lunedì 4 febbraio 2019

Dollaro, commodity ed inflazione





di Alasdair Macleod


Sembra che ci troviamo ad un punto di svolta non solo per il dollaro, ma anche per tutti i mercati delle materie prime, compresi i metalli preziosi. Il dollaro deve ancora riflettere l'enorme espansione monetaria degli ultimi anni e le materie prime saranno riunite per essere usate nella riforma asiatica della Cina. Nel complesso, l'effetto di un dollaro in calo e l'aumento dei prezzi delle materie prime, compresa l'energia, spingono l'inflazione dei prezzi verso l'alto in modo più marcato di quanto attualmente previsto. Questo articolo esaminerà entrambi questi problemi.



Il decimo anniversario del salvataggio monetario

Lo scorso agosto è stato il decimo anniversario dell'improvviso aumento delle riserve in eccesso presso la FED. Infatti dall'agosto 2008 in poi, la FED ha iniziato ad acquistare asset delle banche commerciali, iniettando in tal modo denaro fiat nel sistema bancario. Prima dell'agosto 2008, le riserve bancarie totali non avevano mai superato i $10 miliardi.

Da allora, le riserve bancarie presso la FED sono aumentate fino a raggiungere l'incredibile picco di $2.786,9 miliardi nel gennaio 2014. Tra l'agosto 2008 e oggi, l'offerta reale di moneta, un riflesso dei prestiti bancari, è aumentata di $10,000 miliardi, l'equivalente del 65% del PIL statunitense. Ora si trova al 100% del PIL, una crescita senza precedenti dell'inflazione monetaria per qualsiasi nazione sviluppata nei tempi moderni. Inutile ricordare come questa cosa andrà progressivamente ad aumentare i prezzi.

Tuttavia un aumento del livello generale dei prezzi sembra essere l'ultima cosa che possa preoccupare gli economisti e gli investitori. È uno strano paradosso che l'inflazione dei prezzi venga ignorata, fatto reso possibile forse dalla sua deliberata sottostima nelle statistiche ufficiali. Dietro a tutto sembra esserci la paura che avvenga un tracollo finanziario ed economico globale, il quale costringerà gli stranieri ad acquistare dollari per coprire i prestiti in dollari. Ma come ho mostrato in due articoli recenti, questa è una mera illusione. Inoltre ci sono circa $75.000 miliardi in derivati ​​che coprono il rischio legato al dollaro, quindi l'idea che il mondo delle valute sia popolato da imprevisti è semplicemente un'assurdità.

Gli stranieri sono già pieni di dollari fino al collo, dopo aver investito circa $9,000 miliardi in asset denominati in dollari USA sin dalla crisi Lehman. Senza dubbio i flussi dei portafogli hanno di recente cercato di trarre vantaggio dai rendimenti dei titoli del Tesoro USA più elevati rispetto a quelli tedeschi e giapponesi. Inoltre, oltre agli investimenti in portafogli e in dollari, gli stranieri hanno posseduto oltre $4.000 miliardi di liquidità in banche corrispondenti. Quasi certamente oltre $5.000 miliardi ad oggi. Inoltre, con il deficit di bilancio annuale che accelererà oltre i mille miliardi di dollari dal prossimo anno finanziario, i deficit commerciali, nonostante i dazi di Trump, sono anch'essi diretti verso numeri simili, a meno che il consumatore americano non decida improvvisamente di iniziare a risparmiare.

È improbabile, ma la paura di una crisi finanziaria non è mal riposta, sebbene i tempi e la forma sono le uniche incertezze. Ci sono due possibili percorsi verso di essa, o forse un ibrido tra i due. La FED potrebbe essere costretta a rialzare i tassi d'interesse per frenare l'inflazione più rapidamente di quanto attualmente previsto, nel qual caso arriverà un punto in cui il costo degli interessi sul capitale circolante indebolirà fatalmente i calcoli aziendali, portando ad una crisi creditizia. In alternativa, gli eventi possono cospirare per far salire i mercati azionari, come nel caso del 1928-29, portando ad un crollo finanziario che indebolirà direttamente l'economia statunitense.

