lunedì 11 marzo 2019

Venezuela: il manifesto del socialismo

Prima di leggere il seguente ed esaustivo articolo sul Venezuela dedicato a tutti quei trogloditi che blaterano ancora di un semplice "mal governo" come causa alla base dei guai economici e sociali, vorrei sviluppare un appunto su quanti pensano che la destabilizzazione del Paese sudamericano sia opera degli Stati Uniti. Lasciatemi puntualizzare che, nel caso in particolare, si tratta di persone con manie di persecuzione. Lasciatele perdere, non perdete il vostro tempo prezioso. Nel 2019 l'OPEC ha perso il proprio potere geopolitico, quindi ha meno influenza sul mercato; i prezzi del petrolio sono alquanto stabili e i produttori di olio di scisto negli Stati Uniti sono riusciti a ridurre i loro costi, cosa che li ha resi più forti a livello globale. Qualsiasi investitore ragionevole scommetterebbe i propri soldi laddove potrebbe ottenere profitti. Inoltre, in Venezuela, il capitale esistente è fuggito dal Paese ed è improbabile che nuovi investimenti atterrino in un luogo senza stato di diritto e in cui la gente lotta per ottenere cibo e altri beni di base. Dal 2007 al 2017 la produzione petrolifera in Venezuela è crollata: è diminuita di circa un milione di barili se confrontiamo la produzione del 2017 con quella del 2007. Al contrario la produzione di petrolio dell'OPEC è aumentata di quattro milioni di barili nello stesso periodo. Mentre la compagnia petrolifera statale del Venezuela ha faticato a raggiungere gli obiettivi di produzione, non rispettando gli impegni contrattuali con gli acquirenti, i produttori di olio di scisto negli Stati Uniti sono riusciti a riprogettare le loro strategie commerciali e modelli di business, riuscendo ad adattarsi al nuovi prezzi commerciali più bassi. È anche importante notare che il regime socialista in Venezuela non tiene conto del fatto che il capitale deve essere rinnovato. Invece crede che stampare denaro manterrà la nazione a galla. Questo è uno dei tanti errori della pianificazione centrale. Il denaro fiat non è ciò che attira gli investitori. Il denaro fiat non è capitale. È una questione di costi/benefici: da un lato ci sono 300 miliardi di barili di petrolio sottoterra, ma anche se ne fosse estratta solo una frazione, un investitore dovrebbe sostenere costi enormi e sopportare rischi che vanno oltre quelli legati all'industria; negli Stati Uniti, al contrario, ci sono molte meno riserve da sfruttare, ma esistono già capitale circolante, tecnologia, know-how e persino l'opzione di trattare direttamente con il proprietario del terreno (i diritti minerari svolgono un ruolo decisivo). Ogni caso è diverso dall'altro, ma prima di dare fiato alla bocca è necessaria un'attenta analisi critica e logica, altrimenti si fa solo la figura degli sciroccati.
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di Troy Vincent


Non c'è un esempio più fulgido del Venezuela riguardo le molte insidie del socialismo che dalla teoria passano alla pratica. La nazione sudamericana è solo l'ultimo esempio della lunga lista di Paesi che sono caduti vittima della promessa di un'utopia socialista. Mentre negli ultimi dieci anni giornalisti come Michael Moore, politici come Bernie Sanders ed economisti come Joseph Stiglitz hanno elogiato il cosiddetto "miracolo economico" socialista in Venezuela, con l'iperinflazione che ora sta affamando milioni di persone e mettendone altrettante in fuga dal Paese, è indiscutibile che queste lodi erano premature e del tutto ingiustificate.

Poi c'è il caso pietoso di Paul Krugman che ancora oggi continua a blaterare di una "mala gestione" da parte di un governo venezuelano corrotto, e non ammetterà che questa situazione sia sorta da problemi inerenti agli ideali e alla politica socialista. Il mio obiettivo è mostrare quanto sia debole questa linea di pensiero. Inoltre quelli che potrebbero essere gli ultimi mesi di Maduro al governo del Paese, servono a ricordare come persino i regimi socialisti si basino ironicamente sui successi del capitalismo per sostenere le ultime vestigia del loro orrore socialista.



