venerdì 12 settembre 2014

L'ascesa del “Petro-yuan” e la lenta erosione dell'egemonia del dollaro

L'introduzione all'articolo di oggi sarà breve perché esso stesso dice molto. Voglio solo aggiungere un paio di notizie attraverso le quali poter capire a che punto è arrivato il processo di de-dollarizzazione tra le varie nazioni del mondo e come lo yuan ne sta traendo beneficio. Gli ultimi tre mesi, infatti, hanno visto una Russia in crescente contrasto con gli USA, il risultato è stato sfavorevole per il biglietto verde. Prima Gazprom inizia ad accettare pagamenti in yuan, poi l'Inghilterra concorda con la Cina swap di valute (e la Svizzera la segue a ruota), poi la Turchia rompe i rapporti con gli USA, infine i BRICS lanciano il loro veicolo di finanziamento estraneo al dollaro. Russia e Cina non hanno dimostrato teoricamente che un mondo senza dollaro è possibile, bensì quel mondo è già qui... nella pratica. Vediamo chi saranno i prossimi a salire su questo treno.
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di Ron Paul


Per 70 anni uno dei fondamenti del potere americano è stato il dollaro, il cui ruolo è stato quello di moneta più importante del mondo. Negli ultimi 40 anni la sua dominanza nei mercati energetici internazionali ha rappresentato la sua presunta inossidabilità. Oggi la Cina non solo sta diventando una potenza economica, ma anche un mercato importante per gli esportatori di idrocarburi nel Golfo Persico ed una minaccia per il predominio del dollaro nel mercato energetico — con profonde conseguenze per la posizione strategica dell'America.

Sin dalla seconda guerra mondiale, la supremazia geopolitica dell'America ha fatto leva non solo sulla forza militare, ma anche sulla posizione del dollaro come valuta di riserva mondiale. Dal punto di vista economico il primato del dollaro gli consente di godere di "enormi vantaggi", minimizzando il rischio di cambio per le imprese statunitensi. La sua reale importanza, però, è strategica: il primato del dollaro permette all'America di coprire i suoi deficit di bilancio e delle partite correnti stampando semplicemente più cartamoneta — questo è precisamente il modo in cui Washington finanzia il suo potere da oltre mezzo secolo.

Sin dagli anni '70 una colonna del primato del dollaro è stato il suo ruolo dominante nella determinazione dei prezzi del petrolio e del gas. Ciò mantiene alta la domanda mondiale di dollari. Alimenta anche la voglia di dollari da parte dei produttori di energia, cosa che rafforza la posizione del dollaro come asset di riserva a livello mondiale; inoltre, i dollari possono essere "riciclati" nell'economia degli Stati Uniti per coprire i deficit americani.

Molti ritengono che la preminenza del dollaro nei mercati dell'energia deriva dal suo status di valuta di riserva mondiale. Ma il ruolo del dollaro in questi mercati non è né naturale né una funzione della sua posizione dominante. In realtà, è stato progettato dai responsabili della politica statunitense dopo il crollo dell'ordine monetario di Bretton Woods nei primi anni '70, ponendo fine alla versione iniziale del primato del dollaro ("egemonia del dollaro 1.0"). Collegare il dollaro alla negoziazione internazionale del petrolio è stata la chiave per creare una nuova versione del primato del dollaro ("egemonia del dollaro 2.0") — e, per estensione, per finanziare altri quaranta anni di egemonia americana.



Oro ed Egemonia del Dollaro 1.0

Il primato del dollaro è stato sancito in occasione della conferenza di Bretton Woods nel 1944, dove gli alleati degli americani aderirono al progetto di Washington di un ordine monetario internazionale. La delegazione della Gran Bretagna — guidata da Lord Keynes — e quella di ogni altro paese partecipante, salvo gli Stati Uniti, preferiva la creazione di una nuova valuta emessa dal neonato Fondo Monetario Internazionale (FMI) come principale fonte di liquidità globale. Ma questo avrebbe ostacolato le ambizioni americane di un ordine monetario dollaro-centrico. Anche se quasi tutti i partecipanti preferivano l'opzione inglese, il potere schiacciante dell'America fece sì che alla fine prevalessero le sue preferenze. Così, sotto il gold exchange standard di Bretton Woods, il dollaro fu ancorato all'oro e le altre valute ancorate al dollaro, il che lo rese la principale forma di liquidità internazionale.

