venerdì 8 marzo 2024

No, la “scienza” non ha dimostrato che Mises aveva torto sul socialismo

 

 

di Benjamin Williams

In risposta alle numerose carenze dell'Unione Sovietica, della Cina di Mao Zedong e del Venezuela, il ritornello “Non era vero socialismo” è emerso come un grido di battaglia tra gli apologeti dello stesso. Alcuni ammettono i fallimenti di questi regimi e li attribuiscono al capitalismo piuttosto che al socialismo. Alcuni si rifiutano di riconoscere il fallimento in qualunque modo; vedono questi esperimenti come autentici esempi di “socialismo reale” e li percepiscono come inequivocabili successi.

Com'è possibile? Non abbiamo montagne di prove che questi regimi sono risultati in fallimenti catastrofici? Ovviamente sì, ma questi socialisti affermano altresì di avere montagne di prove a loro favore – almeno sufficienti per cogliere il capitalista alla sprovvista. Alla maggior parte degli americani è stato insegnato per tutta la vita che l’URSS era l’inferno in Terra, ma come potrebbero reagire quando vengono fornite loro fonti che mostrano dati della CIA in cui si diceva che i cittadini sovietici vivevano una vita migliore degli americani o che l’Unione Sovietica aveva risolto il problema dei senzatetto? Queste affermazioni sono ovviamente false, ma gli scettici in generale le trovano allettanti.

La cosa più scioccante di tutte è che i socialisti affermano di avere la prova definitiva che il socialismo è migliore del capitalismo. Citano uno studio del 1986 che paragonava i Paesi “socialisti” a quelli “capitalisti”, utilizzando l’indice della qualità fisica della vita il quale includeva fattori come il tasso di mortalità infantile, l’aspettativa di vita, l’apporto calorico giornaliero, i medici pro capite e l’alfabetizzazione degli adulti di una determinata nazione. Lo studio concludeva che “i dati indicano che i Paesi socialisti generalmente hanno raggiunto migliori risultati in termini di qualità fisica della vita rispetto ai Paesi capitalisti a livelli equivalenti di sviluppo economico”.


Cattiva scienza?

Quello studio esaminava oltre un centinaio di Paesi e li divideva in vari gruppi in base al loro sistema economico. L’unica variabile di controllo aggiuntiva era lo sviluppo economico, che veniva misurato utilizzando il prodotto nazionale lordo pro capite. I sistemi economici erano suddivisi in pianificati centralmente (socialisti) e di mercato (capitalisti) utilizzando le classificazioni delle Nazioni Unite. I risultati sembravano contraddire il fatto che, in un’economia pianificata centralmente, il calcolo economico è tecnicamente impossibile.

Secondo Hans-Hermann Hoppe, il socialismo “deve essere concettualizzato come un’interferenza istituzionalizzata o un’aggressione contro la proprietà privata e le rivendicazioni sudi essa”. Un’economia socialista abolisce l’istituzione stessa della proprietà privata. Ludwig von Mises dimostrò che con l’abolizione della proprietà privata (e, per estensione, dello scambio di beni capitali), i segnali di prezzo non possono più indicare ai produttori dove le risorse debbano essere allocate in modo più efficiente e razionale. Quando produrre un bene costa cinquanta dollari, ma può essere venduto solo per cinque, è chiaro che il prodotto finale ha meno valore per i consumatori rispetto ai fattori produttivi stessi. Senza tali segnali, i pianificatori centrali vanno alla cieca.

Se le economie socialiste sono epistemologicamente incapaci di produrre risultati migliori, perché i dati mostravano il contrario? I Paesi capitalisti avevano risultati migliori di quelli socialisti, tuttavia poiché questi erano “ad alto reddito” non contavano. Il modo in cui i Paesi venivano confrontati utilizzando lo “sviluppo economico” garantiva che Giappone, Finlandia, Canada, Stati Uniti, Danimarca, Norvegia, Svezia e Svizzera non venivano paragonati a Paesi come URSS, Cuba e Cina. Questo era un caso di bias di selezione intenzionale.

Un sistema economico non è l’unico fattore del successo di una nazione. Altri come la geografia, la religione e la guerra possono influenzare la crescita economica e il benessere fisico. In quello studio quasi tutti i Paesi della categoria capitalista si trovavano in Africa, mentre quasi nessuno dei Paesi socialisti proveniva dal continente. L’Africa non solo aveva una delle aree geografiche meno ospitali, ma il periodo dello studio era pieno di guerre e conflitti.

Lo studio non teneva conto delle innumerevoli variabili che incidevano sulla qualità della vita in quei Paesi. Gli autori non ci provarono nemmeno e ciò rende il loro esercizio un cattivo uso della scienza.


Dati errati?

Per amor di discussione potremmo supporre che tutti questi confronti fossero equi e che non abbiamo bisogno di controllare più variabili. Anche così riscontreremmo numerosi problemi.

Gli autori dello studio affermarono d'aver preso i dati dalla Banca Mondiale, ma la maggior parte di essi riguardo i Paesi socialisti provenivano dai rispettivi governi. A essere onesti, gli autori non ebbero accesso immediato alle informazioni di cui invece disponiamo oggi, ma i loro pappagalli moderni non hanno scuse a tal proposito. Nel 1989 due economisti di origine sovietica, Vladimir Popov e Nikolai Shmelev, pubblicarono un libro che rivelava l’assoluto disordine dell’economia sovietica. In The Turning Point scrissero che le statistiche ufficiali erano distorte attraverso la “completa falsificazione dei dati” e che quelle statistiche richiedevano “un’importante revisione”.

