... perché invece non sento una parola riguardo l'RRP usato a tutto gas dalla Banca d'Inghilterra già adesso per tenere solventi le banche inglesi? Solo la scorsa settimana erano $83 miliardi. E il default dell'Ucraina su tranche di debito coperte dall'Europa il mese scorso? La vera guerra è finanziaria come ho descritto nel mio ultimo libro, Il Grande Default.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/i-keynesiani-si-sono-sbagliati-sulleconomia)
Negli ultimi sei mesi un coro di analisti e commentatori ha lanciato l'allarme per un imminente crollo dell'economia statunitense.
Molti avevano previsto che l'inflazione persistente, i tassi d'interesse alti e l'aumento dei deficit pubblici avrebbero arrestato la crescita e innescato una recessione.
Invece i dati raccontano una storia diversa: gli Stati Uniti dimostrano forza economica, controllo fiscale e aspettative di inflazione in miglioramento.
Le stime di crescita in aumento smentiscono i pessimisti
All'inizio del 2025 le previsioni dipingevano un quadro cupo. Il primo trimestre ha visto una contrazione del PIL, con l'economia statunitense in calo dello 0,5%. Tuttavia quel calo era determinato da una minore spesa pubblica e da maggiori importazioni, mentre il settore privato aveva continuato a rafforzarsi. Poco dopo la narrazione è cambiata. A metà anno i principali modelli economici e analisti hanno iniziato a rivedere al rialzo le loro stime di crescita. Trading Economics, ad esempio, prevedeva un robusto tasso di crescita del PIL al 3,5% per il secondo trimestre, una netta inversione di tendenza rispetto al precedente pessimismo. Il modello GDPNow della FED di Atlanta annunciava un analogo cambiamento positivo, stimando una crescita al 2,6% per il secondo trimestre. Inoltre le stime del consenso economico sono salite al 2,1% per il secondo trimestre, rispetto all'1,3% precedente, mentre le stime di inflazione sono diminuite.
Questa inversione di tendenza è stata alimentata da diversi fattori:
• Le famiglie americane hanno continuato a spendere, soprattutto perché la crescita dei salari ha superato l'inflazione.
• Gli investimenti fissi sono aumentati del 7,6% all'inizio del 2025, il ritmo più forte sin da metà 2023.
• Le aziende hanno anticipato le importazioni in vista dei nuovi dazi, stimolando l'attività economica; le successive revisioni hanno evidenziato esportazioni positive e importazioni normalizzate.
Queste revisioni al rialzo hanno colto di sorpresa molti commentatori e hanno costretto a rivalutare le precedenti previsioni ribassiste.
Le aspettative di inflazione stanno calando
Un altro ambito in cui gli analisti hanno valutato erroneamente l'economia è l'inflazione. Dopo anni di forti pressioni sui prezzi, molti si aspettavano che le aspettative di inflazione rimanessero ostinatamente elevate. Invece i dati recenti mostrano una chiara tendenza al ribasso: l'inflazione dei prezzi al consumo è diminuita su base mensile, trimestrale e semestrale. Le aspettative di inflazione al consumo negli Stati Uniti per l'anno a venire sono scese al 3% a giugno 2025, in calo rispetto al 3,2% di maggio, il livello più basso degli ultimi cinque mesi. Anche le aspettative di inflazione a tre e cinque anni sono scese leggermente, rispettivamente al 3,0% e al 2,6%.
I costi energetici sono diminuiti significativamente, con i prezzi della benzina in calo del 12% su base annua a maggio e i prezzi del gasolio in calo dell'8,6%. Anche l'inflazione degli immobili, un fattore chiave dell'indice dei prezzi al consumo complessivo, si è attenuata, con il tasso sceso al 3,9% a maggio dal 4% di aprile. Gli aumenti mensili dei prezzi sono stati modesti, con l'indice dei prezzi al consumo in aumento solo dello 0,1% a maggio e le previsioni per giugno indicano un aumento mensile dello 0,23%, mantenendo l'inflazione al livello più basso degli ultimi cinque anni e, secondo Truflation, a un tasso annuo dell'1,7% a giugno.
Il calo generalizzato delle aspettative di inflazione riflette la solidità della catena di approvvigionamento statunitense, un rallentamento dei costi degli immobili e un calo dei prezzi dei prodotti alimentari essenziali.
Il surplus di bilancio di giugno: una sorpresa fiscale
Forse la prova più eclatante della sottovalutazione dell'economia statunitense da parte degli analisti si è avuta a giugno, quando il governo federale ha registrato un surplus di bilancio di oltre $27 miliardi, il primo surplus mensile sin dal 2017. Le previsioni più ottimistiche prevedevano un deficit di oltre $40 miliardi.
Il surplus è stato determinato da due fattori chiave:
• Una forte riduzione della spesa, poiché la spesa pubblica è calata di $187 miliardi a giugno a causa di misure aggressive di riduzione dei costi e di una riduzione delle dimensioni della forza lavoro pubblica.
• I dazi sono saliti a $27 miliardi a giugno, rispetto ai $23 miliardi di maggio e sono più che quadruplicati rispetto all'anno precedente.
Le entrate sono aumentate del 13% rispetto al giugno dell'anno scorso, mentre le spese sono diminuite del 7%.
Tagli alla spesa e contenimento fiscale
La svolta fiscale è stata alimentata anche da una significativa riduzione della spesa discrezionale non destinata alla difesa. La proposta di bilancio 2026 del Presidente Trump ha ridotto le spese non destinate alla difesa di $163 miliardi, pari al 23% rispetto all'anno precedente, portando la spesa al livello più basso sin dal 2017.
Sebbene il deficit federale più ampio rimanga elevato – oltre $1.340 miliardi da inizio anno – è in gran parte un retaggio delle politiche della precedente amministrazione e si prevede un calo significativo entro la fine dell'anno. Il deficit inferiore di maggio, insieme ai consistenti surplus di aprile e giugno e ai tagli alla spesa, ha offerto un respiro positivo e ha messo in discussione la narrazione di una irresponsabilità fiscale incontrollata.
Una lezione di umiltà
Gli eventi del 2025 ci ricordano i rischi delle previsioni economiche keynesiane e l'errore dell'analisi ceteris paribus (a parità di condizioni). Sebbene le sfide permangano, soprattutto per quanto riguarda il debito a lungo termine e il costo degli interessi, l'economia statunitense si è dimostrata ancora una volta più dinamica e adattabile di quanto molti esperti avessero previsto, e l'attenzione dell'amministrazione alla responsabilità fiscale è chiara.
L'aumento delle stime di crescita, il calo delle aspettative di inflazione, il controllo di bilancio e i tagli disciplinati alla spesa evidenziano che le precedenti stime allarmistiche erano motivate da motivazioni ideologiche. La lezione che si può trarre da questa esperienza è quella di affrontare le previsioni economiche con cautela. Le stime keynesiane spesso si rivelano eccessivamente ottimistiche riguardo a crescita e inflazione quando la spesa pubblica aumenta e prevedono pessimismo quando accade il contrario.
L'economia statunitense è più forte ed è probabile che il settore privato cresca più rapidamente poiché i tagli fiscali e la deregolamentazione alleggeriranno gli oneri sugli investimenti e sull'occupazione.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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