giovedì 25 febbraio 2016

Caos pianificato: l'inevitabile implosione del sistema monetario fiat — Parte 1





di Francesco Simoncelli


Nel 1920 Ludwig von Mises scrisse uno dei suoi migliori saggi nel campo della teoria economica. In esso descriveva come un'economia di comando fosse inevitabilmente destinata all'autodistruzione. Il calcolo economico, mezzo attraverso il quale gli attori di mercato allocano le risorse economiche, sarebbe divenuto un processo talmente distorto da causare lo sfacelo della società stessa. Gli investimenti improduttivi avrebbero fagocitato i risparmi reali della popolazione e condotto allo spreco vagonate di capitale. Non c'è da sorprendersi se la disperazione dei comunisti era tale da inviare scienziati in tutto l'occidente affinché studiassero i mercati azionari e trovassero il modo d'implementarne una qualche versione iper-pianificata in patria. Inutile dire che fallirono miseramente. Questo perché la libertà economica non è qualcosa che può essere concesso. Invece è qualcosa che esiste a prescindere dalla volontà pianificatrice di una qualche commissione statale.

Le crisi economiche ce lo ricordano. Ed è per questo che la maggior parte degli economisti di oggi non le vede arrivare. Oltre a non avere gli strumenti metodologici adatti, hanno la presunzione d'avere tutte le informazioni necessarie per dire con relativa certezza laddove si troverà l'economia in un determinato periodo del tempo. Nel corso del tempo è sembrato come se i banchieri centrali avessero il potere non solo di dire dove si sarebbe trovata l'economia, ma addirittura di poterla direzionare a piacimento lungo lidi più consoni al presunto benessere della società. All'improvviso era come se alcune persone fossero diventate più intelligenti delle altre, e fossero le uniche ad avere il potere di dire cosa fosse necessario per la società nel suo complesso. In poche parole, l'occidente s'è lentamente trasformato nella sua nemesi. Il crollo dell'URSS ha insegnato all'occidente la lezione sbagliata.

O forse i pianificatori centrali hanno visto la loro stessa fine? Questo non lo sappiamo. Però sappiamo che nel 1950 Ludwig von Mises scrisse un libricino quasi mai citato dagli Austriaci, Planned Chaos. In esso viene tracciata la via percorsa dalla cosiddetta economia mista verso l'autodistruzione. Il metodo era quello utilizzato nel suo saggio del 1920, Economic Calculation in the Socialist Commonwealth, l'unica differenza era che l'autodistruzione veniva paragonata ad un incidente al rallentatore. Ovvero, sebbene il calcolo economico avesse una certa libertà, sarebbe stato sempre più imbrigliato dalla pianificazione centrale al fine di sostenere i suoi progetti improduttivi e la sua esistenza parassitaria.



L'ORIGINE DEI MALI

Quello che non arrivano a capire i pianificatori centrali e i loro galoppini nel mondo dell'economia mainstream, è che, utilizzando le parole di Hayek, si tratta di un problema di conoscenza e d'informazioni. Gli attori di mercato non sono più liberi di scambiare le informazioni in loro possesso con gli altri poiché incapaci di effettuare un calcolo economico con i segnali economici che recepiscono. Detto in modo più semplice, equivale ad attraversare la strada con una benda sugli occhi e dei tappi alle orecchie. Possiamo affidarci solo agli altri sensi. Poco utili in questo caso, poiché incapaci di calcolare con accuratezza il passaggio di un'autovettura. Potreste provare, ma i risultati non sarebbero idilliaci. All'interno dell'ambiente di mercato la conoscenza dei singoli attori di mercato non riesce a carpire quelle informazioni necessarie attraverso le quali dare inizio a progetti sostenibili.

Detto in modo diverso, sebbene la conoscenza soggettiva dei vari attori di mercato permetta loro di avere ben chiaro quale possa essere un progetto d'investimento potenzialmente remunerativo, vengono sviati nella realizzazione di tale progetto e nella sua manutenzione da un ambiente economico che fornisce informazioni inaccurate e molto spesso errate. Di conseguenza la pianificazione centrale dell'economia che propaganda un ambiente economico quanto più vicino alla stabilità possibile, in realtà fomenta il caos e da quest'ultimo non c'è via d'uscita se non un reset totale. Perché? Perché un'inversione di tendenza richiederebbe una correzione degli errori che si sono accumulati nel tempo a causa di suddette distorsioni. Al giorno d'oggi non solo sarebbe finanziariamente suicida per la pianificazione centrale, ma anche politicamente suicida. Quindi va avanti.

