venerdì 9 marzo 2018

Quel gigantesco elefante nella stanza...





di Francesco Simoncelli


È molto importante prendere spunto da quelle frasi che spesso ci risuonano nella testa per giorni prima che possiamo arrivare a dare una risposta coerente. Non sempre l'immediatezza della replica è sinonimo di preparazione. A volte la vastità dell'argomento rende necessario la dilatazione dei tempi per fornire un quadro generale esaustivo. Mi è capitato ultimamente dopo la pubblicazione del seguente articolo. Essendo l'articolo carente di una spiegazione più articolata del perché "nessuno" comprerà l'ondata di obbligazioni sovrane in arrivo, mi sono trovato nella situazione di dover sopperire a questa mancanza. Data la complessità dell'argomento, però, nessuna risposta poteva fermarsi a due semplici righe, così come nessuna richiesta poteva liquidare l'argomento riponendo fiducia nelle banche centrali. In questo articolo, quindi, sonderemo il perché gli acquirenti del passato non si presenteranno alle nuove aste dei titoli di stato.

Iniziamo col dire che secondo gli ultimi numeri del Tesoro USA, il debito federale (linea rossa nel grafico qui sotto) è aumentato di altri $50 miliardi rispetto ai $20,760 miliardi precedenti. In totale stiamo parlando di un aumento di $266 miliardi da quando è stato innalzato il limite del tetto del debito. Allo stesso modo è aumentato anche il rapporto debito/PIL (linea blu nel grafico qui sotto), arrivando alla percentuale sbalorditiva del 105%.


Ma ecco il problema che stanno affrontando la maggior parte delle economie mondiale: la crescita economica così come intesa al giorno d'oggi, ovvero, guardando i numeri del PIL, si basa esclusivamente sulla crescita del debito federale. Senza la spesa federale, l'economia si restringerebbe.

Il grafico qui sotto mostra la variazione annuale del PIL meno il deficit federale annuale. Dal 2008 la spesa annua in deficit è stata di gran lunga superiore all'attività economica che la prima ha contribuito a generare. La differenza netta è indicata nel grafico qui sotto dal 1950 al 2017, oltre alla stima fino al 2025 sulla base di una crescita media del PIL del 2.5% e $1,200 miliardi di deficit annuali. Non è una bella immagine e le cose non non stanno migliorando.


Anche se ipotizzassimo una crescita media del PIL del 3.5%, che gli Stati Uniti non avranno una recessione nei prossimi 15 anni e che avranno "solo" $1,000 miliardi di deficit annuali dal 2018 al 2025, gli Stati Uniti continueranno ancora a mostrare una performance economica critica. Perché? Perché questo è il risultato di quello che descrissi nel seguente articolo: legge dei rendimenti decrescenti.


L'impatto di tutti questi deficit è mostrato nel grafico qui sotto. Il debito federale (linea rossa) è di $20,800 miliardi e la spesa annuale per gli interessi su tale debito (linea blu) sta salendo, già adesso ben oltre i cinquecento miliardi di dollari. Il grafico mostra anche il probabile percorso del debito e degli interessi relativi fino al 2025, presumendo un tasso misto (molto modesto) del 4% su tutto questo debito.


Quindi, nonostante le apparenze dicano che gli Stati Uniti stanno andando avanti, in realtà stanno andando indietro. Prestate attenzione adesso, perché entrano in gioco i fondi pensione pubblici, praticamente delle idrovore per il debito pubblico. Infatti il governo degli Stati Uniti non solo ha trovato nel fondo fiduciario della previdenza sociale un compratore sicuro per il suo debito, ma allo stesso tempo ha inserito il surplus di suddetto nel suo budget. Con il mandato del Congresso di acquistare il debito degli Stati Uniti, dal 1970 al 2008 le Partecipazioni Intra-Governative (oltre la metà del surplus della previdenza sociale) hanno acquistato oltre il 45% di tutto il debito federale emesso. Ciò significa che "solo" il 55% del debito degli Stati Uniti era venduto all'asta, o il cosiddetto "debito negoziabile".

