venerdì 13 dicembre 2024

Il quadro generale finora: tre anni dopo

 


di Francesco Simoncelli

 (La traduzione audio dell'articolo disponibile qui)

Riprendo questa serie che l'anno scorso ha visto saltare un appuntamento. Un tipo di corruzione profonda e mega-politica distorce le politiche dal benessere pubblico e della nazione a favore di interessi speciali d'élite. Le industrie privilegiate di oggi, i progetti privilegiati e i gruppi di elettori chiave ottengono denaro che non hanno guadagnato e la prossima generazione ottiene una bomba ad orologeria finanziaria. La guerra in Europa orientale è un ottimo esempio. I russi stanno vincendo, ma questo è solo un dettaglio. La cosa importante è che gli ucraini stanno perdendo e stanno trascinando con sé gli Stati Uniti. Il coinvolgimento di questi ultimi è iniziato come risultato degli ideologi neocon a Washington e dell'industria della potenza di fuoco che li finanzia e trae profitto dal loro bellicismo. La guerra in Ucraina ha seguito lo schema del Vietnam, dell'Iraq e dell'Afghanistan: il coinvolgimento degli Stati Uniti inizia con bugie e idee sbagliate, continua con tangenti, doppi giochi e spese eccessive e finisce in disgrazia. E in Ucraina gli Stati Uniti sono andati oltre: hanno mostrato e mostrano al mondo che i loro strateghi militari sono incompetenti, le sue sanzioni sono impotenti e le sue armi moderne e ad alta tecnologia non sono all'altezza di quelle russe.

In altre parole, sostenere gli ucraini è stato più di uno spreco di denaro: ha rivelato a tutti noi che l'impero dell'Occidente non è affatto forte come finge di essere.

Le risorse combinate (PIL) degli alleati della NATO sono 30 volte maggiori di quelle della Russia, quindi non c'è mai stato alcun pericolo reale che le truppe russe andassero in barca sulla Senna. E fermare l'invasione dell'Ucraina da parte di Putin sembrava un gioco da ragazzi. E quando gli Stati Uniti hanno introdotto per la prima volta le loro sanzioni, si credeva che avrebbero paralizzato l'economia russa, che Putin se ne sarebbe presto andato e l'Occidente avrebbe trionfato. Ma le sanzioni non hanno funzionato e le restrizioni finanziarie hanno avvicinato Cina, Iran, Russia, Turchia, India, la maggior parte della popolazione mondiale, per inventare i propri sistemi commerciali.

Una politica estera ragionevole “America First” sarebbe stata quella di non intromettersi nella politica ucraina in primo luogo. I soldi e le armi degli Stati Uniti erano meglio tenuti in patria. Il Pentagono avrebbe potuto trarre vantaggio dalla guerra come osservatore, studiando attentamente le armi e le tattiche russe, piuttosto che farsi massacrare. Una linea di politica sensata è stata annullata dalla corruzione. I grandi soldi della lobby della potenza di fuoco impediscono una risposta onesta e ragionevole: il denaro inviato all'Ucraina, come ci ha fatto sapere Joe Biden, “torna in patria”, o almeno la parte che non viene rubata, nelle tasche delle industrie degli armamenti della Virginia settentrionale.

Il problema non è politico, è mega-politico. La mega-politica ci dice che le persone non sempre dicono quello che vogliono, sanno quello che vogliono o ottengono quello che vogliono. Invece pensano quello che devono pensare, fanno quello che vogliono fare e ottengono quello che meritano. E finiscono dove dovrebbero essere: trascinate dalle profonde correnti della storia. Nessuno vuole morire, per esempio, ma l'esito è quello per tutti. Nessuno vuole che la previdenza sociale vada in rovina, ma se non si corregge il tiro, succederà.

Chi vuole morire? Chi vuole gravare i propri figli di una vita di debiti? Ma chi può fermarlo? La risposta è: probabilmente nessuno. Quindi dobbiamo aspettarci che il Trend primario (prezzi reali degli asset più bassi, tassi d'interesse più alti, inflazione... insieme a caos e corruzione) continui. Man mano che le élite acquisiscono sempre più potere, diventano meno benigne, più fuori dal mondo e più parassitarie. Le loro società passano gradualmente dal “commercio gentile” e volontario a regole, regolamenti, leggi e linee di politica coercitive. Negli accordi win-win (vicendevolmente vantaggiosi) tra partecipanti volontari, le persone si accordano per migliorare reciprocamente la loro vita e quindi produrre “ricchezza”. Gli accordi win-lose (a somma zero), sostenuti dalla coercizione statale, ridistribuiscono la ricchezza e la distruggono. Le persone ottengono meno di ciò che vogliono (ricchezza) e più di ciò che i loro governanti vogliono che abbiano.

