venerdì 1 marzo 2024

“Credere obbedire combattere”, il precetto del nuovo mercato obbligazionario europeo

 

 

di Francesco Simoncelli

La cosa straordinaria è che nessuno pensa che ciò che sta accadendo sia davvero straordinario, ovverosia fuori dall'ordinario: cose che una volta consideravamo criminali, ora sono rispettabili e, soprattutto, perseguibili come buona pratica. I peccati sono ora considerati virtù; la stupidità, l’incompetenza e la corruzione sono ormai prerequisiti per ricoprire una carica pubblica. Gli acquisti di titoli sovrani in Europa, in particolare in Italia, fanno segnare cifre sostenute, come se gli investitori non se ne preoccupassero. I bilanci statali non vengono più presi in considerazione, né inseriti in un calcolo ossequioso profitti/perdite; non viene fatto alcun tentativo per allineare i deflussi alle entrate. Invece, in una forma d'improvvisazione della tenuta dei conti, la spesa pubblica italiana corre senza freni, senza alcuna discussione seria a riguardo o dissenso. Il governo italiano è come un'auto piena di ubriachi che sfreccia lungo l'autostrada mentre discutono su cosa ascoltare alla radio.

Ancora più straordinario, le persone continuano a prestare denaro al governo italiano, in una sorta di delirio mistico che aspetta con irrequietezza un taglio dei tassi della BCE. E che ci crediate o no, c'è stato un tempo in cui la gente pensava che l'omicidio di massa e la distruzione di massa fossero al di sotto del disprezzo. Sebbene l’ONU li abbia solennemente messi fuori legge entrambi, oggi sono caratteristiche rispettabili della politica estera. Dopo aver vissuto il 2023, mi chiedo: come può il 2024 superare questi traguardi? Quale cosa sciocca, maligna e spaventosa accadrà quest’anno? Piuttosto che fingere di poter conoscere il futuro, diamo un’occhiata a che tipo di sorprese potrebbe valer la pena di prepararsi.

In primo luogo, un capitombolo del sistema bancario europeo. Questo è un fattore che va analizzato più a fondo, dato che si tratta dello sviluppo su cui ruota tutta la propaganda di guerra europea e gli sforzi fiscali messi in campo per dare respiro alla BCE affinché non sia la prima a distaccarsi dal vagone “rialzo dei tassi” avviato dalla FED. Perché se dovesse essere la prima a farlo, allora è game over per l'UE e i suoi sogni di pianificazione centralizzata. Come ripetuto spesso su queste pagine, il vero malato economico nel mondo finanziario è il sistema bancario commerciale europeo. Inutile dire che gli stress test non sono affidabili come strumento di diagnosi di un malessere nel sistema bancario commerciale. Di conseguenza per tenerlo in piedi sono necessarie costanti iniezioni di liquidità affinché si abbia la percezione che esso sia ben puntellato in caso di shock "esogeno". La cancrena che sobbolle sotto la superficie è stata alimentata da anni di tassi d'interesse negativi, i quali hanno creato una pletora di titoli tossici (una volta che sono stati rialzati i tassi di riferimento) che tengono sommersi i bilanci delle varie banche europee. Nessuno è spaventato dalle banche americane, ma tutti sono spaventati dalle banche europee e dalla loro condizione di mina vagante. Data l'interconnessione moderna del sistema finanziario, un crollo che avviene in un angolo remoto del mondo da parte di un player di cui nessuno aveva avuto notizia fino a quel momento può far vacillare un'istituzione di rilievo dall'altro capo del mondo. A tal proposito rileggere la storia di LTCM è propedeutico.

E come se non bastasse, ciò s'inserisce in un quadro geopolitico che vede scontrarsi Stati Uniti ed Europa.

La paura di contagi sistemici è quella che sta guidando personaggi di spicco, come Bezos ad esempio, a scaricare le azioni delle proprie società e incamerare liquidità. Per quanto siano le banche europee l'anello debole all'interno del sistema finanziario mondiale, questa gente non vuole finire nel fuoco incrociato. Infatti per quanto la stampa generalista abbia enfatizzato il fallimento di alcune banche americane l'anno scorso, esse si trovavano tutte nel distretto di competenza della FED di San Francisco. Nessuna banca è fallita nel distretto di competenza della FED di New York. Al contrario il deterioramento dei bilanci bancari europei non ha confini demarcati e passa per Francia, Germania, Italia, ecc. Stando così le cose è necessaria una giustificazione credibile affinché il denaro continui a scorrere ora che Powell ha chiuso i rubinetti del mercato dell'eurodollaro: la guerra in Ucraina, o per meglio dire, un riciclaggio attraverso di essa. Tutta la fanfara dei media generalisti di questi giorni riguardo la morte di Navalny è stata solo una sporca strumentalizzazione dell'evento affinché si creasse la giustificazione morale e si accettasse/accelerasse l'emissione di titoli pari a €100 miliardi per “aiutare” l'Ucraina.

