martedì 10 novembre 2015

Il target dell'inflazione è senza maschera — L'IPC ha frantumato la tesi della ZIRP





di David Stockman


Beh, c'era d'aspettarselo. L'IPC ad agosto era del -0.1% ed è salito solo dello 0.2% rispetto all'anno scorso. Così Janet Yellen ora può dire, guardate, non c'è inflazione!

Ancora una volta, dunque, la FED ha una scusa per continuare a spalare denaro gratuito nel casinò. Se Stanley Fischer insisterà sul fatto che sono necessari ulteriori dati per verificare se l'inflazione al consumo sta progredendo verso la sua destinazione del 2%, e Bill Dudley convincerà Yellen & Co. che le condizioni finanziarie sono già "ristrette" di 25 punti base (come misurato dal Goldman’s Financial Conditions Index, GFCI), entreremo nell'ottantunesimo mese di ZIRP; e con esso ci sarà un breve rally, non la crescita frenetica che Wall Street sta aspettando da tempo.

Ahimè, saremo testimoni anche di come Main Street verrà messa in pericolo dal drappello di codardi, dissimulatori e fanatici accademici che gestiscono la banca centrale più potente del mondo. La prova è proprio nella tabella riepilogativa qui sotto, tratta dall'ultima relazione del BLS sull'inflazione.




Mostra chiaramente che i prezzi delle materie prime e dei beni stanno calando sulla scia della marea deflazionistica globale, mentre il costo di un tetto sopra la testa e dei servizi domestici si muove ad un ritmo più elevato. Di conseguenza non ci vuole un dottorato di ricerca in economia per capire che il tasso "medio" della variazione dei prezzi nel paniere dei beni di consumo usato dal BLS, non è altro che un incidente statistico annunciato ed è avulso dal modellamento da parte della FED.

In realtà, quel tasso si fa beffe del suddetto target al 2%. Quest'ultimo è sempre stato un obiettivo politico puramente arbitrario, dal momento che non è contenuto nell'Humphrey-Hawkins Act, né si fonda su uno straccio di prova storica secondo cui i punti decimali di differenza dal 2% d'inflazione al consumo possano generare una crescita economica o aumentare la ricchezza e il tenore di vita.

Ma ora c'è una biforcazione negli indici dei prezzi, la quale dimostra l'inutilità assoluta del cosiddetto target dell'inflazione. Da un lato c'è praticamente tutto ciò che viene prezzato e scambiato direttamente sui mercati mondiali con un segno negativo su base anno/anno.

Ciò include la benzina, che è giù del 23.3% rispetto ad agosto; il diesel, che è sceso del 34.6%; il gas e le utenze elettriche, che sono rispettivamente scesi dell'11.5% e dello 0.5%.

Allo stesso modo, tutte le altre commodity sono scese dello 0.5%, mentre i prezzi dei beni sono sostanzialmente scesi rispetto ad un anno fa, quasi senza eccezioni. Ad esempio, i prezzi dell'abbigliamento delle donne sono diminuiti del 2.1%, quelli delle coperture per finestre e pavimenti sono scesi del 4.9%, quelli degli elettrodomestici sono scesi del 3.5%, quelli delle attrezzature e degli arredi per la casa sono scesi del 3.1%, quelli dei mobili e della biancheria da letto sono scesi dello 0.9%, quelli di strumenti e forniture sono scesi dello 0.3%.

Anche l'andamento dei prezzi delle auto mette i bastoni tra le ruote alla FED e al suo target d'inflazione. Dopo sette anni di drastica soppressione dei tassi d'interesse, la quantità totale del credito per le automobili è salita quasi del 45% e il finanziamento per la massiccia flotta di nuovi veicoli in leasing è cresciuto ancora più rapidamente.

Di conseguenza, i parcheggi dei rivenditori d'auto sono ancora una volta inondati di veicoli usati. Questa impennata nell'offerta ha fatto scendere i prezzi medi delle auto usate dell'1.5% durante l'anno passato, mentre il prezzo delle auto nuove rimane sostanzialmente piatto in un mondo inondato da un eccesso di capacità produttiva.




In ogni caso, è veramente difficile comprendere il motivo per cui una banca centrale, con l'obiettivo della stabilità dei prezzi, si debba opporre così alacremente davanti a prezzi più bassi di benzina, utenze, abbigliamento e auto. Mi auguro che questi azzeccagarbugli accademici non credano veramente che le famiglie, le quali vedono ridursi la pressione sulle bollette del gas e delle varie utenze, abbiano deciso d'accumulare denaro perché l'IPC generale è quasi a zero.

