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da Zerohedge
(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-malattia-europea-la-germania-entra)
La Germania sta perdendo la sua reputazione di stato fiscalmente responsabile. Attraverso una spesa incontrollata il governo federale sta trascinando il Paese in acque tempestose.
Germany has just greenlighted the "largest sustained deficit in post-war history." What is the Polymarket on the next ECB QE? pic.twitter.com/kIfS4E78AV
— zerohedge (@zerohedge) March 5, 2025
L'Handelsblatt ha segnalato un nuovo deficit di bilancio. Entro il 2029 si prevede che i debiti aggiuntivi precedentemente non finanziati aumenteranno da €144 miliardi a €150 miliardi, secondo diverse fonti governative. Non fanno parte del debito federale pianificato, ma si aggiungono a esso. Più di recente la coalizione ha concordato di anticipare al 2027 un'integrazione pensionistica prevista per le madri, aggiungendo altri €4,5 miliardi di spesa.
Bisogna dirlo chiaramente: sotto la guida del Cancelliere Friedrich Merz la Germania ha abbandonato gli ultimi tentativi di rigore fiscale e di un bilancio conservativo. I costi del consenso politico di una coalizione instabile, progettata per evitare conflitti, vengono scaricati sui contribuenti.
Un crollo prevedibile
Questi numeri sono già allarmanti, ma siamo ancora nella quiete prima della tempesta. Nel 2025 si prevede che il rapporto debito/PIL netto raggiungerà il 3,2%. Questo include circa €82 miliardi di nuovo debito federale, €15 miliardi di prestiti aggiuntivi da stati e comuni e circa €37 miliardi di “fondi speciali” federali, ovvero debito ombra fuori bilancio.
Questa previsione crollerà nel momento in cui l'economia tedesca sprofonderà ulteriormente in recessione. L'aumento della disoccupazione e il calo delle entrate fiscali metteranno ulteriormente a dura prova il bilancio federale e i fondi della previdenza sociale. Mentre i politici si sentono ancora tranquilli con un debito pubblico al 63% del PIL, includendo il programma di spesa da €1.000 miliardi del governo Merz, i livelli di debito potrebbero superare il 90% del PIL entro la fine di questo decennio.
La Germania sta ora praticando una politica fiscale sconosciuta alla maggior parte dei suoi cittadini. Le abitudini dei PIIGS sono arrivate, ma non sotto forma di clima soleggiato, bensì di cattiva gestione delle finanze pubbliche.
Le entrate fiscali non possono più colmare i divari
In una dimostrazione di arroganza senza precedenti, nell'ultimo decennio la politica tedesca ha lasciato il suo Stato sociale completamente esposto alla povertà causata dall'immigrazione, cosa che ha generato non solo disordini fiscali, ma anche culturali ed economici. A ciò si aggiungono l'invecchiamento della popolazione e una crisi economica autoinflitta. Tutti i segnali nel sistema di welfare ora puntano verso il disastro.
Alla fine di quest'anno si prevede un deficit complessivo di oltre €55 miliardi, in particolare per l'assicurazione sanitaria pubblica che farà registrare un deficit record di quasi €47 miliardi. L'assicurazione per l'assistenza a lungo termine aggiunge ulteriori €1,6 miliardi di perdite e il fondo pensione si troverà ad affrontare un deficit di circa €7 miliardi.
Un tempo pubblicizzato come un sistema “adatto alle generazioni future”, il modello di welfare tedesco si è trasformato in un pozzo senza fondo. Salvataggi federali, prestiti di emergenza e contributi sempre più elevati caratterizzano ora uno Stato sociale che sta entrando nella fase iniziale del suo collasso.
Vae victis – guai ai vinti – e benedetti coloro che hanno previsto questa discesa e hanno avuto i mezzi per sfuggire alla trappola dello Stato sociale. Il conto ora viene pagato dalla forza lavoro che soffre silenziosamente – gli eroi che assorbono le conseguenze delle linee di politica debitorie sconsiderate attraverso il loro lavoro e il tempo perso.
Oggi la politica sociale è principalmente un'officina per riparare i danni causati dall'interventismo politico. Nel tentativo di fondere un collante sociale artificiale nella società, la quota di PIL dello stato è salita al 50%. Nonostante i massicci aumenti delle tasse – si pensi alle imposte sulle emissioni di CO2, ai pedaggi stradali, alle imposte sulla proprietà e alla progressione a freddo – il divario tra spesa pubblica ed entrate fiscali effettive continua ad aumentare.
Rispetto al periodo precedente al lockdown, la spesa pubblica è aumentata di circa un terzo, mentre le entrate fiscali reali sono aumentate solo del 14%. Anche un analfabeta in economia dedurrebbe che questo squilibrio richiede una correzione strutturale urgente.
Il bivio più avanti
Ma a Berlino non c'è alcun segno di arretramento. La competizione politica tra i partiti statalisti, tra cui la CDU, produce un solo risultato: bilanci sociali più consistenti, infinite promesse di sussidi e una maggiore ingerenza nell'economia.
Con una fedeltà dogmatica nella politica climatica e nell'ideologia delle frontiere aperte, lo stato tedesco procede ciecamente verso un bivio. Le crisi di bilancio non possono essere programmate: si verificano quando gli stati perdono la capacità di indebitarsi sui mercati dei capitali. Come disse una volta Hemingway a proposito della bancarotta: “Prima lentamente, poi improvvisamente”.
Una volta giunto tal momento – quando i mercati obbligazionari dicono di no – una società si trova di fronte a due strade: lo statalismo totale, o il liberismo economico radicale. Nel primo caso sia i mercati dell'energia che quelli dei capitali cadono sotto il controllo statale, mentre la gestione economica diventa autoritaria. Questa è la strada che sta attualmente percorrendo la Germania.
L'alternativa è quella scelta dall'Argentina sotto la presidenza di Javier Milei, simboleggiata dalla sua ormai famosa motosega. Quella strada riporta a una civiltà basata su uno stato minimo, limitato alla tutela della sicurezza interna ed esterna.
L'Europa come laboratorio
Che ci piaccia o no, siamo tutti parte di un vasto esperimento sociale. La domanda è: l'Europa riuscirà a liberarsi del suo socialismo degenerativo – un'ideologia che ha inflitto tanti danni al continente e al mondo – o ricadremo in schemi infantili, rifiutando le riforme per paura e sentimentalismo?
Il dibattito sul bilancio e la paralisi politica della Francia offrono un'anteprima del nostro futuro. La quota di partecipazione statale francese è salita al 57%. Le sue politiche di apertura delle frontiere sono fallite. Il suo Stato sociale smisurato ha reso il Paese ingovernabile.
Tutto ciò culmina in uno stato permanente di crisi di governo, che si traduce in un crollo della fiducia pubblica. La volatilità economica, a lungo repressa dallo Stato sociale, sta ora esplodendo sotto forma di disordini sociali nelle strade.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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