Bisogna mantenere l’Ucraina in vita per giustificare la spesa di altri €100 miliardi da riciclare nelle banche francesi e tedesche sull'orlo del fallimento, sedute su ingenti perdite derivanti da tutto il debito acquistato durante il periodo della NIRP.

Facciamo un passo indietro e spieghiamo meglio questa faccenda e perché l'élite europea ci tiene tanto. La leadership dell’UE, la quale abbraccia fortemente l'agenda della cricca di Davos, ha lavorato per conferire alla Commissione europea il potere d'imporre tasse potere attraverso l’emissione di obbligazioni e un meccanismo fiscale centralizzato. L'impianto di questa architettura è stato testato dopo il COVID con le obbligazioni SURE. E badate bene, non esiste scoperta dei prezzi in questo tipo di mercato, dal momento che sono un enorme strumento politico: danno alla Commissione Europea la possibilità d'imporre tasse per pagare la cedola dello 0,1% su di essi. Nonostante tutta la grancassa con cui sono stati presentati alla platea degli investitori questi ultimi sono ancora seduti su perdite del 40% su tali titoli. Se il primo giro viene venduto con uno sconto del 40-50%, quale cedola si dovrà offrire per convincere qualcuno ad acquistare il giro successivo? E questo è uno dei motivi per cui c’è tanta urgenza affinché le banche centrali, la BCE più di tutte, abbassi i tassi.

Fonte

L’UE non può permettersi di raccogliere il capitale di cui ha bisogno per completare i suoi piani d'integrazione fiscale con una BCE costretta al 4,5% per tenere il passo della FED. C'è disperata necessità che questi tassi tornino vicini allo zero per finanziare i grandi sogni di un futuro totalitario senza idrocarburi. La linea di politica di tassi “più alti più a lungo” di Powell sta mettendo sotto pressione non solo il sistema bancario europeo, ma anche i suoi obiettivi politici. Niente di tutto questo è lontanamente sostenibile ai tassi attuali e per chiunque pensi che gli Stati Uniti siano più vulnerabili rispetto all’UE, vi invito a prendere in considerazione l'inabissarsi dell'euro nel commercio internazionale. Si parla tanto di de-dollarizzazione, infatti, ma nei numeri reali c'è una de-euroizzazione.

Questi titoli di guerra sono supportati dai soliti sospetti della militarizzazione dell’UE: il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. E, date le premesse, spenderanno tutto il capitale politico necessario per imporre questa architettura ai cittadini europei. Inoltre ora dovrebbe essere chiaro che questo è il motivo per cui ce l'hanno a morte con Viktor Orban per aver bloccato il pacchetto di aiuti da €50 miliardi all’Ucraina.

Questo è solo l’inizio dei piani dell'élite europea/cricca di Davos per trasferire la sovranità dalle mani degli stati membri a Bruxelles, ma per vendere tutto questo agli investitori devono dimostrare al mondo di avere sotto controllo tutte le voci ribelli. Il debito sovrano è garantito attraverso la tassazione e la capacità produttiva della popolazione; l’UE non ha nessuna delle due. E questo, a sua volta, ci porta alla seconda sorpresa a cui eventualmente prepararsi: l'implementazione effettiva dell'euro digitale. Le voci di una CBDC europea, infatti, si stanno facendo sempre più insistenti. Questa accelerazione è proporzionale al tempo che si esaurisce nella clessidra della cricca di Davos per trovare una fonte alternativa all'eurodollaro con cui finanziarsi. Senza contare che rappresenta un modo per sottrarre quote di mercato a Visa e Mastercard; non dimenticate la guerra in atto tra USA ed Europa (a ciò bisogna aggiungere anche la mela avvelenata delle aziende europee che delocalizzano negli Stati Uniti, le quali si portano dietro il coacervo di burocrazia emanato dall'UE). E dati i pericoli insiti nell'euro digitale, ci sarà una particolare rapacità nei confronti dei risparmi degli individui, dei loro investimenti, delle loro energie e, soprattutto, del loro tempo. Quest'ultimo è la variabile che la cicca di Davos vuole disperatamente. Ora che Powell ha chiuso i rubinetti dei dollari fantasma, tutti quei progetti distopici che avevano in mente stanno andando in frantumi. Ecco perché quest'anno volevano “ricostruire ponti”. JP Morgan, e Dimon in particolare, ha mostrato loro un bel dito medio. A casa loro. Gli USA andranno avanti per la loro strada, cercando di ricostruire i mercati dei capitali interni e isolandosi ancor di più dal resto del mondo dal punto di vista energetico/economico (es. accorciando le supply chain). Il problema è che la cricca di Davos, insieme a tutti quelli che si abbeveravano dalla fonte degli eurodollari, preferiscono veder bruciare il mondo piuttosto che darsi per vinti. E questo è qualcosa che tutti sanno nel mondo della megapolitica. Ecco perché il mondo si sta pericolosamente riarmando.