Gli storici S. G. Wheatcroft, Mark Harrison e R. W. Davies sostenevano nel 1994 che quelle distorsioni avvenivano perché c’erano “forti incentivi per i partecipanti al sistema ad ogni livello ad esagerare i risultati riportati”. Questa era solo una delle tante conseguenze delle quote introdotte dalla pianificazione centrale. Anche se non tutti sapevano queste cose durante la Guerra Fredda, oggi sono di dominio pubblico.

La falsificazione dei dati non si è fermata all'Unione Sovietica. Oggi i regimi socialisti come Cuba pubblicano continuamente statistiche inaffidabili che fanno sembrare i loro cittadini molto più ricchi degli altri. Gli apologeti affermano che Cuba ha un’aspettativa di vita migliore rispetto a quella degli Stati Uniti, ma questo punto è stato smentito più e più volte. L’economista Roberto Gonzalez ha trovato prove che i medici cubani riclassificano le morti precoci neonatali (infantili) come morti fetali tardive in modo da rispettare le quote. Ciò fa apparire il tasso di mortalità infantile molto più basso di quello che è in realtà, pertanto le statistiche socialiste sono inaffidabili.


Non era vero capitalismo!

Anche se accettiamo la presunzione dei socialisti secondo cui tutti i dati sono perfettamente affidabili, i problemi con lo studio del 1986 non si fermano qui. Come stabilito in precedenza, gli autori dello studio usarono le classificazioni delle Nazioni Unite per separare i Paesi socialisti da quelli capitalisti. Il problema? Le Nazioni Unite sbagliarono terribilmente le cose e gli autori lo sapevano. L'ONU non riuscì a classificare né Cuba né la Jugoslavia come economie pianificate, eppure nello studio entrambe furono etichettate come “socialiste”. Gli autori corressero l'errore dell'ONU, ma solo parzialmente. Cuba e la Jugoslavia non erano gli unici Paesi etichettati erroneamente: almeno diciannove economie pianificate furono etichettate come “economie di mercato” dalle Nazioni Unite.

La Siria fu etichettata come un’economia di mercato o capitalista sia dalle Nazioni Unite che dagli autori dello studio del 1986. Il Partito Arabo Socialista Ba'ath della Siria divenne il partito al potere nel 1963 e nell'ottobre di quell'anno il congresso siriano adottò proposte con termini come “lotta di classe” e “socialismo scientifico”. Nel 1986 il governo dominava l’economia, rappresentando i tre quinti del prodotto interno lordo. È giusto etichettare un Paese come un fallimento capitalista quando il settore privato rappresentava meno della metà dell’economia?

Un altro Paese che lo studio aveva orgogliosamente etichettato come “capitalista” era la Birmania. Dal 1962 al 1988 fu sottoposta a un piano chiamato la Via Birmana al Socialismo. Nel febbraio 1963 fu decretata la legge sulla nazionalizzazione delle imprese e tutte le principali industrie furono nazionalizzate, compreso il petrolio, le banche, i giornali e altro ancora. Oltre quindicimila aziende private furono nazionalizzate e la Birmania divenne un’economia pianificata di tipo sovietico.

Questi due esempi mostrano che le classificazioni economiche utilizzate nello studio erano quasi del tutto insensate. I Paesi etichettati erroneamente erano tra i Paesi con i risultati più scarsi nello studio, quindi tali errori hanno distorto in modo significativo i risultati finali.


La controprova

A partire dagli anni '80 è giusto dire che l'analisi empirica è migliorata in modo significativo. Studi più recenti e rigorosi tendono a trovare risultati molto diversi rispetto a quelli ottenuti dai due marxisti nel 1986. Uno studio del 2018 ha esaminato quarantaquattro Paesi eurasiatici per variabili come religione, geografia, ascendenza culturale e comunismo per vedere il loro impatto sull’indice dello sviluppo umano, salute, reddito e istruzione. La variabile “comunismo” è equivalente alla classificazione del “socialismo” nello studio del 1986. Gli autori hanno scoperto che il comunismo “predice in modo significativamente negativo gli indici di sviluppo umano, reddito e salute”. Questi risultati di uno studio più rigoroso dipingono una storia molto diversa rispetto a quella del documento del 1986.

Nel 2013 un articolo degli economisti Joshua Hall e Robert Lawson ha esaminato oltre quattrocento articoli accademici che utilizzavano l’indice Fraser Economic Freedom of The World e ne esaminavano gli effetti su varie misure della qualità della vita. Cos’è l’indice della libertà economica mondiale? Secondo gli autori in esso “i punteggi più alti vengono assegnati alle nazioni con proprietà più sicure, commercio più libero, moneta e prezzi più stabili, meno spesa pubblica e meno regolamenti”.

Gli economisti hanno scoperto che “oltre i due terzi” degli studi riscontravano che la libertà economica corrisponde a buoni risultati come “una crescita più rapida, migliori standard di vita, più felicità, ecc.” Meno del 4% di essi riteneva che la libertà economica fosse associata a risultati negativi, come l’aumento della disuguaglianza di reddito. L’evidenza empirica suggerisce in modo schiacciante che il capitalismo fornisce una qualità della vita sostanzialmente migliore senza “quasi nessun compromesso negativo”.


Conclusione

Lo studio di Shirley Cereseto e Howard Waitzkin del 1986 non riesce a dimostrare che un sistema economico socialista sia superiore a uno capitalista in termini di qualità fisica della vita. I dati sono pieni di difetti e non si avvicinano a confutare la tesi di Mises secondo cui il calcolo economico in un ambiente socialista è impossibile. Inoltre una rigorosa ricerca scientifica e un'analisi storica verificano empiricamente le conclusioni teoriche di Mises.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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