venerdì 29 gennaio 2021

La mia risposta a Caplan ed ai costruttivisti economico/sociali



di Francesco Simoncelli

"A volte ritornano", è il titolo di uno dei racconti più famosi di Stephen King e come la maggior parte dei suoi lavori l'orrore si annida da qualche parte per poi sbucare e rapire il lettore che viene colto alla sprovvista dalla sua dinamica lenta e costruttiva. Se vogliamo chiamarlo segreto dell'autore siamo liberi di farlo, ma questa tecnica, sua personale, è riuscita a garantirgli il successo che ha riscontrato tra i fan. Nonostante diverse storie si possano assomigliare tra loro. Per quanto bizzarro possa sembrare il paragone che mi accingo a fare, la trama del sopraccitato racconto è azzeccatissima per la "seconda giovinezza" (O terza? Quarta? N?) che sta avendo un saggio di Bryan Caplan. Pubblicato più di venti anni fa, ritorna regolarmente sulle bocche dei costruttivisti economico/sociali, tanto pigri e apatici da non volersi leggere le continue confutazioni pubblicate sulla scia dell'opera "accusatrice". Ogni volta, quindi, dobbiamo assistere all'orrore di riveder spuntare fuori una tesi smontata pezzo per pezzo e dover di nuovo puntualizzare che l'autore iniziale di questa catena presumibilmente infinita non ha capito le risposte fornitegli nel corso del tempo. O sono i suoi sostenitori a non aver capito che esiste una letteratura che ha sistematicamente dimostrato privo di fondamento il lavoro svolto da Caplan.

Cerchiamo adesso di inquadrare il problema alla base di questa diatriba ricorrente: Bryan Caplan nel suo saggio elenca una serie di punti attraverso i quali spiega perché lui non è un economista Austriaco. Se i motivi fossero personali, una stretta di mano ed un "arrivederci" sarebbero bastati per lasciarsi dietro le spalle tutta questa faccenda, a dir poco grottesca. Ma, ahimè, come accade per la maggior parte degli accademici, la presunzione di aver ragione sempre e l'istinto da prima donna fungono da stimolante per riversare negli occhi del lettore ignaro una serie di imprecisioni che non solo sono errate, ma soprattutto sono frustranti per chi è addetto al settore. Come accade nei racconti di King, credi di vivere una vita tranquilla ma da un momento all'altro l'orrore ti prende alla sprovvista e ti sconquassa l'esistenza. Nel nostro caso particolare, si tratta del saggio di Caplan sull'economia Austriaca, fatto spuntare fuori da qualche solerte costruttivista economico/sociale che, spinto dallo zelo della sua laurea fresca di stampa, vuole farsi ben volere dalla gilda degli economisti mainstream.

Diversamente dai racconti di King, qui non evocheremo alcun demone ma ci affideremo solo alla logica e alla scienza deduttiva. Perché quello che non capisce Caplan e la sua schiera di zelanti adoratori (chiusi di mente come i protagonisti di un altro racconto di King, "I figli del grano") è proprio l'essenza della scienza economica: logica e deduzione sono il sentiero da percorrere. Quello che l'economia Austriaca rappresenta è uno strumento per vedere nel buio della conoscenza umana. Essa infatti è limitata ad ogni attore di mercato e solo attraverso lo scambio volontario, e vicendevolmente proficuo, la si riesce ad ampliare. Alla base di questo processo c'è l'azione individuale di ogni attore di mercato, ovvero, l'impulso di soddisfare determinate necessità in base ad un panorama infinito di desideri ma di mezzi con cui realizzarli decisamente scarso. Questo è un fatto auto-evidente ed è la base dalla quale parte la scienza economica propriamente compresa. Nessun homo oeconomicus, nessuna stilizzazione dell'essere umano, nessuna funzione di probabilità da massimizzare; solo la realtà e la metodologia d'indagine dietro la scienza economica.

Non c'è niente da confutare o negare qui, perché significherebbe negare l'essenza stessa dell'essere umano. Si può criticare, ovviamente, l'aspetto riguardante la ricerca in campo economico da parte della Scuola Austriaca, ma additare i principi fondanti è a dir poco ridicolo visto che la contraddizione lampante non par per niente preoccupare chi vi incappa. Per gli smemorati farò qui un elenco di autori Austriaci che in passato hanno fornito risposte esaurienti e precise alle accuse mosse da Caplan: Hulsmann, Block, Stringham. Il mio intervento oggi sarà una sorta di riassunto di quanto già risposto finora, un sottolineare le critiche salienti e ovviamente l'esposizione della loro inconsistenza.