C'era, però, una contraddizione nella visione di Washington. L'unico modo in cui l'America poteva diffondere abbastanza dollari per soddisfare le esigenze di liquidità mondiali, era attraverso disavanzi nelle partite correnti a tempo indeterminato. Mentre l'Europa occidentale ed il Giappone si riprendevano e riconquistavano la competitività, questi deficit crescevano. Data la domanda crescente dell'America — per finanziare l'aumento dei consumi, l'espansione dello stato sociale e l'allargamento del suo potere nel mondo — l'offerta di moneta statunitense presto superò le riserve auree. Sin dagli anni '50 Washington lavorò per convincere o costringere i titolari di dollari stranieri a non scambiare i biglietti verdi con l'oro. Ma l'insolvenza non poteva essere scongiurata a lungo: nell'agosto del 1971 il presidente Nixon sospese la convertibilità dollaro/oro, ponendo fine al gold exchange standard; nel 1973 sparirono anche i tassi di cambio fissi.

Questi eventi sollevarono diversi interrogativi sulla solidità a lungo termine di un ordine monetario basato sul dollaro. Per conservare il loro ruolo di fornitori di liquidità internazionale, gli Stati Uniti avrebbero dovuto continuare ad accumulare disavanzi delle partite correnti. Ma questi deficit stavano andando fuori controllo, poiché l'abbandono di Bretton Woods si intersecò con altri due sviluppi: l'America divenne un importatore netto di petrolio nei primi anni '70; l'affermazione sulla scena mondiale dei membri chiave dell'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) nel 1973-1974 generò un aumento del 500% del prezzo del petrolio, aggravando la pressione sulla bilancia dei pagamenti statunitense. Con il legame tra il dollaro e l'oro reciso ed i tassi di cambio non più fissi, la prospettiva di un deficit statunitense sempre più grande faceva germogliare preoccupazioni circa il valore di lungo termine del dollaro.

Queste preoccupazioni ebbero risonanza speciale tra i grandi produttori di petrolio. Sin dagli anni '20 il petrolio era prezzato in dollari sui mercati internazionali — ma, per decenni, venne utilizzata anche la sterlina negli acquisti di petrolio transnazionali, anche dopo che il dollaro la sostituì come valuta di riserva mondiale. Fino a quando la sterlina fu ancorata al dollaro e il dollaro era "buono quanto l'oro", il sistema era economicamente sostenibile. Ma dopo che Washington abbandonò la convertibilità dollaro/oro e il mondo passò da tassi di cambio fissi a fluttuanti, emerse la necessità di scegliere una nuova valuta per commerciare il petrolio. Con la fine della convertibilità dollaro/oro, i principali alleati dell'America nel Golfo Persico — lo Scià in Iran, il Kuwait e l'Arabia Saudita — finirono per favorire un cambio nel sistema dei prezzi dell'OPEC: dai prezzi denominati in dollari, alla loro denominazione secondo un paniere di valute.

In questo contesto, molti degli alleati europei dell'America volevano far rivivere l'idea (enunciata da Keynes a Bretton Woods) di fornire liquidità internazionale tramite una valuta emessa dal FMI — i cosiddetti "diritti speciali di prelievo" (DSP). Dopo che l'aumento dei prezzi del petrolio gonfiò i loro conti correnti, l'Arabia Saudita ed altri alleati arabi degli Stati Uniti spinsero affinché l'OPEC iniziasse la fatturazione in DSP. Inoltre guardavano con interesse le proposte europee per riciclare i petrodollari attraverso il FMI, al fine di incoraggiare la sua affermazione come fornitore principale di liquidità internazionale post-Bretton Woods. Ciò avrebbe significato che Washington non avrebbe più potuto continuare a stampare dollari per sostenere l'aumento dei consumi, l'incremento delle spese sociali e l'espansione della sua influenza globale. Per evitare tutto ciò, i politici americani dovettero trovare nuovi modi per incentivare gli stranieri a detenere quelli che ormai erano dollari fiat.



Petrolio ed Egemonia del Dollaro 2.0

A partire dalla metà degli anni '70 le amministrazioni degli Stati Uniti misero a punto due strategie. Una era massimizzare la domanda di dollari come valuta transnazionale. L'altra era invertire le restrizioni di Bretton Woods sui flussi di capitali transnazionali; con la liberalizzazione finanziaria, l'America poteva sfruttare l'ampiezza e la profondità dei suoi mercati dei capitali, e poteva coprire i suoi deficit di bilancio e delle partite correnti attirando capitali stranieri a costi relativamente bassi. Forgiare forti legami tra la vendita di idrocarburi e il dollaro era fondamentale su entrambi i fronti.

