lunedì 18 marzo 2024

Washington è la capitale della guerra

 

 

di David Stockman

Immaginate se Washington scoprisse che la Russia, o la Cina, avesse piazzato 12 stazioni di spionaggio al confine con il Texas. I politici, già con la bava alla bocca riguardo alle presunte orde di nigeriani, albanesi, cinesi e agenti comunisti di Cuba che già fanno irruzione attraverso i confini dell'America, si straccerebbero le vesti o addirittura soffrirebbero di arresti cardiaci seriali.

E questo per non parlare dell’innesco di una potenziale resa dei conti nucleare, come quella quando Krusciov fece marcia indietro davanti all’insistenza del presidente Kennedy nell’ottobre 1962 affinché i missili sovietici fossero rimossi da Cuba. In quell’occasione l’umanità sfuggì per un pelo all’incenerimento, ma da quel momento in poi almeno fu stabilita una regola d'ingaggio per l’era nucleare.

Vale a dire, non si mettono armi e forze minacciose davanti alla porta del proprio rivale nucleare; è vietato dalle esigenze della sopravvivenza umana e dal buon senso.

Ecco perché è accaduta anche la parte spesso dimenticata della crisi missilistica cubana: JFK accettò di rimuovere 15 missili Jupiter dotati di testate nucleari dalla Turchia in cambio dello smantellamento dei missili sovietici a Cuba, anche se questa parte dell’accordo non fu mai riconosciuta pubblicamente da Washington.

Inoltre poiché a quei tempi c’erano tutte le ragioni per prendere sul serio la minaccia sovietica, non ci fu molta ingerenza da parte di Washington in Cecoslovacchia durante quella che si rivelò essere la rivolta di primavera del 1968. Anche se i sovietici avevano invaso Praga con 500.000 soldati e massacrato brutalmente centinaia di manifestanti, LBJ aveva pianificato un vertice con il leader sovietico Breznev – finché non lo annullò all’ultimo minuto per motivi puramente politici.

Anche quando il Movimento di Solidarnosc in Polonia guadagnò slancio un decennio più tardi, la CIA e le altre estensioni della macchina da guerra occidentale tennero le pistole nella fondina. La maggior parte degli aiuti al movimento di liberazione polacco provenivano dal Papa e dall’AFL-CIO.

Pertanto le regole dell’ingaggio nucleare furono rispettate, nonostante la terribile tirannia dell’Impero sovietico. Negli anni ’80 l’Occidente aveva vinto la Guerra fredda senza sparare direttamente un colpo in direzione di Mosca, o dei suoi vassalli nell’Europa orientale. Questo perché l’impero sovietico stava marcendo dall’interno a causa dei difetti intrinseci del socialismo.

A sua volta la fine dell’Unione Sovietica fornì il contesto per una radicale contrazione dello Stato di Guerra negli Stati Uniti e dei suoi tentacoli globali d'intervento, sovversione, invasione e occupazione. Nel 1991, quando l’Unione Sovietica finì nella pattumiera della storia, non esisteva più alcuna seria minaccia alla sicurezza interna dell’America in nessuna parte dell’intero pianeta.

L’agenda della presunta “Nazione Eccezione” avrebbe dovuto essere la leadership in una campagna mondiale per l’abolizione delle armi nucleari e il disarmo generale; la liquidazione delle istituzioni della Guerra fredda come la NATO, la SEATO, il Patto di Varsavia, ecc.; il definanziamento dell’intero apparato di propaganda e sovversione della Guerra fredda rappresentato da Radio Free Europe, dalle capacità di azioni segrete della CIA e dalle operazioni interventiste del Dipartimento di Stato e dell’Agenzia per lo sviluppo internazionale, tra gli altri.

