venerdì 2 marzo 2018

La crisi globale è vicina





di Alasdair Macleod


L'economia globale è ora in una fase espansiva, con un credito bancario sempre più disponibile per i mutuatari non finanziari. Questo è sempre il preludio alla fase di crisi del ciclo economico.

La maggior parte delle economie sono spinte direttamente dalla Cina, con l'eccezione dell'America. Ciò è confermato dalla debolezza del dollaro, che dovrebbe continuare. Il probabile innesco della crisi arriverà dalla zona Euro, dove il cambiamento della politica monetaria e il crollo dei prezzi delle obbligazioni saranno più accentuati. È importante sottolineare che possiamo stimare una data provvisoria per quanto riguarda la fase di crisi: la seconda metà del 2018 o l'inizio del 2019 al più tardi.



Introduzione

Fin dall'ultima crisi del credito nel 2007/8, quella successiva è stata anticipata dagli investitori. Innanzitutto ci sono state le conseguenze inflazionistiche dei tassi d'interesse a zero e del quantitative easing, le quali si sono trasformate in tassi negativi nella zona Euro e in Giappone. Le politiche monetarie estreme indicavano sicuramente una crisi economica e finanziaria in potenza. Poi l'Eurozona ha visto spuntare sui suoi territori una serie di crisi: la prima di diverse in Grecia, il bail-in di Cipro, poi la Spagna, il Portogallo e l'Italia. Ognuna di queste avrebbe potuto far crollare l'ordine finanziario mondiale.

Ma Mario Draghi ha consolidato il sistema bancario europeo promettendo di fare tutto ciò che sarebbe servito. L'abbiamo deriso, ma ci è riuscito. L'intenzione dietro ai tassi d'interesse a zero e al QE era di impedire una discesa verso la deflazione, una contrazione del credito bancario e dei valori degli asset. I mercati si sono stabilizzati. Bisognava ripristinare la ricchezza del settore privato gonfiando i prezzi degli asset. Ciò ha arricchito il settore finanziario, con i mercati obbligazionari e azionari che hanno fatto registrare livelli record. Un senso di ricchezza ha pervaso quelle classi proprietarie di portafogli finanziari. Il DAX è salito oltre il 225% e l'indice S&P 500 quasi il 250%. L'inflazione, che secondo i commentatori indica il tasso di aumento dei prezzi al consumo, non ha ancora rispecchiato questa massiccia iniezione di inflazione monetaria. Almeno non nelle cifre ufficiali dell'IPC.

Se c'è una lezione da apprendere dopo la grande crisi finanziaria, è che le banche centrali sono molto brave a gestire i problemi sistemici locali, reali o immaginari che siano. I gestori di hedge fund con sentimento ribassista, quei padroni dell'universo, stanno gettando la spugna. Le valutazioni, secondo i loro modelli, non possono essere spiegate, per non dire giustificate.

In verità, questi investitori hanno commesso lo stesso errore in ogni ciclo. Vedono le bolle, ma non riescono a comprendere appieno la loro fonte. Pensano che le bolle siano solo il risultato della follia delle masse, un'euforia irrazionale che ignora i fondamentali economici. Non riescono a scavare un po' più a fondo e capire che la fonte è un ciclo economico che si ripete. Solo quando si capisce che le bolle finanziarie sono solo i sintomi visibili, si può iniziare a capire la malattia sottostante.

Il ciclo economico adesso si trova in una nuova fase espansiva e ci si può aspettare che cambi le caratteristiche del mercato. Solo ora siamo sufficientemente avanzati nel ciclo per ipotizzare una sua evoluzione in crisi. Questo articolo fa vedere al lettore le probabili manifestazioni di una tale crisi, fornendo una mappa riguardante i progressi che compirà, e dove e quando è probabile che possa deflagrare.