Le élite europee, in particolar modo, hanno percorso l'inevitabile sentiero dell'eccesso di promesse durante la loro carriera di classe dirigente. Inevitabile perché, come abbiamo appreso dalla serie sul Sovranismo pubblicata su queste pagine, anche l'apparato statale è vincolato alle leggi economiche ed esse sono apodittiche: Legge dei rendimenti decrescenti. Cercare di rimandare temporaneamente la correzione, posticipa il problema nel futuro a un costo maggiorato: dolore economico più acuto. Cedere influenza e potere guadagnati è come morire per le élite. Non solo, ma suddetta posticipazione può essere attuata solo mobilitando quantità di denaro (e di tempo) progressivamente maggiori e così facendo deviano risorse economiche scarse laddove sarebbero messe meglio a frutto. Il risultato è un accartocciamento industriale, soprattutto in un settore cruciale per il futuro come quello tecnologico.

Ma questo non importa, almeno non alle élite europee perché faranno letteralmente di tutto per portare avanti il loro piano. Qual è? Integrazione fiscale e obbligazionaria in Europa, per poi procedere a un haircut degli obbligazionisti per abbattere il gigantesco debito pubblico. Questo è possibile farlo se l'unico player credibile è l'Europa, da qui la necessaria campagna di demolizione dall'interno degli Stati Uniti. Non è possibile farlo in un ambiente, come quello attuale, in cui i capitali finanziari volano spaventati verso gli USA e il dollaro ha ripreso le redini della propria politica monetaria.

Il piano dell'élite europea, o della cricca di Davos insieme ai suoi compari inglesi, ha finito per essere avversato dal conglomerato bancario commerciale statunitense dato che, attraverso l'implementazione del dollaro digitale sotto forma di CBDC, sarebbe stato spogliato di tutto il suo potere e sfere d'influenza. Dal 2016 è guerra aperta tra i primi e i secondi, e l'elezione di Trump, insieme all'onda rossa, rappresentano in realtà un processo purgativo di tutti quegli infiltrati della cricca di Davos nella macchina politica americana che finora avevano impedito un aggiustamento anche dell'equazione fiscale. Trump non è altro che l'addetto alle pubbliche relazioni dei cosiddetti New York Boys. È uno scontro tra giganti, tra grandi poteri, tra grosse cosche mafiose e non esistono esclusioni di colpi. In questa guerra la cricca di Davos attualmente sta avendo la peggio, ma non si daranno mai per sconfitti... anzi faranno saltare il tavolo da gioco se necessario. Soprattutto sul loro territorio tutto deve essere sotto rigido controllo. Questa, ad esempio, è l'ennesima angheria nei confronti della popolazione inglese, rea nove anni fa di aver votato per la Brexit. La punizione più eclatante è stata la manipolazione del cross pair EURGBP sopra i 90 (da parte di BCE e BoE), in modo da impedire a una sterlina più economica di attirare investimenti esteri nel Paese.

Aumenti delle tasse, sequestro delle terre degli agricoltori, negoziati infiniti per la Brexit, ecc. sono stati tutti controlli eretti dalle istituzioni sia inglesi che europee (governi e banche centrali al seguito) per ostacolare la concretizzazione definitiva della Brexit. La popolazione in generale, e soprattutto la classe media, ha finito per odiarla proprio per questi motivi.

Lo stesso discorso vale per le colonie. Di conseguenza non si può accettare che Paesi come la Romania e la Georgia, ad esempio, possano avere leader che pensino prima agli interessi nazionali e poi a quelli internazionali, impedendo a chicchessia di trasformare la propria patria in un cumulo di macerie.

Ma la vera domanda è: come mai Georgia, Romania e Moldavia hanno iniziato a ribollire proprio adesso, dopo l'elezione di Trump? Chi ha più da perdere da una loro minore ricattabilità? Pensiamo un attimo alla Georgia, il partito in carica non ha mai nascosto la sua linea di politica equidistante da Europa e Russia. Altresì non ha mai nascosto il suo filo-europeismo. Ciononostante doveva essere utilizzato come proxy per un nuovo fronte di guerra in Europa orientale, ma Sogno georgiano ha rifiutato di scaraventare la nazione in un tritacarne. E data l'esperienza del passato, ha pensato bene di vederci meglio nella selva sterminata di ONG che operano sul suo territorio. Da quel momento in poi la narrativa occidentale ha iniziato a ribaltare la realtà e definire filo-russo il partito georgiano in carica fino alle più recenti manifestazioni di piazza in cui agenti esteri continuano a imperversare nelle piazze e addirittura ministri degli esteri dei Paesi baltici. Gli Stati Uniti continuano a essere sulla bocca di tutti, anche perché la NATO sono gli Stati Uniti, mentre invece azioni più pesanti e drastiche e interessi da parte di un altro player vengono opportunamente soprassedute. Sto parlando dell'Inghilterra. La stessa che si assicura di avere voce in capitolo in Romania e, dopo la vittoria del candidato “giusto”, in Moldavia.

Gli Stati Uniti, come abbiamo visto sopra, non hanno molto da perdere, anzi minore ingerenza negli affari altrui significherebbe più soldi e risorse da spendere in patria. Finora il supporto in Ucraina è stato controproducente, scriteriato e lesivo del benessere americano stesso (nonché della reputazione dell'esercito stesso). Se è vero che la City di Londra ha avuto il controllo della politica monetaria americana tramite il LIBOR, fino al gennaio 2022, allora è altresì logico presupporre che abbia avuto un particolare ascendente anche sulla linea di politica estera delle varie amministrazioni infiltrate dalla cricca di Davos. Ultima in ordine cronologico quella Biden. L'accelerazione e l'escalation in tutto il mondo a livello di guerre settarie a cui abbiamo assistito sin dal 5 novembre, denota un movimento convulso per assicurarsi che la nuova amministrazione Trump finisca in un pantano geopolitico prim'ancora del suo insediamento in modo che il flusso di dollari continui a scorrere fino in Europa.