Anche perché, a dirla tutta, se non fosse stato per l'individualismo metodologico di misesiana memoria, non sarei stato in grado di individuare sin da subito la natura fraudolenta e truffaldina della narrativa mainstream riguardo la salute e la libertà. Non è un caso, infatti, che parecchi "liberali" siano caduti mani e piedi nella retorica terroristica  sparsa dai media e non abbiano atteso neanche un secondo prima di vendere al miglior offerente la loro libertà. Perché, come accadde nel XIX secolo con la Scuola storica tedesca, credono che il collettivo sia in qualche modo superiore all'individuo. Questa è gente che vi dice di seguire Hayek, ma poi si dimenticano cosa scrisse in The Use of Knowledge in Society, prostrandosi quindi davanti il tempio dello stato e richiedendo il suo intervento per risolvere le "crisi". Non è un caso che Mises nel suo capolavoro, L'Azione umana, abbia sottolineato come l'individualismo metodologico sia a tutti gli effetti una metodologia d'indagine che può essere applicata a tutto lo scibile umano.

Ma sto divagando, torniamo in carreggiata cercando di analizzare cosa non va con il saggio di Caplan, che potete trovare al seguente indirizzo. Nota a margine: non affronterò il saggio nella sua totalità, ma solo i punti salienti che ritengo più importanti; inoltre salterò la sezione 3 riguardante la teoria Austriaca del ciclo economico, altrimenti questo articolo diventerebbe oltremodo lungo e tecnico. Per chi fosse interessato ad una confutazione più dettagliata di quella sezione, può consultare il seguente paper di Robert Murphy che copre gran parte degli argomenti sollevati da Caplan e molto altro.

Caplan inizia così:

Qualunque cosa gli economisti Austriaci abbiano che valga la pena dire dovrebbe essere inclusa nella professione economica più ampia, che rimane desiderosa di idee originali, vere e sostanziali.
Falso. Qualsiasi scuola che domina un particolare pensiero scientifico è essenzialmente un vicolo cieco (si veda: Kuhn: The Structure of Scientific Revolutions). E questo è un fatto anche in economia. I grandi economisti Austriaci della seconda metà del XX secolo sono stati fermati alle porte delle migliori università d'America. Ludwig von Mises riuscì ad ottenere solo una posizione di insegnante non retribuita presso la New York University (finanziata da sostenitori esterni) ed a Friedrich Hayek gli fu negata una posizione nel dipartimento di economia presso l'Università di Chicago, rimbalzato in qualcosa chiamato "Comitato sul pensiero sociale". E anche la sua paga veniva da uno sponsor esterno. Murray Rothbard insegnò per decenni con uno stipendio molto basso in una scuola di ingegneria, il Brooklyn Polytechnic Institute. E poi ebbe la sua "grande occasione": una cattedra all'Università del Nevada a Las Vegas. Furono persino fatti tentativi per impedirgli di ottenere il suo dottorato di ricerca a causa della sua dissertazione sul panico del 1819.

Ecco come venivano trattati questi giganti del pensiero economico. E Caplan ammette che hanno dato contributi importanti:

Mises e Rothbard hanno trascorso la maggior parte della loro carriera dando un contributo sostanziale all'economia [...].

Poi Caplan sferra il suo primo attacco a Rothbard:

[Rothbard] non capisce la posizione che sta attaccando. L'approccio della funzione di utilità si basa esattamente sull'utilità ordinale. I teorici neoclassici moderni (come Arrow e Debreau) che hanno sviluppato l'approccio della funzione di utilità, hanno fatto di tutto per evitare l'uso dell'utilità cardinale. Che un teorico neoclassico dica "il pacchetto uno offre l'utilità di 8, mentre il pacchetto due offre l'utilità di 7" non può portare Rothbard a concludere che egli creda nell'utilità cardinale. Ma il linguaggio qui è tecnico; per analizzarlo è necessario tornare alle definizioni sottostanti. In tal modo scopriremo che il significato di "il pacchetto uno offre l'utilità di 8, mentre il pacchetto due offre l'utilità di 7" non è altro che "il pacchetto uno è preferito al pacchetto due". Una funzione di utilità è solo un breve sommario sulle preferenze ordinali di un agente, non un'affermazione sulle "utilità".