Sebbene l'intorbidimento dei segnali di mercato sia iniziato ben prima, il 1971 ha rappresentato una data cruciale in cui s'è abbandonata ogni parvenza di un calcolo economico accurato. La disconnessione tra sostituto del denaro coperto e sostituto del denaro scoperto ha rappresentato l'origine dei nostri mali economici. Ovvero, la chiusura della finestra dell'oro nel 1971 da parte di Nixon, ha sganciato il dollaro fiat dalla sua copertura con l'oro. Dalla conferenza di Bretton Woods nel 1944 fino allo shock di Nixon nel 1971, l'economia mondiale è vissuta in un sistema monetario basato su una parvenza di gold standard. Ciononostante era alquanto efficace. Il dollaro era agganciato all'oro e rappresentava anche la valuta di riserva globale; indirettamente, quindi, anche le altre valute del mondo erano collegate all'oro (per la precisione ad un tasso di cambio di $35 l'oncia).

Il denaro onesto contribuiva a mantenere onesta la grande asta di mercato in cui tutti noi siamo immersi. In che modo? Permettendo agli attori di mercato di operare un calcolo economico quanto più accurato possibile grazie ad un'unità monetaria pressoché stabile. L'espansione del credito era razionata dal mercato, ovvero, quando i risparmi erano abbondanti e i mutuatari pochi, le dinamiche della domanda e dell'offerta fungevano da catalizzatore primario per il prezzo del credito. In questo caso, il tasso d'interesse era basso principalmente a causa delle preferenze temporali degli attori di mercato i quali erano disincentivati a risparmiare di più e i mutuatari erano, invece, incentivati ad accendere prestiti per avviare progetti impensabili da attuare in un ambiente con tassi d'interesse più alti. In questo contesto l'attività economica in generale tendeva ad espandersi, permettendo a salari, profitti e spese d'aumentare di conseguenza. Anche le banche centrali avrebbero "dato una spinta" a tale processo, ma la loro invasività non era preponderante.

Ovvero, lasciavano che il mercato si correggesse e si purgasse di gran parte degli errori economici. Man mano che gli attori di mercato concorrevano per risparmi disponibili sempre più esigui, i tassi d'interesse salivano in risposta a tale cambiamento, incentivando i risparmiatori a risparmiare di più e disincentivando i mutuatari ad accendere nuovi prestiti. Le correzioni erano considerate "eventi naturali" e venivano ostacolate solo marginalmente. Non rappresentavano l'anatema finale sul mondo intero, e venivano viste alla stregua d'opportunità piuttosto che di cataclismi. Questo punto di vista è mutato dal 1971 in poi, con i banchieri centrali che hanno iniziato ad aumentare la mole d'interventi per impedire alle correzioni del mercato di estendersi alle entità protette dal loro cartello: banche commerciali e stati. Per 8 anni la FED, ad esempio, ha combattuto il ciclo economico cercando d'aggirarne le sanzioni negative, fino a quando non è arrivato Volcker e ha restituito l'istituzione di cui divenne presidente al ruolo passivo per cui venne creata.

La correzione risultante costò la rielezione a Carter, ma Tall Paul permise alle forze di mercato di spazzare via parte degli errori che avevano caratterizzato i mandati di Arthur Burns e William Miller. In questo modo non solo permise agli Stati Uniti d'uscire da una delle crisi più dure sin dagli anni '30, ma consacrò l'era del dollar standard la quale avrebbe fatto dimenticare ben presto del gold standard. Infatti la demonetizzazione dell'oro venne completata quando Greenspan prese il posto di Volcker e nel 1987 diede il via all'era dell'intrusività pesante della pianificazione monetaria centrale nei processi decisionali individuali del mercato. L'ingegneria finanziaria sarebbe diventata il nuovo mezzo nelle mani dei giocatori d'azzardo dei mercati azionari per staccare profitti da favola, spingendo a più non posso sulla leva del debito.

