venerdì 6 maggio 2011

Capitalismo contro Statalismo #1

Un saggio di cui si sentiva la mancanza. Un simile scritto è altamente il benvenuto perchè spiega una volta per tutte come il capitalismo sia stato "manipolato" ed introdotto nell'immaginario collettivo come il peggiore dei mali (subito dopo la deflazione e Alien vs Predator), a che scopo e da chi. Un poderoso resoconto della trasformazione del capitalismo di libero mercato in capitalismo di Stato, ovvero, da vantaggio per molti a vantaggio per pochi. Infatti molte voci mainstream dicono che oggi è il "capitalismo" il sistema economico che regna incontrastato, ma evadono le seguenti domande: il capitalismo di libero mercato prevede il salvataggio di banche? Prevede lo "stimolo" dell'economia? Prevede il furto a mano armata?

{Prima parte di tre}.
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di Murray N. Rothbard

[Questo articolo fu originariamente pubblicato in Outside Looking In: Critiques of American Policies and Institutions, Left and Right. New York: Harper and Row, 1972, pp. 60-74. Rishttp://www.blogger.com/img/blank.giftampato in The Logic of Action Two: Applications and Criticism from the Austrian School. Glos, UK: Edward Elgar Publishing Ltd., 1997, pp. 185-199.]


Sin dal primo momento abbiamo avuto grandi problemi con il termine "capitalismo". Quando ci rendiamo conto che il termine fu coniato dal nemico più famoso del capitalismo, Karl Marx, non c'è da sorprendersi che un analista neutrale o a favore del "capitalismo" potrebbe trovare il termine mancante di precisione. Il capitalismo tende ad essere un termine generico, un concetto d'insieme che i marxisti applicano praticamente a tutte le società sulla faccia del globo, con l'eccezione di pochi paesi "feudali" e delle nazioni comuniste (sebbene, ovviamente, i cinesi considerano la Yugoslavia e la Russia "capitalisti", mentre molti Trotskysti includerebbero anche la Cina). I marxisti, per esempio, considerano l'India un paese "capitalista", ma l'India, tormentata da un enorme e mostruoso sistema di restrizioni, caste, regolazioni di Stato e privilegi di monopolio, è tanto lontana dal capitalismo di libero mercato quanto può essere immaginato.[1]

Se dobbiamo mantenere il termine "capitalista", allora dobbiamo distinguere tra "capitalismo di libero mercato" da una parte e "capitalismo di Stato" dall'altra. I due sono così diversi come lo sono il giorno e la notte nella natura delle loro conseguenze. Il capitalismo di libero mercato è una struttura di scambi liberi e volontari in cui i produttori lavorano, producono e scambiano i loro prodotti con i prodotti di altri attraverso prezzi a cui si giunge volontariamente. Il capitalismo di Stato consiste in uno o più gruppi che fanno uso dell'apparato di coercizione del governo — lo Stato — per accumulare capitale per loro stessi espropriando la produzione di altri con la forza e la violenza.

In tutta la storia gli Stati sono esistiti come strumenti per una predazione organizzata e per lo sfruttamento. Non importa molto quale gruppo di persone prende il controllo dello Stato in un qualunque dato periodo di tempo, che siano despoti orientali, re, latifondiari, mercanti privilegiati, ufficiali dell'esercito o partiti comunisti. Il risultato è dovunque e sempre il danneggiamento forzato della massa dei produttori — nel corso dei secoli è stata ampiamente la classe contadina — da parte di una classe dirigente di governatori dominanti e della loro classe di burocrati. In generale lo Stato ha avuto inizio come puro banditismo e conquista, dopodiché i conquistatori si stabilirono tra i popoli soggiogati per estorcere un tributo permanente e duraturo sottoforma di "tassazione" e distribuire la terra dei contadini in enormi tratti ai signori conquistatori, che poi procedevano a ricavarne la "rendita". Un paradigma moderno è la conquista spagnola dell'America Latina, quando la conquista militare della classe contadina degli indiani nativi portò alla distribuzione delle terre degli indiani alle famiglie spagnole e lo stabilimento degli spagnoli come classe dirigente sulla classe contadina nativa.