In poche parole, le condizioni oggettive dei primi anni ’90 rappresentavano un’opportunità storica per Washington di diventare la capitale della pace del pianeta, ma ciò non accadde perché durante l’amministrazione Reagan una cricca crescente di guerrafondai neoconservatori aveva preso il controllo della politica sulla sicurezza nazionale, fornendo così la logica e la copertura politica al complesso militare-industriale affinché continuasse a incamerare enormi quantità di risorse fiscali.

Alla fine degli anni ’80 avevano già raggiunto un aumento massiccio e del tutto inutile della spesa per la difesa. L’ultimo budget di Carter era stato di circa $134 miliardi, ma nel 1990 le amministrazioni Reagan/Bush avevano spinto la spesa per la difesa oltre i $300 miliardi. Peggio ancora, durante questa enorme esplosione venne finanziata una vasta espansione della capacità di guerra convenzionale: le risorse navali, aeree e terrestri necessarie per intraprendere guerre d'intervento e occupazione in tutto il mondo – iniziative che non erano prudenti o pratiche durante la Guerra fredda e capacità che erano, in ogni caso, irrilevanti per la minaccia nucleare sovietica.

Inoltre a sostegno di questa rinnovata capacità d'intervento militare convenzionale si erano verificati grandi aumenti delle capacità di operazioni segrete della CIA sotto la guida di William Casey, così come l’espansione degli strumenti di guerra ideologica presso il nuovo National Endowment for Democracy e aumenti simili nei finanziamenti per le armi di radiodiffusione e di propaganda di Washington.

Nel complesso il bilancio per la sicurezza nazionale – comprese le operazioni internazionali e le spese dei veterani – era pari a $600 miliardi ($ 2023) nel 1990 e avrebbe potuto facilmente essere tagliato a $300 miliardi entro la metà degli anni ’90, sotto l’egida di un governo mossa dalla diffusione della pace nel mondo.

Ahimè, non è accaduto niente del genere. Il presidente Bill Clinton e i suoi compari sessantottini tradirono il movimento pacifista della loro generazione quando arrivarono al potere a causa delle gaffe guerrafondaie di George H. W. Bush. Invece di tagliare il bilancio della difesa mantennero i livelli nominali di spesa in dollari e invece di smantellare la NATO alimentarono un’incessante espansione verso le porte della Russia in violazione delle solenni promesse di Washington di non farlo al momento della riunificazione tedesca.

Di conseguenza non vi fu alcun dividendo di pace e, cosa ancora più importante, nessuno smantellamento dello Stato di Guerra sulle rive del Potomac. Con l'ultimo bilancio di Clinton, la maggior parte dell'ex-Patto di Varsavia era già nella NATO o in attesa di adesione, e il bilancio totale per la sicurezza nazionale, comprese le operazioni internazionali e i veterani, ammontava ancora a $602 miliardi.

Da lì, ovviamente, tutto è partito per la tangente. La mal concepita guerra di Washington al terrorismo e gli interventi seriali in Medio Oriente hanno portato il budget per la sicurezza nazionale a $1.090 miliardi entro la fine dell’amministrazione Bush – un livello al quale il premio Nobel per la “pace” era riuscito a sottrarre meno di $100 miliardi alla fine del suo mandato.

Allo stesso modo la promessa elettorale di Trump di porre fine alle Guerre Infinite è stata rapidamente messa da parte, poiché tutte quelle da lui ereditate sono continuate e lo status quo della NATO è cambiato solo perché i vari membri hanno finto di spendere per la difesa una frazione in più del loro PIL. Donald ha fatto sì che il budget per la sicurezza nazionale crescesse vertiginosamente fino a $1.150 miliardi.

Joe Biden non ha trascorso 50 anni a Washington senza che la malattia della guerra infettasse completamente le sue limitate capacità mentali, quindi le Guerre Infinite si sono intensificate e la circonferenza dello Stato di guerra ha acquisito proporzioni ancora più grandi, arrivando a raggiungere $1.300 miliardi nell’anno fiscale 2024.