Il segretario generale della Nato Stoltenberg: “Il confronto con la Russia potrebbe durare decenni, accelerare produzione di armi”

China’s Shipyards Are Ready for a Protracted War. America’s Aren’t.

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L'Iran lancia missile balistico a lungo raggio da una nave

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Ciò rappresenta la terza sorpresa da prendere in considerazione: una guerra più grande e più pericolosa. Finora la guerra reale è rimasta circoscritta nell'ambito finanziario, con qualche esplosione di guerra cinetica a macchia di leopardo. Speriamo che rimanga tale e che il riarmo sia solo una politica di rischio calcolato. Ma, soprattutto, speriamo che la cricca di Davos esaurisca tempo e denaro prima di una guerra cinetica su larga scala. Tale esito potrebbe realizzarsi se si verificasse la quarta sorpresa: tassi d'interesse ancora più alti. Oltre ai deficit attuali i vari governi del mondo hanno debiti che ora devono essere rifinanziati a tassi d'interesse molto più alti. I grandi acquirenti istituzionali di obbligazioni vorranno protezione dalle evidenti crisi future. Default, inflazione, o semplicemente tassi più alti sono tutti buoni motivi per richiedere rendimenti più elevati. Gli Stati Uniti si sono preparati a questa eventualità e non a caso Powell è stato il primo a rialzare i tassi di riferimento della FED nel 2022 quando è stato ufficializzato, qualche mese prima, il SOFR ovvero l'indicizzazione dei debiti statunitensi non più tramite uno strumento internazionale (LIBOR) bensì nazionale. In questo modo sono stati colti due piccioni con una fava: far vedere che il vero malato del mondo è l'UE, e non gli USA, forzare la mano del Congresso a mettere ordine nel lato fiscale dell'equazione.

La quinta sorpresa: la recessione. I media generalisti dicono agli investitori che non ci sarà né un hard landing, né un soft landing; anzi non ci sarà alcun atterraggio e i prezzi degli asset finanziari rimarranno alti... presumibilmente per sempre. Ma la combinazione di tassi d'interesse più alti, fallimenti aziendali e consumatori a corto di soldi porterà infine a quella recessione che si sta negando. Quando scrivo “porterà” intendo sui titoli dei giornali e nei notiziari, dato che in crisi/recessione ci siamo già nei fatti... i numeri invece, beh, quelli possono essere aggiustati.

I rischi principali, cari lettori, sia nel mercato azionario, nel mercato obbligazionario, nell’economia o nella geopolitica, hanno tutti come risultato guai più grossi all'orizzonte. Ognuno di essi, da solo o insieme, provocherebbe una crisi di tale portata, se ufficializzata, da ridurre le entrate fiscali a fronte di una spesa pubblica crescente. I deficit pubblici dovrebbero, quindi, essere gonfiati ulteriormente, i tassi d'interesse salirebbero, le aziende, sopravvissute fino a quel momento con le unghie e i denti, fallirebbero, le azioni crollerebbero e il clamore – probabilmente panico, di tagliare i tassi d'interesse e tornare ad acquistare debito pubblico con denaro fasullo – sarebbe irresistibile. Attenzione, come sempre, a un particolare: chi brama di tagliare i tassi è la BCE, non la FED. Gli USA, come ripeto spesso, si trovano in vantaggio in quella famosa gara al ribasso, anche nota come race to the bottom, rispetto all'Europa, la quale invece guida la carovana verso l'abisso.