Per rendere il loro governo permanente, i dirigenti dello Stato avevano bisogno di ottenere un tacito consenso dai loro sottomessi almeno per legittimare il loro dominio. Per questo scopo lo Stato ha sempre preso un corpo di intellettuali per diffondere un'apologia a favore della saggezza e della necessità del sistema esistente. L'apologia differisce nel corso dei secoli; a volte è la classe sacerdotale che usa il mistero ed i rituali per dire ai sottomessi che il re ha origine divina e si deve obbedire a lui; a volte sono i liberali Keynesiani che usano la loro forma di mistero per dire alla gente che la spesa del governo, apparentemente improduttiva, aiuta tutti incrementando il PNL e dare energia al "moltiplicatore" Keynesiano. Ma ogni volta lo scopo è lo stesso — giustificare il sistema di governo esistente e lo sfruttamento della popolazione sottomessa; ed ogni volta i mezzi sono gli stessi — i dirigenti dello Stato che condividono il loro potere ed una porzione del loro bottino con i loro intellettuali. Nel diciannovesimo secolo gli intellettuali, i "socialisti monarchici" dell'Università di Berlino, dichiararono orgogliosamente che il loro obiettivo principe era di servire come "la scorta degli intellettuali della Casa degli Hohenzollern". Questa è stata la funzione della corte degli intelelttuali, nel passato e nel presente — servire come la scorta di intellettuali per la loro particolare classe dirigente.

In un senso più profondo, il libero mercato è il metodo e la società "naturale" per l'uomo; può sorgere e pertanto sorge "naturalmente" senza un sistema intellettuale elaborato per spiegarlo e difenderlo. Il contadino analfabeta sa nel suo cuore la differenza tra il duro lavoro e la produzione da una parte e la predazione e l'espropriazione dall'altra. Se non è disturbata, si viene a creare una società agricola e commerciale dove ogni uomo lavora al compito a cui è più adatto nelle condizioni del tempo, e poi commercia il suo prodotto in cambio dei prodotti di altri. Il contadino coltiva grano e lo scambia col sale prodotto da altri o per scarpe del calzolaio locale. Se sorgono delle dispute sulla proprietà o sui contratti, i contadini e gli abitanti del villaggio portano i loro problemi all'uomo saggio dell'area, a volte l'anziano della tribù, per fare da arbitro.

Ci sono numerosi esempi storici sulla crescita e lo sviluppo di tali società puramente di libero mercato. Due possono essere menzionate qui. Una è la fiera della Champagne, quella che per centinaia di anni nel Medioevo fu il centro del commercio internazionale in Europa. Vedendo l'importanza di queste fiere, i re ed i baroni le lasciarono indisturbate, non tassate e non regolate, ed ogni disputa che sorgeva nelle fiere era risolta in una delle tanti corti volontarie ed in concorrenza mantenute dalla chiesa, dai nobili e dagli stessi mercanti. Un esempio più radicale e meno conosciuto è l'Irlanda celtica, la mancanza di un canale governativo che trasmettesse ed imponesse ordini e dettami dei conquistatori, ritardò la conquista per secoli.[2]

