martedì 24 settembre 2019

Addio MAGA! La visibile deriva economica statunitense e il disastro non ancora visibile





di David Stockman


Non direste mai che i repubblicani abbiano vinto le ultime elezioni presidenziali in base a ciò che dichiara la cerchia interna dell'amministrazione Trump. Il tutto si riduce ad un'economia politicizzata, finzione statalista e frenesia keynesiana.

Infatti il capo consulente al commercio, Peter Navarro, ha mostrato esattamente che tipo di economia statalista regni ora alla Casa Bianca. Paul Krugman non avrebbe potuto dirlo meglio. Né avrebbe potuto Paul Samuelson, il presunto padre dell'economia keynesiana del dopoguerra. Per non parlare di J.M. Keynes stesso, che senza dubbio annuisce con approvazione dalla sua tomba.
Sì, secondo queste persone la crescita economica e la prosperità sono sempre un dono dello stato. Senza i suoi stimoli fiscali e gli stimoli monetari delle banche centrali, il capitalismo finirebbe per autodistruggersi.

Una volta i repubblicani erano fermamente contrari a questa premessa. Consideravano giustamente l'intervento statale come il nemico della prosperità, non un aiuto a quest'ultima. Volevano il libero scambio, mercati liberi, una circonferenza fiscale ridotta e un debito federale incatenato. Quest'ultimo sarebbe cresciuto solo durante le emergenze, non perché un tasso di disoccupazione al 3,7% minacciava di salire e rovinare le tornate elettorali.

Questo era il credo del grande presidente Dwight David Eisenhower. Non solo tagliò del 35% il budget della difesa, ma trascorse otto anni a resistere alle richieste di spese e tasse più alte. Insisteva sul fatto che l'onere del debito nazionale dovesse essere ridotto e che i tagli fiscali dovessero essere preceduti da tagli alle spese e dal bilanciando del budget.

La rettitudine fiscale di Ike ha funzionato sia all'interno della Beltway che per Main Street, da costa a costa.

Per quanto riguarda il primo, gli esborsi di bilancio nell'anno fiscale 1953 ereditati da Truman ammontavano a $844 miliardi (potere d'acquisto odierno), mentre nel 1961 erano stati ridotti a soli $808 miliardi.

Proprio così. Eisenhower è stato l'unico presidente dopo Coolidge a ridurre la circonferenza dello zio Sam in termini reali. Ancora più importante, ridusse drasticamente la spesa federale in rapporto al PIL: dal 20% del PIL quando Ike prestò giuramento al 17,9% nel 1961.

Al contrario, il mandato di Bush Jr. è stato il peggiore. Iniziò con un budget per l'anno fiscale 2001 consegnato da Bill Clinton che era il 13% più grande di quello ereditato da Bush Sr. (anno fiscale 1993) e procedette ad attuare il nuovo mantra repubblicano "i deficit non contano".

Bush Jr. aumentò la spesa in dollari costanti ($ 2019) da $2.713 miliardi nell'anno fiscale 2001 a $3.564 miliardi nell'anno fiscale 2008. E qui gli stiamo dando il beneficio del dubbio escludendo il 2009, anno della recessione, ancora ampiamente influenzato dalle sue politiche. Tuttavia durante i primi sette anni gli esborsi federali crebbero del 31%, o di $121 miliardi all'anno. Al contrario, aiutato dalla stampante della FED e dal conseguente boom dotcom degli anni '90, lo stallo fiscale di Clinton/Gingrich portò ad una crescita della spesa reale ($ 2019) di soli $38 miliardi all'anno.

Inoltre neanche il mandato di Obama è stato così disastroso come quello di Bush Jr. in materia di spesa pubblica, perché in nove anni è cresciuta di soli $73 miliardi all'anno (da $3.564 miliardi nell'anno fiscale 2008 a $4.223 miliardi nell'anno fiscale 2017), o solo il 60% rispetto al mandato di Bush Jr.

Fino a quando non è arrivato Donald...