La politica monetaria delle varie banche centrali, invece di arginare questi sviluppi, se n'è fatta promotrice, dichiarando al mondo la loro onnipotenza attraverso strumenti di politica come la Taylor rule, la curva di Phillips, il NAIRU, o la forward guidance. Inutile dire che questi strumenti altro non sono che giustificazioni per rendere magicamente risolutive le decisioni dei banchieri centrali. Questa china scivolosa li ha portati a decidere a tavolino quale fosse il tasso d'interesse al quale gli individui avrebbero dovuto accendere nuovi prestiti, li ha visti adottare una politica monetaria talmente sconsiderata che nessuno prima del 2008 aveva mai neanche immaginato, li ha visti implementare tassi d'interesse negativi, li ha visti dichiarare guerre tra valute una dietro l'altra, ecc.

L'incidente al rallentatore previsto da Mises in Planned Chaos lo stiamo vedendo proprio ora, con le banche centrali che implementano una politica distruttiva dietro l'altra. Pensano di poterla fare franca come accadde negli anni '80. Ma la Yellen non è Volcker; i mercati dei capitali non sono quelli di 30 anni fa; la quantità di debiti e distorsioni nell'economia in generale non è quella di 30 anni fa. Oggi il dollaro non è forte perché il dollar standard sta vivendo una "seconda età dell'oro", bensì perché tutte le altre principali valute del mondo continuano ad essere svalutate. Così come Bernanke, la Yellen non vuole essere ricordata come colei che ha frantumato il dollaro. Ma nemmeno come colei che ha penalizzato l'economia non ascoltando le grida di dolore lanciate dai pennivendoli sulla carta stampata. Questo significa che comprerà tempo. Questo significa che i cicli di boom/bust continueranno. Questo significa che ben presto invertirà la sua politica (presumibilmente dopo le elezioni negli USA).



IL LIMITE NON È PIÙ IL CIELO

Questa prospettiva è già stata pienamente abbracciata dalla BCE, infatti lo scorso 21 gennaio Mario Draghi ha affermato che non esistono limiti a quanto possa fare una banca centrale. Il mini-rally in azioni e petrolio è stato un evento quasi scontato, vista la promessa di maggiore credito a basso costo (ormai negativo). Ciò presuppone che il prossimo mese lo zio Mario amplifichi la portata del QE europeo, includendo nelle operazioni d'acquisto della BCE altri tipi di asset. Il sentiero pare proprio quello tracciato da Kuroda, dove la BOJ ha praticamente messo sul tavolo un programma di stimolo atto a sequestrare nel bilancio della banca centrale qualsiasi asset mobile o immobile all'interno dei mercati azionari e obbligazionari. Ma ecco il punto importante: Draghi ha incolpato i prezzi del petrolio e del cibo troppo bassi per il mancato raggiungimento dell'obiettivo d'inflazione.

Nonostante tutte le chiacchiere a sostegno della Taylor rule, essa non gode di prova alcuna che possa siglarne la veridicità. Perché diavolo i consumatori dovrebbero sentirsi più appagati nel comprare cose che costano di più? Ma soprattutto, perché un 2% d'inflazione dovrebbe essere salutare rispetto ad uno 0.1%, o 1%, o 3%? Nessuno lo dice. In realtà, l'obiettivo d'inflazione non rappresenta altro che una giustificazione alle continue intrusioni del settore bancario nell'economia. Una certa stabilità dei prezzi è stato qualcosa di concreto già negli ultimi 5 anni, eppure il fantasma della deflazione continua a terrorizzare banchieri centrali, commentatori nello zombie-box e pennivendoli assortiti.




Gente, questi loschi individui non ricercano lo stimolo dell'economia attraverso il quale distribuire ricchezza economica in tutta la società. Non sono capaci di farlo. Non hanno le conoscenze insite nella testa di ogni singolo attore di mercato. I prezzi di cui si preoccupano realmente sono quelli nei mercati obbligazionari e azionari facenti riferimento ai protetti dal loro cartello. Aiutare gli stati a diluire i propri carichi di debiti. Diminuire silenziosamente i salari dei lavoratori resi eccessivamente onerosi da leggi burocratiche. È in questo modo che la banca centrale "aiuta" l'economia. In un video su Bloomberg c'era Jim Grant che rispondeva ad un classico keynesiano secondo il quale la FED è stata "costretta" ad effettuare il quantitative easing per "curare" l'economia, la quale languiva in uno stato semi-depressivo. Secondo il suo ragionamento, inoltre, la crescita economica si baserebbe esclusivamente sul fatto che le persone corrano dei rischi investendo; in caso contrario, possono accomodarsi ai bordi del campo e venire tassati dalle banche centrali per questo loro atteggiamento "passivo". Il mandato della FED, ad esempio, le permette di fare ciò che è più giusto per l'economia nel suo complesso. Aggiustare i tassi e mandarli in territorio negativo farebbe parte di questa presunta visione onnisciente.

