martedì 19 febbraio 2019

Come riconoscere le statistiche fuorvianti sul controllo delle armi





di Tim Hsiao


Il dibattito accademico sul controllo delle armi consiste principalmente in una guerra di statistiche. Nuovi studi emergono ogni tot. settimane e, di conseguenza, entrambe le parti in questi dibattito si stanno costantemente rinchiudendo tra chi avalla o no questo o quell'altro studio in questo o quell'altro Paese.

Per coloro che non sono formati nell'analisi dei dati, questo dibattito può sembrare impossibile da comprendere. Come gli inesperti dovrebbero interpretare i risultati degli studi statistici?



È importante la resistenza, non la prevenzione

Le statistiche sono disponibili in tutte le forme e dimensioni, quindi la prima cosa che dobbiamo fare è determinare quali tipi di statistiche sono rilevanti per il dibattito sul controllo delle armi e quali sono irrilevanti. Per fare questo, è necessario comprendere ciò che rappresenta il dibattito sul controllo delle armi. Non possiamo separare il pertinente dall'influente se non siamo chiari su come inquadrare il problema.

Quindi, in sostanza, in cosa consiste il dibattito sulla proprietà delle armi? Molti sembrano pensare che si tratti di deterrenza; cioè, se la proprietà delle armi possa prevenire un crimine. Il più noto sostenitore di questo punto di vista è John Lott, il quale sostiene che le leggi sul diritto di portare armi sia efficace nel ridurre i tassi di criminalità attraverso la funzione di deterrenza nei confronti dei criminali. La ricerca di Lott è stata corroborata da numerosi altri studi e criticata da altri.

Indipendentemente dal fatto che la ricerca di Lott regga ad un vaglio dettagliato, voglio suggerire che è sbagliato pensare al dibattito sulla proprietà delle armi soprattutto in termini di prevenzione dei crimini. Al contrario, il diritto di possedere armi dipende principalmente dal fatto che le armi sono mezzi ragionevoli per resistere ad un crimine.

Sebbene la prevenzione sia più socialmente desiderabile (è meglio che in primo luogo un crimine non si verifichi affatto), sarebbe un sotto prodotto della resistenza, quindi quest'ultima è più fondamentale. Le armi sono ritenute importanti per l'autodifesa principalmente per la loro capacità di erogare forza letale, il che significa che la resistenza, non la prevenzione, è primaria. La prevenzione è un ulteriore vantaggio, ma è secondaria.

Niente di tutto ciò vuol suggerire che la ricerca di Lott sia sbagliata. Il punto è che la prevenzione e la resistenza sono due cose molto diverse, e su quest'ultima si basa fondamentalmente il dibattito sulle armi.

Per illustrare la differenza, supponete di incontrare un rapinatore mentre fate una passeggiata. Impugnate la vostra arma da fuoco contro il rapinatore che si avventa contro di voi con un coltello. Gli sparate e lo ferite. In tale situazione la pistola non è riuscita a prevenire un crimine, ma ha avuto successo nel resistere ad un crimine. La pistola è stato un mezzo efficace e ragionevole di autodifesa anche se non è riuscita a scoraggiare il rapinatore.

Questo è un punto cruciale che deve essere attentamente valutato: anche se le armi non impediscono il crimine riducendo il tasso complessivo di criminalità, ciò non significa che non sono un mezzo ragionevole per resistere al crimine. La questione più importante è semplicemente una: se le armi facciano un buon lavoro quando vengono usate contro un aggressore. La dissuasione non è la questione chiave in gioco.



I tipi di studi sbagliati

Con quanto detto in mente, siamo ora in grado di valutare la rilevanza degli studi empirici. Supponiamo, a ragion veduta, che i pro-controllo delle armi abbiano ragione nel ritenere che la proprietà delle armi o le leggi sul diritto di portarle non scoraggiano il crimine. Cosa ne conseguirebbe? Niente, in realtà. Dal momento che il dibattito sulle armi riguarda principalmente la questione se esse siano ragionevoli mezzi per resistere ai crimini, il fatto che le armi non possano funzionare per prevenire il crimine non danneggia la tesi del possesso delle armi.

Lo stesso vale anche se le armi incrementano il crimine. Riprendiamo l'esempio precedente che riguarda il rapinatore. Supponiamo che dopo avervi visto impugnare la pistola, il rapinatore si infuri e mi attacchi con maggiore violenza. In tal caso, non solo la vostra pistola non è riuscita a prevenire un crimine, ma potrebbe averlo peggiorato; ma ciò non significa che la vostra arma non sia un mezzo ragionevole per resistere al crimine, né che non fosse giustificato usarla per difendervi.

Il punto è questo: anche se gli studi che dimostrano che il possesso delle armi o le leggi sul diritto di portarle aumentano il crimine sono giusti, in realtà sono irrilevanti. Non ne consegue che le pistole non siano efficaci se usate per l'autodifesa. Poiché i meriti delle pistole riguardano i loro benefici in termini di resistenza, è ingannevole attaccarle concentrandosi sulla mancanza di benefici preventivi. Il fallimento di un'arma nel prevenire un crimine non implica il suo fallimento nel resistervi.

I fautori del controllo delle armi sono quindi colpevoli di un subdolo gioco di prestigio quando citano studi che dimostrano che le armi portano a più crimini, o che i possessori di armi hanno un rischio più elevato di essere uccisi da armi da fuoco. Anche se tutti questi studi sono veri (e ci sono molte ragioni per dubitarne), sono del tutto irrilevanti rispetto a ciò che è effettivamente in gioco nel dibattito sul possesso delle armi; confondono il rischio generale annesso con le pistole e la loro efficacia se utilizzate per l'autodifesa.

