mercoledì 9 marzo 2016

Le banche centrali dovrebbero combattere un calo dell'inflazione dei prezzi?

Ricordo a tutti i lettori interessati che è in vendita la mia traduzione dell'ultimo libro di Gary North, L'economia cristiana in una lezione, acquistabile a questo indirizzo: http://bit.ly/1JUqFIt. Con questo manoscritto North, attraverso uno sforzo letterario pregevole, unisce ciò che è stato diviso per anni da un mondo accademico cieco e sordo alla centralità dell'individuo nell'analisi economica: etica ed economia. L'escamotage della chiave di lettura teologica è utilizzata per chiarire al lettore come una visione epistemologica chiara sia fondamentale per uscire dall'attuale pantano intellettuale in cui è finita la teoria economica moderna.
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di Frank Shostak


Il tasso di crescita annuo dei prezzi al consumo negli Stati Uniti (IPC) è sceso allo 0% a settembre dell'anno scorso, rispetto allo 0.2% ad agosto e all'1.7% a settembre dell'anno precedente.

Il tasso di crescita annuo dei prezzi al consumo in Europa è sceso a -0.1% a settembre dell'anno scorso, rispetto allo 0.1% del mese precedente e allo 0.3% a settembre dell' anno precedente.




Inoltre anche la dinamica di crescita dell'IPC in Inghilterra è scesa in zona negativa a settembre dell'anno scorso, con il tasso di crescita annuo a -0.1% rispetto allo 0% ad agosto e all'1.2% a settembre dell'anno precedente.

La dinamica di crescita dell'IPC in Cina ha rallentato a settembre dell'anno scorso, con il tasso di crescita annuo in calo all'1.6% rispetto al 2% ad agosto.




Molti esperti esprimono preoccupazione per il calo della dinamica di crescita dell'IPC e sono del parere che le banche centrali dovrebbero adottare una politica monetaria allentata piuttosto che restrittiva affinché possano contrastare l'emergere della deflazione, la quale è considerata una grave minaccia per il benessere economico degli individui.

Per la maggior parte degli esperti la deflazione rappresenta una brutta notizia, dal momento che genera aspettative di un calo ulteriore dei prezzi. Di conseguenza, secondo loro, i consumatori rischiano di ritardare il loro acquisto di merci, dal momento che si aspettano di comprare tali beni a prezzi più bassi in futuro.

Questo indebolisce il flusso globale di spesa e, a sua volta, indebolisce l'economia. Quindi questi commentatori ritengono che le politiche che vanno a contrastare la deflazione contrasteranno anche la crisi.

Secondo loro se la deflazione porta ad una crisi economica, allora politiche che invertono questo fenomeno dovrebbero essere buone per l'economia.

L'inversione della deflazione comporterà l'introduzione di politiche a sostegno degli aumenti generali dei prezzi dei beni, vale a dire, l'inflazione dei prezzi. Secondo questo modo di pensare, l'inflazione potrebbe effettivamente essere un agente della crescita economica.

Secondo la maggior parte degli esperti, un po' d'inflazione può essere una cosa buona. Gli economisti mainstream ritengono che l'inflazione al 2% non sia dannosa per la crescita economica, a differenza di una al 10% che invece potrebbe essere un male per l'economia.

Suggeriamo che ad un tasso d'inflazione del 10%, è probabile che i consumatori svilupperanno crescenti aspettative d'inflazione.

Secondo il pensiero popolare, in risposta ad un tasso d'inflazione alto, i consumatori accelereranno la loro spesa per beni, cosa che dovrebbe rilanciare la crescita economica. Allora perché un tasso d'inflazione al 10% o più è considerato dagli esperti come una cosa negativa?

A quanto pare c'è un problema con il modo di pensare popolare.



L'inflazione non rappresenta essenzialmente un aumento dei prezzi

L'inflazione non rappresenta un aumento generale dei prezzi in quanto tale, ma l'aumento dell'offerta di moneta. In linea di massima, l'aumento dell'offerta di moneta mette in moto un aumento generale dei prezzi. Questo, però, non sempre va così.