Il sangue sta già scorrendo lungo i mercati mondiali, ma è quello dei risparmiatori. Il presunto effetto ricchezza immaginato dai pianificatori monetari centrali non s'è riflesso nell'economia più ampia a causa del picco del debito.




Tutto il pattume finanziario pre-2008 ha costretto famiglie e piccole/medie imprese a vivere dei propri utili, mentre i loro fondi pensione, ricolmi di asset iper-comprati da parte delle banche centrali, hanno continuato a subire perdite. Non solo, ma quelle grandi aziende che hanno potuto accedere alle nuove linee di credito sfornate dalle banche commerciali, hanno alimentato prezzi più alti nei loro settori. Ciò include anche il settore immobiliare, ad esempio. La persona media non può permettersi questi prezzi, soprattutto ora che i lavori da capofamiglia sono mosche bianche.

Il gioco è truccato. Ma la maggior parte delle persone non lo sa o non ne comprende le meccaniche, e coloro che sono costretti ad entrare nel casinò azionario sono le classiche pecore che vanno al macello. La maggior parte delle volte si posizionano long e non hanno il minimo rudimento nel fare investimenti nei mercati finanziari (es. Banca Etruria e i polli spennati). Le banche commerciali, oltre a fare soldi attraverso i prestiti, fanno soldi impacchettando asset di dubbia qualità e vendendoli ad investitori ignari. La garanzia è sempre la stessa: banca centrale che stampa denaro, o soldi dei contribuenti. Poi quando i debitori al margine vanno in default, la catena di fallimenti inizia a fare vittime all'interno dei mercati e puntualmente si alzano i cori in favore di un maggiore interventismo da parte delle autorità centrali. Ed è proprio questo quello che Draghi pare intenzionato a fare. Il pattern è lo stesso di quello già messo in campo dalla FED sin dal primo quantitative easing: permettere alle entità protette dal cartello delle banche centrali, in particolar modo le banche commerciali, di scatenare un effetto ricchezza attraverso una gigantesca offerta d'acquisto per asset di qualsiasi tipo. Da cosa è costituita questa gigantesca offerta d'acquisto? Dalle riserve in eccesso.





La parvenza di solidità la si vuole dare incentivando le grandi aziende a gozzovigliare nel mercato azionario, affinché mostrino capitalizzazioni di mercato da capogiro e con il denaro che riescono a racimolare nel casinò far partire nuovi progetti d'investimento. Da cosa sono guidati questi progetti? Niente che possa essere basato sui fondamentali di mercato. Di conseguenza il denaro non viene investito in settori come la R&S, bensì in ingegneria finanziaria, prendendo in ostaggio i bilanci delle varie aziende e riempiendoli di debiti. È questo che è accaduto alla Caterpillar, alla Fiat, alle grandi aziende nel settore tecnologico, nel settore minerario/estrattivo, nel settore biotecnologico/farmacologico, ecc. L'insostenibilità dei loro progetti basati sul credito facile non solo metterà nei guai i lavoratori e l'azienda stessa, ma anche quegli istituti finanziari che hanno concesso loro prestiti.

È questo il motivo per cui il settore bancario commerciale in Europa è tuttora nell'occhio del ciclone nonostante il QE della BCE. Gli investimenti improduttivi intrapresi da queste società abbagliate dalle dolci promesse del credito facile, stanno saturando il mercato mondiale di elementi con nessuna o poca domanda. Ciò significa un calo dei profitti. Ciò significa bancarotta. La crisi nel mercato dell'olio di scisto è il caso emblematico. Sta di fatto che, a causa della politica monetaria degli ultimi venti anni, il settore bancario è diventato una pentola a pressione ricolma di asset non performanti. Soprattutto dopo la ZIRP, il calo dei rendimenti all'interno dei mercati obbligazionari e azionari ha costretto i giocatori d'azzardo ad affondare le mani sempre di più in asset rischiosi. La caccia a rendimenti decenti ha fatto ingurgitare e sfornare al settore bancario commerciale una caterva di asset alla cui base non c'era altro che tossicità.

