venerdì 31 marzo 2017

L'elemento morale insito nella libera impresa





di Friedrich A. Hayek


L'attività economica fornisce i mezzi materiali per tutti i nostri fini. Allo stesso tempo, gran parte dei nostri sforzi individuali sono diretti a produrre mezzi per i fini di altri in modo che essi, in cambio, possano fornire a noi i mezzi per i nostri fini. È solo poiché siamo liberi nella scelta dei nostri mezzi che siamo anche liberi nella scelta dei nostri fini.

La libertà economica è perciò una condizione indispensabile per tutte le altre libertà, e la libera impresa è sia una condizione necessaria e una conseguenza della libertà personale. Discutendo L'Elemento Morale nella Libera Impresa, non mi limiterò dunque ai problemi della vita economica, ma considererò le relazioni generali tra libertà e morale.

In questa circostanza intendo, secondo la grande tradizione Anglosassone, l'indipendenza del libero arbitrio di un altro. Questa è la concezione classica di libertà sotto la legge, uno stato delle cose in cui un uomo può essere costretto solo laddove la coercizione è contemplata dalla legge generale, ugualmente applicabile a tutti, e mai secondo una decisione discrezionale di un'autorità amministrativa.

La relazione tra questa libertà e i valori morali è reciproca e complessa. Perciò dovrò limitarmi ad esaltare i punti salienti in modo quasi telegrafico.

È, da un lato, una vecchia scoperta che morale e valori morali cresceranno solo in un ambiente di libertà, e che, in generale , gli standard morali di persone e classi sono alti solo dove hanno a lungo goduto libertà, e proporzionale alla quantità di libertà che hanno posseduto. È anche una vecchia intuizione che una società libera funzioni bene solo nel caso in cui l'azione libera è guidata da forti convinzioni morali e, di conseguenza, che potremo godere di tutti i benefici della libertà solo laddove la libertà è già ben consolidata. A questo voglio aggiungere che la libertà, per funzionare correttamente, richiede non solo dei forti principi morali, ma che siano anche principi di un tipo particolare, e che è possibile che in una società libera si sviluppino degli standard morali che, se generalmente diffusi, distruggeranno la libertà e con essa le basi di tutti i valori morali.



Verità dimenticate

Prima di tornare su questo punto, che non è generalmente compreso, devo brevemente elaborare due vecchie verità che dovrebbero essere familiari, ma che sono spesso dimenticate. Che la libertà sia la matrice richiesta per la crescita di principi morali – dunque non un solo un valore tra molti ma l'origine di tutti i valori – è pressoché auto-evidente. È solo dove l'individuo ha la libertà di scelta, e la sua inerente responsabilità, che ha l'occasione di affermare i valori esistenti, per contribuire alla loro ulteriore crescita ed acquisirne il merito morale. L'obbedienza ha valore morale solo dove è una questione di scelta e non di coercizione. È nell'ordine in cui cataloghiamo i nostri fini che il nostro senso morale si manifesta, e nell'allocazione delle regole generali della morale a particolari situazioni in cui ogni individuo è costantemente chiamato ad interpretare e applicare i principi generali, e facendo questo, a creare valori particolari.

Non ho tempo in questa sede di dimostrare quanto questo abbia determinato che le società libere non solo sono state generalmente rispettose della legge, ma anche nei tempi moderni sono state la fonte di tutti i movimenti umanitari tesi ad aiutare attivamente il debole, il malato e l'oppresso. Le società non libere, d'altra parte, hanno regolarmente sviluppato un disprezzo per la legge, un'attitudine indifferente alla sofferenza e perfino una simpatia per il malfattore.

Devo rivolgermi all'altro lato della medaglia. Dev'essere altrettanto ovvio che i risultati della libertà debbano dipendere dai valori che gli individui liberi perseguono. Sarebbe impossibile asserire che una società libera svilupperà sempre e necessariamente valori che approveremmo, o perfino, come vedremo, che manterranno valori che siano compatibili con la conservazione della libertà. Tutto ciò che possiamo dire è che i valori che possediamo sono il prodotto della libertà, che in particolare i valori Cristiani si dovettero affermare attraverso uomini che resistettero con successo all'oppressione del governo, e che è al desiderio di essere in grado di perseguire i propri principi morali che dobbiamo le moderne salvaguardie della libertà individuale. Forse possiamo aggiungere a questo che solo le società che detengono valori morali essenzialmente simili al nostro sono sopravvissute quali società libere, mentre in altre la libertà è perita.