Ma il surplus annuale della previdenza sociale è diminuito del 90% (da oltre $200 miliardi all'anno nel 2007 a circa $20 miliardi quest'anno) e molto probabilmente si esaurirà entro il 2020 o 2021. Dopo questa data il compratore  per eccellenza del pattume obbligazionario dello zio Sam "andrà in pensione". Non solo, ma ci sarà bisogno di emissioni aggiuntive per coprire le riserve della previdenza sociale e tutto il debito emesso sarà "negoziabile".

Il grafico qui sotto ci mostra il debito "in commercio" rispetto alle Partecipazione Intra-Governative dal 1970 al 2025. Suddette Partecipazioni hanno risucchiato quasi la metà del debito USA fino al 2008, ma da allora tale percentuale è scesa a poco più del 10%. In sintesi, le Partecipazioni Intra-Governative stanno per scomparire definitivamente, il che significa che il debito "in commercio" continuerà a salire.


Allora chi comprerà il debito del Tesoro degli Stati Uniti? Restano solo tre possibili gruppi: i Paesi esteri, la Federal Reserve e le fonti private nazionali (es. fondi pensione privati, banche, fondi comuni d'investimento, persone fisiche).



FEDERAL RESERVE

La Federal Reserve ha iniziato il suo piano per ridurre il proprio bilancio facendo in modo che i titoli in suo possesso arrivino a maturazione senza che ne vengano ricomprati di nuovi. Il piano è quello di dimezzare i possedimenti di titoli del Tesoro USA e MBS della metà, da $4,500 miliardi a $2,200 miliardi nel 2022. Per quanto riguarda i titoli del Tesoro USA, stiamo parlando di un'offerta di $250 miliardi all'anno in più che non troverà una collocazione "sicura". La FED e le altre banche centrali si sono intromesse pesantemente nei mercati del risparmio e del debito, come risultato l'effetto "crowding out" e l'aumento dei rendimenti (fonte di rettitudine fiscale nell'era pre-Greenspan) sono stati sospesi dai banchieri centrali keynesiani che hanno scoperto che la stampante monetaria è molto più efficace (per i loro scopi), almeno nel medio termine, rispetto alla domanda/offerta sui mercati dei capitali.

Ma indovinate un po'? Anche il medio termine è finito. Infatti è evidente che la FED abbia effettivamente fatto ricorso al QT (quantitative tightening), visto che nell'attuale trimestre intende portare a maturazione $12 miliardi al mese di debito del Tesoro USA e $8 miliardi di titoli delle GSE, che dal punto di vista dei prezzi equivale a vendere. Ciò che la FED non acquista quando i titoli nel suo bilancio giungono a maturazione equivale a nuove emissioni che devono essere comprate da altri con denaro reale. E questo vale anche per le altre banche centrali che intendono seguire la FED su questo percorso.



Non c'è uno straccio di prova che la legge della domanda e dell'offerta sia stata abrogata dall'enorme intromissione delle banche centrali nei mercati secondari dei bond sovrani. Quindi, dopo aver toccato un minimo all'1.36% l'otto luglio 2016, il rendimento del decennale USA ha già iniziato a salire in previsione del drenaggio di liquidità dai mercati. Non solo, gli stessi front runner che hanno anticipato le mosse delle banche centrali comprando oggi quello che loro avrebbero comprato domani, invertiranno le loro azioni vendendo oggi ciò che le banche centrali venderanno domani.

Inutile dire che nessun hedge fund, desideroso di sopravvivere alla tempesta finanziaria, vorrà sedersi pazientemente su una montagna di debito del Tesoro USA comprata a leva dopo che la propria piccola fetta di equity non varrà più niente e sarà richiesto al suo management di avere più garanzie. Al contrario, poiché il rendimento del decennale accelererà, è probabile che non solo comincino a vendere, ma anche a "shortare" quello che la FED ha annunciato che shorterà al ritmo di $600 miliardi all'anno a partire dal prossimo ottobre. Quando il decennale USA supererà la soglia del 3.03%, allora le cose andranno fuori controllo.