La cartolarizzazione di qualsiasi cosa si muovesse all'interno e all'esterno dei mercati finanziari ha creato bombe ad orologeria che adesso vagano indisturbate nei bilanci di attori di mercato ignari. Quindi anche il fallimento di una minuscola banca potrebbe innescare un effetto domino pericoloso che potrebbe gettare nel panico l'intero mercato finanziario globale. È una storia che abbiamo già visto nel 1998 con LTCM. Più di recente, l'abbiamo rivista con il caso MPS e Nomura. Inutile dire che quando a gennaio è fluito il sangue nel comparto bancario europeo, il quale ha perso più di €400 miliardi in valore di mercato, la prima linea difensiva da parte degli investitori retail è stato il denaro contante. In realtà, lo è da un po' ed è per questo che ultimamente la propaganda a favore dell'abolizione del contante sta intensificando la sua voce. Sicurezza e privacy non sono temi all'ordine del giorno sul tavolo della pianificazione centrale. Il controllo lo è, ma l'era dell'instabilità e del caos pianificato sta incrinando la credibilità e l'affidabilità che ha accompagnato il settore bancario centrale sin dal 1971.





Voglio dire, prendiamo ad esempio il settore bancario italiano. Le misure messe in campo finora non hanno risolto nessuna delle preoccupazioni che sin dall'inizio della Grande Recessione hanno accompagnato i titoli dei giornali. Le bombe innescate, ma non ancora scoppiate, sono state semplicemente caricate d'ulteriore polvere da sparo. Avendo ostacolato il fallimento d'entità in disaccordo con i desideri e le necessità reali dell'ambiente di mercato, la loro tossicità è stata diffusa ulteriormente nelle sale del casinò azionario. Ora i pianificatori monetari centrali cercano di mettervi una pezza promulgando pseudo-soluzioni quali bad bank o bail-in. Palliativi. Perché? Perché fino ad ora tutte le soluzioni partorite da questa banda di truffatori non ha avuto l'effetto da loro desiderato.

Come spiegato sopra, è un problema di conoscenza. È un problema d'asimmetria informativa. La divergenza tra economia reale ed economia pianificata è talmente distante che ormai sta divenendo impossibile per i banchieri centrali intuire dove andrà la prima. Detto in altro modo, è la legge dei rendimenti decrescenti al lavoro. Di conseguenza il salvataggio di Novo Banco in Portogallo attraverso il bail-in non è altro che l'ennesima prova di un sistema bancario europeo "malato". Il salvataggio di Banca Etruria attraverso il bail-in non è altro che l'ennesima prova di un sistema bancario europeo "malato". Prima ancora, il salvataggio di Monte dei Paschi attraverso emissioni obbligazionarie garantite dallo stato era ancora l'ennesima prova di un sistema bancario europeo "malato". Tutti i presunti piani ben congeniati dei pianificatori centrali non fanno altro che sortire lo stesso effetto quando si raggiunge il punto dei rendimenti decrescenti: fallimento.

Non sorprende quindi se Novo Banco, la quale ha "ospitato" gli asset presumibilmente buoni di Banco Espirito Santo, s'è ritrovata un buco da €1.4 miliardi a seguito di tale operazione. Sì, perché gli asset definiti "buoni" vengono calcolati da commissioni e presunti esperti che, attraverso calcoli "complicati", applicano un presunto valore agli asset definiti "buoni". Coloro che sbandierano la presunta onestà e limpidezza di tale processo nei media mainstream e nei blog indipendenti, pavoneggiandosi davanti al proprio pubblico come narratori imparziali, non hanno compreso il funzionamento del sistema bancario commerciale/centrale. O peggio, ne ignorano le meccaniche. Di conseguenza c'assicurano che lo stato "non interverrà". Sciocchezze.

