mercoledì 6 luglio 2016

Uno sguardo all'interno della prossima crisi europea: perché ormai sono tutti preoccupati per le banche italiane





da Zerohedge


A maggio del 2013 abbiamo scritto un articolo intitolato "Europe's EUR 500 Billion Ticking NPL Time Bomb" in cui mettevamo in evidenza quello che era il più grande pericolo per le banche europee: i prestiti non performanti.





Abbiamo inoltre detto che "il problema dei prestiti non performanti dell'Europa è una questione che sta concentrando una serie crescente di spacconate secondo cui la BCE può inglobare questa immondizia sul suo bilancio poiché i politici si rendono conto che le sofferenze e i prestiti non performanti (NPL) riducono la capacità delle banche di concedere prestiti, ostacolando il meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Le sofferenze consumano capitale e rendono le banche più avverse al rischio, specialmente per quanto riguarda i prestiti ai mutuatari ad alto rischio quali le PMI. Con l'Italia (NPL 13.4%) che sta seguendo la stessa traiettoria triste delle sofferenze della Spagna, la situazione si sta rapidamente aggravando (ad una media crescente intorno al 2.5% annuo)."

La conclusione era altrettanto semplice:

La morale della favola è che alla fine si tratta di un problema di crediti inesigibili, e più ce ne sono, maggiori saranno i deterioramenti sul lato dei passivi, inclusi i depositi. Come avevamo detto all'epoca – La vera domanda in Europa è: quanti deterioramenti saranno in grado di sobbarcarsi le banche nelle diverse nazioni europee prima che i depositi debbano subire un haircut? I prestiti non performanti sono arrivati ad un totale di €720 miliardi in tutta la zona Euro nel 2012 e €500 miliardi solo nelle banche della periferia.

Ora, tre anni più tardi, la bomba sembra essere sul punto d'esplodere (o potrebbe essere già esplosa in silenzio), e ciò risulta evidente in un articolo esaustivo apparso sul Wall Street Journal, in cui ci si concentra sul sistema bancario insolvente dell'Italia e vengono accusate – e chi altri altrimenti – le centinaia di miliardi di sofferenze sui libri delle banche come i colpevoli della crisi imminente in Europa.

A dire il vero, non c'è niente di nuovo qui, anche se è un buon riassunto del Comma 22 in cui si trova l'Italia: leggiamo dall'articolo del WSJ intitolato "Bad Debt Piled in Italian Banks Looms as Next Crisis."

Il referendum in Gran Bretagna ha prodotto fosche previsioni per l'economia inglese. Il danno al resto dell'Europa potrebbe essere più immediato e potenzialmente più grave. Il rischio è più concentrato nel settore bancario italiano. In Italia il 17% dei prestiti delle banche sono andati a male. Ciò equivale a quasi 10 volte il livello negli Stati Uniti, dove, anche nei momenti peggiori della crisi finanziaria 2008-09, è stato solo del 5%. Tra le banche quotate nella zona Euro, gli istituti di credito italiani rappresentano quasi la metà del totale dei crediti inesigibili.

Anni di standard lassisti riguardo la concessione dei prestiti hanno lasciato le banche italiane impreparate quando il crollo economico di pochi anni fa ha fatto salire il tasso dei fallimenti. In una grande banca, Banca Monte dei Paschi di Siena SpA, le sofferenze erano così ingombranti che è stato creato un team di 700 persone per affrontare tale problema e trovare una soluzione. Alcune settimane fa la banca ha messo in vendita il pacchetto di crediti inesigibili nella speranza che un partner straniero avrebbe accelerato il processo di liquidazione.

Il referendum britannico per uscire dall'Unione Europea ha aggravato le tensioni sulle banche europee e quelle dell'Italia in particolare. Ha messo in pericolo la vendita di Monte dei Paschi, dicono alcuni banchieri, e ha creato nuova incertezza in un momento in cui i creditori sono alle prese con tassi d'interesse bassissimi (anche negativi) e lenta crescita economica.

