mercoledì 26 luglio 2017

La democrazia vuol dire guerra con altri mezzi





di Dan Sanchez


La democrazia vuol dire guerra con altri mezzi. A livello superficiale viene condotta con schede elettorali al posto delle pallottole. Alla fine, tali schede diventano proiettili. Le elezioni caricano fucili veri e li puntano a persone reali. Se si disobbedisce ai comandi pronunciati dai funzionari eletti, uomini muscolosi con la testa rasata e con occhiali da sole Ray-Ban vi porteranno via. Se opponete resistenza, scatteranno le manette. Le elezioni rappresentano una scalata al controllo delle cariche pubbliche con cui poi vessare la società. In tali elezioni, ogni fazione cerca di puntare la pistola a qualcun altro.

Una fazione cattura democraticamente il potere ed influenza la linea di politica. I membri delle fazioni sconfitte vengono uccisi politicamente. Il bottino di guerra è incarnato da assegni statali e regalie di vario genere. Ma poi una coalizione delle fazioni danneggiate vince le elezioni successive e così si ricomincia. Gli espropriatori vengono espropriati fino a quando il potere cambia di nuovo. Tutti si alternano come vittime e carnefici in un giro senza fine di violenza reciproca.

In questa guerra tutte le parti sono perdenti, tranne una: lo stato.

Questo perché "la guerra è la salute dello stato". Quando Randolph Bourne coniò questo aforisma, si riferiva alla guerra militare e alla prima guerra mondiale in particolare. Ma il ragionamento che sta dietro alla sua massima vale anche per la guerra civile formalizzata nella democrazia.



Lo stato e la guerra

Per Bourne lo stato e il governo sono due cose diverse. Il governo è un'organizzazione che si distingue dalla popolazione che governa. Lo stato è molto più di questo, e molto meno.

Più comprende tutti nel paese. Si tratta di una mistica unione dell'intera popolazione, compresi i governanti ed i governati. Tutti per uno e uno per tutti. E pluribus unum.

Meno è immaginario. Lo stato è una finzione che esiste solo nella mente dei suoi credenti. È una superstizione, un concetto incoerente, perché i molti non possono agire come uno. Solo gli individui agiscono. Gli individui si comportano allo stesso modo quando obbediscono agli stessi comandamenti. Ma sono ancora gli individui che scelgono tale obbedienza.

Lo stato è una finzione nei confronti della quale coloro che ne sono intimoriti e finiscono per crederci, vi attribuiscono preferenze, volontà, e agenzie: in sostanza, un dio. I veri credenti in questo dio aderiscono pedissequamente alle sue preferenze. Approvano la nozione incoerente secondo cui lo stato esiste come manifestazione della volontà collettiva e che funziona per il loro beneficio collettivo. La chiesa e il suo dio sono uno. Questa superstizione, che li trasforma in schiavi di sé stessi, rende tale schiavitù più facile da accettare.

In altre parole, lo stato è una mentalità da gregge: un'inclinazione affinché le persone rinuncino alla propria individualità e si identifichino in una mandria, un branco, una tribù, un'orda, una banda, un culto, un collettivo. I credenti lo venerano e fanno riferimento al loro "stare insieme" come se fosse un dio. Deutschland uber alles.

La guerra è la salute di questo gregge deificato chiamato stato, perché lo stato di guerra è uno stato di disperazione, di lotta, di terrore primordiale e soprattutto di odio. In tale cornice, gli individui respingono i principi morali della civiltà come lusso insostenibile. L'anima umana regredisce agli impulsi degli animali, rinunciando alla civiltà per la legge della giungla. Mangiare o essere mangiati, uccidere o essere uccisi, catturare o essere catturati, saccheggiare o essere saccheggiati.

Gli altri esseri umani non sono più ritenuti utili come partner volontari nel lavoro creativo, nel commercio reciprocamente vantaggioso e in una società amichevole. Invece sono o compagni di leva o nemici.

Gli addetti ai lavori sono considerati utili solo nella misura in cui sono membri della mandria, del gruppo, della tribù, dell'orda, della banda, del culto, del collettivo; solo nella misura in cui contribuiscono alla forza dei numeri per uccidere, catturare e saccheggiare gli estranei.