La filosofia politica ha conseguenze

La Rivoluzione Bolivariana, guidata dal defunto presidente venezuelano Hugo Chavez, iniziò nel 1999 con il pretesto di abbattere l'imperialismo, la corruzione e la disuguaglianza. In pratica, ciò significava attuare politiche nazionaliste e un'economia socialista gestita dallo stato. Con uno slogan come "Patria, socialismo o morte", la Rivoluzione Bolivariana avrebbe dovuto essere vista per quello che era: l'inizio della fine per l'economia venezuelana. L'incapacità dei suddetti giornalisti, politici ed economisti di prevedere la rovina economica e politica come il risultato necessario di una simile "rivoluzione", nonostante la lunga lista di prove storiche, ci fa capire non solo il loro pregiudizio ideologico, ma anche la loro scarsa comprensione delle basi stesse del successo economico ed istituzionale.

Molti ancora oggi non ammetteranno che la devastazione in Venezuela è un problema inerente al socialismo. Sosterranno che il Venezuela non è un modello di "socialismo vero", ma di autocrazia e daranno la colpa per i mali del governo e dell'economia alla corruzione. Tuttavia è stato a lungo evidente che la correlazione storica tra l'ascesa delle tirannie e le economie socialiste gestite dallo stato, sono relazioni causali. Come disse Mises: "L'idea che la libertà politica possa essere preservata in assenza di libertà economica, e viceversa, è un'illusione". Decenni prima che i venezuelani pianificassero la loro rivoluzione, Mises aveva già detto che "la tirannia è il corollario politico del socialismo, poiché il governo rappresentativo è il corollario politico dell'economia di mercato". Suggerire diversamente significherebbe ignorare la storia economica e politica.

Al posto del libero mercato, il socialismo mette il destino degli individui nelle mani delle burocrazie. Le burocrazie non possono essere gestite come le imprese in un'economia capitalista e sono quindi destinate a gonfiarsi, facendo crescere inefficienze e cattiva gestione. Come scrisse Mises: "La condotta burocratica [...] è una condotta destinata a rispettare regole dettagliate e regolamenti stabiliti dall'autorità di un corpo superiore. È l'unica alternativa alla gestione del profitto. [...] Ogni volta che l'operazione di un sistema non è diretta dal profitto, è diretta sicuramente da regole burocratiche".

Sin dalle sue origini la filosofia alternativa del liberalismo economico e politico, che ha avuto origine dall'età dell'illuminismo e pone i diritti dell'individuo al di sopra di quelli della società in generale, è stata nel mirino dei creatori del socialismo e dei tiranni senza scrupoli. Il rapporto tra filosofia politica e benessere materiale non è un mistero, dato che la filosofia politica di una nazione è il principale fattore determinante le sue politiche economiche. Una filosofia politica radicata nei principi fondamentali dei diritti della proprietà privata e dell'individualismo, promuove lo scambio di mercato e l'innovazione che consente un'abbondanza di beni materiali come cibo, alloggio e medicine. Solo un quadro giuridico costruito sulla sovranità dei diritti della proprietà privata consente ai singoli cittadini di possedere i mezzi di produzione, di negoziare e stipulare contratti esecutivi e dà luogo all'accumulo e agli investimenti di capitale che fanno prosperare l'imprenditorialità e l'ambiente economico in generale.

Ironia della sorte per i socialisti, l'assenza della ricerca del profitto conduce ad incentivi perversi e alla mancanza di responsabilità nelle burocrazie socialiste, gettando i semi della corruzione e della tirannia. Inefficienza, corruzione e tirannia sono quindi caratteristiche del socialismo, e non sono qualcosa che può essere evitato se solo venisse provato il "socialismo vero". Non è che il "socialismo vero", l'utopia socialista della prosperità sotto la proprietà condivisa dei mezzi di produzione, non sia stato l'obiettivo di molti stati falliti come il Venezuela, è solo che è un risultato intrinsecamente impossibile da attuare.