È Londra, dopo Bruxelles, quella che ha più da perdere.


FRANCIA

L'UE, e in particolare i suoi membri di spicco, stanno continuando a comprare tempo. Il modello europeo è stato venduto a quello sino-russo e per quanto sì possano sbracciare i difensori di questa UE l'evidenza è indiscutibile: controllo capillare della società in stile sovietico. La guerra cinetica è la manifestazione disordinata di una guerra economica più grande, e l'UE ha bisogno di mobilitare la sua risorsa più grande: risparmiatori e contribuenti. E non devono fiatare, quindi devono disabituarsi a farlo... e forse la tanto sbandierata decarbonizzazione non è solo una battuta di spirito in questo contesto. Ma senza scomodare gli ultimi quattro anni la deriva autoritaria dell'UE parte da lontano: golpe contro Berlusconi e referendum irlandese per entrare nell'euro. Qui la cricca di Davos, insieme ai suoi compari inglesi, hanno un disperato bisogno di girare la guerra economica contro gli USA a loro favore. Questo significa che non si fermeranno davanti a niente e nessuno, alzando a ogni passo la posta in gioco.

Nel frattempo l'unica preoccupazione dei membri di spicco dell'UE è non soccombere sotto i colpi sempre più forti di una correzione economica incessante. La BCE, a tal proposito, sta facendo di tutto per tenere un tetto sui rendimenti obbligazionari dell'Eurozona (in particolar modo rispetto alla controparte americana), ma il compito diventa sempre più arduo da sostenere. La recente impennata dei tassi in Francia è una prova in tal direzione.

Ecco un riassunto della situazione francese: crescita della spesa sugli interessi del debito pubblico la più alta tra i Paesi europei; la spesa pubblica è fuori controllo; il rapporto debito/PIL è salito sopra il 100%; in termini assoluti ha più euro di debito rispetto all'Italia; i tassi d'interesse costano al 4% rispetto al PIL più della Grecia, senza contare che la legge di bilancio doveva immettere €60 miliardi, ma non è stata approvata. In poche parole, i lettori di questo blog sapevano già da tempo che la Francia si sarebbe unita alle fila dei PIIGS. Le sfide economiche della Francia non si esauriscono solo a livello economico, anche a livello geopolitico soffre per la perdita di sfere d'influenza a vantaggio dei BRICS. La differenza tra Francia e Stati Uniti è che questi ultimi sono in grado di aumentare le tasse. Se gli Stati Uniti lo faranno è un'altra storia, ma almeno sono in grado di farlo. La Francia, invece, è probabile che abbia raggiunto o sia vicina al picco massimo di aumento delle tasse. Se ci saranno ulteriori aumenti in tale direzione, le entrate fiscali potrebbero di fatto diminuire secondo la Curva di Laffer, per non parlare dell'ulteriore frammentazione sociale.

Nel frattempo le pressioni inflazionistiche derivanti dall'aumento dei prezzi dell'energia, le interruzioni della catena di approvvigionamento e le ricadute globali della guerra in Ucraina stanno rendendo la vita sempre più difficile ai cittadini francesi. I vincoli fiscali, tra cui la “procedura per deficit eccessivo”, limitano la capacità del governo di spendere per uscire da questi problemi. Questa stagnazione economica ha colpito più duramente le famiglie a basso e medio reddito, alimentando disordini sociali e malcontento. Con la crescente sensazione che la disuguaglianza economica si stia aggravando, i movimenti populisti stanno guadagnando terreno, respingendo i partiti politici tradizionali e mettendo in discussione l'integrazione europea.

Francia e Germania sono sempre state pilastri dell'Unione Europea, ma mentre l'instabilità economica e politica si aggrava sia in Francia che in Germania, tutto ciò mette in discussione la stabilità dell'UE stessa. Se la situazione economica della Francia dovesse deteriorarsi ulteriormente e i movimenti populisti guadagnassero ancora più terreno, ciò potrebbe innescare nuovi dibattiti sul futuro dell'UE. L'ascesa del populismo in uno degli stati principali dell'UE potrebbe incoraggiare altri movimenti euroscettici in tutto il continente, portando a nuove pressioni di frammentazione. La crisi energetica e l'aumento dell'inflazione non sono un'esclusiva della Francia, ma hanno aumentato le tensioni economiche in tutta Europa. Anche la Germania, un tempo motore economico dell'UE, sta affrontando gravi sfide a causa dell'aumento dei prezzi dell'energia, dell'indebolimento dei settori manifatturiero e industriale e della spesa fiscale limitata a causa del freno al debito. Paesi come l'Italia e la Spagna, che hanno già affrontato crisi del debito sovrano in passato, rimangono vulnerabili agli shock economici.