Ci sono due problemi con la sua tesi. Il primo è che non è vero, visto che alcuni economisti usano e hanno usato utilità in un senso cardinale per presumere quantità definite di utilità. Paul Samuelson, che conosceva la teoria neoclassica moderna, scrisse quanto segue nel suo libro di testo, Economics:

Gli psicologi e gli economisti più audaci presumono che il consumatore provi una definita quantità di soddisfazione o di piacere anticipato quando si confronta con un lotto di merci. Questa quantità o sensazione psicologica viene chiamata "utilità".

Il secondo problema è che se presumiamo per un momento che Caplan abbia ragione e che tutti gli economisti utilizzino insieme utilità e numeri, ma vedano comunque le cose in senso ordinale, allora Caplan sta dicendo che Rothbard ha ragione. Tale utilità può essere classificata solo in modo ordinale. Quindi qual è il problema? Semmai il sistema di classificazione di Rothbard è chiaro, mentre coloro che introducono numeri, che come afferma Paul Krugman (es. Microeconomics) sono "unità ipotetiche" chiamate util, stanno cercando in tutti i modi di fuorviare il lettore solo per fare un giro talmente lungo e poi tornare al punto di Rothbard: che l'utilità riguarda il ranking e non ci sono misure, ipotetiche o meno.

Questo, tra le altre cose, è un perfetto esempio del tanto frainteso rasoio di Occam. Molti credono che il rasoio di Occam affermi che quando due conclusioni opposte vengono raggiunte da teorie diverse, allora si dovrebbe adottare la teoria che è la più semplice. Non è proprio così. Il rasoio di Occam si chiama lex parsimoniae, o "la legge della brevità", o, per essere meno concisi, significa che non dovrebbero essere usate più cose del necessario. Cioè, se avete due teorie che spiegano qualcosa allo stesso modo, prendete quella più semplice. Nel caso dell'utilità, la spiegazione di Rothbard è la più semplice. La formulazione neoclassica o è sbagliata, quando include misure quantitative nella teoria dell'utilità, o arriva allo stesso punto di Rothbard in un modo molto più complesso assumendo unità ipotetiche e quindi utilizzando operazioni matematiche (con tanto di note a piè di pagina!). Ma, poi, ecco che spunta la frase "per analizzarlo è necessario tornare alle definizioni sottostanti" e quindi si torna allo stesso punto di Rothbard che dice semplicemente "l'uomo classifica le sue scelte".

Caplan continua con il suo attacco a Rothbard.

Il rifiuto di Rothbard riguardo l'approccio della funzione di utilità lo ha portato a strane concessioni ad hoc altrove nei suoi scritti. Utilizzando il suo approccio sulle scale dei valori, Rothbard è stato in grado di derivare le leggi della domanda e dell'offerta come teoremi. Ma poi, inspiegabilmente, nella sua successiva discussione sul lavoro e sulla terra, Rothbard ammise la possibilità teorica di backward bending supply curves. Inoltre, nella sua discussione sull'economia della tassazione, Rothbard ammette la possibilità teorica che una maggiore tassazione del reddito da lavoro possa indurre un aumento dell'offerta di lavoro, arrivando anche a menzionare un effetto "sostituzione" e di "reddito" che nel suo iniziale trattamento della teoria dell'utilità non menziona per niente. Ciò che è interessante è che Rothbard non è stato in grado di ricavare la sostituzione e gli effetti sul reddito dal suo approccio sulle scale dei valori. Invece l'ha preso in prestito dall'analisi della funzione di utilità standard, che mostra che ci sono due diversi canali attraverso i quali una variazione di prezzo induce una variazione della quantità domandata. Pertanto, non solo Rothbard respinge in modo inappropriato l'approccio neoclassico alla teoria dell'utilità, ma lo considera sufficientemente fruttuoso da prenderlo in prestito per le sue implicazioni su una base ad hoc [...].

