lunedì 2 maggio 2011

Tornando a Casa

Un emozionante brano di Hess che ci porta nei meandri della razionalità umana a scoprire un "legame" insito in ogonuno di noi, ma spesso barattato per qualche agiatezza in più. Negli ultimi anni questo legame è stato sempre più violato da agenti esterni, timorosi di cosa possa rappresentare un individuo in piena sintonia con la sua esigenza primordiale e più profonda: la libertà. Ecco che si palesano quindi, sempre più striscianti, azioni atte a corrompere questo magnifico legame, a minarne l'essenza, e a ridurre il pover'uomo in questione ad un semplice zombie in balia degli eventi.
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di Karl Hess


[Dear America (1975)]


A due dei primi seminari a cui abbia mai partecipato all'Institute for Policy Studies, ascoltai due considerazioni che non avrei più scordato e che sono rimaste in me come due fari per trovare la strada verso le semplici verità di fronte a questioni complicate.

Per la prima, Milton Kolter sottolineò che ogni persona che predica il cambiamento sociale dovrebbe essere disposta, dovrebbe essere capace e dovrebbe dichiarare chiaramente: "Che ci guadagno io?" Le persone che predicano il cambiamento sociale per aiutare "le masse", per aiutare "il povero", per soccorrere "chi soffre" e chi dice che non ha nessun altro motivo potrebbero essere sante, ma più regolarmente si scopre che sono peccatori sociali, mascherando l'ambizione dietro la nobiltà.

Marc Raskin, ad un altro seminario, ascoltò pazientemente mentre un collega pronunciava un pesante e pomposo ultimatum a nome di qualche "causa" allora di moda e poi chiese: "Sarebbe possibile se ti esprimessi come un essere umano e non come una forza della storia?" Le persone che predicano il cambiamento sociale come se fossero dei semplici messaggeri del fato, o della furia, o della storia, o di un messia spesso non sembra che si accontentino di rimanere dei semplici messaggeri. Si muovono il più velocemente possibile per ottenere il controllo.

Qualche tempo dopo uno dei nostri colleghi — un avanzo della Vecchia Sinistra e quindi costantemente ai ferri corti con lo spirito libertario generale del resto dell'Istituto — pronunciò una veemente difesa del potere centralizzato nelle mani di pochi per il beneficio del futuro di molti. Richiamando le formule Kotler-Raskin, chiesi se la persona sarebbe stata disposta ad assumere il potere ed esercitarlo. "Ovviamente", fu la risposta. "Perchè tu?", chiesi. "Perchè ho studiato e conosco i bisogni che devono essere soddisfatti". "Per ognuno in tutto il mondo?", chiesi. "Ovviamente", fu la risposta. "Il Marxismo-Leninismo mostra la corretta via per tutti".

Non c'è niente di più salutare per uno spirito di resistenza che vedere in primo piano un monarca — per capire che sotto tutta la nobile retorica della storia e del destino c'è una fronte umana che muore dalla voglia di indossare una corona. A quel particolare incontro vidi una fronte che moriva dalla voglia di indossarla dal suo lato sinistro. In precedenza ne vidi molti altri che morivano dalla voglia di indossarla dal lato destro. Per poco pensai che ci poteva essere una preferenza. Non ci penso più ormai.

Nessuna persona è così grandiosa o saggia o perfetta per essere la padrona di un'altra persona. Insegnante, forse. Latore di buoni esempi, forse. Genio, forse. Ma non padrone. Ci sono volte quando un dottore o un muratore, un musicista o un artista, potrebbero concedere una certa garanzia data la loro energia, abilità o informazione che non si potrebbe avere. Ma ciò è temporaneo e speciale. E', o dovrebbe essere, solamente buonsenso e — ovviamente — dovrebbe essere possibile con il proprio consenso, anche nel buonsenso. Non è padronanza.

Il carpentiere non conserva la leadership quando tutte le assi sono posizionate e l'impresa inizia i lavori di pittura. Il dottore non è un maestro che deve essere consultato quando una canzone deve essere cantata o una pianta potata. La leadership del buonsenso può essere esplicata attraverso la virtù delle capacità, dell'energia o dell'informazione che, sebbene sia universalmente accessibile, potrebbe non essere universalmente ricercata. Il dominio è esplicato attraverso il potere conferito o ereditato, dall'accumulo di privilegi, dal sostegno istituzionale e dal possesso dell'informazione che è deliberatamente limitata in modo da guadagnare o mantenere il potere.