Mentre l'UE ha dimostrato resilienza di fronte a queste sfide, i problemi fiscali della Francia potrebbero aggiungere ulteriore tensione. Se una delle principali economie dell'UE vacilla, ciò complicherebbe gli sforzi per mantenere l'unità, soprattutto quando la “solidarietà fiscale” è già una questione controversa. Un governo francese diviso potrebbe avere difficoltà a sostenere iniziative UE più ampie, come le politiche di transizione energetica e gli obiettivi climatici, i quali richiedono una volontà politica unitaria e ingenti investimenti finanziari.

Una rinnovata frammentazione economica, inoltre, potrebbe mettere a dura prova la capacità della BCE di gestire la politica monetaria nell'Eurozona. Mentre i Paesi affrontano sfide economiche divergenti, la BCE potrebbe trovare sempre più difficile bilanciare il controllo dell'inflazione tramite gli stimoli monetari. Inutile dire che ciò sarebbe foriero di ulteriore instabilità finanziaria, rendendo più difficile tenere unita l'Eurozona.


GERMANIA

La Germania ha abbracciato le ideologie “green”. Una volta che i tedeschi aderiscono a un'ideologia, pare essere difficile far cambiare loro idea. Ed è così che la cancelliera Angela Merkel è arrivata al potere. Molti dimenticano che non è emersa dall'estrema sinistra verde, proveniva dalla CDU/CSU, il partito di centro-destra della Germania. La sua eredità è chiara: 

  1. islamizzazione demografica della Germania aprendo le porte a un'ondata di migranti estranei alla cultura tedesca e con meno o nessun interesse ad assorbirla;
  2. subordinazione energetica alla Russia;
  3. distruzione del settore nucleare della Germania.

Con la Merkel fuori gioco, la Germania si ritrova lungo una traiettoria di impoverimento e accelera. Secondo lo Süddeutsche Zeitung, il Ministero dell'Economia tedesco prevede ora una contrazione del PIL dello 0,2% per il 2024, invertendo la sua precedente previsione di crescita dello 0,3%. Senza contare anche l'annientamento industriale. BASF, ad esempio, un fiore all'occhiello del settore industriale tedesco sin dal 1865, simboleggia la forza manifatturiera della nazione. Con quasi 400 siti di produzione in 80 Paesi, il suo cuore rimane a Ludwigshafen, in Germania, dove gestisce un vasto complesso con 200 stabilimenti e impiega circa 39.000 persone. Negli ultimi due anni l'azienda ha chiuso una delle sue due unità di ammoniaca e ne ha tenute inattive diverse altre a causa della loro mancanza di competitività, con conseguente perdita di 2.500 posti di lavoro. Ha visto inoltre vendite in calo del 21,1% e utili rettificati in calo del 60,1%. In aggiunta a queste difficoltà BASF ha annunciato piani per tagliare i costi di altri $1,1 miliardi a Ludwigshafen, prefigurando ulteriori tagli ai posti di lavoro.

Euronews riferisce che “i guai economici della Germania continuano e il Paese ora affronta lo spettro di chiudere il 2024 in recessione”, il risultato diretto dell'abbandono da parte della Germania della sua politica decennale di importazione di energia a basso costo dalla Russia. Ora acquista GNL dagli Stati Uniti a prezzi più alti, il che a sua volta aumenta i costi in generale e corrode la sua competitività economica.

Come risultato di questo disastro industriale, l'establishment tedesco sta affrontando una rivolta da parte della sua popolazione, come dimostrato dalle recenti elezioni in Turingia, Sassonia e Brandeburgo, le quali hanno visto l'ascesa del partito di destra AfD. Mentre la logica vorrebbe la formazione di una coalizione di centro-destra e destra, che insieme avrebbero una larga maggioranza, il centro-destra ha reso chiaro il suo assoluto rifiuto di governare con AfD. Ciò significa che se la CDU dovesse vincere alle prossime e imminenti elezioni, dovrebbe governare con i Verdi, simbolo di tutto ciò che ha decretato la fine del colosso tedesco. Questa collaborazione è facilitata da una convergenza ideologica: sia la CDU che i Verdi credono nella necessità della “transizione energetica”. L'eliminazione dei combustibili fossili e dell'energia nucleare deve essere sostituita dalle “energie rinnovabili” (intermittenti, spesso inaccessibili e di uso pratico limitato). Questa visione aiuta a spiegare perché il Partito Popolare Europeo (PPE), il più grande gruppo politico del Parlamento europeo in cui la CDU ha forte influenza, ha nominato Ursula von der Leyen a capo della Commissione Europea. Inutile ricordare che sotto la sua guida l'economia sta crollando, l'industria sta scomparendo e l'islamismo sta proliferando.

“Un'Europa a zero emissioni di anidride carbonica”, un'impossibilità fisica, non accadrà mai. Anche se ipoteticamente dovesse accadere, non farebbe alcuna differenza a livello mondiale: l'Europa rappresenta solo l'8% delle emissioni globali. La distruzione dell'industria europea da parte della destra tedesca non avrebbe alcun effetto sul clima. È funzionale invece a un abbassamento degli standard sociali a causa di un eccesso di promesse da parte delle élite europee. Il motivo stesso per cui si sono imbarcate in una guerra scriteriata contro la Russia. Un proxy anche questo, alla fine, visto che l'obiettivo unico e critico è quello di tornare a rendere liquidi i mercati dei capitali europei, in modo da avere finanziamenti a basso costo attraverso lo sfruttamento della ricchezza altrui (ovvero quella degli Stati Uniti). La mentalità coloniale europea e inglese non è mai scomparsa, ha invece usato altri canali per proliferare: eurodollaro, rivoluzioni colorate, colpi di stato tramite la magistratura.