Per creare tali legami, Washington convinse i suoi alleati arabi nel Golfo a cedere la gestione della loro sicurezza agli Stati Uniti in cambio di un aiuto finanziario. Oltre ad infrangere le promesse fatte ai partner europei e giapponesi, l'amministrazione Ford spinse clandestinamente l'Arabia Saudita e gli altri produttori arabi a riciclare quantità sostanziali dei loro petrodollari nell'economia statunitense attraverso intermediari privati (in gran parte degli Stati Uniti), piuttosto che attraverso il FMI. L'amministrazione Ford chiese anche il supporto per le finanze tese di Washington, raggiungendo accordi segreti con l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti affinché le loro banche centrali acquistassero grandi quantità di titoli del Tesoro USA al di fuori delle aste normali. Queste disposizioni impedirono al FMI di spodestare gli Stati Uniti come principale fornitore di liquidità internazionale; inoltre contribuirono all'ampliamento dei deficit degli Stati Uniti, spalleggiato dal re-investimento di dollari esteri in America tramite i mercati finanziari privati e gli acquisti di titoli di stato statunitensi.

Pochi anni dopo, l'amministrazione Carter strinse un altro accordo segreto con i sauditi: Riyadh si impegnava ad esercitare la sua influenza in modo da garantire che l'OPEC continuasse a prezzare in dollari il petrolio. Tale impegno risultò fondamentale per ampliare l'egemonia del dollaro come valuta transnazionale nel mercato petrolifero. Col collasso del sistema dei prezzi amministrato dall'OPEC a metà degli anni '80, l'amministrazione Reagan suggerì che le vendite di petrolio transfrontaliere fossero fatturate in dollari. Prezzare il petrolio — e, più tardi, il gas — in dollari garantiva che le vendite di idrocarburi non solo fossero espresse in dollari, ma venissero anche saldate col biglietto verde, generando un costante sostegno alle domanda di dollari in tutto il mondo.

In breve, queste occasioni furono fondamentali nella creazione "dell'egemonia del dollaro 2.0". E sostanzialmente hanno retto finora, nonostante la periodica insoddisfazione araba per la politica mediorientale degli Stati Uniti, ovvero, l'allontanamento degli Stati Uniti da altri produttori del Golfo (l'Iraq di Saddam Hussein e la Repubblica islamica dell'Iran) e l'interesse per il "petro-Euro" nei primi anni 2000. I sauditi, in particolare, hanno difeso vigorosamente la tradizione di un prezzo del petrolio espresso in dollari. Mentre l'Arabia Saudita ed altri importanti produttori petroliferi ora accettano il pagamento in altre valute quando parliamo delle loro esportazioni di petrolio, la quota maggiore delle vendite mondiali di idrocarburi continua ad essere saldata in dollari, perpetuando lo status del dollaro come valuta transnazionale più importante del mondo. L'Arabia Saudita ed altri produttori nel Golfo hanno rispettato la loro parte dell'accordo acquistando grandi partite di armi statunitensi; la maggior parte ha anche agganciato le proprie valute al dollaro — un impegno che gli alti funzionari sauditi descrivono come "strategico". Mentre la quota dei dollari nelle riserve globali è scesa, il riciclaggio dei petrodollari aiuta a mantenerli la valuta di riserva mondiale.



La Sfida della Cina

Eppure la storia e la logica ci avvertono che le pratiche attuali non sono scolpite nella pietra. Infatti l'ascesa del "petroyuan" sta spronando il sistema monetario ad essere meno dollaro-centrico nei mercati internazionali dell'energia.

Mentre la Cina diventata uno dei principali attori sulla scena energetica mondiale, ha anche intrapreso una campagna di internazionalizzare della propria valuta. Una quota crescente del commercio estero della Cina viene espresso e regolato in renminbi; sta crescendo anche l'emissione di strumenti finanziari denominati in renminbi. La Cina sta perseguendo un processo di liberalizzazione dei capitali, essenziale per la piena internazionalizzazione del renminbi; inoltre sta permettendo una maggiore flessibilità ai tassi di cambio dello yuan. La Banca Popolare di Cina (PBOC) ora ha accordi di swap con oltre trenta banche centrali — il che significa che il renminbi già svolge efficacemente il ruolo di valuta di riserva.

