lunedì 19 marzo 2018

Il canto del cigno delle banche centrali, Parte 1





di David Stockman


Il calo del Dow a febbraio di quest'anno non era affatto un errore. Invece tale calo, che ha spazzato via $4,000 miliardi di capitalizzazione di mercato globale in due giorni, ha segnato l'inizio di un mercato ribassista che sarà generazionale, non temporaneo.

Stiamo parlando di un cambio di direzione fondamentale, a dimostrazione del fatto che l'esperimento delle banche centrali con la Finanza delle Bolle, durato tre decenni, ha ormai fatto il suo corso.

Inoltre questa inversione epocale non è provvisoria o reversibile, perché gli arroganti accademici keynesiani ed i burocrati che gestiscono la FED pensano di essere riusciti nel loro intento e che l'economia statunitense sia al culmine della piena occupazione.

Quindi ora sono decisi a posizionare la banca centrale per la prossima recessione. Cioè, stanno ricaricando la loro "polvere da sparo" attraverso la normalizzazione dei tassi d'interesse ed il restringimento del loro bilancio con il quantitative tightening (QT).

Inutile dire che sia l'entità che l'automaticità di questo imminente shock monetario sono state completamente ignorate da Wall Street a favore di chiacchiere come "il mercato sa" che sta arrivando il QT perché la FED è stata trasparente nelle sue linee guida.

E quindi? Sapere che il rullo compressore sta arrivando non impedisce di schiacciarvi se rimanete sul suo cammino. Infatti il ritmo di dumping obbligazionario annualizzato che raggiungerà i $600 miliardi a ottobre, è un numero temibile; è più grande dell'intero bilancio di $500 miliardi della FED nell'anno 2000.

Ci sono voluti 86 anni per avere due guerre mondiali, la Grande Depressione e 9 recessioni minori. Eppure questi eventi impallidiscono davanti la folle espansione del 9X, a $4,500 miliardi, che si è verificata in soli 14 anni.

Inoltre potete contare sull'imminente vendita di obbligazioni da parte della FED per capire cosa accadrà nei mercati obbligazionari.

I fast money presto scopriranno che il modo migliore per staccare profitti sarà quello di seguire la FED. Cioè, invece di comprare ciò che la FED aveva annunciato che avrebbe acquistato con decine di miliardi al mese durante l'era del QE, i trader inizieranno a vendere quello che la FED ha annunciato che venderà durante il QT.

Ciò farà sì che i rendimenti del mercato obbligazionario passino dallo zero a numeri positivi. Di conseguenza il rendimento del decennale, che ha toccato un nuovo massimo al 2.88% all'inizio di questa settimana, arriverà a breve al 3.0%; e poi si avvierà verso il 4.0% e oltre.

Infatti è praticamente inevitabile. Con la BCE, la BOE, la PBOC e la BOJ che in un modo o nell'altro si stanno muovendo verso una contrazione del loro bilancio, il mercato obbligazionario statunitense dovrà cancellare $1,800 miliardi di offerta durante l'anno fiscale 2019, ma con poche prospettive di assorbimento da parte delle banche centrali straniere o dei loro mercati obbligazionari locali.

Proprio così. I geni fiscali repubblicani ora in carica, i quali si sono ritrovati $700 miliardi di inchiostro rosso per il prossimo anno come eredità bipartisan dei decenni passati, hanno prontamente inserito altri $500 miliardi.

Dal momento che il Congresso ha così "finanziato" il taglio delle imposte, la tesi secondo cui "la crescita" chiuderà il divario è solo una battuta di pessimo gusto. Anche se la crescita del PIL aumentasse di un intero punto percentuale l'anno prossimo, tale aumento equivarrebbe a $200 miliardi e l'assorbimento associato sarebbe inferiore ai $40 miliardi.

Nel contesto di un livello di spesa pubblica annuale da $4,600 miliardi, chiamatelo un errore di arrotondamento dello 0.9%. E non aspettatevi che il "dividendo" della presunta crescita economica arriverà nel futuro prossimo a salvare la situazione.

Il fatto è che l'anno fiscale 2019 si concluderà nel mese 124 dell'attuale ciclo economico (che ha avuto inizio nel giugno 2009). Ciò renderebbe la fase espansiva la più lunga nella storia economica e più del doppio del ciclo medio.

Semmai raggiungessimo tale punto anche prima che arrivi la prossima recessione, dovremmo considerarlo un piccolo miracolo. Ma pensare di poter passare altri 3-4 anni senza una recessione è sicuramente delirante; e aspettarsi di arrivare fino al 2027 senza una recessione (un'espansione di 219 mesi), come pensano Trump ed il CBO, sarebbe assolutamente inconcepibile.

