martedì 11 novembre 2025

Christine Lagarde e la privatizzazione della moneta

Gli ingranaggi sono già in moto. Nella conclusione a questo saggio vi anticipavo il destino dell'Europa: fratturarsi lungo le linee che delimiteranno il Nord dal Sud. Il “federalismo pragmatico” di Draghi è esattamente questo, solo venduto al pubblico non come una disintegrazione dell'Europa bensì come un eufemismo retorico per nascondere la completa disfatta di questo progetto iper-socialista. Addirittura nemmeno più la BCE è un collante tra i vari stati, dato che le singole banche centrali nazionali possono ricorrere ai pronti contro termine per bypassarla (per quanto macchinoso possa essere il processo nonostante tutto). L'unico pilastro rimasto a reggere questo carrozzone burocratico è la moneta unica.
I grandi cambiamenti fanno fatica a essere introdotti nella storia e la demolizione controllata dell'UE non fa eccezioni. L'unione fiscale nel senso inteso da Draghi è solo un palliativo. Da qui si comprende come e perché la retorica della guerra e la stretta autoritaria intorno al collo del contribuente/risparmiatore europeo si stiano facendo più incessanti: esso deve cedere psicologicamente affinché accetti senza discutere e dia il suo consenso ai dettami che vengono dall'alto. È la stessa cosa accaduta in Inghilterra sin dalla Brexit: la “Little Britain” è stata punita, e continua a essere punita, sistematicamente per aver osato andare contro i piani europei di integrazione, al punto che se potesse voterebbe in senso opposto adesso. I tempi del disfacimento europeo stanno accelerando a questo punto e la mia previsione di un suo accadimento entro i prossimi 5 anni era “pessimistica”. La spasmodica retorica di guerra dell'UE serve a scatenare un conflitto con cui avere una scusa credibile (l'opzione fregare gli USA è sfumata) per andare in default sui debiti esistenti, ristrutturare l'euro e ricominciare daccapo con unione fiscale/obbligazionaria. Non c'è altro motivo credibile che spieghi il suicidio economico/politico/energetico/industriale dell'UE. L'oppressione burocratica, poi, serve sostanzialmente a portare allo sfinimento i contribuenti affinché accettino questa realtà.

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di Ulrich Fromy

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/christine-lagarde-e-la-privatizzazione)

In un recente discorso in Portogallo Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea (BCE), ha messo in guardia contro l'emergere delle stablecoin, affermando che potrebbero portare alla creazione di “nuove valute private”. Queste stablecoin, token coperti da valute fiat, rappresentano un rischio significativo sia per la sovranità delle nazioni sia per il “bene comune” della moneta. Auspicava pertanto che fossero regolamentate a livello globale.

Nel corso della sua esposizione è emerso chiaramente che il rischio principale di questi asset digitali è la loro popolarità tra la popolazione, la quale li vede come un modo relativamente semplice per esporsi alle valute fiat “meno peggio”, con il dollaro in cima alla lista. Secondo la Lagarde, questo successo nei mercati delle crittovalute mina l'efficacia delle politiche monetarie delle banche centrali, riducendo la quantità di denaro disponibile nelle banche commerciali tradizionali:

Penso che stiamo cadendo preda di una certa confusione tra denaro, mezzi di pagamento e infrastrutture di pagamento, e che questo fenomeno sia accelerato o accentuato a causa della tecnologia utilizzata, e in particolare da alcune tecnologie. Considero il denaro un bene pubblico e noi stessi come i dipendenti pubblici incaricati di garantirlo e proteggerlo.

Il mio timore è che questa confusione di confini di cui parlavo prima possa portare a una privatizzazione del denaro. Non credo che questo sia lo scopo per cui siamo stati nominati per svolgere il compito che abbiamo, né che sia un bene per questo bene pubblico che è il denaro.

Un altro punto interessante nell'affermazione di Christine Lagarde è che, come Andrew Bailey (governatore della Banca d'Inghilterra), sostiene che le stablecoin “fingono” di essere valute che non sono. Secondo loro le stablecoin non possono essere valute perché non sono emesse da enti pubblici, ma da aziende, in altre parole, dal mercato stesso.

Il problema risiede in questa concezione della moneta come “bene pubblico”, la cui gestione, garanzia e protezione sono responsabilità dei funzionari delle banche centrali.


Il “bene pubblico”

Il concetto di “bene pubblico” è spesso associato a quello di interesse generale. Contrariamente a quanto sembrano sostenere i banchieri centrali, l'interesse generale non risiede nella gestione centralizzata e nel monopolio statale della moneta. Infatti qualsiasi valuta controllata a discrezione di un'autorità centrale che non deve rendere conto a nessuno rappresenta una minaccia per l'interesse generale.