Ora che l'economia degli Stati Uniti è inondata da dollari in mani straniere, è più probabile che in una crisi queste ultime diventino venditori, piuttosto che acquirenti, e spingano il dollaro verso il basso. Questo è nettamente diverso dalla situazione in cui società statunitensi e giapponesi coprono la loro esposizione alle valute dei mercati emergenti, come è avvenuto durante la crisi asiatica alla fine degli anni '90.

Gli speculatori sono diventati incredibilmente miopi. Non stanno pensando alle conseguenze per il dollaro in una crisi finanziaria, altrimenti non prenderebbero posizioni long nei suoi confronti.

In caso di crisi finanziaria, le banche centrali hanno una sola risposta: hanno una paura morbosa della deflazione, una condizione mal definita caratterizzata da un calo del livello generale dei prezzi. Credono che un aumento del livello generale dei prezzi sia salutare e credono di poterlo regolare abbassando i tassi d'interesse e iniettando più denaro nel sistema. In altre parole, sono sempre pronte ad inondare l'economia con maggiore denaro.

Ogni bull market nelle azioni porta con sé un oceano di preoccupazioni, e questa volta non è diverso. Anche dopo dieci anni di ripresa dall'ultima crisi, è ancora normale preoccuparsi dell'euro e del sistema bancario dell'Eurozona. L'imminente crollo del miracolo economico della Cina sotto un mare di debiti è un'altra preoccupazione spesso ripetuta. Ora abbiamo il crollo della lira turca, del rand sudafricano e di altre valute vulnerabili. Il rallentamento della crescita monetaria accompagnato da una curva dei rendimenti piatta nei mercati obbligazionari è oggi una fonte di massima preoccupazione e siamo stati ripetutamente avvertiti dell'eccesso di debito non produttivo.

Queste sono tutte questioni che le banche centrali possono affrontare. Sono molto brave a soffocare il rischio sistemico ed a mantenere la baracca in piedi, come dovrebbero aver imparato i pessimisti negli ultimi nove anni.

La fine di quasi tutti i cicli del credito è caratterizzata da un ottimismo sfrenato e non siamo affatto vicini a questa condizione. Quando i mercati azionari raggiungono il picco, di solito a causa dell'aumento dei tassi d'interesse, l'ottimismo viene travasato nell'economia più ampia. Se i mercati azionari diventano eccessivamente sopravvalutati, come nel caso del 1928-29 e del 1999-2000, è qui che l'ottimismo rimane e non va oltre. In entrambi i casi, non siamo ancora emotivamente coinvolti.

L'economia globale sta probabilmente crescendo più rapidamente di quanto registrato dalle statistiche statali. Il miglior indicatore che abbiamo è la crescente carenza di manodopera qualificata. Ciò non significa che la FED, per esempio, anticiperà la curva ed innalzerà i tassi d'interesse in misura sufficiente da contrastare l'inflazione dei prezzi. I membri del FOMC sono preoccupati per il futuro così come lo sono gli investitori e, come la storia ha ripetutamente dimostrato, rialzano i tassi solo con riluttanza.

Vedremo... ma questi due percorsi separati nell'immediato futuro, un mercato azionario sopravvalutato o un crescente ottimismo industriale, porteranno entrambi all'inflazione dei prezzi, misurata in dollari, indipendentemente dai tassi d'interesse.

Una crisi del credito non è innescata dal sovraccarico del debito, come comunemente si pensa, ma dall'aumento del costo del capitale circolante ed è l'unico rischio al di là del controllo delle banche centrali. È il rischio principale creato dalle stesse banche centrali, conseguenza della loro espansione monetaria e dell'abbassamento dei tassi d'interesse come risposta a crisi precedenti. Gli interventi sono diventati sempre più destabilizzanti ad ogni ciclo e questi ultimi si concludono con una crisi innescata dal rialzo dei tassi d'interesse.

