mercoledì 25 luglio 2018

È finanziariamente pericoloso guardare ai dati senza avere una teoria solida





di David Stockman


La compiacenza di Wall Street non è semplicemente una questione di ottimismo sfrenato, o un focus sul meme finanziario del giorno. È frutto della profonda mendacità intellettuale, della pigrizia e della corruzione che hanno accompagnato il distruttivo sistema della pianificazione monetaria centrale della FED.

Inutile dire che quest'ultimo ha completamente falsificato i prezzi degli asset finanziari e cancellato i processi di determinazione onesta dei prezzi. Di conseguenza la narrativa finanziaria mainstream si limita a collegare titoli fugaci e punti di discussione transitori a qualsiasi cosa stiano facendo i robo-trader al momento.

Tra il minimo del marzo 2009 e il picco del gennaio 2018, ovviamente, stavano essenzialmente comprando durante i ribassi. La spiegazione cambiava costantemente: bassi tassi d'interesse, velocità di fuga, reflazione sincronizzazione globale, economia "goldilocks", ma il meccanico era sempre lo stesso.

Però tutte le bolle scoppiano e anche questa, ora, sta facendo fatica a rimanere gonfia. Quindi, proprio ora, i robo-trader ed i day-trader si muovono furiosamente tra le linee di tendenza 50-DMA (resistenza) e 200-DMA (supporto).

Com'è evidente, sin dalla levitazione che ha raggiunto il picco il 26 gennaio scorso a 2873 per l'indice S&P 500, abbiamo praticamente visto un movimento ondulatorio tra le due DMA.

Nelle circostanze attuali, ovviamente, quel particolare punto del grafico è ridicolo. Rappresenta il 23.4X gli utili per il periodo annuale terminante a marzo 2018, in un momento in cui l'attuale ciclo economico è agli ultimi inning della fase espansiva; gli utili sono stimolati da una variazione una tantum delle imposte sulle società; e l'imminente "shock dei rendimenti" nel mercato obbligazionario ha appena iniziato a mostrare la sua brutta faccia, mentre il decennale USA supera la linea rossa del 3.00%.

Come abbiamo più volte sottolineato, buona parte degli utili sono arrivati ​​ad un valore stimato di $116 per azione durante l'attuale periodo, perché le aziende hanno preso in prestito per riacquistare azioni proprie. Ciò ha avuto l'effetto di ridurre il numero di azioni oggi e quindi di ingrassare artificialmente gli utili per azione.

Ma ha anche esposto i bilanci societari a carichi di debito senza precedenti, che sono quasi raddoppiati dal picco pre-crisi del 2007, e ad un aumento degli interessi passivi quando i tassi si normalizzeranno.

Di conseguenza stimiamo che anche se il decennale statunitense riuscisse a rimanere al di sotto del 3.75%, e pensiamo che andrà ben al di sopra, le società nell'indice S&P 500 si troveranno ad affrontare $35 per azione in maggiori interessi passivi al netto delle imposte.

Quindi gli utili annuali attuali sarebbero di circa $82 per azione e ciò significa che la 50-DMA rappresenta utili normalizzati al 33X.

E questo è, beh, non tanto normale.


La narrativa finanziaria mainstream che razionalizza la suddetta irrazionalità è ora priva di qualsiasi contenuto, l'unica carta da giocare è il momentum: "Comprate perché gli utili del primo trimestre stanno salendo a due cifre"; anche se stiamo parlando di un bip artificiale, il risultato di un viaggio di quattro anni che ammonta a soli $10 per azione ed è completamente insostenibile a meno che il ciclo economico non sia presto messo al bando.

L'inutilità della narrativa di Wall Street ci viene ricordata quando leggiamo sulla CNBC il seguente titolo: "General Motors supera le stime grazie alle forti vendite". La verità è invece più o meno l'opposto, come sottolinea Dave Kranzler di Investment Research Dynamics.

E questa non è un'aberrazione di un solo mese. La scorsa estate il settore della vendita al dettaglio delle auto, gonfiato dal debito, stava andando giù quando è stato salvato dalla massiccia domanda di sostituzione nelle aree devastate dagli uragani nel Texas e nella Florida.

Ma le crescenti insolvenze sui prestiti, il calo dei prezzi delle auto usate, l'aumento dei tassi d'interesse e gli incentivi sui rimborsi dei consumatori, non possono essere negati. L'apparente vantaggio fornito dalla distruzione, come descritto nella "fallacia della finestra rotta" di Bastiat, ha ormai esaurito il suo potere di illudere.

Quindi, visto l'enorme vento contrario che sta affrontando l'industria automobilistica, mentre un'altra baldoria di vendite indotta dal debito raggiunge la sua data di scadenza, si potrebbe pensare che un "dato positivo" manipolato rappresenta solo l'ennesimo chiodo sulla bara di questo settore.

Dopotutto, non ci vogliono molte indagini per capire che al di sotto di questa eruzione di debito nel settore automobilistico c'è un brutto ciclo di default, e che se c'è una azienda che ha potuto vendere macchine grazie ai prestiti, quella è stata proprio General Motors. Ancora.

Il grafico qui sotto dice tutto, perché pone una domanda ovvia: a partire dal terzo trimestre del 2010, i salari orari negli Stati Uniti sono aumentati di circa il 15%, ma i prestiti per le auto sono aumentati di oltre il 60%, da $700 miliardi a $1,100 miliardi.