I colonialisti europei sono come le locuste: aspettano che cresca il raccolto e poi lo divorano. L'hanno fatto con gli Stati Uniti prima della Seconda guerra mondiale; hanno riprovato a farlo con la Cina. La formazione di capitale a livello pubblico (capitalismo degli stakeholder) prende spunto dalla crescita cinese sin dal 1979, è stato un laboratorio interessante da portare avanti. Solo che i cinesi hanno rifiutato di aprire i propri mercati dei capitali all'estero, impedendo alle locuste di divorarli. Dopo l'indipendenza finanziaria degli USA tramite l'avvio del SOFR e l'isolamento dai contraccolpi recessivi del resto del mondo, l'Europa rimane sola col proprio bacino di ricchezza da consumare. Ecco perché ha disperatamente bisogno di un'integrazione fiscale e obbligazionaria a livello di debito sovrano. Ecco perché deve costringere col ricatto “green” la Bundesbank a cedere su questo punto. Ecco perché continuerà a usare la scusa della guerra come giustificazione per portare il continente in tale direzione.


ITALIA

Uno degli indicatori più affidabili per confutare la narrativa “ottimista” del governo italiano riguardo a un'economia in ripresa, è guardare ai prestiti al settore privato. Netto declino. Questo significa due cose. La prima è che le banche commerciali sono ancora avverse al rischio e notano un ambiente economico/finanziario instabile, incerto e rotto. In Europa la classe media è la garanzia collaterale per tamponare la fuga di capitali verso gli USA, in particolar modo, poi, in Italia concedere un presto immobiliare è ancor più rischioso perché in caso di inadempienza è estremamente difficile pignorare l'immobile; un disastro per il bilancio dell'istituzione bancaria. La seconda: le banche sono concentrate a comprare obbligazioni sovrane per tenere artificialmente soppressi gli spread di credito europei nei confronti del resto del mondo, USA in particolare. Un trade, questo, relativamente più sicuro dato che lo stato è un mutuatario “più affidabile”, soprattutto perché può ricorrere, tra le altre, all'arma della “lotta all'evasione fiscale” per rendere malleabile la maggior parte dell'opinione pubblica e pagare le cedole.

Il rovescio della medaglia è una desertificazione industriale incalzante come si vede in Germania, in Francia e nel resto dell'UE. Come descritto anche nel Capitolo 13 del mio ultimo libro, Il Grande Default, l'Europa si sta autofagocitando per permettere all'attuale classe dirigente di portare avanti un disegno utopico, irrealistico e devastante del suo modo di uscire dal pantano economico, sacrificando nel processo tutto il resto.

A proposito della malleabilità dell'opinione pubblica, la maggior parte degli italiani prenderà con un sospiro di sollievo questa notizia, togliendosi la classica goccia di sudore dalla fronte e pensando che, alla fin fine, chi viene colpito dalla scure del fisco “ha di più” e “deve contribuire” al benessere sociale. Inutile dire che un simile pensiero, radicato nel postribolo socialista italiano, è il germe della propria distruzione e dolore economico. Togliere linfa vitale alla classe media significa azzoppare la formazione di capitale a favore di una sua consumazione immediata per far girare gli ingranaggi di uno stato sociale ipertrofico. Il benessere temporaneo percepito dai poveri è passeggero perché misure fiscali simili scaraventano nella povertà anche coloro che dovrebbero essere gli “addetti” alla creazione della ricchezza della nazione, andando quindi a ingrossare le fila di chi poi avrà necessità delle elemosine di stato. Da chi si prenderà poi? Dai poveri, ovviamente, visto che la loro dimensione sarà aumentata.

Per quanto controintuitivo possa sembrare questo pensiero, ma lo è solo per gli italiani, è spiegato egregiamente da Chodorov in due dei suoi libri migliori: La radice di tutti i mali economici e Avanzamento e declino della società. Causa ed effetto.

E infatti questa misura della povertà in Italia ci conferma quanto teorizzato finora. Nonostante i messaggi della politica su ridistribuzione, politiche sociali e uguaglianza, il cittadino medio è più povero e ha visto peggiorare la propria posizione tra tassi elevati e inflazione. Sebbene ciò non dovrebbe sorprendere, è importante ricordarlo. Non c'è nulla di magico nell'aumento del debito, della spesa in deficit e delle tasse. Il problema per la maggior parte degli italiani è che è sempre più difficile arrivare a fine mese nonostante la spesa pubblica record o a causa del suo impatto negativo su inflazione e tasse. C'è una ragione per cui dovremmo preoccuparci del crescente malcontento e impoverimento. L'effetto placebo della spesa pubblica sul PIL sta scemando, come dimostrato anche dalla perdita di spinta nel PIL pro-capite aggiustato alla parità di potere d'acquisto (il quale deve ancora raggiungere il picco pre-crisi 2008).