Le colonie americane furono benedette da un ceppo di pensiero libertario ed individualista che tentò di sostituire l'autoritarismo Calvinista, una corrente di pensiero ereditata dai libertari e dai radicali anti-statalisti della rivoluzione inglese del diciassettesimo secolo. Queste idee libertarie furono in grado di esercitare una presa più salda negli Stati Uniti che nei paesi madre poichè le colonie americane erano ampiamente libere dal monopolio feudale della terra che esisteva in Inghilterra.[3] Ma in aggiunta a questa ideologia, l'assenza di un governo centrale reale nella maggior parte delle colonie permise la crescita di una società di libero mercato "naturale" e spontanea, priva di qualsiasi governo politico. Ciò era particolarmente vero per tre colonie. Una era l'Albemarle, che in seguito divenne il nord-est della Nord Carolina, dove non è esistito alcun governo per decenni finchè la Corona Inglese concesse la gigantesca Carolina in concessione demaniale nel 1663. Un'altro esempio di spicco fu il Rhode Island, originariamente una serie di insediamenti anarchici fondati da gruppi di rifugiati dall'autocrazia del Massachusetts. Infine una serie di circostanze peculiari mise in atto un'anarchismo individualista in Pennsylvania per circa un decennio dal 1680 al 1690 circa.[4]

Mentre la società puramente libera e laissez-faire sorge spontaneamente dove le persone sono lasciate libere di esercitare le proprie energie creative, lo statalismo è stato il principio dominante in tutta la storia. Dove il despotismo dello Stato esistse già, allora la libertà può solo sorgere da un movimento ideologico auto-cosciente che intraprende una battaglia prolungata contro lo statalismo e rivela alle masse il grave difetto nell'accettazione della propaganda della classe dirigente. Il ruolo di questo movimento "rivoluzionario" è di mobilitare i vari ranghi delle masse oppresse, e di sconsacrare e delegittimare il potere dello Stato ai loro occhi.

E' nella gloria della civiltà occidentale dell'Europa occidentale del diciassettesimo e del diciottesimo secolo, in cui, per la prima volta nella storia, un'ampio, determinato e parzialmente vittorioso movimento sorse per liberare gli uomini dalle catene restrittive dello statalismo. Mentre l'Europa occidentale diveniva progressivamente avviluppata ad una rete coercitiva di restrizioni feudali e gilde e ai privilegi e monopoli dello Stato con il re che ricopriva il ruolo di signore feudale, il movimento di libertà sorse con lo scopo consapevole di liberare le energie creative dell'individuo, di costituire una società di uomini liberi da rimpiazzare la gelida repressione del vecchio ordine. I Livellatori, gli uomini del Commonwealth e John Locke in Inghilterra, i filosofi ed i Fisiocarti in Francia, inaugurarono la Rivoluzione Moderna nel pensiero e nell'azione che infine culminò nelle Rivoluzioni Francese ed Americana del tardo diciottesimo secolo.

Questa Rivoluzione era un movimento a nome della libertà individuale e tutte le sue sfaccettature erano essenzialmente derivate da questo fondamentale assioma. Nella religione il movimento sottolineava la separazione della Chiesa dallo Stato, in altre parole la fine della tirannia teocratica e l'avvento della libertà religiosa. Negli affari esteri questa fu una rivoluzione a nome della pace internazionale e la fine alle incessanti guerre in nome della conquista di Stato e della gloria dell'elite governante. Politicamente fu un movimento per privare la classe dirigente dal suo potere assoluto, per ridurre le opportunità del governo e mettere qualsiasi parvenza di governo rimasta al vaglio della scelta democratica e delle frequenti elezioni. Economicamente il movimento sottolineava la liberazione delle energie produttive dell'uomo dalle catene governative, cosicché agli uomini potesse essere permesso di lavorare, investire, produrre e scambiare dove avrebbero preferito farlo. Il famoso grido al potere era laissez faire: lasciateci esistere, lasciateci lavorare, produrre, comemrciare muoverci da una giurisdizione o paese ad un altro. Lasciateci vivere e lavorare e produrre senza ostacoli da parte di tasse, di controlli, di regolamentazioni o di privilegi di monopolio. Adam Smith e gli economisti classici erano solo il gruppo più economicamente specializzato di questo ampio movimento di liberazione.

