martedì 23 febbraio 2016

Perché le crisi economiche sono ricorrenti?

Ricordo a tutti i lettori interessati che è in vendita la mia traduzione dell'ultimo libro di Gary North, L'economia cristiana in una lezione, acquistabile a questo indirizzo: http://bit.ly/1JUqFIt. Con questo manoscritto North, attraverso uno sforzo letterario pregevole, unisce ciò che è stato diviso per anni da un mondo accademico cieco e sordo alla centralità dell'individuo nell'analisi economica: etica ed economia. L'escamotage della chiave di lettura teologica è utilizzata per chiarire al lettore come una visione epistemologica chiara sia fondamentale per uscire dall'attuale pantano intellettuale in cui è finita la teoria economica moderna.
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di Murray N. Rothbard


[Il seguente articolo è un estratto dal capitolo 42 di Economic Controversies.]


Perché, allora, il ciclo economico si ripete? Perché inizia sempre il prossimo ciclo boom/bust? Per rispondere, dobbiamo capire le motivazioni delle banche e dello stato. Le banche commerciali vivono e traggono profitto espandendo il credito e creando nuova offerta di moneta; sono inclini a "monetizzare il credito" se possono. Anche lo stato desidera inflazionare, sia per espandere le proprie entrate (o stampando denaro o facendo in modo che il sistema bancario possa finanziare i disavanzi pubblici) sia per sovvenzionare i gruppi economici e politici privilegiati attraverso il boom artificiale e il credito facile. Ora sappiamo perché c'è il boom iniziale. Lo stato e le banche devono ritirarsi quando minacciati da un disastro e quando arriva la crisi. Ma, all'affluire dell'oro nel paese, la condizione delle banche diventa più solida. E quando le banche si riprendono, tornano a guadagnare fiducia e a riprendere la loro naturale tendenza ad inflazionare l'offerta di moneta e del credito. E così arriva il boom successivo, gettando i semi dell'inevitabile bust.

Anche la teoria di Ricardo spiegava la ricorrenza continua del ciclo economico, ma lasciava in sospeso due cose. In primo luogo, nel momento in cui il boom cedeva il passo al bust, non spiegava come mai gli imprenditori s'accorgessero all'improvviso della catena d'errori commessi. Visto che gli imprenditori sono addestrati ad essere buoni "previsori", non è da loro commettere una caterva d'errori gravi che li costringa a subire perdite pesanti e diffuse. In secondo luogo, un'altra caratteristica importante di ogni ciclo economico è che i boom e i bust sono molto più gravi per le "industrie dei beni capitali" (quelle industrie che producono macchine, attrezzature, impianti o materie prime industriali) rispetto alle industrie dei beni di consumo. E la teoria ricardiana non spiegava affatto queste caratteristiche del ciclo.

La teoria Austriaca, o misesiana, del ciclo economico è stata costruita sull'analisi ricardiana e ha sviluppato la propria teoria del "sovrainvestimento monetario" o, più propriamente, del "cattivo investimento monetario". La teoria Austriaca è stata in grado di spiegare non solo i fenomeni esplicati dai ricardiani, ma anche il cluster di errori e la maggiore intensità dei cicli nei beni capitali. E, come vedremo, è l'unica che può comprendere il fenomeno moderno della stagflazione.

Mises inizia da dove hanno iniziato i ricardiani: lo stato e la sua banca centrale stimolano l'espansione del credito bancario comprando asset e aumentando così le riserve bancarie. Le banche procedono ad espandere il credito e, quindi, l'offerta di moneta della nazione attraverso i depositi a vista. Come per i ricardiani, Mises vede che questa espansione della moneta bancaria fa salire i prezzi e provoca inflazione.

Ma, come ha sottolineato Mises, i ricardiani hanno sottostimato le sfortunate conseguenze dell'inflazione del credito bancario. Poiché c'è in gioco qualcosa di ancora più sinistro. L'espansione del credito bancario non solo aumenta i prezzi, ma abbassa anche artificialmente il tasso d'interesse, e quindi invia segnali fuorvianti agli imprenditori, convincendoli ad intraprendere investimenti non solidi e anti-economici.

