venerdì 24 agosto 2018

I banchieri centrali non tollereranno la deflazione, non importa a quale costo





di Alasdair Macleod

"L'inflazionismo richiede un aumento della quantità di denaro, senza sospettare che ciò ridurrà il potere d'acquisto del denaro." ― Ludwig von Mises, The Theory of Money and Credit

Non sorprende che con lo stallo degli indici azionari, la comunità finanziaria sia sempre più preoccupata che il mercato toro nelle azioni stia volgendo al termine. Naturalmente questo fa sì che gli investitori si preoccupino... e ci sono molte cose di cui preoccuparsi.

Sin dalla crisi della Lehman, i Quattro Cavalieri dell'Apocalisse hanno gettato lunghe ombre sulla scena finanziaria. Ma dal momento che gli asset finanziari hanno continuato a salire di valore negli ultimi nove anni, i gestori di fondi, spaventati da rischi sistemici di un tipo o di un altro e dalla perenne minaccia di un nuovo crollo, sono stati costretti a scartare le loro opinioni ribassiste.

Il più delle volte, non è molto più di una questione di enfasi. Ci sono sempre buone notizie e cattive notizie. In veste di investitori, scegliete in modo semi-cosciente in cosa credere.

Ci sono motivi per cui preoccuparsi, di questo non c'è dubbio. Perlopiù derivano dalle conseguenze di precedenti interventi statali. Gli stati stanno pian piano soffocando la produzione del settore privato con richieste sempre più rapaci ai contribuenti e stanno ricorrendo alla stampa di denaro per finanziare i deficit. In realtà, c'è un limite alla spesa pubblica, perché impoverisce la base imponibile. Eppure gli stati, con pochissime eccezioni, cercano di nascondere questa verità aumentando ulteriormente i deficit di bilancio e la spesa. In questo il presidente Trump non è solo.

La bancarotta è il risultato finale. E non credete che gli stati non possano andare in bancarotta. Possono, e lo fanno distruggendo le loro valute, come sottinteso da von Mises nella citazione d'apertura. Gli inflazionisti cui fa riferimento von Mises giustificano la loro posizione credendo che l'inflazione sia corroborante e che la deflazione sia devastante. Tutte le statistiche che indicano un rallentamento nella crescita dell'offerta di moneta o nell'economia sono quindi considerate come un avvertimento contro la deflazione.

Gli inflazionisti riciclano semplicemente la "teoria della deflazione del debito" di Irving Fisher, la quale non è più rilevante. Fisher sostenne che in una crisi economica, i crediti inesigibili costringevano le banche a liquidare le garanzie, abbassandone i valori. E mentre i prestiti precedentemente buoni perdono la copertura delle garanzie, le banche sono costrette a liquidare anche quelle.

Ma non funziona più così. Le banche centrali hanno rimosso la disciplina impartita dall'oro, in modo che possano intervenire per prevenire le crisi finanziarie ed economiche, piuttosto che lasciarle fare il loro corso. Hanno completamente abbracciato l'inflazione, adottando la scusa di un'espansione monetaria e creditizia come una panacea.

Pertanto, quando arriverà la prossima la crisi, le banche centrali prenderanno provvedimenti per garantire che la quantità di denaro non si contragga. È una previsione che possiamo fare con assoluta certezza. E ogni volta che si verifica una crisi, è necessario un maggiore sforzo monetario per uscirne. Ma questo non è un problema per una banca centrale che ha due obiettivi prioritari: non il targeting dell'inflazione e della disoccupazione in quanto tale, ma garantire che non si verifichi mai una recessione e finanziare, attraverso la stampa di denaro, se necessario, l'escalation della spesa pubblica.



Le oscillazioni minori non rappresentano la crisi del credito

Dobbiamo discriminare tra i problemi momentanei che devono affrontare le banche centrali e l'inevitabile crisi alla fine del ciclo del credito. Affrontare i problemi mentre si presentano è diventata una routine, la giustificazione per un''inflazione continua. La crisi del credito è un'altra questione. I banchieri centrali non sembrano rendersene conto, ma la crisi del credito è una loro creazione, il modo in cui i mercati alla fine correggono le distorsioni create dalla precedente politica monetaria. Finché le banche centrali sopprimeranno i tassi d'interesse ed espanderanno il denaro e il credito, ci saranno crisi periodiche.