Il Brexit ha fatto sorgere molte preoccupazioni secondo cui le banche centrali terranno bassi i tassi d'interesse più a lungo di quello che avrebbero fatto altrimenti, nel tentativo di contrastare la crescita lenta — nella zona Euro così come in Gran Bretagna. Le azioni delle banche europee sono calate dopo il voto, quelle in Italia molto di più rispetto alle altre. Sin dal 23 giugno scorso le azioni di Monte dei Paschi sono scese di circa un terzo. Questa situazione rischia d'innescare una crisi di fiducia nelle banche italiane, dicono gli analisti. Anche se l'Italia ha una sola banca classificata come significativa a livello globale in base alle normative bancarie internazionali — UniCredit — alcuni analisti dicono che lo stress bancario peggiorato opo il Brexit potrebbe minacciare la stabilità in Italia e, potenzialmente, anche quella dell'UE.

"Il Brexit potrebbe portare ad una vera e propria crisi bancaria in Italia", ha detto Lorenzo Codogno, ex-direttore generale del Tesoro italiano. "Il rischio di un crollo della zona Euro è chiaramente concreto se le preoccupazioni intorno al Brexit non vengono affrontate immediatamente."

Un rapido excursus sul perché a seguito del Brexit le banche italiane si sono affrettate per ottenere un permesso speciale dall'Europa affinché salvasse le banche locali, poiché il bail-in avrebbe molto probabilmente innescato una corsa caotica agli sportelli.

Quando è arrivata la crisi finanziaria alla fine del 2008, le banche italiane tendevano a rinnovare i prestiti i cui mutuatari non pagavano in tempo, nella speranza che una ripresa economica si sarebbe presa cura del problema. Due anni fa le difficoltà delle banche italiane hanno dato i natali al primo modello di stress test europeo per gestire i guai bancari. Il governo italiano ha chiesto l'autorizzazione all'UE di iniettare €40 miliardi nelle sue banche per stabilizzare il sistema.

Per farlo è necessario infrangere una norma anti-salvataggio adottata nel 2014, la quale costringe i soggetti economici delle banche in difficoltà — azionisti, obbligazionisti e alcuni depositanti — a pagare un prezzo finanziario prima che debbano farlo i contribuenti del paese.

Roma sostiene che la rottura di questa norma rappresenterebbe un piccolo prezzo da pagare per erigere un firewall contro un possibile contagio finanziario derivante dal Brexit. I partner europei dell'Italia, guidati dalla Germania, rifiutano l'idea, lasciando Roma esposta al rischio di una crisi bancaria.

...soprattutto se l'uomo che era responsabile delle banche italiane nel 2008, Mario Draghi, dovesse essere in qualche modo identificato come il responsabile dell'insolvenza del sistema finanziario in Italia. Finora la Merkel è stata contraria ad un salvataggio in piena regola, sapendo che l'ulteriore "rottura delle norme europee" significherebbe semplicemente più denaro sborsato dai contribuenti tedeschi.

E mentre aspettiamo l'esito di questa soap opera, che a partire da ieri sera ha visto dure parole di frustrazione espresse dal primo ministro Renzi e indirizzate a Draghi, ecco alcuni numeri:

Quando nel 2014 la Banca Centrale Europea ha iniziato la supervisione delle più grandi banche della zona Euro, le cose sono diventate più difficili da gestire. Il nuovo supervisore ha applicato criteri più severi per la dichiarazione dei crediti deteriorati rispetto a quelli adottati dalla Banca d'Italia, dicono i banchieri. Ad aprile ha costretto una banca a subire maggiori svalutazioni sui crediti deteriorati, prima che ricevesse la sua benedizione a fondersi con un'altra banca. Il risultato è che i crediti deteriorati delle banche italiane ora superano i €360 miliardi — quadruplicati rispetto al livello del 2008 e continuano ad aumentare.

I tentativi delle banche di scaricare alcuni dei crediti deteriorati sono stati in gran parte un flop, a causa delle discrepanze di valutazioni con i potenziali acquirenti. Le banche hanno svalutato i crediti in sofferenza a circa il 44% del loro valore nominale, ma gli investitori credono che il vero valore sia più vicino al 20% o 25% — il che implicherebbe una svalutazione supplementare di €40 miliardi.

Una delle ragioni per le basse valutazioni è l'enorme difficoltà di liberarsi di un prestito non performante in Italia. I tribunali italiani ci mettono otto anni, in media, per cancellare le procedure di insolvenza. Un quarto dei casi richiede 12 anni. Inoltre, in molti casi, la garanzia del prestito è la casa di famiglia, o l'attività commerciale.