Non è necessario essere un gestore di fondi per capire che, in base all'espansione massiccia della quantità di denaro negli ultimi dieci anni, l'inflazione dei prezzi, non un collasso deflazionistico mal definito, è ciò che ci riserva il futuro. La maggior parte degli investitori professionisti teme invece un collasso deflazionistico, e ciò va a dimostrare quanto siano distaccati dalla realtà i mercati.



Materie prime: un grande aumento dei prezzi è dietro l'angolo

Non per niente i governi occidentali hanno iniziato a rincuorare le nazioni africane. Uhuru Kenyatta, presidente del Kenya, ha trascorso un po' di tempo alla Casa Bianca la scorsa estate con la mano tesa per ricevere soldi americani, e nello stesso periodo Theresa May ha fatto un tour in Sud Africa, Nigeria e Kenya. I leader africani probabilmente sperano in un ritorno alla guerra fredda, in cui potrebbero schierarsi per una superpotenza contro un'altra in cambio di tangenti e fondi.

Oggi l'Occidente è determinato a tagliare le ali della Cina in Africa. La Cina domina lo sviluppo infrastrutturale a sud del Sahara per accedere ai prodotti di cui ha bisogno per il proprio sviluppo e per un nuovo super stato asiatico. Pertanto la questione centrale è l'accesso alle merci e all'energia, e l'imperativo geopolitico americano è ostacolare tutto ciò. Le potenze occidentali non riusciranno a contenere la Cina in Africa, perché sta fornendo lavoro.

All'inizio dello scorso agosto la leadership cinese ha tenuto un incontro di due settimane a Beidaihe, il resort sulla spiaggia nella provincia orientale dell'Hebei, in un momento in cui l'America stava facendo pressione sulla Cina per contenere la sua influenza. Senza dubbio i dazi di Trump erano all'ordine del giorno, ma è improbabile che la Cina si lasci distrarre dalla sua strategia di lungo termine. Stando così le cose, l'approccio cinese continua ad essere quello di limitare i danni. In ogni caso, le società statunitensi hanno enormi investimenti in Cina, sia nella capacità produttiva che nelle catene di approvvigionamento. La migliore linea d'azione della Cina è quella di continuare ad essere paziente, e gli interessi commerciali degli Stati Uniti probabilmente indeboliranno dall'interno le politiche commerciali di Trump contro la Cina.

Con questo in mente, la Cina sta ora distribuendo contratti statali per lo sviluppo delle infrastrutture. Avendo ridotto la speculazione interna sugli asset finanziari e sulle materie prime restringendo le attività bancarie ombra, ora sta allentando le condizioni del credito. In altre parole, la leadership cinese sta andando avanti con il suo programma di sviluppo delle infrastrutture, nonostante le guerre commerciali.

Ci possono essere pochi dubbi sul fatto che la recente debolezza dei prezzi dei metalli preziosi sia stata in parte determinata dalla bonifica dei ponti della Cina per i suoi piani di espansione. Gli speculatori occidentali hanno erroneamente preso questa linea di politica come prova che l'economia cinese sia nei guai, vittima della guerra commerciale di Trump. Questo ha alimentato la speculazione rialzista nel dollaro e ha spinto i prezzi delle materie prime ancora più in basso. Non solo gli speculatori cinesi hanno abbandonato posizioni long nei metalli preziosi, ma hanno fatto lo stesso anche quelli internazionali.

È stata una tempesta perfetta, che ha portato ad una riduzione delle scorte ovunque. Il rame è particolarmente esposto alla crescente domanda cinese, e gli esperti in questo mercato dicono che la mancanza di metallo fisico disponibile per la consegna è inusuale.

L'energia è probabilmente la più vitale di tutte le materie prime industriali, di cui la Cina avrà bisogno in quantità crescenti quando la produzione di olio di scisto inizierà a diminuire nei prossimi due o tre anni.



Oro: un'ancora in un momento di speculazione eccessiva

La relazione del COT del 21 agosto ha mostrato una sorprendente posizione short degli hedge fund per oltre 90.000 contratti sul Comex, noti come categoria managed money. In precedenti condizioni di oversold, c'era una posizione short netta di 27.201 contratti il ​​29 dicembre 2015, appena dopo il minimo di $1050, che segnava l'inizio di una nuova fase billush per l'oro. La posizione corrente è illustrata nel grafico qui sotto.