I politici cinesi apprezzano i "vantaggi" di cui gode il dollaro; il loro scopo non è quello di rimpiazzarlo col renminbi, ma di posizionare lo yuan a fianco del biglietto verde come valuta transnazionale e di riserva. Oltre ai benefici economici (ad esempio, riduzione dei costi di cambio per le imprese cinesi), Pechino vuole — per motivi strategici — rallentare ulteriormente la crescita delle sue enormi riserve in dollari. La Cina ha visto aumentare la propensione americana a tagliare fuori i paesi dal suo sistema finanziario come strumento di politica estera, e si preoccupa che Washington possa farlo anche con lei; l'internazionalizzazione del renminbi può mitigare tale vulnerabilità. Più in generale, Pechino comprende l'importanza del dollaro per il potere americano; intaccandolo, la Cina può contenere un eccessivo unilateralismo degli Stati Uniti.

Da tempo la Cina ha inserito gli strumenti finanziari nel suo programma per accedere agli idrocarburi stranieri. Ora Pechino vuole che i principali produttori di energia accettino il renminbi come valuta transnazionale — il che include la risoluzione degli acquisti di idrocarburi in renminbi — e lo incorporino nelle riserve delle loro banche centrali. I produttori hanno motivo di essere ricettivi. La Cina, nel futuro prossimo, diventerà il principale mercato incrementale per gli idrocarburi del Golfo Persico e dell'ex-Unione Sovietica. Le aspettative di lungo termine sull'apprezzamento dello yuan facilitano l'accumulo di renminbi in termini di diversificazione del portfolio. E mentre l'America è vista sempre più come una potenza egemone in declino, la Cina viene vista come il suo sostituto per eccellenza. Anche per il Golfo arabo, che per tanto tempo ha fatto affidamento su Washington come suo garante della sicurezza, sarà più conveniente stringere legami con Pechino. Per la Russia i rapporti in deterioramento con gli Stati Uniti spingono una cooperazione con la Cina, contro quello che sia Mosca che Pechino considerano una potenza in declino, ma ancora pericolosamente instabile e nervosa.

Per diversi anni la Cina ha pagato con i renminbi alcune delle sue importazioni di petrolio dall'Iran; nel 2012 la PBOC e la Banca Centrale degli Emirati Arabi Uniti hanno istituito uno swap di valute da $5.5 miliardi, gettando le basi per saldare in renminbi le importazioni di petrolio da Abu Dhabi — un importante ampliamento dell'utilizzo del petroyuan nel Golfo Persico. L'accordo sino-russo da $400 miliardi sul gas che è stato siglato quest'anno, prevede il pagamento in renminbi per gli acquisti cinesi di gas russo; se completato, questo significherebbe un ruolo apprezzabile per il renminbi nelle transazioni relative al gas.

Guardando al futuro, l'uso del renminbi per saldare le vendite internazionali degli idrocarburi aumenterà sicuramente, accelerando il declino dell'influenza americana nelle regioni produttrici di energia. Inoltre, per Washington diventerà più difficile finanziare quelle che la Cina ed altre potenze considerano politiche estere eccessivamente interventiste — una prospettiva su cui la classe politica americana non ha ancora cominciato a riflettere.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


15 commenti:

  1. Ron Paul è sempre molto chiaro e lineare.
    Questo pezzo dimostra ulteriormente che il fiatmoney serve a fare politica, ad esercitare Potere. A controllare la libertà. A manovrare la realtà a proprio favore.
    Se non è mai un male che ci sia più di una potenza a contendersi ll dominio, è anche vero che noialtri ci ritroviamo storicamente dalla parte della potenza in declino e che proprio per questo possiamo risentire del suo nervosismo e del voler riaffermare il suo ruolo dominante (vedi Ucraina e venti di guerra fredda per ricompattare gli alleati europei in libera uscita). E, nonostante tutto, continuiamo a preferire questa parte della contesa globale perché gli altri protagonisti sono certamente peggiori.
    Rischiamo pertanto di restare ancorati a chi declina, di vedere nei prossimi anni una sorta di unione fiat monetaria occidentale o atlantica, di continuare invariabilmente a subire gli effetti più deleteri della gestione del fiatmoney, in cambio della illusione di poter continuare a dirci e sentirci liberi, democratici, politicamente corretti ma mazziati ed impoveriti.
    Mentre il mondo cambia inesorabilmente, assistiamo alle attività di autoconservazione dello status quo dollarocentrico. E ci tocca ballare e sorridere.
    Se col tempo il dollaro non sarà più petrodollaro, speriamo che si appoggi a qualcosa di diverso dallo strapotere militare imperiale.
    A livello individuale possibili solo posizioni difensive. Come sempre. E prima fra tutte: aprire la mente.

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    1. Ciao Dna.