Innanzitutto definiamo cosa si intende per “bene pubblico”. Secondo Frédéric Bastiat, figura di spicco del liberalismo classico, il bene pubblico comprende tutto ciò che precede e trascende ogni legislazione umana: libertà, proprietà e “personalità”, ovvero la dignità, la vita e le capacità uniche di ogni individuo. È tutto ciò che il diritto positivo (creato dallo stato) dovrebbe proteggere e non attaccare continuamente, come invece fa. Sia per i liberali classici che per gli economisti Austriaci, l'interesse generale è stato visto in tutte le istituzioni spontanee che gli individui hanno creato nel corso delle generazioni. Pertanto qualsiasi desiderio da parte del legislatore di decostruire e ricostruire queste istituzioni in nome di un “nuovo interesse generale collettivo” costituisce un attacco al vero interesse generale emerso dall'azione umana. Questo è, naturalmente, il caso della moneta, una delle prime istituzioni a essere manipolata, perché il monopolio sulla moneta è il monopolio più potente che un gruppo di individui possa esercitare sulle masse. Come scrisse Hayek:

In una società libera il bene generale consiste principalmente nel facilitare il perseguimento di scopi individuali sconosciuti [...].

Il bene pubblico più importante per il quale è richiesto l'intervento dello stato non è quindi la soddisfazione diretta di particolari bisogni, bensì la garanzia di condizioni in cui gli individui e i gruppi più piccoli abbiano opportunità favorevoli di provvedere reciprocamente ai rispettivi bisogni.

La storia dimostra che il sistema bancario centrale ha continuamente violato l'interesse pubblico – in particolare la proprietà, la libertà individuale e l'individualità – centralizzando, svalutando e politicizzando la moneta. Il risultato di queste linee di politica è che il denaro oggi non è in grado di svolgere il suo ruolo di “misuratore” della relativa scarsità dei beni, di mezzo di scambio e di riserva di valore. In breve, l'attuale moneta fiat – derivante dal monopolio statale – non possiede più le proprietà chiave della moneta.

Ma cosa accadrebbe se il ruolo delle banche centrali fosse proprio quello di distruggere il “bene pubblico” che la moneta dovrebbe rappresentare, usandola come strumento di saccheggio attraverso l'inflazione monetaria, causando instabilità economica tramite la manipolazione dei tassi d'interesse e usandola come arma contro le libertà individuali attraverso un controllo statale sempre più crescente sulla vita dei singoli? In questo contesto la promessa di una moneta digitale della Banca Centrale Europea (CBDC) può essere vista come il culmine di questo attacco coordinato al vero bene pubblico.


Valute private e paura della concorrenza da parte di una moneta libera

Ecco cos'altro scrisse Hayek in The Denationalization of Money:

Se vogliamo preservare un'economia di mercato funzionante (e con essa la libertà individuale), nulla può essere più urgente dello scioglimento del matrimonio empio tra politica monetaria e fiscale, a lungo clandestino ma formalmente consacrato con la vittoria dell'economia “keynesiana”.

Contrariamente a quanto afferma Christine Lagarde, un sistema monetario di “monete private” sarebbe, al contrario, il modo migliore per promuovere e difendere la nozione di “bene pubblico” e di interesse generale. Perché? Semplicemente perché, dando agli individui la scelta esplicita della propria valuta, questi sceglierebbero naturalmente la migliore che il mercato può offrire loro: una valuta scarsa, che rifletta la scarsità del mondo, neutrale, non tassabile e certa. Una valuta in cui possiamo immagazzinare la nostra energia e il nostro tempo per differirne e distribuirne l'uso il più possibile. Idealmente ciò implica anche una valuta al di fuori delle mani corruttibili e fallibili degli uomini.

Questo è ciò che sostengono gli economisti Austriaci, come fa Hayek nel suo libro The Denationalization of Money. Secondo lui l'emissione di valute private e la libera concorrenza tra di esse porterebbero a una valuta di migliore qualità, poiché sarebbe soggetta ai meccanismi spontanei di adozione. Questo meccanismo teorizza la naturale convergenza delle preferenze individuali verso un unico mezzo di scambio. In questa logica gli individui liberi di scegliere la propria valuta favoriranno naturalmente quella che meglio conserva il suo valore, la più affidabile per il calcolo economico e la meno manipolabile e falsificabile dagli esseri umani.

In questo contesto di parità di condizioni, in cui la somma degli interessi individuali diventerebbe di fatto l'interesse generale, l'euro, come qualsiasi altra moneta fiat, non ha alcuna possibilità di sopravvivenza.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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