Riassunto dei cicli economici precedenti

Durante una crisi del credito, l'espansione della quantità di denaro per volere della banca centrale è finalizzata al salvataggio delle banche commerciali. Altrimenti queste ultime, che sono fortemente indebitate dal punto di vista finanziario, collasserebbero sotto il peso di debiti impagabili e del calo dei valori delle garanzie.

Supponendo che la politica monetaria salvi le banche dalla crisi, il sistema finanziario viene stabilizzato, la crisi finisce e passiamo ad una nuova fase di ripresa. La disoccupazione inizia con l'essere ciclicamente alta e l'inflazione dei prezzi rimane sottomessa. Le banche restano ancora traumatizzate, espandendo il credito solo al governo centrale e ai loro grandi clienti a basso rischio. A seguito del miglioramento dei prezzi delle obbligazioni, iniziano ad espandere il credito verso le loro attività finanziarie associate, restando caute nel concedere prestiti alle medie e piccole imprese (PMI), le quali rappresentano la maggior parte dell'attività economica non finanziaria. Questa ripresa dalla crisi è prolungata dall'intervento del governo centrale, che generalmente cerca di impedire la liquidazione degli investimenti improduttivi affinché si liberi capitale e possa essere utilizzato in modo più produttivo.

Col passare del tempo, le banche iniziano ad avere fiducia nel fatto che la crisi sia passata e di conseguenza il suo ricordo sbiadisce. Estendono gradualmente il credito alle PMI, le quali rappresentano la maggioranza silenziosa dell'economia non finanziaria. In questa fase le banche competono sempre di più per ciò che credono sia un business a basso rischio. Il periodo intermedio della fase espansiva è caratterizzato da una disoccupazione bassa, da crescenti carenze nelle competenze e dall'aumento dell'inflazione dei prezzi. L'aumento dei prezzi riduce il tasso d'interesse reale, sconvolgendo ulteriormente l'equilibrio tra espansione del credito, disponibilità di capitali e beni di consumo. È questo che alla fine costringe la banca centrale a rialzare i tassi d'interesse fino al punto in cui s'innesca la fase di crisi. Le banche centrali non hanno altra scelta per affrontare il calo del potere d'acquisto della moneta, quindi devono rialzare i tassi d'interesse in misura sufficiente a stabilizzarlo.

Si innesca una crisi del debito, perché i modelli di business sono indeboliti dall'aumento dei costi di finanziamento. Le aziende vanno in bancarotta. Inoltre il debito accumulato implica che tassi d'interesse alti indeboliscano lo status creditizio dei debiti a lungo termine e del valore degli asset a loro legate. I costi per il welfare state aumentano e le finanze pubbliche si deteriorano rapidamente. Come intermediari finanziari, le banche sono intrappolate nel mezzo della crisi e affrontano lo spauracchio della bancarotta. Arriva quel momento in cui anche la gente comune si chiede se abbia perso tutto.

Questo è il motivo per cui, dopo aver innescato la crisi, le banche centrali cambiano rapidamente rotta e fanno di tutto per garantire che il sistema finanziario sopravviva e che gli stati possano continuare ad essere finanziati.

Ogni ciclo economico si evolve in base a questo quadro approssimativo, ma ognuno ha le sue caratteristiche specifiche. La progressione da una fase all'altra è spesso difficile da rilevare e talvolta diventa ovvia molto tempo dopo il suo accadimento. Ma la ripetizione del ciclo di crisi, ripresa, espansione e crisi è la struttura alla base di ogni ciclo economico.

Negli ultimi cicli economici, la portata della fase di crisi è aumentata, riflettendo l'enorme onere del debito che si è accumulato nell'economia globale. A partire dalle riforme finanziarie degli anni '80, è emerso un nuovo elemento nelle economie avanzate: l'espansione del credito finalizzata al finanziamento dei consumi, la quale ha ormai superato l'applicazione del credito finalizzato alla produzione. Ciò non cambia il quadro del ciclo, ma altera le sue caratteristiche e la sua visibilità.