Strane concessioni ad hoc all'approccio della funzione di utilità? Inspiegabilmente? Sento uno strano odore, quello della fallacia dell'uomo di paglia. Infatti è bizzarro che Caplan affermi che Rothbard "ammise" che potesse verificarsi una backward bending supply curve nel mercato del lavoro e dei terreni. Rothbard non ha mai scritto nulla per suggerire il contrario. Ma forse sono troppo malizioso io e Caplan ha un problema con il fatto che Rothbard non scrisse sull'argomento nello stesso momento in cui scrisse sulle curve di offerta e domanda in generale. Chissà...

Per quanto riguarda il fatto che Rothbard abbia scritto su questo argomento in un capitolo successivo di Man, Economy and State, non significa che abbia ammesso un punto che non ha trattato prima. La prima trattazione di Rothbard (pag. 121-156) riguardo le curve di domanda e offerta di base, senza discutere quelle backward per lavoro e terra, è da manuale. In Economics Samuelson trattò le backward supply curves solo in un'appendice; Krugman in Microeconomics le tratta a pagina 566, mentre alle pagine 76-81 tratta quelle normali; Greg Mankiw in Principles of Economics tratta le curve di offerta alle pagine 73-76, mentre tratta quelle backward a pagina 476; in Man, Economy and State Rothbard tratta le backward supply curves a pagina 572. Dov'è la stranezza? Non solo, ma non ha dovuto utilizzare l'approccio della funzione di utilità come afferma Caplan:

Una delle complicazioni nell'analisi del lavoro è il presunto verificarsi di una "backward supply curve". Ciò accade quando i lavoratori reagiscono a saggi salariali più elevati riducendo la loro offerta di ore di lavoro, sostituendo così una parte dei loro redditi più alti con l'aumento del tempo libero [...]. Una backward supply curve potrebbe verificarsi anche per i terreni, quando il proprietario ha un elevata domanda di riserva nei confronti del terreno per godere della sua bellezza inutilizzata (in senso catallattico). In tal caso, la terra perderebbe una crescente disutilità marginale del godimento visivo, proprio come il tempo libero col lavoro.

Stesso discorso si applica al cosiddetto effetto di sostituzione e di reddito. Quale legge impone a Rothbard di menzionarli nei suoi capitoli iniziali? Caplan critica la Scuola Austriaca perché non gli piace il modo in cui Rothbard ha strutturato il contenuto del suo libro?

Inoltre Rothbard vede un problema con l'approccio neoclassico riguardo la funzione di utilità e il modo in cui i suoi sostenitori usano i termini effetto di "sostituzione" e di "reddito" come parte della teoria. Rothbard usa i termini solo in un momento successivo in cui si adattano alla sua prospettiva di funzione di utilità non neoclassica: si attiene in modo coerente alla prospettiva dell'uomo che agisce e prende decisioni basate su una scala di valori. Il fatto che utilizzi l'effetto di "sostituzione" e di "reddito" nel contesto della sua analisi dell'essere umano agente non significa che abbia improvvisamente adottato l'approccio neoclassico alla funzione di utilità.

È chiaro come il giorno se visto nel contesto di come usa i termini:

[Una] tassa sui redditi monetari crea sia un “effetto di sostituzione”, contro il lavoro ed a favore del tempo libero (o contro il risparmio ed a favore dei consumi), ed un “effetto reddito” che opera in senso opposto. Questo è vero, e in rari casi empirici, quest'ultimo effetto predominerà. In parole povere, questo significa che quando vengono inflitte sanzioni extra agli sforzi dell'uomo, egli generalmente li ridurrà; ma in alcuni casi lavorerà di più per cercare di compensare gli oneri. In questi ultimi casi, però, dobbiamo ricordare che perderà il prezioso bene di consumo del “tempo libero”; ora avrà meno tempo libero di quanto avrebbe avuto se le sue scelte fossero ancora libere.

Siamo ben lontani dal senso in cui i neoclassici intendono la funzione di utilità. Secondo Rothbard, infatti, continua a riguardare i cambiamenti nel ranking delle scale dei valori (in questo caso a causa dei cambiamenti nel contesto fiscale). Una tassa può far sì che alcuni lavorino di meno e questo è un semplice cambio di preferenza. Meno soldi meno lavoro, sostituito dal tempo libero ("effetto sostituzione"). Tuttavia, per alcuni, il mantenimento di un determinato livello di reddito al netto di tasse più elevate, è più importante; quindi lavorano di più preferendo di più il lavoro ("effetto reddito").