In un mercato libero e senza ostacoli, il tasso d'interesse sui prestiti è determinato unicamente dalle "preferenze temporali" di tutti gli individui che compongono l'economia di mercato. L'essenza di ogni prestito è che un "bene presente" (denaro che può essere utilizzato adesso) viene sostituito con un "bene futuro" (un Pagherò che può essere usato ad un certo punto nel futuro). Dal momento che la gente preferisce sempre avere soldi nel presente piuttosto che ottenere la stessa quantità di denaro ad un certo punto nel futuro, i beni presenti conserveranno sempre un premio rispetto ai beni futuri. Tale premio, o "aggio", è il tasso d'interesse, e la sua altezza varia a seconda del grado in cui la gente preferisce il presente al futuro, vale a dire, il grado delle loro preferenze temporali.

Anche le preferenze temporali delle persone determinano la misura a cui la gente risparmierà e investirà (seguendo una prospettiva futura) rispetto a quanto consumano nel presente. Se le preferenze temporali della gente dovessero calare, vale a dire, se scendesse il loro grado di preferenza per il presente rispetto al futuro, allora le persone tenderanno a consumare meno ora e risparmiare e investire di più; nel contempo, e per la stessa ragione, anche il tasso d'interesse, il tasso che va a scontare il tempo, scenderebbe. La crescita economica avviene principalmente come risultato di un calo del tasso della preferenza temporale, cosa che determina un aumento della percentuale di risparmio e investimenti rispetto al consumo, nonché una diminuzione del tasso d'interesse.

Ma cosa succede quando il tasso d'interesse scende non a causa di preferenze temporali volontarie più basse e di un risparmio più elevato, ma per le interferenze statali che promuovono l'espansione del credito bancario e del denaro bancario? Il nuovo denaro creato coi prestiti bancari alle imprese, abbasserà il tasso d'interesse. Cosa accade, in altre parole, quando il tasso d'interesse scende in modo artificiale a causa degli interventi, piuttosto che in modo naturale a causa delle variazioni delle valutazioni e delle preferenze dei consumatori?

Solo guai. Gli imprenditori, visto il calo del tasso d'interesse, reagiscono come hanno sempre fatto di fronte ad un tale cambiamento nei segnali di mercato: investiranno di più in beni strumentali. Tali investimenti, in particolare quelli in progetti lunghi e laboriosi che in precedenza sembravano inutili, ora sembrano redditizi a causa della diminuzione del tasso d'interesse. In breve, gli imprenditori reagiscono come se i risparmi fossero aumentati veramente: investono quei presunti risparmi. Espandono i loro investimenti in beni durevoli, in beni strumentali, in materie prime industriali e nelle costruzioni, rispetto alla produzione di beni di consumo.

Pertanto le imprese sono felici di prendere in prestito la nuova moneta bancaria a tassi più convenienti; usano i soldi per investire in beni strumentali, e alla fine questo denaro serve anche a pagare salari più alti per i lavoratori nelle industrie di beni capitali. La maggiore domanda di lavoratori da parte delle imprese fa salire il costo del lavoro, ma le aziende pensano d'essere in grado di sopportarli perché sono state ingannate dall'intervento statale e bancario nel mercato dei prestiti e dalla manomissione del tasso d'interesse —-- il segnale che determina quante risorse verranno dedicate alla produzione di beni capitali e quante alla produzione di beni di consumo.