Tutto questo fornisce validi argomenti al perché sia di assoluta importanza che una società libera sia basata su forti principi morali e perché se vogliamo conservare la libertà e la morale, dobbiamo diffondere con tutte le nostre forze i principi morali appropriati. Ma ciò di cui sono maggiormente preoccupato è l'errore che gli uomini debbano essere buoni prima che possa essere garantita la loro libertà.

È vero che una società libera a cui mancassero le fondamenta morali, sarebbe una società in cui vivere sarebbe molto spiacevole. Ma sarebbe perfino meglio di una società che fosse non libera e immorale; almeno offre la speranza di un'emersione graduale di convinzioni morali che una società non libera è impossibile. Su questo punto mi spiace dissentire fermamente con John Stuart Mill, che sostiene che finché gli uomini hanno conservato la capacità di essere guidati al loro miglioramento dalla convinzione o dalla persuasione, "non c'è nulla per loro se non un'implicita obbedienza ad un Akbar o Carlo Magno, se sono così fortunati da trovarne uno". Credo che T. B. Macaulay espresse la più grande saggezza di una vecchia tradizione, quando scrisse che "molti politici del nostro tempo hanno l'abitudine di sostenere che nessuna persona possa essere libera fino a che non dimostri di essere in grado di usare la propria libertà. La massima si addice allo sciocco di quella vecchia storia che non si decideva ad entrare nell'acqua finché non avesse imparato a nuotare. Se gli uomini devono attendere la libertà fino a quando non diventeranno buoni e saggi, potranno certamente attendere per sempre".



Considerazioni morali

Ora però devo spostarmi da ciò che è meramente la riaffermazione di un vecchio sapere, verso questioni molto critiche. Ho detto che la libertà, per funzionare correttamente, non richiede meramente l'esistenza di principi morali, ma anche l'accettazione di particolari punti di vista morali. Con questo non intendo che entro certi limiti le considerazioni utilitaristiche contribuirebbero ad alterare i principi morali su questioni particolari. Nemmeno intendo che, come Edwin Cannan affermò, "dei due principi, Equità ed Economia, l'Equità è in ultima analisi la più debole... il giudizio dell'umanità su ciò che è equo è passibile di cambiamenti, e... una delle forze che ne causa il cambiamento è la scoperta umana che di volta in volta ciò che si supponeva essere abbastanza giusto ed equo in alcune situazioni particolari è diventato, o forse lo è sempre stato, anti-economico".

Questo è anche vero e importane, sebbene potrebbe non essere affatto una raccomandazione per chiunque. Sono preoccupato piuttosto da alcune concezioni più generali che mi sembrano essere condizioni essenziali di una società libera e senza le quali essa non può sopravvivere. Ritengo che le due istanze cruciali siano la fede nella responsabilità individuale e l'approvazione di un accordo per mezzo del quale ricompense materiali sono corrisposte per il particolare servizio che una persona rende al suo prossimo; non ad alimentare quella stima che lo porterebbe ad essere considerato una persona in funzione del suo merito morale.



Individui responsabili

Devo essere conciso su questo punto – cosa che trovo molto difficile. Gli sviluppi moderni sono parte della storia della distruzione dei valori morali da parte di un errore scientifico, il quale di recente è stato la mia principale preoccupazione – e uno su cui ad un insegnante capita di lavorare considerandolo il tema più importante del mondo. Ma cercherò di spiegarlo in poche parole.

Le società libere sono sempre state società nelle quali la fiducia nella responsabilità individuale è stata forte. Hanno sempre permesso agli individui di agire secondo la loro conoscenza e convinzioni e hanno considerato i risultati raggiunti come dovuti ad essi. Lo scopo era che la gente trovasse utile e valevole la pena di agire razionalmente e ragionevolmente, e persuaderli che gli obbiettivi raggiunti dipendevano essenzialmente da loro. Quest'ultima convinzione è indubbiamente non del tutto corretta, ma certamente ha avuto uno splendido effetto nello sviluppo dell'iniziativa e della prudenza.

