Visto che mi ritrovo a dover commentare diversi “europeisti” a cui piace infilare la testa sotto la sabbia, mettiamo le cose in chiaro: cosa sta cercando di fare l'UE? Manipolare gli eventi attuali, oltre allo spazio politico ed economico, per permetterle di condensare un'integrazione politica, fiscale e militare a livello di continente sotto l'egida di una serie di istituzioni: la Commissione europea, la BCE, la Corte di Giustizia europea, l'euro digitale (con l'aiuto dell'ONU, tra l'altro). In questo modo, con l'unione fiscale soprattutto, verrebbero a crearsi gli “Stati Uniti d'Europa”... ma con la struttura politica dell'URSS. Per questo l'UE vorrebbe muovere il centro finanziario del mondo dagli USA all'Europa. Ma sapete una cosa? Si è trattato di un prestito, si è sempre trattato di un prestito sin dalla Seconda guerra mondiale. È così che la famigerata cricca di Davos, l'élite colonialista europea, ha conquistato i territori: inondare quei Paesi “interessanti” per loro con capitali, farli sviluppare finanziariamente senza una base di capitale costruita solidamente nel tempo, derubarli delle risorse a ogni livello, richiamare i capitali prestati. L'UE avrebbe voluto fare lo stesso sia con gli USA che con la Cina (in Russia non è riuscita a penetrare invece). Entrambe, però, hanno alzato il dito medio. Ora si sta mettendo davvero fine al colonialismo finanziario (versione “aggiornata” di quello territoriale).
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da Zerohedge
(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-i-baby-boomer-francesi-rimanderanno)
La Francia continua a non riuscire a risanare i conti pubblici. Dati recenti dell'Insee suggeriscono che la forte dipendenza dai trasferimenti diretti da parte di alcuni gruppi sociali, in particolare i pensionati, unita al loro crescente peso elettorale, potrebbe rappresentare un ostacolo fondamentale. Questi fattori rendono più difficile per il governo intraprendere significativi aggiustamenti di bilancio senza correre il rischio di instabilità politica.
Sulla base di questi risultati e data la vicinanza alle elezioni locali (1° trimestre 2026) e presidenziali (2° trimestre 2027), continuiamo a ritenere che vi siano buone probabilità che il pacchetto di risanamento di circa €44 miliardi recentemente annunciato sia destinato ai servizi pubblici piuttosto che ai trasferimenti diretti. Non possiamo escludere la possibilità che venga sostanzialmente annacquato.
Forze che ostacolano il consolidamento fiscale
La Francia, dal punto di vista storico, ha faticato a ridurre il proprio deficit fiscale. Una delle ragioni principali è che i tagli alla spesa tendono a colpire i gruppi con maggiore influenza elettorale. Ciò è stato illustrato alla fine del 2024, quando l'allora Primo ministro, Michel Barnier, propose di rinviare l'indicizzazione dei prezzi delle pensioni nel bilancio 2025. L'obiettivo era di risparmiare fino a €4 miliardi, ma il suo governo fu infine fatto cadere da una mozione di sfiducia sostenuta dalla maggioranza dei partiti che dichiaravano di difendere i pensionati.
In un working paper del 1989, gli autori (Alesina e Drazen) osservarono che i gruppi sociali possono posticipare strategicamente un risanamento fiscale necessario. Questi gruppi ritardano le misure nella speranza che i costi associati vengano infine sostenuti da un altro gruppo. In tali contesti gli aggiustamenti fiscali si basano su gruppi sociali meno attivi, o sono innescati da una crisi o da uno shock esterno, come la perdita di fiducia degli investitori.
Un aggiustamento fiscale davvero necessario
Il peggioramento dei conti pubblici e le prospettive di crescita stagnanti hanno reso la riduzione del deficit in Francia sempre più urgente. Il saldo primario necessario per stabilizzare il rapporto debito/PIL tra il 2026 e il 2030 è stimato a -0,7%. Tuttavia i risultati della Francia sono deboli: il saldo primario medio dal 2002 al 2019 ha raggiunto -1,9% e si prevede che raggiungerà in media -2,3% nel periodo 2026-2030.
Nel frattempo la popolazione rimane profondamente divisa su come ridurre la spesa, nonostante la crescente consapevolezza delle rischiose prospettive fiscali del Paese. Il debito pubblico è una delle cinque principali preoccupazioni nei sondaggi d'opinione.
Mappare i gruppi interessati
Per comprendere perché i risanamenti fiscali basati sulla spesa pubblica siano così difficili da realizzare, utilizziamo un recente set di dati fornito dall'Insee per stimare il potenziale costo dell'austerità per diversi gruppi sociali. Questo set di dati offre informazioni sul reddito totale delle famiglie, al lordo e al netto dei trasferimenti pubblici diretti e indiretti.
I trasferimenti diretti includono tutti i trasferimenti monetari come pensioni, indennità di disoccupazione e sussidi. I trasferimenti indiretti rilevano il valore imputato dei servizi pubblici ricevuti, tra cui assistenza sanitaria, istruzione o assistenza abitativa.
Sulla base di questi dati, costruiamo due metriche di esposizione:
- esposizione diretta, definita come il rapporto tra trasferimenti diretti e reddito totale;
- esposizione indiretta, definita analogamente per i trasferimenti indiretti.
Maggiore è l'esposizione di un gruppo, più costosi sarebbero per esso i tagli alla spesa.
Visualizziamo queste relazioni utilizzando un grafico a bolle (si veda il primo grafico), in cui la posizione di ciascun gruppo sociale riflette la sua esposizione e la dimensione di ciascuna bolla corrisponde alla sua quota nella popolazione totale. Questi gruppi sociali non si escludono a vicenda. Il grafico evidenzia quali gruppi dipendono maggiormente dalla redistribuzione pubblica e sono quindi più propensi a resistere o ritardare un aggiustamento fiscale.
Vulnerabilità agli shock esterni
In questo quadro i pensionati emergono come il gruppo sociale che sosterrebbe il costo diretto più elevato derivante da qualsiasi riduzione dei trasferimenti diretti, i quali rappresentano quasi il 60% del loro reddito totale. Seguono i diplomati della scuola secondaria di primo grado, per i quali i trasferimenti diretti, e in particolare le indennità di disoccupazione, rappresentano quasi il 40% del loro reddito.
Entrambi i gruppi presentano anche elevati livelli di esposizione indiretta, con trasferimenti indiretti che rappresentano circa il 40% del loro reddito iniziale (al lordo della ridistribuzione). Tuttavia, nella popolazione, il livello di esposizione indiretta è inferiore e distribuito in modo più uniforme.
Questi risultati confermano che il risanamento fiscale attraverso tagli ai servizi pubblici potrebbe incontrare una minore opposizione politica, poiché una quota minore della popolazione presenta un'elevata esposizione indiretta. D'altro canto è probabile che i trasferimenti diretti (come le pensioni) incontrino una forte resistenza, dato che i baby boomer sono tra i più colpiti e ora rappresentano oltre il 50% dell'elettorato.
Tutto ciò ostacola la capacità del governo di prevenire lo sbilanciamento fiscale e rende il Paese vulnerabile a shock esterni, come la perdita di fiducia degli investitori. Tuttavia sussiste un rischio elevato che le misure di risanamento del Primo ministro, François Bayrou, vengano vanificate da concessioni politiche durante i dibattiti parlamentari autunnali.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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