      A breve presenterò una breve dissertazione sulle varie valute di riserva mondiale e come sono cadute a causa di guerre e crisi economiche. Pare esista un trend ricorrente, una sorta di precorse che tutte quante hanno compiuto fino a ritrovarsi nella "spazzatura della storia". Approfondiremo anche questo aspetto, perché anche il dollaro non è avulso da questo pattern.

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  2. dna in prima linea contro la deflazionebola12 settembre 2014 alle ore 13:32

    In termini generali il fiatmoney alla lunga non funziona come strumento economico perché la gente si ostina a ragionare in modo reazionario, ultrareazionario, come vivessimo ancora con la necessità di accantonare, di risparmiare, di essere prudenti dinanzi alle incertezze del futuro. Ancora ragionamenti arretrati da contadini, da imborghesiti, da isolati dinanzi ai perigli incombenti!
    Ancora, e chissà per quanto tempo ancora, si continua a non volersi fidare dello stato, ci sta ancora gente che pensa di farcela da se' o che si mette al riparo da possibili errori politici. Disgraziati! Veri nemici della collettività!
    Se tutti contribuissero convintamente al consumo ed alla spesa, lo stato non avrebbe alcun limite nel fornire tutto il necessario per una vita comoda e protetta. Invece, questi trogloditi ancora li' con la loro piccola testolina a scuoterla e a rimestare con quelle idee balorde sul risparmio.
    Roba superatissima! Non c'è più bisogno alcuno di dubitare dell'operato dello stato! Che è sempre rivolto a garantire il bene comune.
    Spendete concittadini, spendete tutto ciò che incassate, non fate fermare il motore dello stato e dei suoi progetti generosi!
    Non date retta a quei menagrami che vogliono spaventarvi!
    Lo stato non fallisce mai ed ha solo bisogno del sostegno fiducioso dei suoi contribuenti. Il fiatmoney è un mezzo raffinatissimo per garantire la continuità del nostro magnifico sistema e nessuno deve dubitarne! Col fiatmoney si può fare di tutto! E ce n'è sempre ed in quantità illimitata.
    È ora di finirla con le vecchie e logore idee del tempo che fu. Siamo nel migliore dei presenti ed il futuro sarà ancora meglio.

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  3. Scusami gdb se affronto il commento del tuo pensiero prima della completa stesura e pubblicazione del tuo nuovo articolo, ma hai fornito uno stimolo cui non ho saputo resistere.
    Tu, se capisco, suggerisci che oggi più che mai il"denaro", ovvero ciò che usiamo come mezzo imposto di scambio economico, cioè il fiatmoney, esista solo come strumento finanziario, di finanziamento, di prestito che funge da carburante per intraprendere economicamente, per consumare produzione e soprattutto per realizzare le politiche sociali o di dominio delle organizzazioni statali.
    E che, se nei primi due casi il fine di uso del mezzo coincide in senso lato con l'uso storico o classico del soundmoney (produzione e consumo), il terzo fine, invece, dimostra la diversa natura del fiatmoney rispetto al soundmoney. Lo caratterizza, infatti come strumento necessario e perfetto per gli scopi politici, cioè per l'esercizio del Potere. E questo e' il senso principale del fiatmoney, strumento politico, che inevitabilmente si riflette anche sull'uso"tradizionale" del mezzo di scambio.
    Cioè, se il fiatmoney funge da carburante per scopi politici, e' il carburante per la realizzazione di scelte collettive o apparentemente tali ma esercitate comunque da pochi eletti o delegati o rappresentanti o leader autocratici o decisori finali che orientano il fiatmoney in una direzione o in un'altra in modo più o meno arbitrario, ma cmq finalistico, favorendo e creando una corte variegata di privilegiati ed una platea di sottoposti e di depredati, cioè, se come dici tu diventa di qualcuno ma il prezzo da pagare (debito contratto) diventa collettivo (pubblico), allo stesso modo, anche il carburante finanziario, il mezzo prestato per produrre o consumare al mercato degli scambi involontari ed interindividual i risente della natura alterata, deformata, mutata del mezzo stesso. E così, la sua natura meramente politica, sta alla base dei casini che derivano dal suo prestito irresponsabile in senso economico, ma non in senso politico.
    Se il sistema finanziario lo presta per fornire carburante ad una marea di progetti imprenditoriali di mercato elettronico senza valutare la qualità degli stessi, se poi lo ripresta per consentire l'acquisto generalizzato politicamente di immobili assecondando la pianificazione politica centrale, se poi lo presta ancora per sostenere il debito della pianificazione centrale, scopo politico evidente diretto alla garanzia formale del Potere, dello status quo stesso (obbligazioni statali), in ogni caso ed ogni volta, il prestito e' completamente innaturale, assurdo, irresponsabile dal lato economico, ma del tutto coerente come prestito politico, pianificato, finalizzato alla conservazione dei meccanismi politici sui quali si regge il sistema intero con tutte le sue anomalie e deformazioni economiche, sistema politico statale o sistema geopolitico di dimensioni intercontinentali (Occidente).
    Così, riscopriamo anche da questo ulteriore passo di disvelamento della confusa realtà compiuto da gdb, la natura vera del mezzo imposto per lo scambio.
    Mezzo per il Potere, manovrato da pochi e addebitato a tutti gli altri. Sia nell'uso chiaramente politico, sia nell'uso tradizionale di mercato, per cui il prestito irresponsabilmente erogato ed inesigibile viene pubblicizzato come debito alla platea più ampia della società intesa come corpo politico.
    Ecco spiegato il denaro politico solo come prestito politico e dunque la causa della rovina economica diffusa a fronte della salute conservata ad ogni costo economico delle strutture politiche di ogni ordine e grado.