L'innesco per la crisi del credito è sempre lo stesso. Il livello generale dei prezzi rischia di aumentare incontrollatamente, riflettendo la perdita del potere d'acquisto della valuta. Ciò costringe la banca centrale a rialzare con riluttanza i tassi d'interesse fino al punto in cui le ipotesi delle imprese sui ritorni del capitale, basate sui costi di finanziamento, cambiano da profitti a perdite. A quel punto la montagna accumulata di debiti si indebolisce fatalmente.

La tempistica del rialzo dei tassi d'interesse che scatena la crisi è determinata dalla velocità con cui l'inflazione monetaria si rispecchia nei prezzi. E la gravità della crisi dipende dalla dimensione della montagna di debiti che deve essere liquidata.

Questo non ha nulla a che fare con le oscillazioni minori. In vista di una crisi del credito ciclica, le banche centrali si occupano abitualmente degli incendi economici che scoppiano in un paesaggio economico sempre più desolato. Sono molto brave. I corsi azionari delle banche europee, come Deutsche Bank e Credit Suisse, sollevano preoccupazioni per il rischio sistemico, ma la BCE e la BNS garantiranno sempre che il credito sia a loro disposizione. E se siamo preoccupati per il rischio sistemico dei principali colossi finanziari europei, perché i prezzi delle azioni delle grandi banche statunitensi come JPMorgan, Goldman Sachs e Bank of America sono così forti?

Viene anche promossa una narrazione che presuppone che un rallentamento dell'offerta di moneta possa rappresentare un allarme preventivo di una recessione. Il grafico qui sotto lo mette nel giusto contesto.


Sì, di recente c'è stato un rallentamento del tasso di crescita di M2. Ma non si discosta molto dal tasso medio di incremento, mostrato dalla linea nera, negli ultimi cinque anni. E non vale la pena di riproporre il grafico M1, che è molto simile, nonostante la FED stia riducendo le dimensioni del suo bilancio.



Raramente viene messo in discussione il modo in cui viene utilizzato il credito bancario

Quello che non ci dicono i grafici sull'offerta di denaro è dove vengono distribuiti i soldi tra due gruppi di mutuatari. Il denaro creato ex novo, principalmente credito bancario, è allocato nel settore finanziario, che non è incluso nel PIL eccetto le commissioni, o in asset non finanziari, in cui sono inclusi beni e servizi. Inoltre nel PIL non ci sono tutte le attività intermedie business-to-business che si indirizzano verso la produzione e la consegna di beni e servizi inclusi nel PIL. Ed è il B2B che prende in prestito per investire.

È solo quando il denaro extra influenza la produzione di articoli presenti nell'indice dei prezzi al consumo che viene registrata l'inflazione dei prezzi. Tuttavia non possiamo sapere come venga allocato questo denaro extra tra le divisioni arbitrarie stabilite dagli statistici. I tentativi di far sposare i cambiamenti tra le misure monetarie più ampie con la domanda non sono mai convincenti.

Ma come proxy per l'attività di business non finanziario lontano dal mondo delle grandi società, il grafico seguente sembra confermare che le normali attività commerciali sono andate avanti normalmente ed è stato così negli ultimi sei anni, anche se non lo direste dai titoli della stampa finanziaria.


A seguito della grande crisi finanziaria, le piccole/medie imprese sono andate avanti con gli investimenti nella produzione. Ma c'è un'osservazione interessante qui, evidenziata dal grafico: nei primi mesi di ogni anno non è stato accesso quasi nessun prestito e leasing extra, quindi la tendenza a lateralizzare di M2 dall'inizio di gennaio potrebbe non essere nulla di cui preoccuparsi. Inoltre, tenendo conto di questa stagionalità, sembra che la domanda di prestiti e leasing finora sia più forte rispetto a qualsiasi altro momento nei cinque anni precedenti.

Gli strateghi degli investimenti esaminano le tendenze statistiche per discernere i punti di svolta in azioni e obbligazioni, quando la creazione/distruzione di ricchezza da parte dei mercati toro/orso potrebbero essere la forza trainante di queste tendenze statistiche, avendo poco a che fare con l'economia stessa. In questo contesto, il grafico successivo mostra l'accumulo del margin debt nel settore finanziario e come è diventato ampio da essere potenzialmente destabilizzante.