La differenza è chiaramente nelle nostre vite di tutti i giorni. Quando diviene chiaro che le stesse differenze fanno riferimento a tutti gli affari umani, gli atti di liberazione potrebbero essere veramente i più duraturi ed i più significativi che mai. La liberazione non significherebbe muoversi da un serie di padroni ad un altra, come invece è sentito nello spirito dei partiti. La liberazione nel suo significato più grande dovrebbe essere la liberazione dall'autorità imposta e dalla stessa gerarchia istituzionalizzata. La liberazione solamente da un tiranno è una cosa temporanea, poichè viene cambiato. La liberazione della tirannia è uno scopo più decente e sostanziale.

C'è una variante speciale di questo aspetto che devo menzionare sebbene sia fortunatamente di minore importanza. Per un pò di tempo durante gli anni sessanta ed all'inizio dei settanta c'erano persone che erano considerate sia come di sinistra che come contro-culturali che dicevano che il solo modo per liberare qualcuno era essere completamente liberi da se stessi e di rigettare tutta l'autorità, che fosse imposta o meno. Così, si diceva, che quando la percezione di sé di una persona scompariva, la persona avrebbe potuto essere tutt'uno con l'universo. Così, si diceva, che qualsiasi conoscenza era essenzialmente elitarista ed essenzialmente irrilevante o malvagia. Tali persone non sopportavano nemmeno il linguaggio, dal momento che implicava un'attività intellettuale. Volevano l'attività "della persona nel suo insieme" ed in qualche modo bizzarro sembravano esonerare la mente umana da quell'insieme. Volevano cancellare la percezione di se stessi che — oltre ogni altro sentimento — secondo me è il sentimento più umano, e che è, sempre secondo me, la sola definizione ragionevole per la "natura umana".

Tali persone si spostarono in fattorie dove ascoltavano le voci interne piuttosto che prestare attenzione al sole, al gelo ed alla pioggia. Volevano essere così tanto parte dell'universo che dimenticarono la natura della Terra. Molti si spinsero anche oltre, in una sonnolenza dovuta alle droghe — assicurandosi con la chimica l'incoerenza che dovevano cercare spiritualmente. I più ci crebbero e ne uscirono mantenendo una cortese riverenza per lo "spirito" inspiegabile, ma ne uscirono anche adeguatamente in sintonia con lo spirito delle abilità materiali e del mondo materiale, incluso il mondo degli altri esseri umani con cui finalmente impararono a comunicare come esseri umani, con le parole, con la musica, con il lavoro condiviso, con l'amore, piuttosto come ci provarono una volta, con le gambe incrociate, come "vibrazioni" isolate e distaccate.

Tali persone sono forze potenti per il cambiamento sociale di oggi. Così è la maggior parte delle persone che, avendo sostenuto con determinazione alcune posizioni che hanno poi posto sotto analisi critica e successivamente cambiando idea, sono passate dal fanatismo alla determinazione. Le persone che non se ne sono preoccupate — che hanno solo servito qualsiasi padrone che era più vicino o conveniente — sono le ultime da cui potersi aspettare un probabile cambiamento o che sostengano un cambiamento. Cambieranno padroni abbastanza velocemente, così come molti conservatori si sono venduti per il potere presidenziale. Cambieranno molto poco perchè hanno molto poco da cambiare — poco da dare se non la loro fedeltà. La stessa cosa è vera per i partigiani di sinistra che hanno venduto le loro menti per gli slogan e le loro azioni ai demagoghi, poi ai commissari ed infine ai sergenti di polizia.

Il cambiamento avverrà intorno a queste persone — un processo vorticoso che, sebbene non possa smuovere molte persone in un qualsiasi particolare momento, le sconvolgerà sempre dall'orlo della loro esistenza, erodendo infine i loro scudi protettivi e, nelle migliori circostanze, mostrando la posibilità di cambiamento piuttosto che l'imposizione.

Ma cosa ci guadagno? E posso prodigarmi per un cambiamento senza atteggiarlo o facendolo sembrare una forza della storia? Posso realizzarlo come persona tra le tante, uno tra molti altri, un vicino tra i vicini, in un vicinato tra i vicinati, in un mondo che è reale ed in particolare in un universo reale ed almeno riconoscibile?

Quando ero molto giovane, sarei voluto diventare uno scienziato, isolato e brillante, indagando e scoprendo misteri, un'anima pura fluttuante in un laboratorio, distaccato, freddo, estasiato. Poi avrei voluto essere famoso ed un pò ricco, noto per avere potere politico senza il casino della responsabilità politica, un fantasma che scriveva discorsi ma ancora una sorta di anima pura fluttuante in un universo tutto di marmo — distaccato, freddo e famoso.