In questo contesto, la decisione della FED di restituire $600 miliardi all'anno nei mercati delle obbligazioni non dovrebbe essere sottovalutata. Come ha sottolineato di recente il nostro collega Lee Adler, la FED ha pubblicizzato con tanta determinazione la campagna di vendita di bond che non solo ha annunciato che si asterrà dal commentare tale decisione nei suoi verbali di riunione, ma ha persino smesso di pubblicare il programma di deflusso mensile.

Questo ci porta alla fiducia riposta dal mercato sul fatto che la FED e le altre banche centrali possano abbandonare la normalizzazione e il QT. Il fatto che il capo della FED di New York, e plenipotenziario di Goldman Sachs, Bill Dudley, avesse minimizzato il calo delle azioni a febbraio, ha indotto molti a pensare che le cose cambieranno semmai sarà necessario.

In questa ottica, il prossimo presidente della BCE ha lasciato poco all'immaginazione.

Ecco il punto, dunque: la fiducia di Wall Street secondo cui il QT verrà abbandonato in caso di recessione, è mal riposta. Questo perché l'era della Finanza delle Bolle ha capovolto la causa del ciclo economico.

Lo scoppio delle bolle a Wall Street, non gli eccessi creditizi di Main Street, sono ora l'innesco delle recessioni. Di conseguenza la FED e le altre banche centrali sono ora strettamente collegate e devono guardarsi le spalle a vicenda.

Durante i 16 mesi tra il picco del mercato azionario nel novembre 2007 e il minimo del marzo 2009, la capitalizzazione del mercato globale è scesa da $62,000 miliardi a $26,000 miliardi. La FED e altre banche centrali sono risultate impotenti nel fermare i $37,000 miliardi di bagno di sangue, proprio perché non è stato realmente innescato fino al settembre 2008 dopo il crollo della Lehman; fu allora che i piani alti delle grandi aziende iniziarono a disfarsi delle scorte e del lavoro in eccesso.

Ad esempio, il settore della produzione di beni – minerario, energia, manifattura e costruzione – è molto più sensibile al ciclo economico rispetto all'economia degli Stati Uniti nel suo complesso, dove ampie fasce di occupazione come quella nel governo (22 milioni di posti di lavoro), nella salute e nell'istruzione (33 milioni di posti di lavoro) sono quasi immuni alle crisi. Così, quando nel settembre 2008 la paura si è fatta strada tra i piani alti delle grandi aziende a causa del crollo dei prezzi delle azioni e delle stock option, il settore delle merci ha scaricato inventari e operai come se non ci fosse un domani.

Durante i 10 mesi dal settembre 2008 fino al giugno successivo, sono stati licenziati oltre 2.8 milioni di lavoratori, i quali rappresentavano il 13% dell'occupazione al picco pre-recessione a dicembre e il 70% di tutti i posti di lavoro persi nei settori della produzione di beni durante l'intera Grande Recessione. Nel solo mese di gennaio 2009, suddetto settore perse 433,000 posti di lavoro o il 2% delle sue buste paghe.


Detto in modo diverso, i piani alti delle grandi aziende americane sono stati trasformati in giunti dell'ingegneria finanziaria da 30 anni di Finanza delle Bolle. Sono guidati dai prezzi delle azioni a breve termine e dai massicci pacchetti di stock option ad essi collegati.

Di conseguenza quando le bolle finanziarie inevitabilmente scoppiano, il conseguente crollo dei valori delle stock option scatena il panico totale. A quel punto, tutto ciò che può tranquillizzare gli dei rabbiosi del casinò viene fatta passare per un'azione disperata, dando così origine a vasti piani di "ristrutturazione" e drastica liquidazione di asset a reddito fisso e scorte.

Nel caso della manifattura, ad esempio, gli inventari hanno continuato a crescere durante i primi nove mesi della precedente recessione. Ma dopo il crollo delle azioni nel settembre 2008, gli inventari sono stati scaricati pesantemente. Durante i successivi 10 mesi, oltre il 15% delle scorte dei produttori è stata lanciata fuori bordo, avendo effetti anche tra i fornitori e i lavoratori a monte.


Quindi la domanda non è se un'economia indebolita farà sì che la FED inverta il QT, ma che cosa potrebbe catalizzare una continuazione ed accelerazione del crollo azionario di febbraio, innescando così il prossimo attacco di caos recessivo tra i piani alti delle grandi aziende.

Pensiamo che la risposta a questa domanda sia in bella vista. Per intenderci, l'ascesa dei rendimenti obbligazionari non assomiglierà affatto al consueto mito di Wall Street secondo cui è già "stata presa in considerazione". Nel caso dell'indice S&P 500, ad esempio, il margine di spesa per interessi sulle vendite era in media di circa il 3.75% durante il periodo 1994-2008 e poteva essere preso come base di riferimento pre-QE e pre-ZIRP.