PAESI ESTERI

Poi ci sono i Paesi esteri, i quali attualmente detengono $6,300 miliardi di debito del Tesoro USA, ma da quando il QE è terminato alla fine del 2014 hanno rallentato drasticamente i loro acquisti, incamerando appena $150 miliardi in poco più di tre anni. Come si vede dal grafico qui sotto, i Paesi esteri hanno comprato titoli del Tesoro USA al ritmo di $160 miliardi l'anno tra il 2000 e il 2007, $540 miliardi all'anno tra il 2008 e il 2014, e $50 miliardi all'anno tra il 2015 e il 2017. Inutile dire, quindi, che anche questa figura che fino ad ora è stata un compratore di titoli del Tesoro USA sta tirando i remi in barca.


Solo tre acquirenti detengono oltre la metà (55%) di tutti i debiti detenuti dai Paesi esteri: Cina, Giappone, Belgio, Lussemburgo, Irlanda, Isole Cayman e Svizzera. Dal 2000 al 2011 la Cina ha incamerato più di $1,200 miliardi in titoli del Tesoro USA, ma è stata un venditore netto da quando è iniziato il dibattito sul tetto del debito nel 2011. Il Giappone dal 2000 al 2011 ha acquistato più di $600 miliardi in titoli del Tesoro USA. Dopo che la Cina ha iniziato a smettere di comprare, il Giappone l'ha sostituita, ma nell'ultimo paio d'anni anche questo trend si è invertito. Belgio, Lussemburgo, Irlanda, Isole Cayman e Svizzera hanno accumulato più di  $300 miliardi in titoli di stato USA dal 2000 al 2011. Sono questi ultimi Paesi che hanno mantenuto viva la domanda estera di pattume obbligazionario dello zio Sam dopo il 2011, con oltre $800 miliardi


In conclusione, la domanda estera dei titoli di stato USA si è sostanzialmente fermata. La Cina ha ben altri problemi a cui pensare, soprattutto il settore delle famiglie, e il Giappone ha smesso di comprare e ha iniziato a vendere. L'unica domanda estera rimanente proviene da un gruppetto di Paesi il cui movente pare proprio non essere il profitto, bensì fungere da stampella ad un Paese in bancarotta. Ma anche loro saranno costretti a tirare i remi in barca quando i problemi economici in Europa erutteranno di nuovo.




MAIN STREET

Senza Federal Reserve, fonti intra-goverantive e Paesi esteri, l'unica fonte che rimane per assorbire lo tsunami di cartaccia dello zio Sam di nuova emissione e quello che verrà venduto dalle precedenti categorie, è il settore privato interno. Quest'ultimo detiene al momento $6,000 miliardi in debito dello zio Sam e per tenere il passo tra le nuove emissioni ed i titoli venduti dovrebbe inglobarne altro al ritmo annuale di $1,500 miliardi. Se questo non accadrà, gli interessi sul debito saliranno ed il servizio del debito massacrerà le finanze degli Stati Uniti. La vera domanda è: possono permetterselo di sobbarcarsi questo onere? Se guardiamo ad un grafico riguardante la produttività, vediamo una forte correlazione con le bolle (dot-com e immobiliare 1995-2005) e le spinte speculative alimentate dallo stimolo monetario della banca centrale (2009-10). In assenza di bolle ed eccessi speculativi, la produttività affonda rapidamente.


Il grafico seguente, invece, ci illustra la linea di tendenza della produttività a lungo termine attraverso tutte e quattro le rivoluzioni industriali. Il ​​declino concomitante con la quarta rivoluzione industriale (telefonia mobile, Internet, intelligenza artificiale, robotica, reti peer-to-peer, ecc.) e l'esaurimento del petrolio a basso costo.


La realtà è che l'economia sta cambiando in modi che non possono essere invertiti attraverso bacchette magiche o politiche economiche senza precedenti. Tutta quella liquidità fornita dalle banche centrali essenzialmente per mantenere in piedi quelle realtà protette dal loro cartello: stati e grandi banche commerciali, i mutuatari per eccellenza. Ed essendo tali il flusso di denaro necessario per tenerli a galla doveva essere a buon mercato, così le banche hanno simultaneamente spinto i tassi d'interesse ai livelli più bassi mai visti. Alcune banche centrali hanno addirittura applicato tassi d'interesse negativi. Il risultato è stato un enorme trasferimento di ricchezza a coloro già ricchi a spese di tutti gli altri.