Gli individualisti refrattari sono costretti alla conformità. I dissidenti sono evitati come eretici, ladri ed estranei. "Se non sei con noi, sei contro di noi". E gli estranei sono esclusi completamente dalla comunità morale. Sono considerati minacce e utili solo come prede, come schiavi, come fonti di bottino.

In tempo di guerra, il branco deve sciamare in tandem; il branco deve fuggire all'unisono. Affinché un collettivo funzioni in modo coerente e sia proiettato verso un unico sforzo bellico, non solo ha bisogno d'irreggimentazione, ma anche di leadership. Così la gente sotto assedio cerca un leader del branco, un pastore del gregge.

Ma anche un'oligarchia può rivelarsi inadatta per perseguire una guerra. Così la gente invoca un singolo uomo forte, un caro leader, un führer.

Questo è il motivo per cui gli stati sono così ansiosi di coinvolgere i loro sottoposti in guerre. Le esigenze della guerra innescano un antagonismo bestiale ed un collettivismo che spinge le persone a prostrarsi ai piedi dello stato come pecore e belare affinché siano tosate delle loro libertà.



La democrazia vuol dire guerra

La democrazia è una forma di guerra. Ciò che la distingue dalle altre forme è la rapina legalizzata.

Rapina legalizzata è un termine coniato da Frédéric Bastiat. Potremmo anche aggiungere omicidio legalizzato e sequestro legalizzato di persona. Queste attività, che giustamente consideriamo reati quando commesse da chiunque altro, diventano legittime unicamente se commesse da agenti dello stato. La rapina diventa tassazione, il sequestro di persona diventa carcere, l'omicidio diventa politica estera.

Prima della nascita della democrazia, la rapina legalizzata era chiaro cosa significasse. Lo stato era formato da una cricca distinta che rapinava "legalmente" la gente. L'ascesa della democrazia ha offuscato la distinzione tra governanti e governati, e quindi ha disarmato la resistenza popolare. Con la democrazia, la rapina è diventata altamente partecipativa. Bastiat la definì "rapina legale universale".

Sostenendo le tasse dello stato sociale e tasse alte in generale, i meno ricchi rapinano i ricchi. Grazie al supporto della regolamentazione dei vari settori, il protezionismo ed i sussidi, i produttori ricchi saccheggiano i loro consumatori meno ricchi ed i concorrenti. Bastiat disse: "Lo stato è quella grande illusione attraverso cui ognuno cerca di vivere a spese di tutti gli altri". E tutti rapinano attraverso lo stesso intermediario: lo stato, il quale ottiene una parte del bottino. Quindi lo stato ha un forte incentivo a mettere l'uno contro l'altro i suoi sudditi.

E non è solo la rapina. Nelle guerre al terrorismo e alla droga, per esempio, gli americani uccidono gli stranieri ed incarcerano i loro vicini, il tutto al fine di "sentirsi più al sicuro."

Uno stato democratico ed interventista è, in realtà, uno stato hobbesiano: una delega alla guerra civile di tutti contro tutti. Questo tipo di guerra è la salute dello stato. La democrazia ha lo stesso impatto sulla psiche umana.

Dal momento che sono in gioco la vita ed i mezzi di sussistenza, le battaglie politiche inducono anche la disperazione. I tempi disperati offrono un pretesto per misure disperate: escludere i nemici politici dalla comunità morale. Coloro che commettono reati non violenti legati al mondo della droga, possono finire in prigione per decenni. I fornai cristiani possono vedersi rovinare la vita e le loro finanze se esercitano il loro diritto di rifiutarsi di prestare servizio. Tutto è lecito in politica e in guerra.

Al fine di sopraffare i nemici politici, gli elettori ricorrono allo stesso tipo di tribalismo come gli sciovinisti. Invece delle nazioni, i "branchi" collettivi sono i partiti politici, i gruppi d'interesse, i "movimenti", ecc. I partigiani affossano qualsiasi dissenso sleale che possa emergere dai loro ranghi.