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    1. Refuso: scambi volontari, al posto di involontari.

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    2. Credo che al giorno d'oggi abbiamo a che fare con la dualità nuda dell'essere umano. Sebbene la sua volubilità sia un meccanismo da eradicare, o quanto meno soprrimere da parte dei pianificatori centrali, essi fanno affidamento sulla consuetudine. Sebbene siano passati molti anni dalle monarchie, il solo fatto di essersene liberati ha rappresentato una fiducia non di poco conto negli individui. Sappiamo benissimo come lo stato moderno sia una monarchia sotto mentite spoglie, ma ha allargato il suo potere ad una cerchia più ampia di individui. Tutti volenti un pezzeto in più di quel potere. Anche la massa detiene parte di questo potere, quantunque piccolo possa essere. Pensate al welfare. Pensate alla posibilità di vivere a spese di altri. Il sottile inganno è stato proprio questo: concedere una minima parte di questo potere agli individui consentendo loro di ridurre in schiavitù un altro grupp odi nindividui.

      La consuetudine di questo atteggiamento spinge la persona a vivere secondo quel principio che lo pone in una posizione di guadagnare risorse col minimo sforzo possibile. Ognuno di noi, se potesse, vorrebbe campare di rendita per tutta la vita. Però a lungo andare questo atteggiamento è impossibile da sostenere, è un'illusione. Alle persone piace illudersi, non esisterebbe la previdenza sociale altrimenti. In questo contesto il controllo del denaro è solamente un mezzo attraverso il quale prolungare quanto possibile l'illusione. Non esiste onniscenza, solo un manipolo di persone che gioca a fare Dio.

      La perdita del controllo la possiamo saggiare da come vanno le cose oggigiorno. Sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista politico. Sebbene lo stato moderno sia un'istituzione ancora giovane, la vulnerabilità delle sue fondamenta lo sta costringendo ad applicare misure crescentemente restrittive per tenere a bada qualsiasi anomalia che potrebbe affiorare. Questo significa che il potere delle masse crescerà, come si può notare dalla reticenza statale a tagliare le spese sociali del welfare. Lo ricordava molto bene Bastiat: "Lo stato è quella grande illusione dove ognuno tenta di vivere sulle spalle degli altri." Siamo finiti in una oclocrazia. La democrazia di cui si riempiono la bocca i commetnatori mainstream non è mai esistita.

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    3. Questo per dire che mentre si combatterà per qualche briciolo di potere, il cosiddetto 1% continuerà a detenere il 46% di tute le risorse presenti sul pianeta (legge 20/80 di Pareto). Il welfare ha permesso questo esito, rendendo prevedibili attraverso le abitudini e le consuetudini la maggior parte degli attori economici. Le diverse illusioni hanno semplicemente fatto da cornice a questo ambiente degenere. Ci saranno eccezioni, ci sono sempre (es. Scozia, Catalogna, ecc.), Ma prima di poter saggiare il beneficio della secessione, ci toccherà ritornare alla tirannia, perché non dimenticatelo: siamo ancora sulla svia verso la schiavitù.