Caplan poi attacca Murray Rothbard per aver rifiutato la teoria dell'indifferenza:

L'approccio della funzione di utilità ha un'ultima implicazione che Rothbard ha rifiutato. Ricordate che usando le definizioni neoclassiche standard, U (a) > U (b), significa semplicemente che data la scelta tra A e B sarà scelto A, mentre in caso di U (a) < U (b) significa che sarà scelto B. Ma cosa succede se U (a) = U (b); cioè, cosa succede se un agente è indifferente alle due alternative? Rothbard seguì l'esempio di Mises rifiutando la possibilità stessa come incoerente e rifiutando implicitamente l'uso stesso delle curve d'indifferenza, un elemento fondamentale nella teoria neoclassica moderna.

Rothbard aveva ragione nel rifiutare la curva d'indifferenza:

La tendenza a trattare i problemi dell'azione umana in termini di uguaglianza di utilità e di passi infinitamente piccoli è evidente anche in recenti scritti sulla "mappatura dell'indifferenza". Quasi tutta l'economia matematica contemporanea riguardo la teoria del consumo è stata costruita sull'ipotesi della cosiddetta "indifferenza". La sua base è il trattamento di grandi classi di combinazioni di due beni, tra i quali l'individuo è indifferente alle valutazioni. Inoltre le differenze tra loro sono infinitamente piccole, in modo da poter tracciare linee morbide e tangenti. L'errore cruciale è che "l'indifferenza" non può essere una base per l'azione. Se un uomo fosse davvero indifferente a due alternative, non potrebbe fare alcuna scelta tra di esse, e quindi la scelta non potrebbe essere rivelata tramite l'azione. Ci interessa analizzare l'azione umana. Ogni azione dimostra una scelta basata sulla preferenza: preferenza per un'alternativa rispetto ad altre. Non c'è quindi alcun ruolo per il concetto di indifferenza in economia, o in qualsiasi altra scienza prasseologica. Se è una questione di indifferenza per un uomo usare 5,1 o 5,2 once di burro, ad esempio, perché l'unità è troppo piccola per essere presa in considerazione, allora non ci sarà occasione per lui di agire su questa alternativa. Userà il burro in unità di oncia invece di decimi di oncia. Per lo stesso motivo, non ci sono passi infinitamente piccoli nell'azione umana. I passaggi sono solo quelli che sono significativi per gli esseri umani; quindi, saranno sempre finiti e discreti.

Ma credo che ci sia un modo ancora più semplice per mostrare l'assurdità della teoria della curva d'indifferenza. Prendiamo la discussione sulle curve d'indifferenza inclusa in Principles of Economics del professor Greg Mankiw di Harvard (uno dei più popolari libri di testo introduttivi all'economia). Mankiw spiega:

Le preferenze del consumatore gli permettono di scegliere tra diverse quantità di pizza e Pepsi. Se offrite al consumatore due diversi pacchetti, lui sceglie i pacchetti più adatti ai suoi gusti. Se i due si adattano ugualmente bene ai suoi gusti diciamo che il consumatore è indifferente.

Così come abbiamo rappresentato graficamente il vincolo di budget del consumatore, possiamo anche rappresentare graficamente le sue preferenze. Lo facciamo con le curve di indifferenza. Una curva di indifferenza mostra i fasci di consumo per rendere il consumatore altrettanto felice. In questo caso, la curva di indifferenza mostra gli abbinamenti pizza e Pepsi di cui il consumatore è ugualmente soddisfatto.

Il Grafico 2 mostra due delle tante curve di indifferenza del consumatore. Il consumatore è in diverse combinazioni di A, B e C perché sono tutti sulla stessa curva. Non a caso, se il consumo di pizza da parte dei consumatori viene ridotto, diciamo, dal punto A al punto B, il consumo di Pepsi deve aumentare per mantenerlo altrettanto felice. Se il consumo di pizza viene nuovamente ridotto, dal punto B al punto C, la quantità di Pepsi consumata deve aumentare ancora.

Questo è il Grafico 2 che si trova sulla stessa pagina del testo cui si fa riferimento qui sopra.