La linea tratteggiata è la posizione netta media sin dal 2006. Le cifre evidenziate probabilmente verranno annoverate nella storia degli eccessi speculativi, non essendo un dispregio per l'oro, ma piuttosto un segnale rialzista per il dollaro. Inoltre sono state registrate dopo che il prezzo aveva recuperato $35, suggerendo che al suo minimo la categoria managed money era short per oltre 100.000 contratti, ovvero 311 tonnellate d'oro.

Ovviamente queste cifre subiranno una correzione. Lo suqeeze dei ribassisti inizia quando il prezzo dell'oro smette di scendere. Finora il prezzo ha recuperato $40, ma i trader che sono long non sono enti di beneficenza: è nel loro interesse spillare soldi ai ribassisti. Quindi, ad un certo punto, il prezzo dell'oro sarà visto dagli hedge fund come un modo per shortare il dollaro. Lo sappiamo perché questo è quello che accade al Comex, di volta in volta.

Mentre i trader si sono concentrati sulle tendenze, è sfuggito loro il quadro generale. La Russia, che è il più grande fornitore di energia al mondo, sta abbandonando il dollaro a favore dell'oro. Come ha detto il vice primo governatore della banca centrale russa: "L'oro è una garanzia al 100% contro i rischi legali e politici".

La Russia non è sola tra i Paesi asiatici i cui cittadini considerano ancora l'oro come il denaro definitivo, e più l'America usa il dollaro come arma finanziaria, più lo abbandoneranno. Non esiste una valuta cartacea sostitutiva stabile e credibile. Questo fatto può o non può evolvere nel tempo, ma non c'è dubbio che qualsiasi nazione asiatica che guardi al futuro debba trovarne una per contrastare il rischio di interferenze americane. L'oro è l'unica alternativa comunemente accettata contro l'egemonia americana, e se il dollaro scenderà dal suo attuale stato sopravvalutato, l'oro come mezzo di scambio transfrontaliero prenderà sempre più piede.

È chiaro che gli americani vogliono fermare lo sviluppo e la diffusione dell'influenza cinese. Sfortunatamente per l'America, la Cina detiene quasi tutte le carte buone in mano e, insieme alla Russia, è sulla buona strada per eliminare l'influenza americana non solo in Asia, ma anche tra le nazioni produttrici di materie prime sia in Africa che in Sud America. Il presidente Trump si è anche alienato gli europei e il Canada, dove Trudeau rivendica una relazione speciale con la leadership cinese. Dal punto di vista politico il Giappone è alleato con l'America, ma dal punto di vista commerciale l'ha abbandonata tempo fa.

Mentre il dollaro si indebolisce, possiamo aspettarci che questi argomenti vengano alla ribalta. Le minacce del presidente Trump sui dazi serviranno solo ad indebolire le multinazionali americane con catene di approvvigionamento asiatiche, ad aumentare i prezzi interni, a far accelerare così il ritmo dell'inflazione dei prezzi ed a distruggere i posti di lavoro americani. L'unica cosa positiva per il dollaro sarà l'aumento dei tassi d'interesse, poiché la FED è alle prese con un'inflazione dei prezzi che si muove sopra il suo obiettivo, in un'economia stimolata dall'aumento dei deficit di bilancio. Ma è probabile che questo sia un dato che andrà solo ad alimentare ulteriori debolezze, dal momento che i prezzi dei titoli del Tesoro USA stanno calando, incentivando così una loro vendita e portando ad una crisi dei finanziamenti per il governo.

Per quanto riguarda l'oro, il sentimento anti-dollaro non può che crescere. Le condizioni di oversold nei mercati a termine sono quindi coerenti con una inversione importante.

Forse è quello che abbiamo appena visto.



Argento

Se l'oro sta per riorganizzarsi ed entrare in una nuova fase bullish, possiamo aspettarci che l'argento ne tragga beneficio, muovendosi tradizionalmente a quasi il doppio della velocità dell'oro. Le posizioni short degli hedge fund sono aumentate vertiginosamente, come mostrato nel grafico qui sotto.