Il mito della maledizione delle risorse venezuelane

Una di queste burocrazie che svolge un ruolo chiave nell'economia venezuelana è la Petróleos de Venezuela, SA, che viene più comunemente chiamata PdVSA. Essa è la compagnia petrolifera e del gas naturale statale che rappresenta la più grande fonte di entrate pubbliche grazie alla sua produzione ed esportazione di petrolio greggio. Il Venezuela ha le più grandi riserve di petrolio nel mondo, con circa 300 miliardi di barili di petrolio. La nazione è anche ricca di altre risorse naturali come l'oro. Ciò può portare a chiedersi, perché allora un Paese così ricco di risorse naturali continua a soffrire di tali difficoltà economiche?

A partire dalla metà degli anni '90 la letteratura accademica cominciò a concentrarsi su una cosiddetta "maledizione delle risorse", in cui fu esaminata attentamente la relazione tra abbondanza di risorse naturali e crescita economica. Alcuni ricercatori conclusero che molti Paesi non solo avevano sperperato le loro risorse naturali, ma che le prestazioni economiche erano peggiorate a causa dell'aumento della scoperta e della produzione di risorse naturali. La gente è quindi pronta a considerare il Venezuela come un altro esempio della "maledizione delle risorse" piuttosto che attribuire la colpa al socialismo. Alcune ricerche recenti hanno trovato prove del fatto che non è colpa delle eccedenze di risorse naturali se un'economia va male. Dopo tutto, ci sono molti esempi storici in cui questa maledizione non c'è stata.

Non è un caso se le nazioni che sono risultate immuni alla maledizione delle risorse siano quelle che sono nate dalle fondamenta dei diritti di proprietà, dall'individualismo e dal capitalismo. I diritti di proprietà, che consentono l'aumento dei contratti privati ​​e l'accumulo privato dei mezzi di produzione, precludono la confisca di massa e la gestione statale delle risorse, presenti invece sotto il controllo socialista. Come disse Mises: "Il calcolo economico può aver luogo solo attraverso i prezzi monetari stabiliti nel mercato dei beni di produzione in una società che poggia sulla proprietà privata dei mezzi di produzione". Nazionalizzare le industrie, e poi far gravare i bilanci pubblici sulle entrate di tali industrie, significa che il governo è esposto finanziariamente alle sue grandi industrie. In uno stato socialista come il Venezuela, dove le entrate pubbliche dipendono sempre più da una singola merce altamente volatile come il petrolio, che ha un prezzo nel mercato globale, non c'è da meravigliarsi se l'economia verrebbe rovinata dall'instabilità.

La presunta maledizione delle risorse in Venezuela non è nient'altro che l'ennesimo esempio del fallimento delle burocrazie socialiste nel loro sforzo di cercare di funzionare come le economie di mercato. Mettere le risorse nelle mani del "popolo" significa in realtà metterle nelle mani dello stato e dei suoi compari. Inoltre nelle economie socialiste come il Venezuela, dove molti individui ottengono i loro redditi dalle entrate del governo, la corruzione ed il clientelismo cresceranno a spese del resto della società. In termini di scienze politiche, genera lo scambio di beni e servizi per un supporto politico implicito o esplicito. Ricerche recenti hanno suggerito che non solo la maledizione delle risorse non esiste, ma che un'economia clientelistica potrebbe effettivamente essere un prerequisito per i presunti risultati della maledizione delle risorse.