Ma non è finita qui, perché c'è questo singolo dato che è a dir poco devastante. Dovrebbe far accapponare la pelle di un qualsiasi governo, di un qualsiasi presidente del consiglio e di una qualsiasi persona che “viene confortata” dalle notizie positive sul PIL. Ventiquattro mesi di calo continuo significa morte economica, dato che un Paese non può reggersi solo sul turismo. L'edulcorazione della realtà attraverso una narrativa soporifera spacciata dai media generalisti non ne cambierà l'essenza: correzione dolorosa. L'Europa, poi, è indietro su tutto, soprattutto per quanto riguarda il progresso tecnologico. Questo, quindi, è l'ennesima prova di quanto ho scritto nel mio ultimo libro, Il Grande Default, ovverosia che l'UE sarà l'epicentro del default. L'inesorabilità della Legge dei rendimenti decrescenti è tutta in questa notizia. Diversamente dal settore privato, però, la cui natura adattativa permette di rompere i vincoli passati, creare nuovi equilibri e quindi rendimenti acceleranti, la natura di quello pubblico gli impedisce di seguire lo stesso percorso. Ecco perché suddetta Legge verrà portata sino all'esasperazione, dove i rendimenti diventeranno talmente negativi da richiedere una correzione tramite rottura del sistema. Per un maggiore contesto, vi basti pensare che nello stesso periodo di 17 anni il PIL è cresciuto solo del 20%. E l'Italia dovrebbe essere un Paese in grado di aumentare anche le proprie spese militari?

Passiamo al lato finanziario: apprendiamo che nell'ultimo anno è stato immesso solo €1 miliardo nella borsa italiana, mentre sono letteralmente fuggiti quasi €28 miliardi. Questa fuga è un sintomo più grande che ha visto, sin dal 2022, un deflusso crescente di capitali finanziari dall'Europa agli Stati Uniti. Ormai i parametri usati dalla narrativa mainstream per vendere un'immagine edulcorata della realtà sono sempre meno. Senza contare che il PEPP della BCE è programmato per finire tra un paio di mesi, ma sappiamo tutti che questi programmi "temporanei" diventano strutturali... come ci ha ricordato ieri Villeroy. Soprattutto adesso che oltre alla Germania anche la Francia finisce sotto la scure delle criticità economiche (oscurando addirittura il malato per eccellenza, ovvero l'Italia). Come ricordo nel mio ultimo libro, Il Grande Default, è una race to the bottom e vince chi arriva ultimo (attualmente gli Stati Uniti).

La maggior parte degli investitori è consapevole che maggiori iniezioni di liquidità tendono a mascherare gli squilibri fiscali. Una spesa in deficit insostenibile è sovrapponibile alla stampa di denaro, pertanto le correzioni di mercato sono sempre un'opportunità per acquistare azioni e asset rischiosi che aumenteranno di valore in termini di valuta fiat perché "l'unità di misura", il denaro, perderà potere d'acquisto. Il problema è la saturazione dei bilanci. Mantenere soppressi artificialmente i differenziali obbligazionari in Europa inizia a mostrare le sue insostenibili crepe, e ciò è visibile nel pair EURUSD e nelle criticità emergenti anche in Francia. L'ulteriore strato di difficoltà questa volta è un'inflazione persistente e perdite della BCE nel suo portafoglio obbligazionario. Il passaggio da una correzione di mercato al successivo rimbalzo potrebbe essere un processo molto più lungo di quanto immaginato ed essendo i bilanci dei player europei estremamente saturi sono anche estremamente sensibili a un periodo prolungato di turbolenze. Inoltre tagli dei tassi non segnalano un ambiente economico sano ma in rallentamento, quindi azioni e obbligazioni europee scenderanno nonostante la promessa di un taglio dei tassi perché gli investitori continueranno a subire una minore pressione all'acquisto.

In questo contesto la salita del prezzo dell'oro ha una ragione specifica: valutazione del rischio oggettiva, non più edulcorata dalle stampanti monetarie delle varie banche centrali. L'obiettivo di questa tendenza è aumentare il peso di un asset che non ha un rischio di controparte. C'entrano poco i tassi e il dollaro. Infatti non si tratta di de-dollarizzazione, ma di schermare i bilanci dalla volatilità creata dalle linee di politica monetarie passate. Ma l'oro è solo un tassello in questo mosaico, perché la sua sola presenza e accantonamento non saranno sufficienti a ricreare fiducia nel sistema. A quello ci penserà Bitcoin. Sarà arduo rispetto agli anni '80-'90, ma solo gli Stati Uniti saranno in grado di ricreare l'ottimismo di allora... questa volta, però, solo per loro.

