venerdì 27 ottobre 2017

La Federal Reserve è pronta a restringere il proprio bilancio... ma anche no





di Francesco Simoncelli


Non fatevi raggirare. Negli Stati Uniti esiste un detto che vale molto più di una spiegazione dettagliata dell'attuale stato delle cose: Put your money where yuor mouth is. Ovvero, fai seguire i fatti alle parole. Nel caso nostro è decisamente più calzante la versione americana, perché, oltre a parlare di economia, parleremo anche della FED. In particolar modo, della "grande notizia" emersa durante l'ultima riunione della Federal Resereve: dopo dieci anni di crescita smisurata e successiva stasi, la Yellen ha dichiarato maturi i tempi per una diminuzione del bilancio della banca centrale americana. In realtà tutto il sensazionalismo che la notizia poteva portare con sé era già scemato durante l'estate, visto che già a giugno bisognava partire con la Grande Inversione. Ma, ahimè, la bella stagione porta con sé rilassatezza e quindi è più facile dimenticare ciò che si sente oppure rimandare nel tempo ciò che si poteva fare "oggi". Quindi, quattro mesi, dopo eccoci di nuovo con la bocca aperta a considerare un possibile dumping dei titoli posseduti dalla FED. Ma è davvero così?

Secondo la versione della Yellen il programma è quello di far arrivare determinati titoli, quali le obbligazioni sovrane ed i MBS, a maturazione e poi non sostituirli più con nuovi acquisti. Entro il 2020, quindi, pianifica di abbassare il valore del suo stato patrimoniale da $4,500 miliardi a $3,000 miliardi. Se qualcuno lo stesse pensando, sì, staremmo ancora parlando di un bilancio tre volte superiore a quello del 2007, prima che iniziasse la Grande Recessione.La Federal Rrserve, infatti, non ha fatto altro che impedire alle banche commerciali di svuotare i loro bilanci per entrare in possesso di liquidità e di conseguenza accentuare la domanda di denaro. Non solo, ma il dumping dei titoli in loro possesso avrebbe mandato a gambe all'aria coloro che li avevano emessi.

Cari pensionati, qui si sta parlando anche di voi, perché alla base dei fondi pensioni che erogano mensilmente gli assegni che intascherete, c'è una pila di bond statali che non valgono niente. Il loro valore è tenuto artificialmente in alto grazie alla domanda fasulla generata dalle banche centrali attraverso metodi d'intervento non convenzionali. Perché posso usare l'avverbio "artificialmente"? Perché il tasso d'interesse interbancario è rimasto nel seminterrato della storia economica dall'inizio della Grande Recessione ad oggi. Nessuna banca si fidava dell'altra.

Quindi la liquidità iniettata nel sistema finanziario non ha invaso l'economia più ampia, perché le banche commerciali l'hanno accuratamente mantenuta nel reserve facility della FED dove c'avrebbero addirittura guadagnato un interesse (IOER). La cosa buffa di tutta questa storia è che l'intervento della FED, e successivamente quello analogo della BCE in Europa, ha rastrellato tutti quegli asset considerati "sicuri", mentre ha lasciato il pattume azionario/obbligazionario a tutti coloro che volevano "investire" nei mercati. Il rischio è stato bandito dai mercati e allora gozzovigliare con asset ad alto rendimento è diventata la norma per gli istituti finanziari, affinché a fine anno potessero staccare un rendimento positivo dai loro investimenti.

Dopo aver riconosciuto d'aver sconquassato il mercato secondario, la FED ha "prestato" parte del suo bilancio agli istituti finanziari che ne avevano bisogno attraverso i reverse repo.




Non è un caso se le riserve in eccesso siano scese fino a dicembre scorso e poi siano risalite lungo tutto quest'anno, in concomitanza con la discesa dei reverse repo a gennaio fino ad oggi. Da qui capite, ovviamente, come le banche centrali in generale, quando hanno fatto ricorso al QE, si sono date la zappa sui piedi: non possono prosciugare le riserve in eccesso senza causare una crisi di liquidità; non possono diminuire il loro bilancio senza mandare in bancarotta quelle istituzioni che hanno emesso i titoli precedentemente acquistati. L'attuale strategia, quindi, è quella di consentire agli istituti finanziari di porre come collaterale i titoli "sicuri" e tirare su quanti più prestiti possibile, in modo da prosciugare lentamente le riserve in eccesso e alleggerire lentamente una breve porzione del bilancio (non tutto ovviamente). Problema: i tassi non stanno salendo perché lo dice la FED. Ecco perché la retorica della ripresa economica a tutti i costi è preponderante. È una questione di percezione. È una questione di credibilità. Anche perché, quando arriverà la prossima recessione cosa comprerà la FED per abbassare di nuovo i tassi d'interesse?