Infatti la teoria secondo cui la "lowflation" indebolisca la crescita economica reale, soffochi la spesa per beni strumentali e beni di consumo, e in qualche modo distrugga il mondo del lavoro e dell'imprenditoria, è qualcosa di davvero imbarazzante; sopravvive solo perché rappresenta una comoda copertura per un'intrusione iperattiva delle banche centrali nei mercati monetari e finanziari, e perché sussidia la speculazione per mezzo della ZIRP e del QE.

Infatti, ecco una notizia flash per la "banda degli inflazionisti" rannicchiata nell'Eccles Building. Sin dalla fine del secolo scorso c'è stata troppa inflazione rispetto al potere d'acquisto dei lavoratori americani. Ad oggi non stanno spendendo per il semplice motivo che il reddito reale delle famiglie è diminuito, e non perché sono in attesa di un aumento dell'inflazione!




Inoltre, i numeri nelle tavole del BLS dicono alla banda degli inflazionisti nella FED di chiudere il becco e sedersi. Nella famiglia media circa i due terzi del costo della vita viene destinato alla casa, al trasporto, all'assistenza medica, all'istruzione, all'intrattenimento e simili. La variazione anno/anno del prezzo dei primi tre di questi elementi è stata rispettivamente del 3.1%, 2.1% e 2.2%, mentre il costo dell'andare al ristorante è aumentato del +2.7% e le spese per l'istruzione (non mostrate) sono aumentate del 3.5%.

Questi aumenti annuali in tali categorie non sono affatto un'aberrazione recente che finirà nel territorio del 2% se la FED non manterrà i tassi d'interesse allo zero percento. Infatti, l'aumento del 2.6% nell'ultimo anno in tutti i servizi meno quelli energetici, come sopra indicato, rappresenta una tendenza che è stata in vigore per la totalità di questo secolo fino ad oggi.

Allo stesso modo, dall'agosto 2013 all'agosto 2014 l'indice dei servizi meno l'energia è cresciuto ad un identico 2.6%. E l'indice è aumentato rispettivamente del 2.5%, 2.4% e 2.4%, in ciascuno dei tre anni precedenti. Infatti, sin dalla fine del secolo scorso, l'indice dei servizi meno quelli energetici è aumentato del 50%, o ad un tasso composto del 2.6%; e non vi è stata alcuna tendenza verso il basso.




Se l'economia americana fosse una gigantesca vasca da bagno, cosa che invece non è, l'indice dei prezzi riguardanti i servizi domestici sarebbe senza dubbio la parte del paniere più suscettibile all'influenza della banca centrale.

Eppure, come ha chiarito la relazione del BLS, le famiglie americane sono messe male dal punto di vista finanziario, e l'ultima cosa di cui hanno bisogno è la FED che gonfia il costo della casa, delle cure mediche, del trasporto e della maggior parte degli altri servizi. I loro stipendi, che sono cresciuti di un anemico 1.9% lo scorso anno, sono già stati erosi del 2.6% da questi servizi.

E questo ci riporta alla deflazione globale registrata nel prezzo in calo delle materie prime e delle merci, e al grafico che abbiamo pubblicato ieri sui bilanci gonfiati delle banche centrali (esclusi quelli di Stati Uniti ed Europa).

Per farla breve, il trucco della stampa di denaro è ormai obsoleto. L'inflazione di yen, won, yuan, real, rubli, ringgit, riyal, baht, ecc. spintonata negli ultimi due decenni dalle folli stampanti monetarie nell'Eccles Building, ha raggiunto il suo apice. Di conseguenza, è finito il boom turbolento, ma artificiale, stimolato in queste economie da una marea di credito interno; i prezzi e i profitti stanno ora soccombendo davanti ad una marea deflazionistica.

L'epicentro di questa inversione è il Casinò Rosso Cinese, la quale include anche gli stati petroliferi, gli esportatori di materie prime e gli esportatori mercantilisti che hanno banchettato grazie al boom della Cina.