Il punto in cui il calo del margin debt lancia segnali di allarme per il mercato azionario è una cosa, ma è improbabile che possa destabilizzare l'economia non finanziaria da solo. Val la pena di notare che è sceso di $21 miliardi a febbraio, e presumibilmente di più a marzo. Mentre alcune di queste finanze sono gestite da broker che fungono da banche ombra, le riduzioni dei prestiti sui titoli si rifletteranno in un rallentamento del ritmo di crescita dei prestiti bancari. Ma nessuna di queste distinzioni viene fatta notare dagli scribacchini finanziari, attribuendo tutti i cambiamenti nell'offerta di moneta alla domanda nell'economia non finanziaria.

Un'altra statistica che preoccupa gli scribacchini è il differenziale LIBOR-OIS, il quale è improvvisamente aumentato. Questa è la differenza tra il tasso di prestito nel mercato monetario a Londra e il tasso overnight dell'indice swap, un derivato che è legato al tasso d'interesse privo di rischio. Di conseguenza il differenziale è considerato come un'indicazione dei rischi per il prestito bancario.

La spiegazione di questo aumento è sconosciuta. Si potrebbe puntare il dito all'andamento dei corsi azionari delle banche europee di rilevanza sistemica, come Deutsche Bank e Credit Suisse, il quale suggerisce un maggiore rischio di controparte nei mercati monetari di Londra rispetto a New York. Ma se le cose stanno così, le banche centrali seguiranno da vicino la cosa e saranno pronte ad intervenire se necessario.

È forse più probabile che i cambiamenti fiscali negli Stati Uniti stiano incoraggiando le società statunitensi a trasferire fondi in dollari dalle banche di Londra a New York, cosa che fa aumentare i tassi del dollaro a Londra, dove è impostato il LIBOR, rispetto a New York.



Come progredisce il ciclo del credito

Gli investitori che cercano di comprendere le principali tendenze dei mercati finanziari dovrebbero tenere d'occhio il ciclo del credito. Il primo punto da notare è che sono trascorsi nove anni dall'ultima crisi del credito e non ci sono ancora segnali che la crescita economica sia finita. Tuttavia, con il progredire del ciclo, la storia e la teoria monetaria ci dicono che i tassi d'interesse iniziano a salire dai livelli artificialmente soppressi dalle banche centrali. Questo sta accadendo ora, cosa che ci porterà nella fase finale del ciclo del credito.

I mercati obbligazionari hanno tutti raggiunto il picco e i loro rendimenti sono in aumento, e non solo nel breve termine, dove i prezzi sono correlati con i tassi d'interesse. Il rendimento del decennale USA ha toccato il minimo all'1.46% a giugno 2016, invece ora è arrivato al 2.79%. Il rendimento del trentennale USA ha toccato il fondo nello stesso periodo al 2.182%, e ora rende il 3.02%.

In generale, l'aumento dei rendimenti obbligazionari a medio e lungo termine anticipa l'aumento dei prezzi di materie prime, beni e servizi, conseguenza della precedente espansione monetaria. Le condizioni aziendali sembrano quindi migliorare e i mercati azionari hanno rispecchiato questo ambiente favorevole.

Sta diventando chiaro che un ulteriore balzo dei rendimenti obbligazionari confermerà la fine di un mercato rialzista nell'azionario e l'inizio di un mercato ribassista. Ma ciò non segnerà la fine dell'attuale fase del ciclo del credito e l'inizio della crisi. Anche se le azioni affronteranno un crash simile a quello del 1987, il ciclo del credito continuerà piuttosto che entrare nella fase di crisi.

Sta per iniziare la fase conclusiva dell'espansione del credito prima della crisi del credito. Sembra che la domanda aumenterà, mentre saliranno i prezzi ed i tassi d'interesse rimarranno ancora bassi. Sarà una fase caratterizzata da una crescente convinzione tra gli imprenditori: devono accendere più prestiti per investire. Possiamo già anticipare i fattori che porteranno a questo stato di cose.