Per via di una curiosa confusione, si è arrivati a pensare che questa fede nella responsabilità individuale sia stata confutata dalla conoscenza sempre più approfondita di un modo in cui gli eventi in generale, e le azioni umane in particolare, sono determinati da certe classi di cause. È probabilmente vero che abbiamo aumentato la conoscenza dei tipi di circostanze che influenzano l'azione umana – ma nulla di più. Certamente non possiamo dire che un particolare atto consapevole di qualunque uomo sia la conseguenza necessaria di particolari circostanze che possiamo specificare – escludendo la sua individualità peculiare emersa dal suo vissuto. Usiamo la nostra conoscenza generica di come l'azione umana possa essere influenzata per valutare apprezzamento o disprezzo – cosa che facciamo con lo scopo di spingere le persone a comportarsi in un modo a noi desiderabile. È su questo limitato determinismo – tanto quanto la nostra conoscenza dei fatti giustifichi – che è basata la fede nella responsabilità, mentre solo una fede in un qualche sé metafisico che si trova al di fuori della catena di causa ed effetto giustifica la contestazione secondo cui è inutile considerare un individuo responsabile delle proprie azioni.



La pressione delle opinioni

Eppure, per quanto sia grezza la fallacia sottostante l'opposta e presunta opinione scientifica, essa ha avuto l'effetto di distruggere l'arma suprema che una società ha sviluppato per garantire un comportamento decente – la pressione dell'opinione pubblica che spinge la gente a rispettare le regole del gioco. Ed è sfociata in quel Mito della Malattia Mentale che un distinto psichiatra, T. S. Szasz, ha recentemente e giustamente fustigato in un libro così titolato. Probabilmente non abbiamo ancora scoperto la via migliore per insegnare alla gente a vivere secondo le regole che rendono la vita in società non così spiacevole. Sono certo che non arriveremo mai a costruire una società libera di successo, senza quella pressione di elogio e biasimo che tratta l'individuo come responsabile per la propria condotta e gli fa scontare le conseguenze di ogni errore seppur innocente.

Ma se per una società liberà è essenziale che la stima di cui gode una persona presso i suoi simili dipenda da quanto sia all'altezza della richiesta di legge morale, è altrettanto essenziale che la ricompensa materiale non debba essere determinata dall'opinione che i suoi simili hanno dei suoi meriti morali, ma dal valore che attribuiscono ai servizi particolari che costui offre loro. Questo mi porta al secondo punto cardine: il concetto di giustizia sociale che deve prevalere se vogliamo perseguire lungo la via di una società libera. Questo è il punto sul quale i difensori di una società libera e gli avvocati di un sistema collettivista, sono principalmente divisi. E su questo punto, mentre i sostenitori della concezione socialista di giustizia distributiva sono solitamente molto espliciti, i sostenitori della libertà sono inutilmente timidi quando si tratta di affermare sfacciatamente le implicazioni dei loro ideali.



Perché la libertà?

I fatti sono questi: vogliamo che l'individuo sia libero poiché solo se egli decide cosa fare può allo stesso tempo usare il suo set unico di informazioni, capacità e abilità che nessun altro può apprezzare appieno. Per permettere all'individuo di espletare il suo potenziale, dobbiamo anche permettergli di agire secondo le proprie valutazioni delle varie opportunità e probabilità. Visto che noi non sappiamo ciò che egli sa, non possiamo decidere se le sue decisioni erano giustificate; né possiamo sapere se il suo successo o fallimento è dovuto ai suoi sforzi e lungimiranza, o alla fortuna. In altre parole, dobbiamo guardare ai risultati, non alle intenzioni o alle motivazioni, e possiamo permettergli di agire secondo la propria conoscenza solo se gli consentiamo di conservare per sé ciò che i suoi simili sono disposti a pagargli per i servizi resi, indipendentemente dalla nostra opinione sulla misura appropriata del merito morale che ha guadagnato o dalla stima che abbiamo nei suoi confronti come persona.