 

SPAZIO DI MANOVRA IN RESTRINGIMENTO

La domanda a questo punto rimane solo una: quando le cose inizieranno a disfarsi? Risposta veloce: quando finiscono i soldi degli altri, come accade sempre in un ambiente socialista. Facciamo un salto sul sito del Ministero del Tesoro americano: l'Inghilterra e le sue succursali detengono ormai più titoli del Tesoro americano rispetto a tutte le altre nazioni del mondo. La scorsa estate, quando la Yellen stava facendo un QE “mascherato” abbassando artificialmente la parte lunga della curva dei rendimenti, la cricca di Davos (e tutti coloro associati a essa come la BCE, la BoE, ecc.) ha comprato bond sovrani statunitensi. Il motivo? Comprare questi titoli, vendere dollari e sostenere l'euro sin da quando Powell ha iniziato il suo ciclo di rialzo dei tassi. Senza questa strategia l'euro sarebbe già arrivato a 90 centesimo al dollaro. A un certo punto, però, questa copertura finirà e la scadenza è tra poco più di un mese: Janet Yellen non sarà più in grado di sostenere Christine Lagarde nel mantenere questi differenziali di credito.

La pressione è aumentata ulteriormente da quando la BoJ ha iniziato a restringere il proprio bilancio, lasciar salire la parte lunga della curva dei rendimenti, difendere lo yen e smobilitare il carry trade che s'era instaurato con esso (es. prendere in prestito in yen e usarli poi per comprare asset fruttiferi). Anche qui, il cross pair EURJPY racconta tutta la storia. Lo spazio di manovra si sta restringendo sempre di più. E la cosa è eclatante quando si nota il differenziale di rendimento tra il decennale tedesco e quello americano, dove una nazione senza un governo e con la produzione industriale annientata vede il suo debito di riferimento trattato 200 punti base al di sotto della controparte americana. La BCE sta impazzendo a tenere in piedi questa pantomima e più l'euro scenderà come conseguenza, più dovrà abbassare il limite del rendimento tedesco da difendere (es. 2,60% con EURUSD a 1.12, 2,50% con EURUSD a 1.08, 2,40% con EURUSD a 1.06 e ora 2,30% con EURUSD a 1.04).

I've some bad news for you sunshine, con il ritorno di Trump alla Casa Bianca e il Congresso repubblicano (per non parlare di chi gli sta dietro) il suddetto spazio di manovra diventerà ancor più ristretto dato che il flusso di capitali volerà ancor di più negli Stati Uniti. È lì che viene trattato meglio. Ecco perché il fermento geopolitico è stato incessante sin dalla fine delle elezioni: la cricca di Davos deve rompere il mercato obbligazionario statunitense se vuole avere ancora un qualche tipo di leva per trattare. E come si può batterli? Forzandoli a comprare asset che inevitabilmente calano di valore. La BCE e la BoE continuano a lanciare vagonate di cartastraccia contro i loro guai economici/finanziari in modo da rallentare il crollo e aspettandosi, al contempo, un qualche tipo di miracolo che inverta la tendenza. Cosa può essere? Ovviamente una guerra cinetica, una rivoluzione politica o altro del genere.

È teatro, illusione. Si sventolano una manciata di dati apparentemente positivi di fronte alle persone e si fa finta che tutto stia andando secondo i piani, nel frattempo si deruba quelle stesse persone dei loro possedimenti attraverso tasse e inflazione e si guadagna tempo in attesa che un evento critico inverta il flusso di capitali. Ora che la FED è libera dal giogo del LIBOR e si può iniziare a fare pulizia nel bilancio federale, abbasserà i tassi d'interesse per proteggere il sistema bancario americano. La liquidità rilasciata invaderà tutti i settori finanziari americani, compreso Bitcoin. Il fatto che diventerà parte integrante di una riserva strategica significa che il dollaro potrà essere usato con efficacia superiore rispetto al passato. Se si mettono insieme moral suasion, offerta finita di bitcoin e spostamenti di capitali, legare indirettamente il dollaro a Bitcoin significa che la sua salita di prezzo consentirà alla nazione di stabilizzare e ripagare il debito pubblico. Stesso piano pensato per l'oro, ecco perché Powell ha detto che Bitcoin è concorrente dell'oro e non del dollaro.

Pensateci. Con cosa viene scambiato regolarmente Bitcoin? Con Tether. Guardate cosa è successo alla sua capitalizzazione di mercato dopo le elezioni americane.

Ora allarghiamo lo sguardo e vediamo cosa è successo da quando è finito il processo a suo carico a New York.

I salti che si vedono nel primo grafico sono tutti alle 8:30 ora statunitense, momento della giornata in cui è aperto il mercato dei titoli sovrani americani. Detto in modo diretto, Tether è diventata una sussidiaria del Ministero del Tesoro americano e a tutti gli effetti la versione digitale del dollaro. A prescindere dalla liquidità dei mercati, se il trading di Bitcoin sugli exchange è un ammontare X quotidianamente, e se il prezzo di Bitcoin dovesse aumentare diciamo del 20%, allora Tether dovrebbe stampare nuove unità (e quindi comprare collaterale) per una quantità equivalente al salto di BTC. Tether, una volta reso trasparenti i suoi bilanci alle autorità statunitensi e avendo queste ultime inquadrato “da che parte stesse”, è stato un importante acquirente di titoli di stato americani a breve termine perché consapevole che tali strumenti sono la garanzia collaterale più liquida e affidabile sui mercati attualmente. E il denaro fatto sui rendimenti, l'hanno messo in oro, Bitcoin e altri asset al portatore. Inutile dire che nel momento in cui la FED procederà ad abbassare i tassi, il bilancio di Tether migliorerà. Per caso Tether ha in pancia bond sovrani inglesi, tedeschi, cinesi o singaporiani? No, solo titoli di stato americani.