I problemi emergono quando i lavoratori cominciano a spendere la nuova moneta bancaria che hanno ricevuto sotto forma di salari più alti. Questo perché le preferenze temporali delle persone non si sono abbassate realmente; le persone non stanno risparmiando di più. Così i lavoratori consumano la maggior parte del loro nuovo reddito per ristabilire le vecchie proporzioni consumo/risparmio. Questo significa che riorientano la spesa verso le industrie dei beni di consumo, e non risparmiano e investono abbastanza per comprare le macchine di nuova produzione, i beni capitali, le materie prime industriali, ecc. Questa mancanza di risparmi ed investimenti per acquistare tutti i nuovi beni capitali ai prezzi correnti, si trasforma in una repentina depressione nelle industrie dei beni capitali. Infatti una volta che i consumatori ristabiliscono le proporzioni consumo/investimento desiderate, diventa chiaro che le imprese hanno investito troppo in beni d'investimento (da qui il termine "teoria monetaria del sovrainvestimento") e troppo poco nei beni di consumo. Le imprese sono state sedotte dalla manomissione statale del tasso d'interesse, e hanno agito come se fossero disponibili più risparmi di quanti ce ne fossero davvero. Non appena la nuova moneta bancaria scorre attraverso il sistema ed i consumatori ristabiliscono le vecchie proporzioni temporali/preferenziali, diviene chiaro che non c'erano abbastanza risparmi per comprare tutti i beni dei produttori, e che le imprese avevano sbagliato l'investimento dei pochi risparmi disponibili ("teoria monetaria dell'investimento improduttivo"). Le imprese hanno investito troppo nei beni capitali e troppo poco nei beni di consumo.

Il boom inflazionistico conduce a distorsioni nel sistema dei prezzi e nella produzione. I prezzi della manodopera, delle materie prime e delle macchine nelle industrie dei beni capitali, sono troppo alti durante il boom per essere redditizi una volta che i consumatori sono in grado di riaffermare le loro vecchie preferenze di consumo/investimento. La "depressione" è quindi considerata --— ancor più che nella teoria ricardiana --— come il periodo necessario e salutare in cui l'economia di mercato liquida gli investimenti improduttivi ed anti-economici del boom, e ristabilisce quelle proporzioni tra il consumo e gli investimenti volute dai consumatori. La depressione è il processo doloroso, ma necessario, attraverso il quale il libero mercato si libera dagli eccessi e dagli errori del boom e permette all'economia di mercato di tornare alla sua funzione di servizio efficiente alla massa dei consumatori. Dal momento che durante il boom i prezzi dei fattori di produzione (terra, lavoro, macchine, materie prime) aumentano a dismisura nel settore dei beni capitali, ciò significa che durante la recessione questi prezzi devono poter scendere fino a quando non vengono ripristinate le proporzioni adeguate dei prezzi e della produzione.

In altre parole, il boom inflazionistico non solo fa aumentare i prezzi, distorce anche i prezzi relativi e le relazioni di un tipo di prezzo rispetto ad un altro. In breve, l'espansione inflazionistica del credito farà aumentare tutti i prezzi; ma prezzi e salari nelle industrie dei beni capitali saliranno più velocemente rispetto ai prezzi nelle industrie dei beni di consumo. In breve, il boom sarà più intenso nei beni capitali piuttosto che nelle industrie dei beni di consumo. D'altra parte, l'essenza del periodo depressivo è quella d'abbassare i prezzi e i salari nelle industrie dei beni capitali in relazione ai beni di consumo, affinché le risorse si spostino dai beni capitali alle industrie dei beni di consumo. Tutti i prezzi scenderanno a causa della contrazione del credito bancario, ma i prezzi e i salari nei settori dei beni capitali scenderanno di più rispetto a quelli nei beni di consumo. In breve, sia il boom sia il bust saranno più intensi nelle industrie dei beni capitali piuttosto che nelle industrie dei beni di consumo. Ecco spiegata la maggiore intensità dei cicli economici nel primo tipo di settore.