I debiti pubblici dei vari stati europei dipendono dal sistema bancario commerciale affinché esso compri il loro pattume obbligazionario e dal sistema bancario centrale affinché esso agevoli quanto più possibile tale processo. Pensate al Trattato di Maastricht. La BCE l'ha infranto. Pensate al tetto dei deficit. Gli stati europei l'hanno infranto. Pensate al limite del debito pubblico in percentuale del PIL imposto dalle regole europee. Anche questo infranto. L'apparato statale e il suo stuolo di burocrati infrangono sempre le promesse. Ciò vale anche per il recente accordo sulla bad bank italiana che dovrebbe avere una copertura minima da parte dello stato. Non fatevi ingannare. Guardiamo ad esempio lo stato in cui versano le banche europee e il relativo rischio.




Solo in Italia ci sono circa €200 miliardi di sofferenze bancarie, un aumento del 160% sin dal 2009. La gigantesca offerta d'acquisto scatenata dalla banca centrale per alleviare i problemi di debito dei vari stati europei, ha tirato artificialmente giù i rendimenti obbligazionari dei loro debiti. La ZIRP, di conseguenza, ha invaso i mercati finanziari con una fame di rendimenti senza precedenti, incanalando i vari player in zone del mercato molto rischiose. La mancanza di un price discovery onesto ha impedito loro di valutare correttamente il rischio, andando ad ingolfarsi di asset altamente rischiosi. Il settore bancario commerciale, quindi, nonostante agevolato dalla stampante monetaria s'è caricato d'ulteriori asset tossici. Inutile dire che la sua implosione scatenerebbe di nuovo il panico nei mercati, soprattutto in quello dei bond sovrani. Ciò significa rendimenti crescenti. Ciò significa lo spettro della bancarotta. E' per questo che lo zio Mario lo scorso 21 gennaio ha fatto sapere d'essere disposto a fare "di più" per stabilizzare l'UE. Non sorprenderebbe se iniziasse anche a comprare pattume delle bad bank.

Anche l'Italia, uno dei malati più gravi in Europa, ha raggiunto un accordo con l'UE riguardo la propria bad bank. Innanzitutto osserviamo i grafici seguenti.





Il primo rappresenta l'andamento azionario delle varie banche negli ultimi tre mesi; il secondo cattura l'ammontare dei prestiti non performanti all'interno dei loro bilanci. L'idea quindi è quella di creare un istituto in grado d'incamerare queste sofferenze ed alleviare i bilanci delle banche in questione. L'equivalente di spazzare marciume sotto il tappeto. Peggio, perché questo marciume sarà dapprima spazzato sotto il tappeto e poi confezionato di nuovo per essere venduto come se fosse un prodotto di prima classe!

Infatti l'idea è quella di cartolarizzare la spazzatura che finirà nella bad bank ed inondare i mercati finanziari con questo pattume come se niente fosse. E cosa accadrà in un ambiente in cui c'è una fame di rendimenti decenti? Esatto! Si comprerà. Perché qualcuno dovrebbe essere così folle da fare una cosa del genere? Ovvio, c'è la garanzia dello stato. In poche parole, qualora qualcosa dovesse andare storto, sarà chiamato in causa il bancomat dello stato: il contribuente. Infatti quando il costo della garanzia di suddette cartolarizzazioni inizierà a richiedere esborsi sempre maggiori, la via sarà duplice: nuove tasse o più deficit.

È esilarante vedere come banchieri centrali e stampa mainstream continuino ad affermare che per uscire da una buca bisogna scavare più in profondità.




3 commenti:

  1. Perfetto.
    Ma la vera tragedia culturale e poi politica è che l'alternativa presente è tra internazionalsocialismo e nazionalsocialismo. E che in entrambe i sistemi sguazzano i pianificatori statalisti neokeynesiani ed i loro compari finanziari ed imprenditoriali neoliberisti.
    Solo gli "Austriaci" hanno ben chiaro che il problema è il socialismo in ogni sua declinazione e che l'unica soluzione è la libertà contro il dirigismo!

    RispondiElimina
  2. beh, però per ora ci si diverte: grandi mutamenti storici e nessuna guerra, almeno da noi. in medio oriente ci sono da sempre. qualcosa dovra cambiare:
    o sarà sorpassato l attuale paradigma, o saranno sorpassati gli esseri umani iIn favore dei rettiliani)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao gdb.

      Probabilmente non con gli eserciti, ma è iniziata un'altra guerra... a livello finanziario: U.S. Warns Banks Off Russian Bonds.

      Elimina