Dal punto di vista logico, come si fa a credere a questa roba e non ridere? Diamo uno sguardo alla vita reale. Supponiamo che dopo una lunga notte in città, X si fermi in pizzeria per ristorarsi con pizza e Pepsi. Prima di entrare nel locale ha già in mente il suo ordine: una pizza e una Pepsi per €10. Quando entra scopre però che la pizza è finita, quindi l'impiegato gli dice: "Mi dispiace, abbiamo finito la pizza. Quante Pepsi vorrebbe invece?" detto secondo il linguaggio di Mankiw: "In base a dove si trova sulla curva di indifferenza tra pizze e Pepsi, visto che abbiamo finito le pizze, quante Pepsi vuole sostituire alla pizza, tre, quattro, cinque?"

Un altro esempio, Y va dal ferramenta per comprare un martello e dei chiodi. L'impiegato gli dice: "Mi dispiace, ma abbiamo finito i martelli. Quanti chiodi vorrebbe invece per compensare la mancanza?" O detto secondo il gergo di Mankiw: "Qual è la sua indifferenza tra martelli e chiodi?"

La maggior parte di questi pacchetti esiste in un momento specifico e in isolamento, dove nessun sostituto tra due beni ha senso; ecco perché nella realtà le curve di indifferenza non hanno senso. Anche perché, a dirla tutta, si tratta di eventi estremamente isolati (che Rothbard riconosce, si veda la sua discussione sull'asino di Buridano). Diciamo che qualcuno mi deve €100.000 e ha due valigette ciascuna contenente una quantità diversa di tagli di banconote, tutte pari però alla somma dovuta. Potrebbe dire "Quale preferisci?" A quel punto potrei essere davvero indeciso fino a quando non le vedo, ma questo non è un fondamento su cui costruire la teoria economica. La realtà, la stragrande maggioranza delle volte, non riguarda indecisioni.

Poi Caplan passa al welfare:

Mentre Rothbard e Mises presentavano obiezioni simili alla teoria dell'utilità mainstream, Rothbard fece un ulteriore passo avanti "ricostruendo" l'economia del welfare lungo le linee Austriache. Le sue conclusioni principali sono semplici e austere: ogni transazione di mercato avvantaggia tutti i partecipanti, mentre ogni atto di intervento dello stato avvantaggia alcune persone a spese di altre. Rothbard prosegue con un'affermazione apparentemente più forte: "Se permettiamo a noi stessi di usare il termine 'società' per descrivere il modello di tutti gli scambi individuali, allora potremmo dire che il libero mercato 'massimizza' l'utilità sociale, poiché ognuno guadagna in utilità". Questa affermazione potrebbe essere riformulata: ogni scambio volontario avvantaggia tutti i partecipanti e il libero mercato consente l'attuazione di tutti gli scambi volontari desiderati.

Hans-Hermann Hoppe, sostenendo l'approccio di Rothbard, fa un'affermazione sottilmente più forte: "L'ottimalità parietana non è solo compatibile con l'individualismo metodologico; insieme alla nozione di preferenza dimostrata fornisce anche la chiave per l'economia del welfare (Austriaca) e la sua prova che il libero mercato, operando secondo le regole appena descritte, aumenta sempre l'utilità sociale, mentre ogni deviazione da essa la diminuisce". A rigor di termini, Rothbard potrebbe solo affermare che gli effetti del welfare (attraverso l'intervento statale) sull'utilità sociale sono indeterminati; cioè, poiché la vittima perde e chi interviene guadagna, è impossibile dire qualcosa sull'utilità sociale senza fare un confronto del welfare interpersonale. Questo è un punto importante, perché mostra che l'economia del welfare di Rothbard fornisce una difesa del libero mercato molto più debole di quanto si supponga normalmente. In particolare, la stessa teoria di Rothbard lo spoglia della capacità di definire "inefficiente" qualsiasi atto dello stato. Negando la capacità di sostenere l'azione dello stato in nome dell'efficienza, Rothbard nega implicitamente anche la capacità di rifiutare l'azione dello stato in nome dell'efficienza. Questo non è un difetto logico nella teoria di Rothbard (sebbene riveli un difetto logico nella presentazione di Hoppe della teoria di Rothbard), ma le sue implicazioni politiche sono piuttosto diverse da quelle comunemente assunte: il criterio del welfare di Rothbard giustifica l'agnosticismo (non la negazione) riguardo i benefici dello statalismo .