L'espansione globale è già qui

Gli sforzi del G20 nel voler coordinare la politica monetaria a livello globale hanno avuto indubbiamente successo. Sfortunatamente hanno reso l'espansione del credito un fenomeno internazionale, finendo per alimentare un ciclo economico globale e sincronizzato. Il coordinamento internazionale della politica monetaria accresce le distorsioni economiche e quelle nei prezzi, innalzando diverse ondate minori in un unico grande tsunami. Inoltre, quando la crisi colpisce una giurisdizione, aumentano le possibilità che si propaghi alle altre. Quindi dobbiamo considerare questa situazione come un'esperienza globale, suscettibile ad essere attivata da qualsiasi luogo.

Gli investitori nei mercati dei capitali occidentali puntano spesso il dito contro la Cina. Sappiamo che la massiccia espansione del credito cinese negli ultimi anni ha già portato il Paese in una fase espansiva. Tutti i segni sono in bella vista, perché il governo centrale sta lavorando ad un piano prestabilito. L'attuale piano quinquennale ha lo scopo di rendere la Cina, insieme alla Russia, la forza economica dominante nel continente euroasiatico.

La Cina è il fautore più significativo dell'attuale fase di espansione del credito globale, a vantaggio di tutti coloro che commerciano con lei. La Gran Bretagna, un suo partner commerciale, per qualche tempo ha sperimentato piena occupazione. La Cina ha un'economia basata sui servizi, cosa che le consente di espandersi nella direzione della massima opportunità. È all'avanguardia nella fornitura di servizi, tecnologie e manufatti in patria e in tutti gli altri Paesi asiatici che si stanno espandendo insieme a lei. Anche la Germania si sta espandendo grazie alla Cina, ma nel suo caso come fornitore di beni capitali. Anche il Giappone, le cui potenti corporazioni hanno fabbriche in tutta l'Asia orientale, sta andando bene.

Gli esportatori di materie prime in tutto il mondo stanno anch'essi beneficiando della domanda cinese. L'Africa sub-sahariana è ora al servizio della Cina, così come l'Australia e importanti Paesi sudamericani. Anche Canada e Messico ne traggono vantaggio. È più facile elencare i Paesi non interessati alla Cina, visto il numero esiguo.

La fase espansiva del ciclo economico riguarda esclusivamente il modo in cui viene distribuito il denaro. Per fare spazio all'aumento dei prestiti bancari alle società non finanziarie, le banche vendono i loro asset a basso rischio, prevalentemente titoli di stato a breve termine. Oggi il conseguente aumento dei rendimenti dei titoli di stato, un importante indicatore, rimane soppresso da una politica monetaria estrema e dal fatto che i grandi disavanzi pubblici devono essere finanziati al tasso più basso possibile. Inoltre diversi Paesi si stanno espandendo a ritmi molto diversi, ma tutti si stanno espandendo grazie al credito bancario che pian piano sta invadendo anche il settore non finanziario.



La sequenza da individuare prima della crisi

Non c'è dubbio che il mondo sia nella fase di espansione del ciclo economico, con alcune economie che rispondono meglio di altre. La Cina sta guidando l'applicazione del credito a livello mondiale attraverso le sue politiche di spesa per le infrastrutture e la progressione economica. La sua domanda di beni capitali e materie prime influenza diversi Paesi in modi diversi, ma la Cina è il principale stimolante globale per quanto riguarda la domanda di credito in tutti i suoi partner commerciali.

L'America viene lasciata fuori da questa festa. Si preoccupa del suo deficit commerciale con la Cina, minacciando ritorsioni attraverso dazi. Tuttavia anche l'economia americana sta correndo verso limiti di capacità, con la disoccupazione, almeno per gli occupabili, ai minimi ciclici. Il credito sta ancora alimentando i valori degli asset finanziari, così come il consumo e il finanziamento del deficit pubblico. L'investimento nella produzione, il nostro indicatore per l'applicazione del credito, passa in secondo piano, dicendoci che il progresso economico, al contrario degli aumenti del PIL, è stagnante. Ma l'espansione, anche se debole, è comunque presente.