Quelli con i mezzi e l'accesso ai prestiti sono stati in grado di ottenere essenzialmente denaro gratuito, mentre i risparmiatori e coloro che dipendono da redditi fissi sono stati danneggiati. L'ondata globale di stimoli economici ha sostanzialmente spinto il capitale nei mercati finanziari, facendo schizzare alle stelle i prezzi degli asset. Quindi coloro che hanno avuto accesso a tali mercati sono diventati sostanzialmente più ricchi, mentre tutti gli altri hanno visto drasticamente ridursi il proprio standard di vita poiché, piano piano, sono aumentati anche i prezzi di quasi tutto il resto. (Le tre bolle di questo secolo sono state micidiali e ogni volta sono state reflazionate impedendo un sano e completo deleveraging di Main Street; quindi non tutto il denaro è rimasto confinato a Wall Street, parte è fuoriuscito da quel circuito.)


Ma mentre i costi sono aumentati, i salari sono rimasti al palo, soprattutto se misurati in termini reali. I salari reali sono ora inferiori del 7% rispetto a quelli del 1973, e questo utilizzando le cifre del tasso ufficiale d'inflazione, che tutti sappiamo sottostimare enormemente il tasso d'inflazione reale. È una sorpresa se sia emerso un enorme divario di ricchezza tra l'1% e tutti gli altri?



In questo contesto, quindi, è a dir poco difficile risparmiare denaro. Infatti al giorno d'oggi circa il 39% degli americani potrebbe affrontare spese impreviste per un ammontare di $1,000, qualora questo numero fosse superiore si ritroverebbero in grossi guai economici e si ritroverebbero a dover andare oltre i loro mezzi. La maggior parte delle volte questo significa accendere un prestito. La domanda quindi è la seguente: come lo ripagano? Non è un caso, quindi, se la nuova bolla subprime (prestiti per auto) stia iniziando a mostrare i primi segni di cedimento, accumulando in serie una pletora di mutuatari sommersi. E come cercano di barcamenarsi? Accendendo nuovi prestiti. Questa ovviamente è la strada più sicura verso la bancarotta, quindi possiamo affermare con tranquillità che il settore delle famiglie è incapace di sopportare il peso delle nuove e vecchie emissioni del debito dello zio Sam.

E lo stesso lo si può dire per le imprese, le quali hanno visto levitare il prezzo delle loro azioni solo grazie all'ingerenza delle banche centrali. Ma cosa c'è alla base di questa apparente prosperità delle imprese? Ingegneria finanziaria. Essendo quindi il loro successo basato su fondamenta argillose e traballanti, e per niente forieri di innovazioni o scoperte spettacolari, la loro sopravvivenza dipende da quanto ancora riusciranno a mantenere in piedi questa farsa. Non tanto a giudicare da come si stanno mettendo le cose. In conclusione, quindi possiamo escludere anche il settore delle imprese.



CONCLUSIONE

In questo articolo ho risposto in modo esauriente alla domanda alla quale diversi lettori cercavano risposta: chi comprerà adesso il debito dello zio Sam? A meno che la Federal Reserve non faccia marcia indietro e riapra i rubinetti monetari, impegnandosi in una monetizzazione del debito infinita, nessuno è in grado di sobbarcarsi questo onere.

Ciò che invece quest'anno avrà molti compratori sarà proprio l'oro.



2 commenti:

  1. Belgio, Lussemburgo, Irlanda, Isole Cayman e Svizzera...

    Il Belgio spunta sempre fuori in tutte le vicende più torbida, dalla pedofilia internazionale alla strategia della tensione. Deve essere un punto nevralgico del lato oscuro della Forza.
    Gli altri sono enclave in cui pecunia non olet.

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  2. Rendo omaggio al liberale antistatalista ed antidirigista Piero Ostellino. Mi mancherai.

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