Quindi cosa succede quando il costo di questo debito sale bruscamente ed i default fanno drasticamente restringere il credito per le auto?

La risposta è peggiore di quanto si pensi, perché al margine gran parte di questi default per il debito automobilistico non è stata finanziata dalle banche. Invece è stata finanziata da uno stuolo di nuove società finanziarie nel settore automobilistico che non sono state controllate dai regolatori bancari, ma sono diventate i destinatari di uno tsunami di investitori alla ricerca di rendimenti decenti.


Come mostrato nel grafico qui sotto, la porzione subprime (26%) della suddetta montagna di debiti è in gran parte il prodotto di società finanziarie (linea rossa). E queste ultime hanno aumentato in modo schiacciante il loro capitale mediante gli LBO (un sottile strato di equity), il mercato delle obbligazioni spazzatura (capitale mezzanino) e il settore della cartolarizzazione dei prestiti per le auto (debito senior).

Inutile dire che ci sono due denominatori comuni dietro tutti e tre i livelli:
  1. sono stati alimentati dalla caccia per rendimenti decenti; e
  2. operano tutti su base mark-to-market e sono supportati da investitori sottostanti che non ci penseranno due volte a vendere le quote dei fondi comuni e la cartaccia cartolarizzata su cui poggia l'intero edificio delle società finanziarie automobilistiche.

In altre parole, il mercato del finanziamento per le auto è vulnerabile esattamente al tipo di tracollo che ha colpito il settore dei mutui subprime l'ultima volta. È una bomba ad orologeria finanziaria che Wall Street sta di nuovo ignorando allegramente.

Inutile dire che mentre lo "shock dei rendimenti" colpirà il mercato obbligazionario nel suo complesso, il settore spazzatura in particolare subirà un doppio colpo: i tassi di riferimento aumenteranno drasticamente ed i tassi d'interesse per coprire le perdite aumenteranno ancora di più.

In una parola, il 25% del mercato automobilistico sta per prendere una bella botta. E le cose peggioreranno da qui, perché anche tra i mutuatari più meritevoli di credito, la diminuzione dei prezzi delle auto usate (meno il valore del prestito) e la riduzione dei tassi anticipati (che in molti casi sono del 120% o superiori) ridurranno drasticamente la disponibilità di credito.


Non appena il credito ha accennato a restringersi, gli OEM hanno di nuovo prolungato artificialmente il ciclo ammassando incentivi per i clienti. J.D. Power ha di recente riferito che l'ammontare dei rimborsi ha raggiunto un record assoluto di $3,700 per veicolo.

Quindi, ancora una volta, l'industria automobilistica ha esagerato le vendite tramite prestiti a basso costo e contratti di locazione a chiunque fosse capace di visitare uno showroom.

Ahimè, il settore automobilistico sta già generando tassi d'insolvenza in aumento per i crediti auto subprime, con le insolvenze ora sopra i livelli raggiunti durante la crisi finanziaria. Ed il restringimento del credito è appena cominciato, con la disoccupazione ufficiale ancora ai minimi decennali.


Inoltre il settore automobilistico non è il solo settore a soffrire. La ricerca di rendimenti decenti alimentata dalla ZIRP e dal QE, ha infettato ogni settore dell'economia e le dimensioni e lo scopo di quasi tutte le transazioni finanziarie.

Ad esempio, l'abbuffata record di fusioni/acquisizioni degli ultimi sei anni è un prodotto diretto dell'espansione al 4X del settore BBB (rating investment grade più basso). Nel dicembre 2007 erano in circolazione $800 miliardi di obbligazioni BBB, ma oggi quel numero è di $3,000 miliardi.


La portata delle turbolenze finanziarie future, ad esempio, può essere anche vista nel caso di Teva Pharmaceutical Industries Ltd. Le obbligazioni della società sono state di recente declassate a livello spazzatura da parte di Moody's dopo che il buyout da $41 miliardi di Allergan nel 2016 ha lasciato l'azienda con un carico di debito ingestibile.

Poi c'è WeWork, che ha visto declassare $700 milioni di sue obbligazioni a livello spazzatura.

Con una perdita annua di $1 miliardo e un portafoglio da $18 miliardi di contratti di costruzione a lungo termine, è l'epitome vivente dell'attuale Finanza delle Bolle: le sue 250,000 "scrivanie" sono occupate per l'80% da affittuari che dichiarano di essere nel business della fornitura di servizi tecnologici, finanziari e di altro tipo, ma sono principalmente nel business di bruciare capitale di rischio.

Quindi tutto questo si trasformerà in una specie di falò finanziario, quando i robo-trader abbandoneranno definitivamente i loro punti sui grafici e il capitale speculativo svanirà rapidamente dai mercati.

Infatti la morte certa di WeWork si verificherà quando 100,000 scrivanie saranno improvvisamente liberate dalle aziende fittizie che ora le "occupano", il che, a sua volta, causerà l'insolvenza della società per i suoi affitti, innescando così insolvenze sui mutui commerciali sottostanti.

Qualunque cosa accadrà, siamo di fronte ad un incidente finanziario di proporzioni epiche.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


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