Caplan ha ragione qui, tuttavia non riesce a sviluppare il punto nella direzione corretta. Rothbard, in base alla sua prospettiva, non sta mostrando una debolezza nell'economia Austriaca, ma piuttosto un'incompletezza nell'estendere la teoria Austriaca della società in un modo ancora più soggettivo. Quindi Caplan ha ragione nel rilevare una debolezza nella prospettiva di Rothbard, ma piuttosto che diventare più Austriaco (più soggettivista individualista) abbraccia una direzione prospettica anti-Austriaca e più statalista.

Infine c'è la sezione riguardante la matematica, il cuore di ogni attrito tra la Scuola Austriaca e quella neoclassica/mainstream. Tra l'altro lo stesso Caplan afferma: "[Gli approcci matematici] hanno avuto cinquant'anni di egemonia crescente in economia. L'evidenza empirica sul loro contributo è decisamente negativa". Infatti la sterilità di questo approccio all'economia ha portato ad una serie di cortocircuiti nella teoria neoclassica, la cui parte più frequentemente sotto attacco è stato il presupposto di un comportamento economico razionale. Ciò che i neoclassici intendono per comportamento razionale è molto diverso da ciò che intendono gli Austriaci, ovvero che gli esseri umani agiscono con l'obiettivo di migliorare la loro situazione. Il concetto neoclassico di razionalità postula che il comportamento umano dovrebbe avere gli stessi risultati di un computer che calcola il modo "migliore" di utilizzare determinati "input" per ottenere il "massimo" output. Sicuramente possiamo essere d'accordo sul fatto che qualcuno che è esperto nell'uso di questi modelli li capirà meglio di qualcuno che non lo è. Allo stesso modo, qualcuno che ha una lunga esperienza con gli incantesimi magici li capirà meglio di coloro che hanno trascurato questo studio; ciò però non ha alcuna incidenza sul fatto che gli incantesimi magici siano un modo utile per avvicinarsi alle relazioni umane. Eugen von Böhm-Bawerk fu criticato per motivi simili da George Stigler, che lo liquidò dicendo: "Böhm-Bawerk non è formato in matematica". Ma come scrisse Murray Rothbard in Man, Economy and State: "La 'formazione' in matematica non è necessaria per capire la sua inutilità e inapplicabilità alle scienze dell'azione umana così come, ad esempio, la 'formazione' nelle tecniche agricole non è essenziale per sapere che non sono applicabili a bordo di un transatlantico".

Ciò che distingue epistemologicamente il sistema prasseologico dal sistema matematico è precisamente che esso implica le categorie sia del tempo che della causalità. Prendiamo come esempio una famosa scoperta matematica, il teorema di Pitagora. Come è ben noto ai bambini delle scuole di tutto il mondo, il teorema dice che esiste una relazione immutabile tra i tre lati di un triangolo rettangolo, dove la somma dei quadrati di ciascuno dei cateti è uguale al quadrato dell'ipotenusa. Mises puntualizzò che questo tipo di relazione ha una natura fondamentalmente diversa dalle relazioni implicite dall'azione umana. Nessuno dei lati di un triangolo "fa sì" che gli altri lati abbiano una certa lunghezza. Né l'equazione di Pitagora, né alcuno del numero infinito di triangoli che descrive, hanno alcuna relazione temporale tra loro. Indipendentemente dal fatto che crediamo o meno che le formule matematiche abbiano un'esistenza indipendente dalla mente umana, una volta appresa questa relazione, l'universo dei triangoli rettangoli, insieme alla relazione dei loro lati e tutti gli altri fatti geometrici su di essi, emergono come aspetti di un forma ideale e senza tempo. Sebbene le nostre menti limitate debbano avvicinarsi a questi aspetti in modo frammentario, la loro esistenza è simultanea alla nozione stessa di "triangolo rettangolo" e nessuno di questi aspetti è precedente o ha una relazione casuale con qualsiasi altro aspetto della forma ideale.