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    4. Ciao Francesco

      La vedo un po' diversamente. Siamo in un regime oligarchico sostanziale cui si accede in parte per via formale democratica. In Italia l'oligarchia ha rischiato e tuttora rischia l'avvento della oclocrazia in qualche modo rappresentata dal M5S. Tutto ben lontano e diverso dalla democrazia diretta degli Svizzeri.
      La difesa del welfare statale contro la sussidiarietà (servizi pubblici erogati da privati), che in Svizzera è invece promossa addirittura a livello costituzionale, nella nostra realtà è diventata la strenua difesa dei posti di lavoro dei dipendenti pubblici che operano nel settore, piuttosto che la difesa dei servizi erogati ai veri bisognosi. Si gioca sporco come sempre con le parole, ma l'intento resta sempre il solito: fottere il prossimo per conservare un privilegio. In questo caso, non solo il tax producer, ma anche chi avrebbe davvero bisogno di un aiuto concreto (penso a certi malati bisognosi di certe cure o di particolari forme di assistenza ai quali sarei ben contento di poter destinare le mie imposte).
      Infine, che una svolta autoritaria sia più che probabile e' nella realtà dei comportamenti dei singoli e delle collettività meno avvedute che generalmente tendono a preferire le scorciatoie più deresponsabilizzanti e soprattutto già sperimentate. Una guida che pensi per tutti e decida garantendo ordine e sicurezza.
      La Storia lo ha già mostrato diverse volte. E.Burke nelle sue Reflections fu profetico nel prevedere l'avvento di Napoleone come esito dei disastri rivoluzionari.
      Per quanto riguarda noialtri, invece, l'anarchia individuale, intesa come nessun capo, ci ha già condotti alla secessione mentale dal precetto novecentesco del primato della politica. Ed è già tantissimo se si pensa alla realtà che ci circonda.
      La distruzione progressiva della civiltà è passata attraverso l'eliminazione dell'idea che ciascun uomo dà il meglio di se stesso quando è lasciato libero e responsabile delle proprie azioni, mentre dà il peggio di se stesso quando è assistito, protetto, deresponsabilizzato. Certo, la prima condizione impone fatica e ragionamento, mentre la seconda promette comodità e sonno della ragione, ma sappiamo bene dove conduce il sonno della ragione.

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    5. in cio sguazza l azzardo morale, nella collettivizzazione della responsabilità sulle transazioni contrattuali (credito/debito) individuali (erogatore/prenditore). la banca cantare, la sostanziale unicità del sistema bancario, genera un sistema centralista e collettivista sul mezzo di produzione e scambio. non ci sta più alcuna differenza tra pubblico e privato: lo stato sono loro, ed il privato è statale, non solo per la possibilità di interferire continuamente con leggi, alterando il quadro regolatorio e modificando le condizioni concorrenziali, ma più in profondità, attraverso il denaro che è la linfa del sistema economico, che il sistema bancario che lo comanda è collegamento simbiotico con il pubblico. delle scelte del MPS ne rispondi tu coi tuoi risparmi anche se li hai in altre banche. (ps non preoccuparti, sei "libero" di parlare di quel che vuoi. per ora, purtroppo, sistematizzare il mio pensiero in uno scritto non è all ordine del giorno. appena potrò, ma ora non so quando)

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  4. errato corrige, riga 2: "la banca centrale".
    insomma, sappiamo tutti che il sistema finanziario internalizza utili ed esternalizza perdite. anche il sistema imprenditoriale talora lo fa (vecchia fiat), ma deve farlo volta per volta, mentre il sistema bancario è strutturato in quel modo. collettivizzare le responsabilità, mettendo i decisori in zona riparata, è la caratteristica dei sistemi pubblici.
    per questo molti, a questo punto, ne invocano la natura pubblica... come se ciò cambiasse qualcosa :) .
    la vera risposta sta nell eliminazione della BC, od almeno nella liberalizzazione della stessa (la BC andrebbe vista come una riassicurazione come fanno le assicurazioni). perché la relazione credito/debito si riporti in sistema pluralistico, in primis riportando la responsabilità al centro, anche nella scelta della banca. e poi con a divisione del rischio. od anche divisione netta tra depositi ed investimenti: siamo in un sistema finanziario maturo da poterlo permettere. insomma, credito e debito devono essere in correlazioni stretta, se non individuale, almeno in micoraggregati. altrimenti saremo nel delitto per unicità del sistema in eterna fibrillazione, azzardo morale, collettivismo, centralismo. qui si pone il problema del corso forzoso: a quel punto lo stato potra usare solo tasse o debito "reale" per finanziarsi, ma non emissione monetaria...

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    1. Perfetto.
      Non esiste altro che lo stato. Non esiste più la stessa economia. Esistono solo scelte politiche. Tutto è' funzionale allo stato, che nel caso peggiore può fare il bello e cattivo tempo come gli pare. La stessa libertà ne dipende completamente.
      Io sono lo stato e non esiste altro al di fuori di me. L'unico comandamento di questa religione.