La violenza politica è violenza di massa. Più è grande la folla, più è anonima la sua violenza. E l'impunità di questo anonimato, come l'impunità del potere, permette all'uomo di fare del male e passarla liscia. Schermato dall'anonimato, da una folla incline al linciaggio e dall'urna elettorale, qualsiasi atrocità è lecita.

I partigiani diffamano i membri delle tribù politiche nemiche. Al fine di perseguire la loro guerra inter-tribale, fanno affidamento sull'apparato statale che usano per infliggere violenza. Non importa che se si tratti di quella stessa istituzione che consente e incoraggia gli altri a far loro del male: l'importante è che tutte le parti siano una contro l'altra. Tutte le fazioni sono così concentrate a combattersi a vicenda, che sono ignare del fatto che la macchina del potere è il loro vero nemico comune.

I partigiani, come gli sciovinisti, inneggiano alla leadership al fine d'essere ammassati verso un unico obiettivo: sconfiggere il nemico politico. Si radunano e prendono ordini dalla loro leadership politica.

La politica democratica è un rito fondamentale per il potere dello stato. Rende lo stato importante, rilevante, indispensabile; questo è particolarmente vero durante la stagione elettorale. Il candidato avversario di ogni lato è demonizzato come una minaccia esistenziale, la quale può essere scongiurata votando solo una delle parti in gioco. "Il candidato X non è perfetto, ma dobbiamo fermare il candidato Y!"

Se il vostro candidato vince, diventate doppiamente fedeli allo stato affinché mantenga le mandrie nemiche sottomesse. Se il vostro candidato perde, diventate doppiamente determinati ad aiutare la vostra tribù a ritrovare la sua presa sulle leve del potere. Smontare la macchina del potere è l'ultima cosa a cui pensate.

È così che lo stato divide e conquista i suoi soggetti: utilizzando la politica democratica per fomentare una guerra civile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Brutalmente corretto. Ma è questione che ci riguarda ancora?

    Alternative? Secondo Churchill il peggiore dei sistemi, a parte tutti gli altri. Ma sono vecchie riflessioni stranote.

    Per i libertari: sovranità individuale e cooperazione volontaria nella divisione del lavoro. Possibilmente comunità non troppo grandi, in modo da frazionare il potere del governo e renderlo più controllabile dal basso. Decentramento del potere. Sarà probabilmente favorito dalle nuove tecnologie, dall'uso che se ne farà, soprattutto. Sembra una direzione probabile. Vedremo.

    Oggi, comunque, nella UE non abbiamo più il problema della democrazia. Decidono tutto tecnocrati non eletti. Il resto è semplice adeguamento in base ai rapporti di forza. Allora, di che parliamo?

    Gli antiglobalisti, i sovranisti, ripropongono una centralizzazione del potere ad un livello preUnione. Per rifare in piccolo gli stessi errori.
    Però, può essere una via, incerta e scabrosa, verso una ulteriore frammentazione del potere rispetto al presente. Se rapina deve essere, che almeno veda bene i ladri (vittoria di Pirro).
    Ma, magari, chissà, poi decentralizzeremo di più, ormai da decenni, tra alti e bassi, si parla di federalismo e secessioni, magari un po' alla volta il sistema dei trasferimenti coercitivi comincia a cambiare, chissà, le mentalità cambiano, piano piano, le idee si diffondono, le coscienze si svegliano, un po' alla volta, piano piano, chissà....

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  2. in effetti la questione "stato" sta invecchiando e non esaurisce orami piu la questione del potere, anche se senza meno ne costituisce pur sempre il braccio armato. altrettanto dicasi per la questione "democrazia": chi preferisce la democratica italia ai principati di monaco, del liechtenstein od a singapore? e poi lo stato nazione non è affatto oggi la piu forte delle appartenenze potenzialmente violente, col ritorno della sfera del religioso e di quella del tribale. la cosa che piu si puo fare oggi, è implementare il voto coi piedi, cui la narrativa dominante globalista si è inchiodata. usando, come al solito, le armi dell ideologia dominante contro la medesima. l approccio antropologico al potere non puo che essere pragmatico, come lo è quello alle monete ed alle loro alternative

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