Non è solo una coincidenza che, anche se la domanda e la produzione petrolifere globali sono aumentate negli ultimi decenni, una nazione così ricca di riserve petrolifere abbia visto il suo picco di produzione di petrolio poco prima che avvenisse la nazionalizzazione dell'industria petrolifera e del gas nei primi anni '70. La produzione di petrolio venezuelano è aumentata ancora una volta durante gli anni '90, quando la PdVSA ha iniziato ad assumere appaltatori privati, ma tutto è cambiato con l'elezione di Hugo Chávez e l'inizio della rivoluzione bolivariana. Durante lo sciopero generale del 2002-2003, Chávez licenziò 19.000 dipendenti della PDVSA e li sostituì con dipendenti fedeli al suo governo. Da allora la produzione petrolifera venezuelana è crollata del 70%. Questo chiaramente non è il risultato di una maledizione che scaturisce dalle leggi dell'economia, ma deriva dalla pianificazione centrale che cerca di ignorare tali leggi.



Politica monetaria ed iperinflazione

Un crollo economico socialista difficilmente sarebbe completo senza un crollo della valuta. Dopotutto, come la corruzione ed il clientelismo, in uno stato socialista ci si dovrebbe aspettare l'inflazione della massa monetaria della nazione. Il crollo della valuta venezuelana, il bolivar, è particolarmente tragico dato che è stata una delle valute più forti in Sud America durante il periodo del successo economico venezuelano dagli anni '50 agli anni '70. L'inflazione iniziò a prendere piede negli anni '80, sulla scia di un governo venezuelano che nazionalizzava sempre più l'industria e politicizzava la banca centrale.

Come prevedibile, l'espansione dello stato ha portato alla crescita della spesa, dei deficit e del debito. Come è stato tipico nel corso della storia, invece di ammettere il fallimento, il governo ha iniziato a derubare il popolo del Venezuela attraverso la tassa nascosta dell'inflazione, stampando più bolivar a scapito del suo potere d'acquisto. Questa politica consente agli stati di svalutare i loro debiti, mentre mandano al macero la valuta. Come osservò Mises in The Theory of Money and Credit: "L'inflazione è sempre una risorsa importante delle politiche di guerra e rivoluzione, ed è per questo motivo che la troviamo anche al servizio del socialismo".

Una politica d'inflazione monetaria ha portato a sconcertanti aumenti dei prezzi in tutta l'economia. In uno sforzo fallito per compensare la situazione, Maduro ha ordinato sei aumenti salariali minimi nel Paese per tutto il 2018 e nel 2019 ha già emesso un ulteriore aumento del 300%. Ciò porta il salario minimo a 18.000 bolivar al mese, o meno di $7. Insieme ai controlli dei prezzi, questo ha portato a carenze di massa di beni di base come cibo, acqua e carta igienica. A questo punto il bolivar non vale letteralmente nemmeno la carta su cui è stampato. È più sensato usare il bolivar come carta igienica piuttosto che usarlo per cercare di acquistare carta igienica. Enormi pile di denaro sono necessarie per comprare i beni di base. Una tazza di caffè, che un anno fa costava 0,45 bolivar, ora costa 1.700 bolivar.


Le migliori stime disponibili mostrano che alla fine del 2018 i venezuelani hanno visto i prezzi salire ad un tasso annualizzato del 160.000%. I venezuelani non hanno accesso ai servizi medici, i bambini e gli anziani muoiono di fame, e milioni di persone stanno fuggendo in massa dal Paese. La tragedia è che questa sofferenza è il risultato diretto di qualcosa che è completamente evitabile. Come descritto da Mises negli anni '50: "La cosa più importante da ricordare è che l'inflazione non è un atto di Dio, l'inflazione non è una catastrofe naturale o una malattia che viene come la peste. L'inflazione è una linea di politica consapevole". Infatti, come è stato dimostrato nel corso della storia, è una linea di politica che deriva dalla crescita dello stato sotto il socialismo.