Non è così con l'azione umana. Proprio come l'idea di un triangolo rettangolo implica il teorema di Pitagora, l'idea dell'azione umana implica "prima" e "dopo", "causa" ed "effetto". Non possiamo dare il minimo senso ai progetti umani se non comprendiamo che c'è un passato che, per l'essere umano, è come un terreno in cui possono essere seminati i semi dell'azione, c'è un presente durante il quale nascerà la pianta e c'è un futuro in cui egli spera di raccogliere i frutti della sua azione. L'essere umano spera anche che la sua azione sia la causa di un effetto desiderato, altrimenti non agirebbe. Il fatto che le curve di domanda e offerta possano darci un quadro approssimativo del comportamento del mercato è un effetto dell'azione umana, e non viceversa. Nessuno (ad eccezione di un pianificatore centrale) agisce con l'obiettivo di portare in equilibrio domanda e offerta. Le persone agiscono sul mercato per trarvi profitto: scambiano perché sentono che dopo lo scambio staranno meglio di prima. Il fatto che la loro ricerca del profitto tenda a portare in equilibrio domanda e offerta è un sottoprodotto dei loro obiettivi reali. Al fine di rendere la teoria economica subordinata alla matematica, gli economisti neoclassici rimuovono il fattore dell'azione umana dalle loro teorie. Mises, nel capitolo 16 sezione 5 del libro L'Azione umana, scrive: "Gli economisti matematici ignorano in toto la delucidazione teorica del processo di mercato e si divertono con una nozione ausiliaria impiegata nel suo contesto e priva di senso se usata al di fuori di quel contesto".

Il cuore dell'economia, secondo l'approccio Austriaco, è rappresentato dalle cause degli eventi economici, non dalle correlazioni esistenti tra di loro. Lo studio di queste correlazioni è oggetto della storia economica e non rivelerà mai le leggi fondamentali dell'economia, poiché, come sottolinea Mises: "Non esistono relazioni costanti nel campo dell'azione umana". Se diciamo che l'anno scorso un aumento di €1 del prezzo del pane ha portato ad una riduzione della domanda del 5% (in termini neoclassici stiamo misurando l'elasticità della domanda di pane), questo non ci dice cosa succederà quest'anno in presenza di un simile aumento.

Le equazioni matematiche possono essere utili per modellare il risultato di persone che seguono piani precedentemente realizzati. Una volta che un calciatore deve tirare un rigore, possiamo usare un'equazione che, in base alla forza iniziale che sceglie di applicare al pallone, ne predice il progresso. Tuttavia questa equazione sarà di scarsa utilità per prevedere se il calciatore cambierà idea e deciderà di calciare il pallone in modo diverso. Allo stesso modo, il prezzo di due titoli aziendali che stanno per fondersi potrebbe muoversi in linea con le previsioni di un modello matematico, almeno per qualche tempo, ma se i trader dovessero venire a conoscenza di qualcosa che altera la loro percezione riguardo la fusione, il prezzo delle azioni potrebbe differire notevolmente dalla previsione del modello. Se iniziano a circolare voci secondo cui la fusione potrebbe fallire, il prezzo potrebbe precipitare. I trader devono quindi impiegare la loro esperienza storica nel tentativo di comprendere come gli altri trader reagiranno ad una tale notizia. Una volta completata questa valutazione, inseriscono un nuovo fattore di rischio nel modello e funzionerà di nuovo ragionevolmente bene.

In sostanza, non si può prescindere da una metodologia d'indagine completa e coerente nel campo economico. L'economia mainstream, chiudendosi a riccio intorno alle aspettative razionali come strumento per caratterizzare l'essere umano e utilizzando funzioni matematiche di probabilità per descrivere la realtà, continuerà a rappresentare una materia che difficilmente riuscirà a spiegare i fenomeni dell'ambiente economico e soprattutto a stento riuscirà a comunicare con la platea di esseri umani che presuppone debba studiare. L'approccio Austriaco non ha bisogno di prendere in prestito teorie da campi esterni, proprio perché inizia proprio laddove una qualsiasi scienza sociale dovrebbe iniziare: dall'essere umano. Lo studia per quello che è, non per quello che vorrebbe che fosse.

Caplan, quindi, dovrebbe ricordare soprattutto questo aspetto quando affronta la sua critica alla Scuola Austriaca, riflettendo più attentamente su come tale approccio sia fondamentale se si vuole avere una teoria economica esaustiva e metodologicamente coerente.


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