Questa remunerazione, in accordo col valore dei servizi offerti da una persona, è spesso differente da ciò che pensa sia il suo merito morale. Questa, credo, sia la radice di tutta l'insoddisfazione nei confronti di un sistema di libera impresa e dell'acclamazione nei confronti di una "giustizia ridistributiva". Non è onesto né efficace negare che ci sia tale discrepanza tra il merito morale e la considerazione che una persona può guadagnarsi con le proprie azioni e, d'altra parte, il valore dei servizi per cui lo paghiamo. Se cercassimo di sorvolare questo fatto, o di mascherarlo, ci troveremmo  in una posizione completamente falsata. Né abbiamo alcuna necessità di farlo.



Remunerazioni materiali

Ritengo che uno dei grandi meriti di una società libera sia che la remunerazione materiale non è  dipendente dalla stima personale che la maggioranza dei nostri simili ha nei nostri confronti. Ciò significa che finché restiamo entro i limiti delle regole accettate, la pressione morale può essere applicata su di noi solo attraverso l'apprezzamento di coloro che noi stessi rispettiamo e non attraverso l'allocazione di ricompense materiali da parte di un'autorità sociale. È nell'essenza di una società libera remunerare materialmente non per fare ciò che altri ci ordinano di fare, ma perché diamo loro ciò che desiderano. La nostra condotta non dovrebbe essere guidata dal nostro desiderio del loro apprezzamento. Ma siamo liberi, poiché il successo dei nostri sforzi quotidiani non dipende dall'apprezzamento che alcune particolari persone hanno nei nostri confronti, o dei nostri principi, o della nostra religione, o delle nostre abitudini, e perché possiamo decidere se la ricompensa materiale che altri sono disposti a pagare per i nostri servizi ne rende conveniente la fornitura.

Raramente sappiamo se un'idea brillante che improvvisamente un uomo concepisce, e che può recare grande beneficio ai suoi simili, sia il risultato di anni di sforzi e di investimenti preparatori, o se sia un'ispirazione improvvisa indotta da un'accidentale combinazione di conoscenza e circostanza. Ma sappiamo che non varrebbe la pena prendersi il rischio se allo scopritore non fosse permesso di beneficiarne. E poiché non sappiamo come distinguere un caso dall'altro, dobbiamo perciò permettere ad un uomo di ottenere il guadagno quando il suo successo sia una questione di fortuna.



Il merito morale di una persona

Non voglio negarlo, vorrei piuttosto enfatizzare che nella nostra società la reputazione personale e il successo materiale sono troppo spesso legati l'uno all'altro. Dovremmo essere più attenti, poiché se riconosciamo ad un uomo la titolarità per un'alta ricompensa materiale, ciò non necessariamente lo investe di un'alta considerazione. E, sebbene ci sia spesso confusione su questo punto, non significa che tale confusione sia il risultato necessario del sistema di libera impresa – o che in generale il sistema di libera impresa sia più materialista di altri ordini sociali. Per molti aspetti mi sembra proprio il contrario.

Infatti la libera impresa ha sviluppato l'unico tipo di società che, mentre ci rifornisce di ampi mezzi materiali, se questo è ciò che principalmente desideriamo, lascia comunque l'individuo libero di scegliere tra una ricompensa materiale e una non materiale. La confusione – tra il valore che i servizi di un uomo hanno per i suoi simili e la reputazione che merita per il suo merito morale – potrebbe rendere materialistica una società di libera impresa. Ma il modo di prevenire questo esito non è certamente quello di controllare tutti i mezzi materiali, rendendo la distribuzione dei beni materiali l'obbiettivo principale di tutti gli sforzi comuni e, perciò, rendendo la politica e l'economia inestricabilmente vincolate.



Molte basi per un giudizio

È possibile per una società di libera impresa essere una società pluralista che non riconosca alcun ordine o rango, ma che abbia molti e diversi principi su cui basare la stima; laddove il successo mondiale non è né la sola prova né considerata prova certa del merito individuale. Potrebbe benissimo essere vero che periodi di rapida crescita della ricchezza, nei quali molto godono dei benefici della ricchezza per la prima volta, tendano a produrre una concentrazione nei confronti del miglioramento materiale. Fino alla recente ascesa europea, molti membri delle classi più agiate erano soliti denunciare come materialisti i periodi economicamente più attivi ai quali dovevano gli agi che permettevano loro di dedicarsi comodamente ad altre cose.