“Inflate or Die”, il ritornello rimane lo stesso. Nei prossimi mesi vedremo più note basse che alte, più “Die” che “Inflate”, ma quello sarà solo un preludio. Potremmo definirlo una sorta di riscaldamento, mentre l'orchestra accorda gli strumenti, prende il ritmo per intonare una sinfonia e inizia a suonare un motivo che ricalca le note dell'Argentina pre-Milei.


LA SINFONIA DELLA DISTRUZIONE

Sui mercati il 2023 ci ha ricordato che ci sono sempre sorprese. Chi avrebbe mai pensato che le azioni avrebbero dato vita a uno dei più grandi mercati rialzisti di sempre mentre allo stesso tempo i tassi d'interesse stavano salendo al ritmo più veloce della storia economica? E chi avrebbe potuto prevedere un aumento così forte del “costo del denaro” senza una recessione (ufficiale)? In realtà la risposta per tutti può essere solo una: la liquidità.

Queste erano “sorprese”, ma nessuna di esse cambia il quadro di riferimento: guardare oltre i movimenti del mercato e i titoli politici. Ciò che voglio descrivere sono le tendenze di base a lungo termine che determinano il corso della storia: la “megapolitica”.

Nei mercati la tendenza primaria è cambiata. È vero, i prezzi delle azioni sono vicini ai massimi storici, ma non se aggiustati all’inflazione e sebbene accadano molte cose sorprendenti, il cosiddetto Trend Primario riflette un movimento più importante. Dai tori agli orsi, dall’avidità alla paura, dall’ottimismo alla disperazione: l’epoca delle bolle seriali è finita. Certo, ci saranno ancora delle bolle ma non saranno tenute gonfie dal ciclo del credito o dalla FED. Ci sono schemi per tutto. Quando ascoltate un brano musicale, ad esempio, potete anticipare dove andrà a finire anche se non l’avete mai sentito prima. Le storie hanno un inizio e una fine, eroi e cattivi, fallimenti e successi. Esistono due modelli fondamentali per gli esseri umani – maschio e femmina – e ognuno di essi segue la stessa sequenza di base: dalla nascita alla morte, dalle ceneri alle ceneri. Non ci sono eccezioni. Anche i tassi d'interesse seguono schemi e i rendimenti hanno toccato il minimo storico nel luglio 2020. Da allora i rendimenti (e i tassi d'interesse) sono saliti, anche se non così in alto come probabilmente dovrà accadere alla fine.

Mettendo tutto ciò in prospettiva, il ciclo dei tassi d'interesse – dal massimo al minimo e viceversa – ha iniziato il suo ultimo viaggio di andata e ritorno all’incirca negli anni '50: ci sono voluti tassi più alti per i primi 30 anni e giù per i successivi 40. Perché ci sia voluto così tanto tempo, è opinabile; tutto quello che si sa per certo è che i tassi d'interesse gettano una lunga ombra e voi non volete rimanere bloccati all'interno di tale ombra. Potreste pensare che questo ciclo di rialzo dei tassi finirà presto, poiché la BCE inizierà a tagliarli entro la fine dell’anno. Ma nel profondo, al di là delle voci e dei titoli dei giornali, qualcosa è cambiato. La BCE potrebbe tagliare i tassi, ma il proverbiale genio dell’inflazione è ormai fuori dalla lampada. L’aumento dell’offerta di denaro porta a prezzi al consumo più alti e ora tutti lo sanno. Pertanto è improbabile che i tassi reali, aggiustati all’inflazione, vedano di nuovo qualcosa di simile ai minimi del 2020-2021 nel corso della nostra vita.