Nonostante un vero e proprio tsunami di emissioni di debito societario negli ultimi nove anni, il margine d'interesse nel 2016 è stato solo del 2.00%. E questo dopo che l'ammontare del debito societario in circolazione è aumentato di oltre un terzo.

Di conseguenza il margine d'interesse netto non era dovuto alla riduzione della leva finanziaria, ma era una funzione della drastica repressione finanziaria da parte della FED e di altre banche centrali: il 2016, infatti, ha visto $14,000 miliardi di debito sovrano a rendimenti negativi e il benchmark fondamentale per le obbligazioni societarie – il decennale USA – ha toccato il minimo storico dell'1.35% a luglio.

Se il decennale salirà addirittura al 3.5% nell'anno a venire (riflettendo un aumento del 75% rispetto alla media del 2.0% nel 2016), il margine d'interesse sull'indice S&P 500 tornerà come minimo al 3.75%, media di riferimento precedente al 2008.

Inutile dire che le gravi conseguenze per i guadagni non sono mai state inserite nelle attuali proiezioni ottimiste di Wall Street.

Pertanto secondo il guru Ed Yardeni, nel corso del 2016 il margine d'interesse al lordo delle imposte sull'indice S&P 500 ammontava a $22.30 per azione; e, con un'aliquota d'imposta effettiva del 26.5%, il costo al netto delle imposte era di $16.40 per azione.

Al contrario, con un margine d'interesse del 3.75%, il costo al netto delle imposte sarebbe di $42.50 per azione per l'indice S&P 500, mentre in base alla nuova aliquota fiscale effettiva inferiore di circa il 16%, il costo al netto delle imposte salirà a quasi $36 per azione per l'indice S&P 500.

In una parola, questo costo potenziale di $20 per azione non è stato affatto "preso in considerazione". Del resto, nemmeno una minima parte di tale cifra è incorporata nelle previsioni ottimiste di Wall Street.

Come abbiamo già detto, sapere che il rullo compressore sta arrivando non cambia il fatto che si verrà schiacciati se si rimane lungo il suo cammino.

E soprattutto quando il rullo compressore viene gestito da banchieri centrali che non conoscono le bolle e le speculazioni selvagge che sono state promosse in tutta la trama del sistema finanziario dopo nove anni di massiccia stampa di denaro.

In questo contesto, è giusto dire che tutti hanno accumulato centesimi di fronte ad un rullo compressore. Questo è solo un altro modo per dire che la Finanza delle Bolle ha seminato i semi della sua stessa distruzione. È solo una questione di tempo prima che lo "shock dei rendimenti" nel mercato obbligazionario inneschi la carneficina nelle operazioni di rischio.

L'esplosione in ETF/ETN è solo la punta dell'iceberg. La dimensione reale delle posizioni short è incarnata nelle posizioni molto più grandi rappresentate da centinaia di miliardi investiti in parità di rischio, controllo del volume, opzioni put scoperte e strategie CTA di trend following.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


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1 commento:

  1. È divertente osservare ciò che gira sui media conformi ed, in genere, online riguardo al tema del denaro.

    Su byoblu un tale millanta di poter passare dall'euro ad una moneta nazionale eliminando tutto il debito pubblico con gli euro restituiti al Tesoro e da usare allo scopo.
    Purtroppo, ignora che l'€ non è di proprietà del Tesoro, ma della banca centrale emittente, la BCE alla quale andrebbe restituito. Evidentemente il concetto di sovranità monetaria non è ancora stato compreso.
    Ogni volta che il mezzo di scambio ha dietro di sé una banca centrale, noi abbiamo quel mezzo, per altro obbligatorio, a disposizione, ma non ne abbiamo la disponibilità del valore.
    Quel mezzo non è nostro, ma di chi lo impone.
    Con la sovranità monetaria nazionale non si risolve il problema fondamentale della proprietà individuale del mezzo di scambio. Si.passa solo da una bc sovranazionale ad una bc nazionale. Da una élite sovranazionale ad una élite nazionale.

    Sui media invece girano articolesse sulla necessità di regolamentare bitcoin e tutto il resto. E fa davvero sorridere tutto ciò. Un vero ribaltamento della realtà!
    È bitcoin che, libero dal controllo di una qualsiasi élite finanziaria e non svalutabile perché non inflazionabile, fungerà da regolatore, da disciplinatore di poteri politicofinanziari corrotti, dissoluti e spendaccioni.
    Esattamente il ruolo storico dell'oro: disciplina monetaria.

    Viviamo in una colossale truffa a beneficio di pochi ed il fumo che oscura l'inganno è molto denso. La realtà è ribaltata ed il paradosso la fa da padrone.

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