Tutto ciò che è necessario per stravolgere la pianificazione monetaria della FED è che i prezzi al consumo aumentino significativamente al di sopra del suo obiettivo: 2%. Anche se l'economia americana è principalmente un affare interno, ad un certo punto se il dollaro continuerà ad indebolirsi ci sarà un'inflazione dei prezzi più alta, nonostante la stagnazione interna

I mercati dovrebbero darci una guida più prevedibile. Il primo mercato a cui rivolgersi è sempre quello obbligazionario. I prezzi delle obbligazioni in calo possono essere tollerati dai mercati azionari fino ad un certo punto, prima che il flusso netto di fondi inizi ad abbandonare gli asset finanziari. Questa è la situazione attuale nella maggior parte dei mercati finanziari. Uno si aspetterebbe di vedere prospettive di trading migliori nell'economia non finanziaria, incoraggiando gli investitori inesperti a continuare ad acquistare azioni, prima che anch'esse perdano lo slancio rialzista.

Prime le obbligazioni, poi le azioni. I prezzi degli immobili dovrebbero continuare a salire, sostenuti da una combinazione di espansione economica alimentata dal credito, aumenti salariali che migliorano l'accessibilità al credito e tassi d'interesse reali soppressi. In questo ciclo, la domanda per spazi commerciali è stata sottomessa dallo shopping online, ma la domanda di spazi per uffici, in particolare fuori dagli Stati Uniti, continua a salire ad un ritmo sostenuto. La crescita esplosiva degli edifici nelle città asiatiche ne è la prova. I programmi di sviluppo immobiliare della Cina sono massicci, ma orientati dallo stato, quindi non sono il miglior indicatore della spesa in conto capitale alimentata dal credito.

È a questo punto che le banche competono per concedere prestiti, cercando di acquisire quote di mercato piuttosto che profitti. La proprietà immobiliare è in genere un importante destinatario del credito bancario e il boom può essere sostanziale in questo settore. Secondo Colliers International, €12.2 miliardi sono stati investiti in immobili commerciali tedeschi nel primo trimestre del 2017. Questa è la seconda volta che il volume delle transazioni trimestrali supera i €10 miliardi dal record del 2007. L'indice dei prezzi degli immobili commerciali in Giappone è aumentato del 17% dal 2012. A Dubai sono in costruzione ulteriori 9.9 milioni di piedi quadrati di uffici. Storie simili abbondano anche altrove.

Quindi, la sequenza teorica è il picco delle obbligazioni, seguito da quello delle azioni e poi da quello delle proprietà immobiliari. I rendimenti obbligazionari hanno iniziato a salire nel 2012, ed è probabile che il prossimo rialzo sarà sufficiente a far scattare il picco dei titoli azionari. Dopo di ciò dovrebbero continuare a salire i prezzi delle proprietà immobiliari, sostenuti dal miglioramento delle condizioni economiche, fino a quando le banche centrali non saranno costrette a rialzare i tassi d'interesse per controllare l'inflazione dei prezzi. Il gap temporale tra questi eventi può variare considerevolmente, ma come la storia ha ripetutamente dimostrato, tutti e tre gli eventi devono aver luogo: uno o due non bastano. Il collasso finale dovrebbe manifestarsi dapprima nelle proprietà immobiliari. In questo senso, la grande crisi finanziaria di nove anni fa è stata un esempio classico.



La fonte della prossima crisi

Dato che il G20 ora ci assicura che quando arriverà la crisi, tutti affonderemo insieme, dobbiamo capire dove inizierà. Ammettiamo che il mondo non finisca in una guerra geopolitica e finanziaria, sebbene tale rischio sia significativo, dobbiamo cercare tra l'attuale politica monetaria e la realtà economica, un compito reso facile dalle banche centrali che non capiscono le dinamiche del credito e il suo effetto sui prezzi. È un processo di eliminazione.