Non solo, ma quando arriverà la prossima crisi avremmo un ambiente economico che non ha affatto passato attraverso un processo purgativo degli errori precedenti, accumulandone di nuovi. Infatti il debito totale di settore privato e pubblico negli Stati Uniti è arrivato oggi alla cifra sbalorditiva di $50,000 miliardi, non retrocedendo di un millimetro dal precedente picco e, quindi, aumentandolo. Lasciare che i tassi d'interesse aumentino e snellire il bilancio prevede un'economia in ripresa, con una domanda di credito superiore a quella odierna: se ci pensate è un cortocircuito mentale il seguente, perché significherebbe indebitarsi a tassi d'interesse sempre maggiori, mentre invece il clima finanziario adatto sarebbe quello con tassi bassi.

E come ben sappiamo, il rialzo dei tassi d'interesse è praticamente sempre coinciso con l'introduzione ad una recessione, poiché i progetti improduttivi si svelano come tali dopo il ritorno alla normalità e ad un ambiente economico meno manipolato dall'interventismo centrale. Si tratta quindi della fase di crisi del ciclo economico, dove gli orrori della riserva frazionaria emergono più prorompenti. Per capire meglio, vediamo di analizzare in breve cosa successe durante l'ultima espansione del credito durante la bolla immobiliare USA. Le banche commerciali, in presenza di una attività commerciale in fermento, cercano di trarvi beneficio espandendo il credito attraverso nuovi prestiti. Il guadagno è sui volumi, quindi non c'è bisogno di aumentare i tassi sui depositi perché i prestiti stessi creano i depositi. Gli unici costi sarebbero quelli di gestione, mentre traggono profitto dal business che ha sempre contraddistinto il loro successo: prestare a lungo e prendere in prestito a breve. Quest'ultimo aspetto viene soddisfatto nel mercato interbancario.

Poi, quando i nodi iniziavano ad arrivare al pettine, le banche commerciali ricorrevano all'ingegneria finanziaria attraverso l'emissione di titoli collateralizzati così da impacchettare i prestiti non performanti e venderli ad altri sotto forma di asset tossici. I MBS acquistati dalla FED nei vari giri di QE sono un esempio calzante, ma in tale categoria possiamo infilarci anche i CLO, i CDO, ecc. Questi strumenti finanziari venivano emessi off-budget, mentre adesso la situazione è leggermente cambiata perché le banche commerciali sono strabordanti liquidità grazie alle riserve in eccesso. Il fatto, quindi, che tali riserve possano essere usate per piramidare i nuovi prestiti risulterà un ostacolo al piano della FED di normalizzare le condizioni economiche dell'economia statunitense.

Infatti se la domanda di credito/denaro inizierà a sfuggire di mano, non basterà un mero aumento di un quarto di punto percentuale del tasso d'interesse di riferimento per raffreddarla, bensì servirà un rapido e consistente aumento per tentare di riportare le cose sotto controllo. Una crisi è praticamente sicura. Finora la FED ha fatto credere d'aver bandito il ciclo economico, ma non è così dato che il ritorno alla normalità, in base ai famosi dati in entrata, dovrebbe essere più spedito invece del cammino lento intrapreso finora. Quindi quello della FED è un pio desiderio, cercando di indirizzare a parole il corso del mercato come ha fatto con la "forward guidance".

Fino a questo momento la FED non ha fatto altro che guadagnare tempo mettendo in campo fattori di "controllo" temporanei, come l'utilizzo dei reverse repo, e per niente indirizzati a svolgere il compito professato. È possibile che riesca a portare a maturazione una piccola porzione del suo bilancio, ma la vendita tout court verrà rimandata nel tempo ad ogni meeting. Essendo diventata il market maker sui mercati, ed aver praticamente nazionalizzato l'economia, l'ha messa in una posizione decisamente delicata: controllare troppe cose tutte in una volta. Quando la pianificazione centrale inizia a voler indirizzare il corso dell'economia in questo modo, deve sempre invadere porzioni crescenti dell'economia stessa pena la perdita del controllo. In sintesi la tesi di Mises esposta in Planned Chaos, libro che racchiude l'ascesa e il declino dell'attuale economia "mista".

Non possiamo sapere per quanto tempo e quanto a lungo la FED lascerà che i tassi salgano prima che arrivi una crisi finanziaria, oppure se questa fase del ciclo economico verrà interrotta "inaspettatamente" da una crisi geopolitica e successivamente economica; ciò che possiamo dire con certezza è che quando arriverà, il bilancio della FED sarà ancora ingolfato con asset senza una domanda genuina di mercato.


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