Inutile dire che l'idea secondo cui l'economia degli Stati Uniti può essere dissociata da queste forze epocali, è sia ingenua sia in malafede. Verranno seriamente intaccate le attività imprenditoriali interne, dalle fabbriche della Caterpillar in Illinois agli impianti chimici a Houston fino agli autotrasportatori di sabbia e olio di scisto nel Baaken.

Né il danno sarà limitato ai materiali, all'energia e alle industrie dei beni strumentali degli Stati Uniti. La grande inflazione nei bilanci delle banche centrali estere raffigurata qui sopra, ha creato un'enorme domanda per gli asset denominati in dollari. Cioè, una grande offerta d'acquisto per bond dello stato, ETF e perfino singoli titoli azionari, posizioni tra l'altro finanziate non da risparmi reali ma dal credito fiat delle banche centrali.

Infatti il modus operandi delle quattro banche centrali qui sopra, è stato quello d'ancorare le loro valute a tassi di cambio artificialmente bassi. Questo, a sua volta, ha generato giganteschi avanzi nelle partite correnti degli stati petroliferi, dell'industria mineraria brasiliana, delle fabbriche dei componenti a Taiwan e delle fabbriche Apple cinesi, convertiti poi in un enorme domanda per obbligazioni e azioni dei mercati sviluppati.

Negli ultimi 15 anni, per esempio, il bilancio della banca centrale dell'Arabia è salito da $150 miliardi a oltre $800 miliardi, perché la sua politica era quella di mantenere il suo tasso di cambio piatto come una tavola a 3.75 riyal al dollaro. Così facendo, ha creato un'offerta d'acquisto artificiale per titoli del Tesoro USA, titoli cartolarizzati di mutui ipotecari, ETF e azioni IBM; il tutto dipendente dalla perpetuazione del boom globale e da prezzi del petrolio a $100.




Inutile dire che la grande deflazione globale ha già eliminato i giganteschi avanzi delle partite correnti degli stati petroliferi, la loro capacità d'ancorare le loro valute e la possibilità d'accumulare asset finanziari globali. Ad esempio, da un picco di $350 miliardi l'anno, il surplus saudita è già sceso in territorio negativo, dov'è probabile che rimarrà negli anni a venire poiché la domanda mondiale di petrolio vacillerà e l'offerta aumenterà.

Ciò significa che gli stati petroliferi liquideranno il loro gruzzolo di capitale per coprire i disavanzi delle partite correnti. La grande offerta d'acquisto delle banche centrali si trasformerà in un'implacabile offerta di vendita sui mercati di Londra, New York e sui mercati finanziari di tutto il mondo.




Infine il calo dei prezzi delle materie prime e delle merci scaturito dal bust deflazionistico del mondo, non può in alcun modo essere contrastato con un maggiore allentamento dell'offerta monetaria a favore del casinò di Wall Street. Se la FED deciderà di perseguire ulteriormente la ZIRP, il perché sarà inequivocabilmente evidente. Ora che ha scatenato i giocatori d'azzardo e le furie nel casinò, è terrorizzata dalla prospettiva d'imbrigliarli. In questo modo diventerà evidente che il progetto keynesiano degli ultimi due decenni è stato un fallimento e una frode.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. A quando una deflazione politica? Perché col keynesismo e l'interventismo pervicace e pervasivo si è prodotta una grande inflazione politica. Tutto è politico e ridotto a politica. Ed io non ne posso davvero più!

    La libertà negativa, la libertà dall'aggressione, semmai, è in deflazione. Per tanti non ha più molto valore rispetto al mantra politico della legalità. Anzi, molti sembrano essersi scordati di un termine come onestà che hanno sostituito con legalità, aderenza stretta alle leggi emanate dal potente di turno (diritto positivo) in rappresentanza degli interessi che tutela e promuove, il cosiddetto e disinteressato interesse generale o bene comune.

    Ai più giovani consiglio di trovarsi o inventarsi un modus operandi non inflazionabile, in senso lato. E, perciò, al riparo dal rischio deflattivo. In altre parole, ciò che il mio maestro mi ha sempre ripetuto e che ho compreso appieno solo con l'esperienza: faccia sempre qualcosa di diverso dagli altri. Un impulso a puntare forte sulla propria individualità.
    Col tempo, paga.

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    1. Ciao Dna.

      La "deflazione" in politica, a quanto pare, funziona in modo meno efficiente rispetto a come funziona in economia. Almeno da noi è così, visto che è stato silurato il quarto commissario addetto alla spending review... :-)

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