Possiamo eliminare il candidato degli hedge fund, la Cina, perché l'espansione del credito bancario è associata al finanziamento di un progresso economico reale più che altrove. Inoltre lo stato controlla rigorosamente i prestiti bancari ed i flussi di capitale, e asseconda solo a parole le attività di coordinamento del ciclo creditizio del G20. Possiamo anche escludere gli Stati Uniti, perché la sua fase di espansione è stata sottomessa alla sua politica di isolazionismo economico, a meno che il dollaro non collassi rispetto alle altre valute.

La politica monetaria del Giappone è diventata meno rilevante per la sua economia, a meno che per qualche motivo i risparmiatori si spaventino improvvisamente per l'inflazione dei prezzi. Gran parte della produzione giapponese è ora condotta all'estero e, a livello nazionale, la fase espansiva del ciclo del credito è diretta a finanziare il deficit statale. L'economia britannica è una potenziale fonte di pericolo sistemico, data la sua buona performance e le politiche monetarie inadeguate, ma la Banca d'Inghilterra sta iniziando a riconsiderare la sua posizione monetaria.

La fonte più probabile della prossima crisi sembra essere l'Eurozona. La BCE, distratta dalle difficoltà in Grecia, Italia, Spagna e Portogallo, mantiene una politica monetaria di tassi d'interesse negativi per i depositi bancari e un'iniezione mensile di €60 miliardi volta a mantenere i costi di finanziamento degli stati membri quanto più bassi possibile e a tenere lontano dalla bancarotta le banche più deboli. Le distorsioni nei mercati sono estreme, con il biennale tedesco ad un -0.68%.

Con l'euro che finora è salito del 15% rispetto al dollaro, i problemi sono solo all'inizio. I reflazionisti della BCE ritengono che tutto ciò sia deflazionistico ed eserciti pressione sugli esportatori dell'UE, i quali fanno sempre lobby per un tasso di cambio basso. Pertanto è forte la tentazione di sfruttare la forza della valuta senza cambiare la politica monetaria.

I tassi d'interesse del dollaro e della sterlina sono già in aumento. Il problema di fondo per la BCE è che ha finanziato la spesa pubblica acquistando il debito sovrano dell'Eurozona, fornendo copertura ai prezzi delle relative obbligazioni. I governi europei si sono abituati alla soppressione artificiale dei costi di finanziamento e non accetteranno di vederli crescere. Ma ancora peggio, le regole della commissione di Basilea conferiscono al debito sovrano una ponderazione "a rischio zero" per le banche, e così le banche dell'Eurozona si sono strafogate di obbligazioni statali.

A differenza dei regolatori bancari americani, che dall'ultima crisi del credito hanno costretto le banche statunitensi ad aumentare il proprio capitale di base, la BCE ha fatto ben poco per migliorare la solidità delle banche dell'Eurozona. Pertanto non possono permettersi di vedere un aumento significativo dei rendimenti dei titoli di stato europei, perché le perdite nelle valutazioni spazzerebbero via il capitale di molte banche. Tuttavia, con il benchmark di rendimento a 2 anni ancora in territorio negativo, e l'economia dell'Eurozona ora nella fase espansiva del ciclo del credito, possiamo concludere che la crisi partirà da qui.

Raramente le dinamiche finanziarie sono apparse più allarmanti. E poiché il commercio con la Cina aumenterà nei prossimi mesi, con container che verranno spediti via terra in entrambe le direzioni, il dilemma di fronte alla BCE peggiorerà. Inoltre, con il dollaro destinato ad indebolirsi sulla scia di un rallentamento economico degli Stati Uniti e una crescente antipatia internazionale nei suoi confronti come valuta di riserva globale, è difficile vedere come l'euro non continuerà a rafforzarsi ulteriormente.