"C'è un disperato bisogno di garanzie collaterali liquide", ha detto Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved Group Credit Management. "In questo momento, siamo bloccati tra aste e procedure giudiziarie che rendono molto difficile riscuotere il prestito."

Il problema è che Roma si trova nella classica situazione "lose-lose":

Con gli investitori che quest'anno hanno inflitto una batosta alle sue azioni, UniCredit ha rimosso il suo amministratore delegato, Federico Ghizzoni. La scorsa settimana, con le sue azioni in calo, s'è affrettata a nominare un nuovo amministratore delegato, Jean-Pierre Mustier, ex-capo del settore corporate e investment banking. Nel più breve lasso di tempo Mustier deve presentare un piano di ristrutturazione convincente e raccogliere fino a €9 miliardi per sostenere la fiducia degli investitori. UniCredit ha rifiutato di commentare. Il governo italiano ha spinto per una soluzione ampia che ricapitalizzasse le banche, quando ha fatto appello alla UE per avere il permesso di iniettare €40 miliardi negli istituti di credito. Il governo italiano sostiene che senza una tale mossa, i problemi bancari italiani potrebbero evolvere in una crisi più ampia.

"Vi è un'epidemia, e l'Italia è il paziente più ammalato", ha dichiarato Pierpaolo Baretta, sottosegretario al Ministero dell'Economia. Se "non fermiamo l'epidemia, diventerà un problema di tutti [...]. Lo shock del Brexit ha creato un senso d'urgenza." La scorsa settimana il primo ministro italiano, Matteo Renzi, ha ricordato il problema durante il suo incontro con il cancelliere tedesco Angela Merkel.

La Commissione Europea, con il forte sostegno di Berlino, ha respinto la richiesta italiana. Alcuni funzionari europei in privato hanno espresso fastidio, perché Roma è stata lenta a trovare una soluzione al suo problema bancario e ne sta pagando il prezzo. Ora, dicono, gli italiani stanno usando il Brexit per avere il permesso di piegare le norme.


Roma ha criticato il sistema bancario dell'UE e non vuole utilizzare le nuove regole del "bail-in", le quali prevedono l'ordine in cui le parti interessate devono sopportare perdite in modo da rimettere in carreggiata una banca in difficoltà. Circa €187 miliardi di obbligazioni bancarie sono nelle mani di investitori retail, i cui valori potrebbero essere spazzati via da una risoluzione adottante le nuove regole del bail-in.

L'anno scorso più di 100,000 investitori in quattro piccole banche italiane hanno visto evaporare i loro investimenti. Alcuni hanno perso i loro risparmi di una vita. La polemica è esplosa il dicembre scorso dopo che mezzi d'informazione italiani hanno riferito del suicidio di un pensionato per aver perso €110,000 di risparmi investiti in una delle suddette banche.

Tali problemi non tangono minimamente Bruxelles. "Ogni nonna ha acquistato azioni bancarie," ha detto un funzionario UE. "Ecco come ci è stata presentata la cosa [...]. Questo lavoro dev'essere fatto nel rispetto delle regole, usando tutta la flessibilità esistente."

In tal caso, "ogni nonna" in Italia ha un grosso problema, ma non così grande come quello di Renzi, perché se inizia la corsa agli sportelli (prima del bail-in), sarà tutto finito per il sistema bancario più insolvente d'Europa.

Infine, mentre quanto finora detto non rappresenta nulla di nuovo — ne abbiamo parlato per oltre 5 anni — finora l'Europa e Wall Street sono riusciti ad ignorarlo. Come mostra l'ultimo report di JPM sui mercati, però, l'attenzione di tutti è ormai focalizzata solo sull'Italia.




[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. pubblico e privato, pari sono

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  2. "Divieto di short-selling nei confronti dei titoli MPS": https://t.co/TZH8KqRyjh

    Ci risiamo, come se dal 2010 non fosse cambiato nulla. Aspettate un momento... non è cambiato nulla! Anzi le cose sono peggiorate. In merito al punto 2 della delibera, nessuno fiaterebbe se il market maker principale, vale a dire la BCE, iniziasse ad incamerare nei suo programma di QE monnezza simile. Inoltre, Renzi ha cercato di sviare le attenzioni dalle banche italiane puntando il dito contro Deutsche Bank e dicendo. Ecco la reazione dei mercati: i CDS di MPS sono schizzati alle stelle. Che banda di cialtroni i burocrati...

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