lunedì 25 maggio 2020

Il mercato del lavoro statunitense si riprenderà più velocemente di quello europeo

Dopo il terrorismo mediatico da parte dei cosiddetti "editori responsabili" riguardo il virus C, adesso il loro compito pare essere diventato quello di mettere i poveracci gli uni contro gli altri. Ovvero, sviare le attenzioni da quella banda di scappati di casa al governo che ha finito di devastare l'economia italiana (opposizione compresa, visto che non ha fiatato sul fatto che lo stato d'emergenza sia stato prolungato di altri 6 mesi). Per farlo sta puntando il dito contro i cosiddetti "giganti del web" che non pagano le tasse in Italia. Vorrei ricordare ai più distratti che a causa delle scelte scellerate dei mentecatti al governo, imprese come la Coca-Cola, ad esempio, hanno preferito abbandonare il Venezuela d'Europa e portare i loro affari altrove. Lo stesso hanno fatto a loro tempo i "giganti del web" andandosene da un inferno fiscale come l'Italia e portando i loro affari in zone più tax-friendly (come l'Irlanda, che non è un caso che sia stata depennata dai PIIGS). Non fatevi quindi abbindolare dalle falsità sparse dagli "editori responsabili" e dal MInistero della Verità, scegliete la logica, scegliete di ragionare con la vostra testa. Il nemico non è chi sceglie la libertà alla tirannia, ma chi pretende quest'ultima facendosi lavare e stirare il cervello e chi la impone ovviamente.
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di Daniel Lacalle


I numeri riguardo le richieste di indennità di disoccupazione hanno raggiunti livelli allarmanti e senza precedenti nelle ultime due settimane. Tuttavia, sapendo che i dati continueranno a salire, dobbiamo analizzare la rapidità con cui l'economia può riprendersi e tornare al precedente percorso di creazione di posti di lavoro.

L'economia degli Stati Uniti parte da una base relativamente più forte. La disoccupazione ha raggiunto il minimo di cinque anni a febbraio e, nonostante il numero estremamente debole di posti di lavoro di marzo, si è attestata al 4,4% nella prima settimana di aprile. Ciò si confronta con un tasso di disoccupazione del 7,3% nell'area Euro e del 6,5% nell'Unione Europea. In Paesi come la Spagna e la Grecia, la disoccupazione si attesta rispettivamente al 13% e 16%.

Anche la cifra della sottoccupazione è significativamente migliore negli Stati Uniti. Il tasso di disoccupazione U-6 non aggiustato era dell'8,9% a marzo. La sottoccupazione nell'Unione Europea è stimata al 15% e al 12% nella zona Euro, secondo i dati di Eurostat.

L'aumento previsto della disoccupazione a causa del lockdown delle principali economie è semplicemente sconcertante. L'Organizzazione internazionale del lavoro ha riferito che le potenziali perdite di posti di lavoro in tutto il mondo potrebbero ammontare a 36 milioni. Sfortunatamente questa cifra potrebbe essere sottovalutata.

Il numero dei disoccupati nel secondo trimestre del 2020 negli Stati Uniti potrebbe salire a 52 milioni, un tasso di disoccupazione del 32% secondo la Federal Reserve Bank di St. Louis. Nella sola Spagna i numeri potrebbero salire di 5 milioni, un tasso di disoccupazione del 35% in base alle nostre stime, mentre i disoccupati totali potrebbero salire a 57 milioni nell'Unione Europea.

La chiave per una ripresa economica forte sta nel dinamismo del mercato del lavoro e nella forza del tessuto imprenditoriale, ma anche in un meccanismo diversificato e aperto di finanziamento dell'economia reale.

Gli Stati Uniti potrebbero recuperare le perdite dei posti di lavoro entro tre mesi. Nell'area Euro ciò richiederebbe un minimo di 6 mesi, in particolare in Germania, nonostante sia partita con un tasso di disoccupazione basso del 3,2%. Per i Paesi con una maggiore rigidità del mercato del lavoro, come Grecia, Spagna e Italia, questa ripresa potrebbe richiedere tra i quattordici mesi e i due anni.

La chiave per recuperare i posti di lavoro in modo rapido ed efficiente è la combinazione di un mercato del lavoro flessibile, un quadro di investimenti interessante e politiche solide che preservino il tessuto imprenditoriale del Paese. Questi sono i motivi principali per cui gli Stati Uniti hanno tradizionalmente ridotto la disoccupazione più rapidamente e con una migliore crescita dei salari rispetto alla zona Euro.