Quello che voglio ora è diverso. Richiede nient'altro che spazio e tempo e lavoro. Non fluttuare: ma camminare per il vicinato. Non distaccato: un mosaico di incontri, amicizie, obiettivi ed onori (senza fama). Quello che voglio ora ancora include la scienza, ma la contempla come la più sociale delle azioni umane, un'eredità condivisa, una persistenza della ragione duratura, qualcosa che fluttua meraviglisamente nella mente — non nello spazio cosmico — un'occasione per i piaceri della creatività più che per le fatiche dell'orgoglio. Sostituire all'onore la semplicità, l'onestà; ed alla fedeltà sostituire l'amicizia.

Quello che voglio da un cambiamento sociale è la libertà da tutte quelle catene istituzionali che nel passato ci hanno legato agli scopi ed ai progetti di altri, senza avere diritto di replica e senza una scelta. Voglio la libertà di essere responsabile per le mie stesse azioni, e voglio che le mie azioni siano giudicate da coloro che vengono influenzati da queste azioni. Voglio che la mia cittadinanza in una comunità sia un aspetto non delegabile della mia vita, che rifletta il mio posto nella comunità e che rispetti i vostri. Voglio vivere in una comunità dove le persone sono così sicure di se stesse, come esseri umani, che possono rispettare le differenze degli altri senza essere rispettose della diversità, o spaventate da questa, oppure intimidite.

Voglio unirmi nell'applauso per l'eccezionale completamento di un compito da parte di un vicino, ma non voglio essere arruolato in un fan club. Voglio vivere in una comunità dove, senza badare a qualsiasi altro talento, tutti gli esseri umani onesti mettano in pratica quei talenti che tutti possono avere in comune: sincerità, considerazione degli altri, un senso di proporzione nelle promesse e nelle ambizioni, i vari tratti umani associati al profondo amore ed un senso durevole di rispetto per se stessi.

In termini pratici, come si intuisce, vuol dire vivere come vivo oggi. Per me e per molte persone che conosco il cambiamento sociale è avvenuto, anche se sappiamo che è stato fatto dentro spazi istituzionali che potrebbero dissolverlo immediatamente. I cambiamenti sono avvenuti. Non sono stati messi al sicuro.

Per mettere al sicuro simili cambiamenti non vuol dire che ognuno nel mondo deve agire nello stesso modo o concordare sulle stesse culture, sullo stesso lavoro, sugli stessi modelli della comunità o della vita sociale o dell'interazione civica. Ma vuol dire, per quanto possa intuire, dover resistere ed infine abolire molte abitudini che permettono a pochi di tirannegiare. Fintanto che i fini del potere sono posti davanti gli scopi delle persone in generale, le libere comunità e le persone fiduciose in se stesse non saranno mai messe al sicuro.

Gli scopi del potere sono di controllare la maggioranza delle persone attraverso le decisioni di poche persone. Il linguaggio generale ripete che ciò è fatto per il "loro bene". La realtà è che le persone che sono controllate — anche se da principi, signori o dei più benevolenti — sono solamente pupazzi. Penzolano da fili tenuti da altri; mai che facciano i loro passi di danza o che possano cambiare di mano, almeno non senza il permesso di colui che muove i loro fili.

Forse questa è l'area in cui (anche per me che sono un amante appasionato della ragione) devo infine ammettere che governi solo il dogma. Credo semplicemente che la libertà sia la condizione migliore e più desiderabile per gli esseri umani. Se forzato a provarlo, non potrei dire altro che gli umani hanno lo strumento per concepire e vivere la libertà: la mente umana. Questa mente, questo strumento del pensiero e di concezione ed anche di idealizzazione, sembrerebbe non avere altra funzione importante se non spingere e spronare le persone verso questa libertà. Se la libertà non fosse una condizione desiderabile per la condizione umana, allora perchè c'è l'impulso persistente, attraverso tentativi millenari, di soppiantarla col mistero, col misticismo, col despotismo, con l'autorità, con la legalità, con l'irreggimentazione e con la regolamentazione?

La libertà è funzionalmente appropriata agli esseri umani. La libertà è un'idea persistente tra gli esseri umani, anche se non è mai stata un fatto dominante nel mondo. Anche quando i primi umani sembravano vivere nella libertà, erano ovviamente legati a necessità opprimenti e potevano esercitare onestamente solo deboli scelte, scegliendo raramente, anche se brillantemente, di decorare una caverna; scegliendo dolorosamente di fare uno strumento di poco milgiore di quello fatto in precedenza; e così via.