Progresso culturale

Periodi di grande creatività culturale e artistica sono generalmente seguiti da periodi di più rapida crescita in ricchezza. Ritengo che questo dimostri non che la società debba essere dominata da occupazioni materiali, ma che piuttosto con la libertà sia l'atmosfera morale nel più ampio senso, i valori a cui le persone si attengono, che determinerà la direzione principale delle loro attività. Gli individui, così come le comunità, quando percepiscono che altre cose sono divenute più importanti del progresso materiale, possono rivolgersi ad esse. Non è certamente attraverso lo sforzo di far coincidere il guadagno materiale col merito che possiamo proteggerci dal diventare troppo materialisti, bensì solo riconoscendo che ci sono altri e più importanti traguardi oltre al successo materiale.

È sicuramente ingiusto biasimare un sistema quale più materialista, perché lascia che sia l'individuo a decidere se preferisca il guadagno materiale ad altri tipi di eccellenza, anziché lasciare che questo sia deciso per lui. C'è effettivamente poco merito nell'essere idealisti se la fornitura dei mezzi materiali richiesti per questi scopi idealistici viene lasciata a qualcun altro. Solo se una persona può scegliere di fare un sacrificio materiale per un fine non materiale, allora ne merita il riconoscimento. Il desiderio di essere sollevati dalla scelta, e dal sacrificio personale, non mi sembra particolarmente idealista.

Ritengo che l'atmosfera dello Stato Sociale sia molto più materialista di quanto non lo sia una società di libera impresa. Se quest'ultima invita gli individui ad attribuire molto più scopo nel servire i propri simili attraverso il soddisfacimento dei bisogni puramente materialistici, dà loro anche l'opportunità di perseguire altri scopi che ritengono più importanti. Bisogna tenere a mente, comunque, che il puro idealismo di un obiettivo è discutibile quantunque i mezzi materiali necessari affinché esso venga conseguito sono creati da altri.



Mezzi e fini

Concludendo, vorrei per un momento ritornare al punto da cui sono partito. Quando difendiamo il sistema della libera impresa dobbiamo sempre ricordare che ha a che fare esclusivamente con i mezzi. Ciò che facciamo con la nostra libertà dipende da noi. Non dobbiamo confondere l'efficienza nel fornire i mezzi, con i propositi a cui servono. Una società che non ha altri standard se non l'efficienza, indubbiamente sprecherà quell'efficienza. Se gli uomini devono essere liberi di usare i loro talenti per fornirci i mezzi che desideriamo, dobbiamo ricompensarli in funzione col valore che questi mezzi hanno per noi. Ciononostante dovremmo stimare questi uomini solo in funzione dell'uso che fanno dei mezzi a loro disposizione.

Incoraggiamo dunque l'utilità verso i propri simili in tutti i modi, ma non facciamoci confondere con l'importanza dei fini a cui gli uomini in ultima analisi aspirano. È la gloria del sistema della libera impresa che rende possibile che ogni individuo, servendo il prossimo, possa così fare lo stesso per i propri fini. Ma il sistema è esso stesso solo un mezzo, e le sue infinite possibilità devono essere messe al servizio dei fini che esistono separatamente.


[*] traduzione di Giuseppe Jordan Tagliabue per Francesco Simoncelli's Freedonia: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. Hayek ha ragione.
    Ma queste idee potranno essere la guida di buon senso per il dopo.

    Oggi un libertario vero, che vive in Italia, deve soltanto chiedersi se, per la propria liberazione dai tanti parassiti che lo aggrediscono e per riconquistare la propria libertà e responsabilità di individuo, così minacciate e continuamente ridotte in nome della sicurezza e della continuità dello status quo dominante, deve soltanto chiedersi se è davvero disposto ad attraversare un lungo fiume di merda come il Tim Robbins de Le ali della libertà.

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