Sembra che ci sia un difetto nella teoria; dal momento che i lavoratori ricevono il nuovo denaro abbastanza rapidamente sotto forma di salari più alti, e poi iniziano a riaffermare le loro proporzioni da consumatori/investitori, com'è possibile che i boom possano andare avanti per anni senza affrontare uno stop? Senza che gli investimenti improduttivi vengano rivelati per quello che sono a causa della manomissione dei segnali di mercato? In breve, perché ci vuole così tanto tempo affinché il processo d'aggiustamento inizi il suo lavoro? La risposta è che i boom sarebbero molto brevi (per esempio, un paio di mesi) se l'espansione del credito bancario, e la conseguente spinta dei tassi d'interesse al di sotto del livello di libero mercato, fossero una questione una tantum. Ma il punto cruciale è che l'espansione del credito non è una questione una tantum. Va sempre avanti, non fornendo ai consumatori la possibilità di ristabilire le loro proporzioni di consumo e risparmio, non permettendo mai che l'aumento dei costi nei settori dei beni capitali possano raggiungere l'aumento inflazionistico dei prezzi. Come il doping ripetuto per un cavallo, il boom viene tenuto vivo da dosi ripetute di stimolanti monetari. E' solo quando l'espansione del credito bancario finisce, o rallenta bruscamente, o perché le banche finiscono sotto pressione, o perché la popolazione diventa irrequieta a causa della persistente inflazione, che il dolore economico raggiunge finalmente il boom. Non appena si ferma l'espansione del credito, i conti devono essere pagati e gli aggiustamenti inevitabili devono liquidare gli investimenti insostenibili del boom e re-indirizzare l'economia verso la produzione di beni di consumo. E, naturalmente, più a lungo è durato il boom, maggiori saranno gli investimenti improduttivi che dovranno essere liquidati e più dolorosi saranno gli aggiustamenti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


6 commenti:

  1. La conoscenza rende consapevoli, ma non materialmente liberi. Il Potere cerca e cercherà sempre di impedire la conoscenza indipendente. Il Potere fornisce la sua conoscenza. La miglior rendita consiste nell'accesso alla conoscenza indipendente, alle informazioni migliori, cioè a quelle vere. In economia le migliori informazioni sono i prezzi del mercato libero da manipolazioni esterne. Invece, controllando il prezzo della merce più scambiata, il denaro, si controllano tutti i prezzi, cioè tutte le informazioni, che così non sono più veritiere, ma falsate. In questo caso la rendita non dipende più dalle informazioni vere, ma dalla posizione rispetto al Potere. Questo è l'inganno del sistema politico-finanziario-clientelare che rappresenta il Potere contemporaneo: il sistema fiatmoney.

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    1. Rispondendo a gdb: la conoscenza del Potere consiste anche, e forse essenzialmente, nella fornitura del suo mito, che, per molti aspetti, è un percorso millantato come prevedibile. Finché il mito regge, cioè il percorso si svolge secondo l'itinerario promesso e previsto, il Potere si conserva e rafforza. Quando il mito, il percorso non si realizza più, allora il Potere perde il suo seguito. E, senza seguito, non sopravvive alcun Potere.

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    2. E questa è la legge dei rendimenti decrescenti. Le rendite decrescono, anche quelle di posizione.

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    3. Ciao a tutti.

      Il potere richiede lacchè e sicofanti. Al giorno d'oggi ce ne sono troppi. Tutti richiedenti un compenso. Pensate al comparto militare statunitense, che da solo spende tanti soldi quanto quello del mondo intero messo insieme. Ciononostante ha lanciato una nuova campagna militare chiamata "Guerra al Terrore" che richiederà ulteriori spese. Per non parlare del welfare state, il quale mantiene in piedi il consenso clientelare degli strati sociali più bassi. Ma i costi aumentano e la produzione reale diminuisce, con quei colossi nel settore societario americano alla canna del gas (es. GM, Caterpillar, ecc.).

      Il potere trattenuto attraverso una burocrazia crescente richiede troppi soldi, troppo tempo sprecato, troppi zombie, troppi clientelisti, troppe guerre, troppe spese inutili.

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  2. L'espansione monetaria dello Stato????
    Come fa ad espandersi, se non ce l'ha?

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    1. Ciao Anonimo.

      Sebbene al giorno d'oggi non sia tecnicamente così, nell'effettivo le cose stanno così. La presunta indipendenza delle banche centrali è solo un mito,

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