Il presidente Trump ha tagliato le tasse ed aumentato le spese. Adesso ci sarà uno stimolo fiscale sostanziale nell'economia statunitense, perlopiù finanziata finora dall'inflazione monetaria. È destinato a creare ottimismo a breve termine, ma essendo basato sul denaro fiat, sarà un'illusione. La conseguenza sarà un'accelerazione dell'inflazione dei prezzi, poiché il denaro extra verrà assorbito dall'economia non finanziaria. I mercati obbligazionari anticiperanno tassi d'interesse più alti, quindi le banche, perdendo denaro sui loro investimenti obbligazionari, competeranno per l'attività di prestito nell'economia non finanziaria. Per un breve periodo l'economia in generale, sostenuta da una politica fiscale favorevole alle imprese, sembrerà crescere rapidamente.

L'aumento dei prezzi, inizialmente visto dalle imprese come uno stimolo per la produzione mentre i costi dei prestiti restano soppressi grazie alla FED, accelererà alimentato da troppi soldi a caccia di troppo pochi beni. Tuttavia il contesto economico sembrerà migliorare solo durante il periodo di tempo in cui l'economia assorbirà l'inflazione monetaria e la rifletterà in prezzi più alti. Quando sui mercati si capirà che i prezzi del prossimo anno saranno significativamente più alti di quelli nel presente, il valore delle preferenze temporali per i prestiti aumenterà, indipendentemente dalla politica monetaria della FED.

Per allora la crisi sarà su di noi. Il passaggio da politiche fiscali stimolanti a tassi d'interesse e rendimenti obbligazionari in forte rialzo potrebbe essere improvviso. Nel peggior momento possibile, la FED sarà costretta ad aumentare il tasso dei Fed Fund per proteggere un dollaro in declino. Se non avranno già iniziato a farlo, le attività finanziarie andranno in crash, insieme ai beni fisici i cui valori sono impostati dai tassi d'interesse, come le proprietà residenziali.

L'America non è la sola a stimolare i mercati. I tassi d'interesse sono anche soppressi nell'Eurozona, in Giappone, in Gran Bretagna e in Svizzera, i quali beneficiano tutti dell'evoluzione economica in Cina. Quegli economisti che nelle ultime settimane hanno proclamato che alla fine la crescita sincronizzata continuerà ad andare avanti, non si rendono conto che le conseguenze inflazionistiche sui prezzi non fanno altro che anticipare la crisi del credito globale.

Quindi, questa è la sequenza. Le obbligazioni raggiungono il picco, seguite dalle azioni, e poi arriva una crisi del credito. Il primo punto è stato soddisfatto, forse siamo entrati nel secondo e abbiamo ancora il terzo evento davanti a noi. E se le prove sotto i nostri occhi non bastano, abbiamo l'ignoranza dei banchieri centrali in materia come quando Janet Yellen disse: "Direi che non ci sarà mai più un'altra crisi finanziaria? Probabilmente mi sto spingendo troppo oltre, ma penso che siamo molto più sicuri rispetto al passato e spero che non avverrà, e infatti non credo che avverrà".

Che arroganza! Ricorda la cosiddetta "esuberanza irrazionale" di Greenspan nel dicembre 1996, prima che il Dow quasi raddoppiasse, e la sua conversione al Nuovo Paradigma di Larry Summers nel 2000, poco prima che scoppiasse la bolla delle dot-com. È la prova che coloro che si sono presi la responsabilità di proteggerci dai rischi finanziari non hanno alcuna conoscenza del ciclo del credito e del loro ruolo nella sua creazione. Ma si tradurrà in una massiccia deflazione?

Se per deflazione si intende un aumento del potere d'acquisto del dollaro, la risposta deve essere "No". Secondo le opinioni dei banchieri centrali, la deflazione deve essere evitata a tutti i costi, perché anche una lieve recessione potrebbe rovinare le finanze pubbliche. Questo è il motivo per cui la FED e le altre banche centrali faranno tutto il possibile per fermarla. Ma il loro potere è limitato: ridurre i tassi d'interesse e lanciare ancora più denaro nell'economia.

Lungi dalla deflazione, l'unica risposta della FED alla prossima crisi del credito sarà l'adozione di misure che porteranno alla distruzione finale del dollaro. Seguiranno altre banche centrali. I deflazionisti non hanno idea di quello che dicono e inconsapevolmente si conformano alla descrizione di von Mises sugli inflazionisti ingenui.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


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