Nonostante questi problemi, dobbiamo aspettarci un'inversione dell'attuale politica monetaria. Forse con riluttanza la BCE smetterà di acquistare asset finanziari e rimuoverà i tassi negativi sui depositi. Tuttavia anche questa mossa danneggerà le banche dell'Eurozona: calo dei prezzi delle obbligazioni a breve termine e la prevenzione di una nuova crisi bancaria dominerà la politica monetaria.

Supponendo che la ricaduta sistemica di questo iniziale aumento dei tassi d'interesse e dei rendimenti obbligazionari sia contenuta supportando le banche più deboli, le attività non finanziarie del settore privato dovrebbero continuare ad espandersi. L'inflazione dell'Eurozona è già all'1.5%, con quella della Germania all'1.8%. Il tasso target al 2% potrebbe essere superato a breve e la speculazione rischia di innalzare ulteriormente gli aumenti dei tassi. I rendimenti dei titoli di stato nell'Eurozona sono destinati a salire, garantendo un'insolvenza diffusa tra le banche dell'Eurozona.

Per ora, la fine dei tassi d'interesse negativi e del programma di acquisto di asset dovrebbero comprare un po' di tempo, forse fino alla metà di quest'anno, quando i prezzi degli immobili dovrebbero aumentare fortemente. Le aziende dell'Eurozona segnaleranno il miglioramento delle negoziazioni e l'aumento dei profitti, e le banche più solide si affretteranno per concedere prestiti tagliando i loro tassi di prestito. Inoltre, con l'aumento dell'inflazione, i costi di finanziamento in termini reali potrebbero essere persino più negativi di oggi. Nonostante la forza relativa dell'euro, l'inflazione dei prezzi, asticella tra eccesso di credito e scorte limitate di beni, diventerà la questione dominante.

Tutte le principali giurisdizioni hanno questo problema in misura maggiore o minore. Le specifiche sono diverse, ma l'aumento dell'inflazione dei prezzi diventerà comune. Grazie al G20 che s'è assicurato che tutti siano sulla stessa barca, grazie allo stimolo della Cina riversatosi nella maggior parte dell'economia mondiale e grazie all'accumulo a lungo termine di un debito eccessivo, le dinamiche alla base della prossima crisi promettono d'essere più grandi di qualsiasi altra vista finora.

Pertanto sembra che i tempi saranno determinati dall'indirizzamento della politica monetaria della BCE: dal salvataggio del sistema alla consapevolezza che se non agirà rapidamente, aumentando velocemente i tassi d'interesse, finiremo nella prossima crisi. Possiamo provvisoriamente dare una data: tra la metà e la fine di quest'anno e probabilmente mettere un limite di tempo all'inizio del 2019.

Come si svolgerà è un'altra storia per un altro articolo, ma almeno possiamo individuare il dove e all'incirca il quando si verificherà la prossima crisi alimentata dal credito.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Tra i beni rifugio anche un bunker?

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  2. Ho letto il penultimo capoverso nell'originale perché non mi trovavo a mio agio con la traduzione: di fatto mi ha chiarito che la "consapevolezza" indicata non è oggettiva né tanto meno in accordo con la realtà economica, quanto - più semplicemente - la consapevolezza di chi sa che deve frenare prima del precipizio al contempo essendo all'oscuro della spessa lastra di ghiaccio su cui l'auto sta viaggiando.

    Per quanto le previsioni così circoscritte siano pericolose, devo dire che su un punto devo dare ragione a MacLeod, nel piccolo della mia esperienza: in questo momento in Italia pare si stia muovendo il mercato del lavoro, almeno per chi ha un minimo di competenze; ma il primo articolo dell'autore lo lessi su questo blog a dicembre, se non ricordo male, in tempi non sospetti.

    Se le premesse sono queste...

    R.G.

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