E questo è il nocciolo della questione: quello che dovrebbe essere al massimo un budget per la sicurezza nazionale compreso tra $400 e $500 miliardi, ora è pari a tre volte tal livello. Ciò non solo sta alimentando aumenti del debito pubblico, ma, cosa ancora più importante, continua a garantire che quella che avrebbe dovuto essere la capitale della pace rimanga la capitale della guerra.

Inutile dire che una sicurezza nazionale da $1.300 miliardi è una cosa pessima, indipendentemente dalla geografia che occupa un particolare Paese. Questo perché incarna intrinsecamente un vasto complesso militare-industriale che dipende letteralmente da una missione di egemonia globale per giustificare quello che altrimenti sarebbe uno spreco assolutamente orribile di risorse fiscali ed economiche.

Detto in modo diverso, solo un egemone globale ha bisogno di un budget per la sicurezza nazionale da $1.300 miliardi. Non c’è altra motivazione che giustifichi plausibilmente un numero anche lontanamente così grande.

La verità è che non esiste potenza sul pianeta Terra in grado di superare i grandi fossati dell’Atlantico e del Pacifico con un’enorme armata terrestre, aerea e marittima e quindi minacciare militarmente la sicurezza interna dell’America. E per quanto riguarda le armi nucleari, mantenere le 3.750 testate nucleari del Paese nello status di dispiegamento o in modalità standby costa circa $65 miliardi all’anno – una cifra che potrebbe essere aumentata a $100 miliardi per aggiornare i sistemi di lancio esistenti.

Oltre a ciò, qualche centinaia di miliardi per difendere le coste e lo spazio aereo americano gestirebbero più che adeguatamente la presunta minaccia della Russia. E lo stesso vale per la Cina, la quale crollerebbe all’istante se il suo mercato dell'export da $3.500 miliardi dovesse essere tagliato fuori da una guerra contro gli Stati Uniti o l’Europa.

In breve, ogni anno nello Stato di guerra affluiscono ben più di $500 miliardi di risorse fiscali in eccesso. Ciò fornisce l’essenza fiscale per l’autoperpetuazione di questo mostruoso complesso e l’incentivo finanziario per una vasta operazione di lobbying da parte di appaltatori militari, consulenti militari, think tank sulla sicurezza nazionale, ONG e una falange infinita di agenzie e uffici dello Stato Profondo – tutti volti a giustificare quello che oggettivamente è un orrendo spreco.

Le recenti rivelazioni secondo cui la CIA ha gestito attivamente basi, programmi di addestramento e operazioni di raccolta di informazioni alle porte della Russia negli ultimi 10 anni, spiega perché Washington è davvero la capitale della guerra.

Il fatto è che la Russia non rappresenta né adesso, né nel 2014, una minaccia militare per la patria americana. Per dirla tutta, il PIL americano da $27.000 miliardi fa impallidire quello da $2.000 miliardi della Russia. Non potrebbe nemmeno lontanamente schierare un’armata invasiva, la quale richiederebbe $50.000 miliardi in PIL o 25 volte di più quello attuale, e non prevarrebbe mai nemmeno in una corsa agli armamenti nucleari.

Allora perché Washington ha deciso di aiutare a rovesciare il governo dell’Ucraina durante il colpo di stato a Maidan nel 2014 e poi lanciare, in completa violazione delle lezioni del 1962, una vasta operazione della CIA al suo confine, come rivelato dal New York Times?

Semplice: un’istituzione che prospera con $500 miliardi in più di finanziamenti inutili conosce sicuramente la propria vulnerabilità e teme il giorno in cui l’elettorato americano avrà la possibilità di risvegliarsi dal suo sonno. Quindi ha bisogno di minacce esagerate, di nemici evocati e di scontri provocati.

Fortunatamente, però, esiste una soluzione: riportare l’Impero a casa e mettere alla Casa Bianca uno statista forte, informato e coraggioso che possa far fallire la capitale mondiale della guerra prima che sia troppo tardi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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