Ora, per essere onesti, molti pro-armi sono colpevoli di commettere lo stesso errore, in quanto inquadrano l'intero dibattito in termini di deterrenza e prevenzione della criminalità. Anche se non è sbagliato guardarlo in quest'ottica, dovrebbero essere aspetti secondari rispetto a ciò che conta davvero. I pro-armi dovrebbero dirigere la loro attenzione sul numero di usi difensivi delle armi e sulla loro efficacia per l'autodifesa, poiché questi sono i temi che riguardano direttamente la questione centrale del dibattito sulle armi: resistere al crimine.

Quindi, la prossima volta che vedete uno studio che mostra come la proprietà delle armi possa aumentare il crimine o le possibilità di morire, sappiate che è irrilevante. Essere in grado di distinguere tra prevenzione e resistenza non vi renderà esperti nell'analisi dei dati, ma vi aiuterà molto a superare la palude delle statistiche anti-armi.



I tipi di studi giusti

Il tipo di studi a cui dovremmo prestare attenzione sono quegli studi che si occupano direttamente dell'efficacia delle armi quando usate in uno scenario di autodifesa. Su questo argomento, vi è un consenso chiaro e travolgente sul fatto che le armi da fuoco sono efficaci quando utilizzate per l'autodifesa.

Uno studio del 1993 pubblicato sul Journal of Quantitative Criminology ha rilevato che su otto diverse forme di resistenza al furto, "l'uso della pistola da parte della vittima è stata la strategia di resistenza più coerentemente associata ad esiti positivi (per le vittime di rapine)".

Uno studio del 2000 pubblicato sul Journal of Criminal Justice ha scoperto che uomini e donne che resistevano con una pistola avevano meno probabilità di essere feriti o perdere proprietà di quelli che resistevano usando altri mezzi o che non resistevano affatto. Nel caso delle donne, "avere una pistola rende davvero uguali donne e uomini".

Uno studio del 2004 pubblicato sulla rivista Criminology ha rilevato che su sedici diverse forme di autodifesa delle vittime, "una varietà di tattiche perlopiù forti, compresa la resistenza con una pistola, sembra avere gli effetti più forti nel ridurre il rischio di lesioni".

Infine, uno studio del 2010 pubblicato su Crime and Delinquency, ha rilevato che la resistenza con una pistola diminuiva le probabilità di completamento di una rapina e di uno stupro del 93% e del 92%, rispettivamente.

Facendo un bilancio di questi punti, l'Institute of Medicine e il National Research Council hanno concluso in una revisione del 2013:
Gli studi che hanno valutato direttamente l'effetto degli usi difensivi delle pistole, hanno scoperto percentuali di ferita costantemente più bassi tra le vittime di reati con armi da fuoco rispetto alle vittime che hanno usato altre strategie di autodifesa.

Quando si tratta di utilizzare studi e statistiche, entrambe le parti tendono a concentrarsi sull'impatto del possesso delle armi e delle leggi sul diritto di portarle nel causare o scoraggiare la violenza. Queste sono certamente questioni interessanti da esaminare, ma la deterrenza (o la sua mancanza) non è rilevante nella domanda chiave sul dibattito sulle armi: ciò che conta è se le armi siano efficaci nel fare ciò che sono progettate per fare. E su questa domanda vi è un chiaro consenso sul fatto che le armi da fuoco sono estremamente efficaci nell'autodifesa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


5 commenti:

  1. [Quindi, la prossima volta che vedete uno studio che mostra come la proprietà delle armi possa aumentare il crimine o le possibilità di morire, sappiate che è irrilevante.]

    Irrilevante???? Calma. Che le armi siano efficaci nell'uccidere (e quindi nel difendersi) mi pare lapalissiano! La questione vera e' se la liberalizzazione delle armi sia "un bene" o "un male". Per me e' un male perche' peggiora sotto vari aspetti la societa' (incidenti mortali/ disponibilita' di armi per ragazzini/ aumentata insucurezza sociale). - Perche' se la gente girasse armata per strada io avrei paura ad uscire di casa disarmato. Ma che senso avrebbe??

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    1. Salve Calvin.

      Si è chiesto invece perché non ha paura ad attraversare la strada?

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    2. Chiedilo alle innumerevoli donne che avrebbero potuto evitare, nel passato come nel prossimo futuro, di venire stuprate per il solo fatto di essere armate: devo pensare forse che il loro corpo e le loro psiche valgano meno delle indimostrate fobie altrui?

      R.G.

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  2. Beh però detta così la risposta potrebbe essere che nelle strade ci sono delle strisce pedonali e delle regole di precedenza il che rapportato alle armi, si tradurrebbe in regolamentazione delle armi. Non so se mi spiego

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    1. Ciao Luarnalubre.

      La Scuola Austriaca ed il libertarismo fanno della logica il loro cavallo di battaglia. Questo significa che se domani tutti potessero girare con la propria arma nella fondina, nessuno vorrebbe che qualcun possa aggredire qualcun altro. Come si può minimamente pensare che una cosa così illogica possa essere avallata da una filosofia che erige a suprema fonte la logica? Questo per dire che quando vengono avallate le tesi a favore di una cittadinanza armata lo si fa con coscienza di causa, sicuri che esisterà un quadro normativo in grado di soddisfare la necessità di sicurezza degli individui. Sì, perché questa premura della sicurezza esisterà lo stesso in un ambiente privo di stato ad esempio, e una tale esigenza diffusa farà emergere una risposta nel mercato. A tal proposito, legga il seguente saggio (tutte e quattro le parti): Legge senza lo stato.

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