E questo aspetto dovrebbe far riflettere non poco coloro che continuano a essere fuorviati dalla propaganda italiana riguardo “l'investimento” in titoli di stato. Diversamente dagli investimenti in azioni od obbligazioni legati ad attività nel settore privato, che puntano a sviluppare/migliorare la capacità produttiva della relativa industria e quindi (indirettamente) ne beneficia anche il resto della popolazione, “investire” in titoli sovrani significa sviluppare/migliorare la rapacità del fisco. Infatti un'azienda che emette titoli punta a migliorare il flusso di cassa aggiungendo valore; i titoli sovrani, invece, puntano a migliorare il flusso di cassa togliendo valore... anche a chi ha investito in essi. Questa è una distinzione che fa fatica a farsi strada nell'immaginario collettivo, sottoponendo tutti indistintamente a una partita di giro ridicola col solo scopo di far sopravvivere e giustificare lo spreco sistematico rappresentato dalla spesa pubblica. Questo piccolo, ma importante, elemento di consapevolezza serve a mettere meglio in prospettiva questa breve digressione che farò sul cosiddetto Btp Valore. Già è iniziata la pubblicità a favore della prossima emissione, ma ci sono dei punti che val la pena di considerare per smascherare la propaganda al soldo di questo strumento tutt'altro che conveniente. Come prima cosa salta all'occhio la volontà di incanalare questi titoli nelle tasche dei cosiddetti “piccoli risparmiatori”, in modo da toglierli dalle mani degli “speculatori esteri” Detto in parole povere, questa affermazione serve a due cose: dare una parvenza di stabilità al mercato obbligazionario italiano, soprattutto ora che la BCE ha un equity negativo ed è legata mani e piedi nei confronti di un taglio dei tassi, e arginare l'azione dei bond vigilantes.

La presenza di quest'ultimi è un bene, non un male, perché impedisce a chi emette i titoli di adagiarsi sugli allora e riduce la possibilità che il capitale consegnato nelle sue mani venga sprecato. Gli italiani sono pessimi vigilanti da questo punto di vista, basta ad esempio guardare lo stato in cui languono le infrastrutture del Paese per capire che gli investimenti in tali titoli non verranno usati per potenziare/migliorare/sviluppare il territorio, ma dirottati altrove e quindi sperperati. Poi emerge una fede quasi dogmatica nel fatto che la BCE abbia raggiunto il picco per quanto riguarda il rialzo dei tassi e quindi questi strumenti andranno a rappresentare un ottimo mezzo per migliorare anche il rendimento del capitale iniziale. Peccato che chi osserva i mercati inverta causa ed effetto, dato che le banche centrali seguono le banche commerciali e non viceversa. E queste ultime ci suggeriscono, dalle loro azioni, che il rialzo dei tassi non è affatto finito. Soprattutto perché non hanno fiducia nella capacità industriale del Paese.

E questo ci porta a inserire nell'analisi anche la produzione industriale dell'Italia, la quale è stata a dir poco deprimente l'anno scorso e non ci sono margini di miglioramento all'orizzonte (se si considera anche il caos nel Canale di Suez che non ha prospettive di risoluzione affatto brevi). Se poi si aggiungono anche il flop dei veicoli elettrici (il cui incentivo alla produzione è puramente artificiale), la burocrazia dilagante dell'UE e la mancanza di creazione di valore aggiunto all'interno dell'UE in termini di tecnologia digitale, ci sono tutti gli elementi affinché si guardino questi strumenti finanziari per quello che in realtà sono: un gigantesco buco nell'acqua e un dolore economico per tutti.

Un altro sviluppo “megapolitico” a cui stiamo assistendo è il declino dell’impero occidentale. Non importa cosa pensate o cosa volete, anche gli imperi hanno cicli di vita. E quello occidentale pare abbia iniziato la fase di declino intorno al 1999; da allora le sue guerre sono state dei disastri, la crescita del suo PIL è stata quasi dimezzata, la sua linea di politica estera un disastro e il suo debito è cresciuto a dismisura. Probabilmente la parte più notevole di questo elenco di fallimenti è quella meno sottolineata: il debito. Chi avrebbe mai immaginato che l'Occidente – la zona più ricca e potente del mondo – non potesse permettersi di pagare i propri conti e dovesse gravare le generazioni future con migliaia di miliardi di debiti? Il declino di un impero può essere gestito con garbo, o vergognosamente; o l’impero si tira indietro di propria volontà, oppure viene smantellato; o esegue una ritirata ordinata, oppure subisce una disfatta disastrosa.

Il modo più intelligente per gestire la situazione è tagliare drasticamente le spese, pareggiare il bilancio, contingentare il sistema bancario centrale e non farsi coinvolgere in guerre costose e impossibili da vincere. Insomma, adottare la cosiddetta cura Milei. Gli imperi, tuttavia, sono come i tossicodipendenti. Sì, anche questo fa parte degli schemi sopraccitati. Sono corrotti, incompetenti e alla disperata ricerca della prossima soluzione facile.


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