Questo perché è consapevole del lavoro portato avanti da Powell e dai NY Boys: restringere il mercato degli eurodollari e mettere un freno al rapporto di leva/riserva frazionaria cui è stato sottoposto sinora, creando dollari ombra ordini di grandezza superiori rispetto al mercato dei dollari interno negli USA. Ora se qualcuno vuole utilizzare gli eurodollari, come ha fatto di recente la Cina con l'Arabia Saudita, deve mettere in conto la possibilità concreta che un DXY a 120 può mandare in bancarotta il suo trade. I pasti gratis sono finiti.

Di nuovo, chi è che ha più da perdere? La City di Londra.


CONCLUSIONE

La guerra cinetica è la manifestazione disordinata di una guerra economica ben più ordinata nel sottobosco. Ecco perché è cruciale avere per le mani sempre il quadro generale della situazione, in questo modo non si cade vittima della polarizzazione della propaganda che vuole sfornare solo pedine. Il mio ultimo libro, Il Grande Default, fa proprio questo: tiene ben saldo nella mente del lettore il quadro generale. Detto in parole povere, la cricca di Davos ha le classiche peculiarità della setta ed è quindi disposta a sacrificare in un suicidio di massa le proprie pedine pur di arrivare allo scopo prefissatosi. Cos'altro è la paranoia schizofrenica nei confronti dell'energia verde se non una manifestazione concreta di questo delirio psicopatico? Cos'altro è la devastazione industriale in ogni stato cardine dell'UE se non una manifestazione concreta di questo delirio psicopatico? Cos'altro è la diffusione irreale di una situazione economica positiva, dove il bacino di dati utili per dimostrarla plausibilmente si restringe sempre di più, contrastata da una stagnazione, o peggio recessione, che morde sempre di più? Quest'ultima dissonanza è particolarmente utile per vendere ai sottoposti nella setta la visione di un paradiso utopico previa l'ingestione del veleno per il suicidio di massa.

Il dipanarsi della storia degli ultimi 5 anni ormai deriva il suo momento scatenante nel 2019, quando il principale manipolo di banche di New York è scesa dal treno del Grande Reset: niente più collaterale europeo sui mercati pronti contro termine americani. Da lì in poi è stata solo una serie di escalation, l'ultima delle quali riguarda Tether. La guerra, qui, è combattuta da una parte della finanza di Wall Street che non ha nessuna intenzione di cedere sue sfere d'influenza vitali per il comando/controllo e dalla cricca di Davos che vuole sfilargliele. Formazione di capitale privato contro formazione di capitale a livello pubblico, ovvero libero mercato “supervisionato” contro libero mercato “controllato”, capitalismo degli stockholder contro capitalismo degli stakeholder.

Per quanto sia una frode il primo, è decisamente migliore del secondo. Per essere più chiari, il modello di business americano rimarrà superiore al modello di business dei BRICS. Infatti non bisogna farsi ingannare dalla propaganda di guerra, perché è possibile capire la pledging allegiance da cosa viene fatto piuttosto che da ciò che viene detto. E le CBDC ricadono in questo alveo. La visione del mondo deve essere scandagliata per gradi, come se stesse sbucciando una cipolla: strato dopo strato fino ad arrivare al cuore. A giovarne sarà la propria consapevolezza, visto che non si cadrà vittima delle polarizzazioni: i propri interessi coincideranno con quelli delle fazioni in lotta, sene trarrà vantaggio e si dovrà essere pronti abbandonarli al momento opportuno. Un esempio in merito è presto detto: la Federal Reserve negli ultimi due anni in particolar modo rappresenta quella fonte di potere adatta a contrastare il delirio di onnipotenza scatenato dalla cricca di Davos nel mondo e affermare la propria visione del futuro; una volta passata questa tempesta, poi potrà essere il momenti di discutere su come porre fine alle banche centrali. Per quanto siano esistenzialmente valide le ragioni che hanno spinto la Russia a incendiare l'Europa orientale, essa non rimane un barlume di civiltà nel mondo moderno; così come non lo è la Cina, né le altre sfere d'influenza a essa collegate. Una piccola curiosità a tal proposito: ho notato una cosa interessante dal 2022, ovverosia che tra tutti gli articoli che ho pubblicato sull'argomento, quello che Google mi ha sempre chiesto di correggere è questo: https://www.francescosimoncelli.com/2021/07/vladimir-putin-uomo-della-cricca-di.html
Eppure ce ne sono stati altri, in cui si cercava di spiegare le “ragioni” della Russia. Ciononostante solo questo è sempre stato flaggato.

Quando ci si confronta con queste realtà è bene sempre tenere a mente che i confini nazionali sono solo un costrutto sociale per giustificare l'estrazione di tasse, energia e tempo dai contribuenti. Esistono fazioni elitarie sovranazionali che, funzionando come una cupola mafiosa, stringono accordi e tradiscono.

È un mondo fatto di specchi e non è opportuno scambiare i riflessi per la realtà.


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