Fu il successo parziale di questo movimento che liberò l'economia di mercato e perciò diede vita alla Rivoluzione Industriale, probabilmente l'evento più decisivo e più liberatorio dei tempi moderni. Non fu un caso che la Rivoluzione Industriale emerse in Inghilterra, non nella Londra gestita dalle gilde e controllata dallo Stato, ma nelle nuove città industriali e nelle aree che sorsero a nord dell'Inghilterra in precedenza rurali e pertanto non regolate. La Rivoluzione Industriale non poteva arrivare in Francia finchè la Rivoluzione Francese non liberò l'economia dalle pastoie dei proprietari feudali e dalle innumerevoli restrizioni locali sul commercio e sulla produzione. La Rivoluzione Industriale liberò gli uomini dalla loro miserabile povertà e disperazione — una povertà aggravata da una popolazione in crescita che non poteva trovare alcun impiego nell'economia congelata dell'Europa pre-industriale. La Rivoluzione Industriale, il raggiungimento del capitalismo di libero mercato, significò un miglioramento rapido e regolare nelle condizioni di vita e nella qualità della vita per un'ampia maggioranza delle persone, dei lavoratori, dei consumatori e dovunque l'impatto del mercato fosse percepito.

Area originariamente non sviluppata e scarsamente popolata, l'America non iniziò come un paese capitalista di riferimento. Ma dopo un secolo di indipendenza raggiunse la sua eminenza, e perchè? Non come il mito comune lo racconta, ovvero poichè avesse risorse naturali superiori. Le risorse del Brasile, dell'Africa, dell'Asia sono almeno tanto grandi quanto quelle dell'America. La differenza è a causa della relativa libertà negli Stati Uniti, perchè fu qui che l'economia di libero mercato fu permessa più che in ogni altro paese. Iniziammo liberi da una classe feudale o monopolistica di proprietari terrieri, ed iniziammo con un'ideologia fortemente individualista che si diffuse molto nella popolazione. Ovviamente il mercato negli Stati Uniti non fu mai libero e non ostacolato; ma la sua libertà relativamente più grande (in relazione con altri paesi o secoli) risultò nell'enorme rilascio di energie produttive, nei massicci beni strumentali e nello straordinario standard di vita che la massa degli Stati Uniti non solo godeva ma dava anche per scontato. Vivendo nel lusso più sfrenato che non poteva essere immaginato nemmeno dal più ricco imperatore del passato, stiamo agendo sempre di più come l'uomo che assassinò la gallina che covava uova d'oro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


(I). Link alla Seconda Parte

(II). Link alla Terza Parte


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Note

[1] Per un punto di vista sull'India da parte di economisti di libero mercato, vedi Peter T. Bauer, United States Aid and Indian Economic Development (Washington, D.C.: American Enterprise Association, 1959) e B.R. Shenoy, Indian Planning and Economic Development (Bombay and New York: Asia Publishing House, 1963).

[2] In tal modo, gli inglesi alla fine del diciannovesimo secolo ebbero grande difficoltà nello stabilire il loro dominio sulla tribù degli Ibos privi di Stato e in libero mercato nell'Africa occidentale. Sull'Irlanda, vedi Joseph R. Peden, "Stateless Societies: Ancient Ireland," The Libertarian Forum (April 1971) and the references therein.

[3] Sull'eredità ideologica dall'Inghilterra, vedi Bernard Bailyn, The Ideological Origins of the American Revolution (Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 1967).

[4] Vedi Murray N. Rothbard, "Individualist Anarchism in the United States: The Origins", Libertarian Analysis (Winter 1970): 14–28.

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2 commenti:

  1. ciao johnny! Seguo da tempo con interesse il tuo blog. Ho (finalmente) tradotto un bell'articolo di Benson che potrebbe interessare:
    http://www.luogocomune.net/site/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=6294&forum=46&post_id=193178#forumpost193178
    è un piccolo contributo, cercherò di tradurne altri!
    Nel caso fossi interessato, attingi pure! ciao LuisPiz

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  2. Ciao LuisPiz e soprattutto grazie per il tuo supporto per Freedonia. Non conoscevo tal Benson, ma ora leggerò con calma la tua traduzione di quel brano.

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