Tuttavia, l'esposizione degli hedge fund ai contratti long ha tenuto, portando ad una posizione short netta di 27.717 contratti, estremamente oversold, ma non un record storico.

La differenza tra l'oro e l'argento è che quest'ultimo è prevalentemente un metallo che viene consumato a livello commerciale, nonostante la sua eredità anche monetaria. Le prospettive per il prezzo dell'argento sono quindi sostanzialmente determinate dalla domanda industriale. Tuttavia, rispetto alla domanda dello scorso anno per un totale di 31.652 tonnellate, le monete e le barre hanno rappresentato 4.699 tonnellate, a cui possiamo aggiungere gioielli per 6.503 tonnellate e possibilmente includere l'argenteria per 1.817 tonnellate. La rilevanza dei gioielli e dell'argenteria è la domanda asiatica, in particolare dall'India, poi dalla Cina e da altri stati del Sud Est asiatico che hanno rappresentato 5.670 tonnellate. L'argento in queste categorie è visto da tali popoli come un investimento di lungo termine ed avente valore monetario. (Silver Institute's World Silver Survey 2018, appendice I)

Pertanto la domanda di investimenti in argento rappresenta il 41% del totale, mentre il resto è industriale. L'offerta totale sembra essere limitata, con 1.094 tonnellate in meno rispetto alla domanda totale, il che significa che qualsiasi aumento della domanda industriale o per l'investimento potrebbe avere un effetto importante sul prezzo dell'argento.

Queste cifre aiutano a spiegare perché il prezzo dell'argento è più volatile di quello dell'oro. Ma c'è un'ulteriore considerazione interessante da fare: il governo cinese classifica l'argento come un metallo prezioso, la responsabilità della Banca Popolare Cinese. Ciò significa che la banca centrale cinese ricopre il 7% della domanda globale, e come con l'oro, lo stato ha il monopolio sulla raffinazione.

Mentre la domanda industriale si è attenuata negli ultimi anni (con un picco nel 2013), è probabile che riprenda nei prossimi anni, dato che la Cina vede sempre più porzioni della sua popolazione entrare nelle classi medie e sta espandendo i suoi mercati in Asia. Come nel caso dei metalli di base, è difficile vedere come l'offerta dalle miniere possa espandersi abbastanza rapidamente da soddisfare il probabile aumento della domanda generale. Pertanto i due fattori che spingeranno i prezzi in futuro sono una carenza immediata di metallo fisico, mentre la Cina ricostituisce la sua domanda industriale, e il calo di un dollaro sovrastimato.



Sommario

È chiaro che la recente forza del dollaro sia stata causata principalmente dai flussi speculativi sul presupposto che la politica della FED sui tassi d'interesse, insieme alle politiche commerciali di Trump, avrebbe creato una crisi del credito che avrebbe portato ad una domanda di dollari. Mentre una crisi del credito è inevitabile, le ipotesi di mercato sono sbagliate per due ragioni: la proprietà di dollari e gli investimenti in dollari in mano estera sono già ad un livello record e la FED farà tutto il possibile per evitare che si verifichi una simile crisi.

Nel frattempo la pianificazione economica della Cina continua e porterà ad un massiccio aumento della domanda di energia, metalli preziosi e altre risorse industriali nei prossimi anni. Questo processo sta iniziando ora.

Le prospettive per il dollaro sono quindi estremamente ribassiste. Il suo potere d'acquisto misurato secondo i prezzi delle materie prime diminuirà, la sua rilevanza come valuta di transazione commerciale diminuirà, e il denaro in eccesso nel sistema finanziario statunitense continuerà a farsi strada nell'economia più ampia mediante un aumento dei prezzi interni. Inoltre, quando arriverà a tutti gli effetti la crisi del credito nei mercati finanziari statunitensi, l'unica risposta a disposizione della FED sarà una: inondare i mercati con più denaro fiat.

La confluenza degli eventi attuali e il loro potenziale sviluppo sembrano essere estremamente positivi per i prezzi dei metalli preziosi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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