Gli scambi durante gli ultimi giorni della rivoluzione

Lo scorso luglio il maggiore generale Manuel Quevedo, l'ufficiale militare che era stato nominato presidente della PdVSA, si è incontrato con un prete cattolico e c'è stato un raduno di lavoratori e funzionari della PdVSA per una cerimonia di preghiera nella speranza che Dio aiutasse ad aumentare la produzione di petrolio. Ma nemmeno le preghiere a Dio potrebbero invertire la sfortuna economica che segue quando si mette un'industria nelle mani di funzionari militari e simpatizzanti socialisti.

Invece c'è stato disordine economico e politico per tutto il 2018. Il governo venezuelano ha quindi smesso di nazionalizzare l'industria petrolifera e ha iniziato ad assumere società esterne per aiutare le operazioni del colosso petrolifero statale. Ciò è avvenuto a meno di un anno dall'affermazione di Maduro: "Voglio una PDVSA socialista. Una PDVSA etica, sovrana e produttiva. Dobbiamo rompere questo modello di compagnia petrolifera redditiera".

Mentre è vero che il governo e l'economia venezuelana sono cresciuti grazie ai prestiti dei suoi alleati geopolitici più ideologicamente allineati (Cina, India e Russia nell'ultimo decennio), il suo avversario ideologico (gli Stati Uniti) è stato di gran lunga il maggior acquirente del petrolio venezuelano. Gli Stati Uniti hanno importato circa 500.000 barili al giorno di greggio venezuelano nel 2018, rappresentando quasi il 40% delle esportazioni totali venezuelane ed il 34% delle esportazioni totali venezuelane nel 2017. Dato che il Venezuela è fortemente indebitato con molti dei suoi maggiori acquirenti, come Cina e India, esportare petrolio in questi Paesi ripaga solo i debiti e non aiuta a soddisfare il bisogno di finanziamenti aggiuntivi. Di conseguenza si pensa che gli Stati Uniti rappresentino il 75% del denaro totale che il Venezuela riceve per le sue esportazioni di greggio.

Inoltre il petrolio venezuelano è troppo pesante o denso per scorrere attraverso le condutture e le infrastrutture senza un diluente, o i prodotti raffinati del petrolio leggero come la benzina, necessario a ridurre la sua viscosità. In passato la PdVSA creava il proprio diluente presso le proprie raffinerie, ma con quasi l'intera base di raffinazione che è andata offline dopo anni di cattiva gestione burocratica, nel 2018 il Venezuela si è rivolto sempre più ai raffinatori negli Stati Uniti affinché gli fornisse i prodotti petroliferi per continuare a produrre ed esportare greggio. Gli Stati Uniti hanno fornito quasi l'80% del diluente totale importato dal Venezuela nel 2018. Sebbene possa prenderlo altrove in tutto il mondo, ciò comporterebbe un costo più elevato rispetto all'approvvigionamento dalle forniture statunitensi geograficamente più vicine.


Quindi cosa è accaduto quando il Venezuela socialista si è ritrovato debiti insormontabili nei confronti dei suoi alleati socialisti ed aveva bisogno input da cui dipende la loro industria? Ironia della sorte, si è rivolta al Paese capitalista malvagio che Maduro incolpa per la disgrazia economica della nazione. Mentre la pressione globale sale contro Maduro e il suo governo, possiamo solo sperare che il popolo del Venezuela si libererà infine dalla mentalità anti-capitalista che l'ha portato a questo punto. Il vero problema in Venezuela non si risolverà con un salvataggio del FMI o della Banca Mondiale. Ci deve essere una risoluzione da parte del popolo venezuelano per allontanarsi dal socialismo. Come Mises osservò: "Il problema di rendere le nazioni sottosviluppate più prospere non può essere risolto con aiuti esteri. È un problema spirituale ed intellettuale. La prosperità non è una questione di investimento di capitale. È un problema ideologico."


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


2 commenti:

  1. Gli argomenti forniti in questo articolo sono semplicemente eccellenti. Grazie Francesco per la condivisione.

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  2. Condivido con Tosvarsan, che eccellenti sono gli argomenti di questo articolo.
    In un articolo e' racchiuso un compendio di economia.

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