      Eppure, lo sappiamo, non è così.
      Gli stati falliscono proprio quando cercano di imbrigliare il divenire e tutti gli individui.
      Perché gli stati sono soluzioni innaturali e statiche, loro e tutta la vasta ed articolata corte che li circonda.
      Ed anche i superstati hanno in se stessi gli stessi difetti delle loro parti, anzi li amplificano.
      Lo stato e' l'azzardo morale per eccellenza. La fonte di tutti gli azzardi, le ingiustizie, le storture evitabili. Anche la banca centrale esiste solo perché concessa ed utile allo stato. Se c'è un signoraggio, il signore è lo stato od il superstato. E per dirla in altre parole il signore è la politica che gestisce l'apparato statale.
      Il primato della politica e' l'illusione razionalista per antonomasia. La base del costruttivismo e dell'interventismo continuo. Ed il centralismo e' una presunzione folle ancora maggiore.

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  5. dna, lo stato è roba privata. ed il privato è roba di stato. lo stato sono alcune persone. ed il privato, spesso, gli stessi. o comunque sono amici. il privato trae linfa dallo stato, e lo stato è occupato da privati che lo usano a piacimento. la questione della "proprietà", statale o privata, è sorpassata. ora è chi utilizza, è allo interno, che rileva. come, nel piccolo, la macchina non te la compri ma la prend in leasing. non è tua, la usi, non si Sto arrivando! bene chi la paga e fino a quando, né chi è responsabile dell obbligazione verso la finanziaria. che se perde i soldi, non perde mica quelli suoi...
    quel che resta è qualche piccola e media impresa e qualche grande imprenditore innovativo. la lotta non è stato versus privato, ma potere organizzato ed opprimente verso liberta. in tal senso le strutture giuridiche, per dirla alla marx, sono funzionali alla creazione del potere. guarda la storia della holding ed il trait della standard oil. fino all uso della disciplina antitrust in senso antimercato :)
    ma tutto deriva dalla corruzione primaria: il denaro "pubblico" cui accedono chi decide il sistema, salvo bail in e bail out decisi dalla politica.

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    1. Non siamo in disaccordo. Diciamo le stesse cose in modi diversi.
      E' chiaro che ci sta una commistione di interessi e intrallazzi tra ciò che chiamiamo pubblico e ciò che chiamiamo privato. E' il mondo delle clientele che prospera ed il mondo politico che garantendo i privilegi si garantisce la continuità. Ma cmq il sistema per quanto vasto ed articolato non è esteso a tutti. Perciò gli sfruttati senza controparte ci sono, come pure gli esclusi totali. E non potrebbe essere altrimenti perché le politiche sociali si fanno per garantire le burocrazie parassitarie che le erogano ed il potere politico che le decreta piuttosto che la platea degli assistiti e dei sussidiati. Parassiti spesso anche essi, ma bacino elettorale in democrazia.
      Cmq, un sistema fallimentare che non può reggere nel lungo periodo, nonostante gli strumenti subdoli e palesi di cui dispone, dal fiatmoney all'uso della forza, dalla propaganda al terrore.

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  6. Chang

    http://web.uniroma2.it/modules.php?name=RassegnaStampa&op=visArt&id=28340

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    1. Ciao Riccardo

      Sono pronto a scommettere che quella parte di Hayek che più l'ha influenzato si trova nel libro The Constitution of Liberty. In realtà già Rothbard in The Ethics of Liberty cercò più di scoperchiare alcune incongruenze in Hayek piuttosto che attaccare i socialisti. Come ci ricorda North, Hayek ebbe paura a scendere fino in fondo nella tana del bianconiglio, si spaventò di fronte alla conclusione che non può esistere uno stato minimo, non può esistere uno stato "buono", ma lo stato tende sempre al totalitarismo. Detto in altre parole, Hayek ebbe paura dell'anarchia.

      Poi il sedicente economista di successo continua la sua analisi parlando di libero mercato, ma finisce per confondere il libero mercato con un mercato ostacolato. Infatti, ho due parole per lui: mercati neri. Ho un'altra parola per lui: proibizionismo (soprattutto la fine che fece quello degli anni '20 in America). Infine, per quanto riguarda la follia di sposare teorie protezioniste, ti consiglio di leggere questo articolo del WSJ sull'Argentina e la produzione manifatturiera elettronica. L'unica cosa in cui questo Cheng ha successo è la confusione.

      Mi astengo, poi, dallo sparare sulla croce rossa commentando quello sciroccato di Barnard. :)

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