Ma oltre ciò, ancora una volta, ammetterò che l'idea deve in ultimo essere difesa come un credo, ovvero che sia meglio vivere da auto-realizzati e da responsabili di se stessi piuttosto che vivere da dominati, piuttosto che vivere con una percezione di se stessi definita dagli altri e piuttosto che vivere alla fine di fili che — chiamati destino, storia o politica nazionale — sono praticamente tirati o tagliati da altri esseri umani i quali indossano maschere di potere.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


4 commenti:

  1. Caro Johnny, sai che penso? Che se la libertà individuale non si è mai fatta 'sistema si Stato' nella storia dell'umanità è a causa della pulsione umana ad essere aggressivi. Una pulsione che si può esercitare individualmente solo quando siamo all'interno di un piccolo gruppo.

    Quando però ci misuriamo coi grandi numeri abbiamo bisogno di traslare questo bisogno a livello di 'sistema' e quindi abbiamo bisogno di identificarci in un'aggressività 'legalizzata'.

    Eleviamo perciò a pensiero politico, economico o filosofico sistemi 'intrinsecamente aggressivi nei confronti degli individui'.

    Religioni gerarachizzate, socialismi, fascismi, nazionalismi, protezionismi, ovviamente militarismi, tutti sistemi di pensiero aggressivi, non se ne salva uno.

    Anche il solidarismo organizzato moderno è un approccio aggressivo perchè, secondo me, il desiderio di punire chi 'ha' fa aggio sul sentimento di pietà verso chi 'non ha'.

    Glielo leggo negli occhi, ai solidaristi de noantri, l'odio per coloro che hanno qualcosa, ancorchè conquistato col duro lavoro, la passione di fare e il rispetto della legge. Loro 'possiedono', quindi per definizione hanno qualcosa da farsi perdonare.

    Penso che basterebbe convincersi di quanto sia irrilevante discettare se l'uomo sia buono o cattivo di natura ma capire che tutti gli uomini (buoni o cattivi) hanno i loro interessi che solo loro conoscono e che possono soddisfare solo col contributo degli altri e, quindi, che cooperare pacificamente semplicemente 'conviene'.

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  2. Quando però ci misuriamo coi grandi numeri abbiamo bisogno di traslare questo bisogno a livello di 'sistema' e quindi abbiamo bisogno di identificarci in un'aggressività 'legalizzata'.

    Vuoi vedere che il sistema elettorale c'entra qualcosa? :)


    Penso che basterebbe convincersi di quanto sia irrilevante discettare se l'uomo sia buono o cattivo di natura ma capire che tutti gli uomini (buoni o cattivi) hanno i loro interessi che solo loro conoscono e che possono soddisfare solo col contributo degli altri e, quindi, che cooperare pacificamente semplicemente 'conviene'.

    Musica per le mie orecchie.

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  3. Eh eh, ci scherzi ma mica tanto.

    La legge elettorale altro non è che uno strumento per cercare di rendere un po' più digeribile il sistema di coercizione di una maggioranza ai danni di una minoranza. Cos'è altrimenti una Democrazia? Sempre di aggressività si parla.

    Con ciò non dico che vale quanto una dittautura o una teocrazia. Almeno ti lascia la possibilità di esporre le tue idee. Però investe moltissimo affinchè coloro i quali se le fanno rimangano pochi e isolati.

    Ma noi siamo come Prometeo. Il masso rotola giù? E noi lo spingiamo di nuovo verso la vetta. Atteggiamento da stupidi? No, da Uomini.

    PS [OT]: Ho scaricato Azione Umana dal sito. Ho rimesso a posto il file pagina per pagina con santa pazienza e cristiana rassegnazione (l'originale scannerizzato è ingestibile e la versione italiana è introvabile). Oggi mi vado a ritirare la copia rilegata. Se mi dici come, posso mettere il nuovo pdf a disposizione della comunità.

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  4. Grazie della bellissima traduzione!
    Sai, un giorno, mio marito ed io, parlavamo con un giovane Lama tibetano, aveva solo tredici anni e ci diceva: per favore, parlate con la gente, da persone normali a persone normali e spiegate loro che sono ricchi. Hanno una ricchezza incredibile e non lo sanno. Hanno la loro mente. Con la mente si può pensare, fare progetti, trovare amici con cui cercare di realizzarli, realizzarli, si può amare, imparare, crescere. Davvero la mente è il tesoro più grande... e la libertà, il seme della libertà è nella mente di ognuno di noi.

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