C'è anche il problema dei disincentivi. Nell'area Euro un eccessivo intervento statale nel mondo del lavoro e delle imprese si aggiunge a molti programmi di welfare che sono controproducenti in una ripresa. L'Unione Europea spende circa l'1% del PIL all'anno in "programmi di occupazione attiva" e sussidi, ma il tasso di disoccupazione è quasi il doppio di quello delle economie occidentali.

Una burocrazia opprimente funge da barriera agli investimenti e alla creazione di posti di lavoro nei periodi di crescita e genera incentivi negativi dopo i periodi di crisi. Ciò è stato evidente durante l'ultima crisi: la ripresa nell'Unione Europea è arrivata quattro anni in ritardo a causa del maggiore interventismo statale e degli ostacoli normativi.

Anche il meccanismo di finanziamento è fondamentale. Negli Stati Uniti l'economia reale dipende meno dai finanziamenti bancari rispetto alla maggior parte dell'Europa. La dipendenza dell'economia reale dal finanziamento bancario nell'Unione Europea è vicina all'80%, secondo la Banca Centrale Europea, rispetto al 17% negli Stati Uniti secondo il Federal Reserve Board.

Questo dinamismo nel finanziare le opportunità commerciali ha tradizionalmente aiutato gli Stati Uniti a rilanciare la loro ripresa economica dopo una recessione, ottenendo una crescita più rapida e una maggiore creazione di posti di lavoro rispetto ai loro pari.

Un sistema fiscale attraente è essenziale per una ripresa economica rapida. Sfortunatamente nell'Unione Europea gli stati tendono ad aumentare le tasse sulle imprese e sul capitale durante i periodi di recessione, il che danneggia in modo significativo il processo di ripresa. Anche la sicurezza giuridica e degli investimenti è fondamentale per una ripresa sostenibile e rapida e, sfortunatamente, i messaggi interventisti provenienti dagli stati europei generano un afflusso minore di investimenti stranieri e una minore crescita nella formazione lorda di capitale.

La recente decisione dei governi italiano e spagnolo di vietare per legge i licenziamenti e di intervenire sui prezzi si rivelerà a dir poco inefficace, poiché la disoccupazione aumenterà comunque a causa della distruzione delle imprese costrette a chiudere e danneggerà eventuali afflussi di investimenti.

Il lockdown dell'economia ha causato danni di lunga durata alla creazione dei posti di lavoro e alle imprese; ogni giorno di blocco ha significato milioni di disoccupati e migliaia di chiusure aziendali.

Non possiamo dimenticare il momento difficile che milioni di lavoratori e migliaia di aziende stanno attraversando, ed è per questo che è imperativo per i governi preservare il tessuto imprenditoriale per evitare una depressione economica le cui conseguenze sociali saranno di lunga durata.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


1 commento:

  1. L'inevitabile conseguenza che ha significato spazzare sotto il tappeto gli errori economici del passato. Quando nel 2008 c'è stata la valanga di pignoramenti, le banche sono diventate improvvisamente proprietari di case. Allora per dare un senso a quell'asset illiquido che si sono ritrovate in pancia, si sono cimentate nel business "rent to buy". Ovvero hanno dato l'occasione ai nuovi locatari di pagare l'affitto dell'immobile cui erano interessati e così facendo pagarlo nel suo costo intero dopo tot. anni. Ovviamente a prezzo pieno, non a quello svalutato sulla scia della Grande Recessione. La miopia delle banche commerciali e della loro fame per rendimenti decenti scatenata dalle politiche della Federal Reserve ha fatto ignorare loro ciò che non si vede: con questo flusso di pagamenti hanno continuato a porre un onere non indifferente sulla classe media, il possesso di una prima casa tra le giovani coppie è crollato ai minimi storici, parecchi giovani adulti sono tornati a vivere dai genitori, accesso continuo al credito revolving per far fronte agli imprevisti (quindi ulteriori debiti contratti), un mondo del lavoro ingessato con il part-time che l'ha fatta da padrone negli ultimi dieci anni, debiti di studenti per l'università che ha fatto "guadagnare" una laurea in disaccordo con le necessità reali del mondo del lavoro. Senza aggiungere poi quelle aziende, soprattutto grandi, che hanno creato posti di lavoro fasulli sulla scia del credito facile e dell'ingegneria finanziaria, catturando temporaneamente risorse di manodopera e di capitali solo per sprecarle.

    Quindi adesso non c'è solo un asset illiquido, le case, ma due: la persona media carica di debiti ridotta sul lastrico da un'intensiva pianificazione monetaria centrale e non dal virus C.

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