Il prezzo di un bene è la quantità di denaro richiesta per singola unità di bene. Presupponendo una quantità costante di denaro e una quantità crescente di beni, i prezzi scendono.

I prezzi scendono anche quando il tasso d'aumento dell'offerta di beni supererà il tasso di crescita dell'offerta di moneta.

Ad esempio, se l'offerta di moneta aumenta del 5% e la quantità di beni aumenta del 10%, i prezzi diminuiranno del 5%.

Un calo dei prezzi non può nascondere il fatto che abbiamo un'inflazione del 5% a causa della crescita dell'offerta di moneta.

Il motivo per cui l'inflazione è una cattiva notizia non è a causa degli aumenti dei prezzi in quanto tali, ma a causa del danno che l'inflazione infligge al processo di formazione di ricchezza. Ecco perché.

Il ruolo principale del denaro è quello di mezzo di scambio. Il denaro ci permette di scambiare qualcosa che abbiamo per qualcosa che vogliamo.

Prima che possa avvenire uno scambio, un individuo deve avere qualcosa di utile che possa scambiare. Una volta che entra in possesso del denaro, può scambiare quest'ultimo per il bene che desidera.

Ma ora consideriamo una situazione in cui si crea denaro dal "nulla", aumentando così l'offerta di moneta.

Questo nuovo denaro non è diverso da denaro falso. Il falsario scambia il denaro stampato per i beni che vuole senza produrre nulla di utile.

In realtà procede a scambiare qualcosa per nulla. Attinge dal bacino dei beni reali senza aggiungervi niente.

L'effetto economico del denaro creato dal nulla è esattamente lo stesso del denaro falso — impoverisce i creatori di ricchezza.

Il denaro creato dal nulla devia la ricchezza reale verso i detentori del denaro creato ex-novo. Ciò indebolisce la capacità di creazione di ricchezza reale e questo, a sua volta, conduce ad un indebolimento della crescita economica.

Si noti che, a seguito dell'aumento della massa monetaria, quello che ci ritroviamo è più denaro per unità di beni, e quindi prezzi più elevati.

Ciò che conta però non è l'aumento dei prezzi in quanto tale, ma l'aumento dell'offerta di moneta, il quale mette in moto uno scambio di qualcosa per nulla, o "l'effetto contraffazione".

Questo scambio fasullo, come abbiamo visto, indebolisce il processo di creazione di ricchezza reale. Pertanto l'aumento dell'offerta di moneta non può far altro che peggiorare le cose.

Dal momento che le variazioni dei prezzi sono solo un sintomo e non il fattore causale primario, contrastare un calo dell'IPC per mezzo di una politica monetaria allentata, cioè con la creazione d'inflazione, è una cattiva notizia per il processo di creazione di ricchezza e, quindi, per l'economia in generale.

Suggeriamo inoltre che per sostenere la loro vita e il loro benessere, gli individui devono acquistare beni e servizi nel presente. Quindi da questo punto di vista un calo dei prezzi in quanto tale non può essere un male per l'economia.

Inoltre se un calo della crescita dei prezzi arriva a seguito dello scoppio di una bolla, allora questa dovrebbe essere considerata come una buona notizia. Meno bolle ci sono in giro, meglio sarà per i creatori di ricchezza e, quindi, per il bacino globale della ricchezza reale.

Allo stesso modo, se un calo del ritmo di crescita dell'IPC arriva a seguito dell'espansione della ricchezza reale e di uno stock di moneta costante, anche questa è una grande notizia dal momento che molte più persone possono ora beneficiare di un bacino della ricchezza reale in espansione.

Possiamo quindi concludere che, contrariamente a quanto sostiene il pensiero popolare, una diminuzione del ritmo di crescita dei prezzi è sempre una buona notizia per il processo di generazione della ricchezza e, quindi, per l'economia in generale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Rifacendomi all'articolo pubblicato ieri, di Zero Hedge, non possiamo preoccuparci del fatto che su quel sito, si parli sempre più spesso d'Italia. Altro che Tripoli, bersaglieri e sogni neocoloniali.....

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