Sulla base delle nostre migliori stime per i vari settori (difesa, non difesa, diritti e spese per interessi), le spese dell'anno fiscale 2020 ammonteranno a $4.780 miliardi.

Si tratta di un aumento del 12% rispetto al bilancio di Obama e ammonta ad una crescita di $185 miliardi all'anno.

Per essere precisi, il suo mandato fino ad oggi è andato dal mese 91 al mese 121 dell'attuale espansione economica e quindi rappresenta l'ambiente fiscale più favorevole mai ereditato da un Presidente neoeletto. Vale a dire, le spese nette per la sicurezza erano al minimo indispensabile e sono diminuite drasticamente in termini reali su base annua
Tuttavia il tasso di crescita della spesa in dollari costanti è stato in media del 4,22% all'anno e non accadeva una cosa simile dagli anni Kennedy-Johnson. In altre parole, la crescita annua delle spese è stata in media:

Donald Trump ......................4,22%;
Barrack Obama .....................1,90%;
Bush Jr. .................................3,97%;
Bill Clinton ...........................1,50%;
Bush Sr. .................................1,69%;
Ronald Reagan ......................2,48%;
Jimmy Carter .........................3,97%;
Nixon-Ford ............................4,10%;
Kennedy-Johnson ..................5,27%;
D. Eisenhower ......................(0,51%).

Ecco il punto: la rettitudine fiscale di Ike non è arrivata a scapito della prosperità di Main Street, come sembrano credere sia i moderni repubblicani, sia i keynesiani della FED e di Wall Street. Durante il mandato di Eisenhower le vendite finali reali crebbero del 3,0% all'anno dopo la fine della recessione postbellica, e il reddito reale mediano delle famiglie passò da $33.281 a $40.821 tra il 1954 e il 1960, o un aumento del 3,6% all'anno (un tasso di aumento mai registrato durante qualsiasi mandato presidenziale prima o dopo).

E questo ci porta all'argomento in questione: l'incessante supposizione di Donald secondo cui la performance dell'economia americana durante i suoi primi 10 trimestri in carica va a gonfie vele, beh, è completamente fasulla.

Vale a dire, la deriva del falso tasso di disoccupazione U-3 verso il basso è sempre avvenuta alla fine di un lungo periodo di 100 mesi più la ripresa economica. Come mostrato nel grafico qui sotto, la stessa cosa è successa nel ciclo di espansione del 1961-1969 che è durato 105 mesi e nel ciclo di espansione degli anni '90, che è durato 119 mesi.

Infatti quando il tasso di disoccupazione scende al di sotto del 4,0%, di solito significa che non rimane molto tempo sull'orologio ciclico. Quindi ciò che è effettivamente garantito è una recessione, non il vanto di poterlo far scendere ancora più in basso.


Naturalmente, questo semplice fatto del vecchio ciclo economico è stato completamente ignorato da Donald, anche se si potrebbe pensare che i suoi molteplici fallimenti aziendali avrebbero potuto sensibilizzarlo di fronte a questa realtà.

Tuttavia la storia ciclica è sempre stata la stessa: una volta raggiunti i massimi livelli di prestazione, ne conseguono sempre delle flessioni.

Infatti l'altra lunga (e da record) espansione rappresentata dal boom dotcom alimentato dalla FED di Greenspan, che è durato 119 mesi, fornisce un avvertimento ancora più marcato rispetto al giro degli anni '60.

All'epoca l'U-3 raggiunse il suo minimo a 3,8% nell'aprile 2000, ma quella che era stata un'economia in forte espansione sarebbe caduta in recessione 11 mesi dopo. E intendiamo davvero in forte espansione: il PIL reale era cresciuto del 4,0% su base annua per 16 trimestri prima dell'aprile 2000.

Inutile dire che neanche gli analisti dell'epoca credevano che sarebbe arrivata una recessione e per un motivo ancora attuale: il crollo del mercato azionario dopo il marzo 2000 è ciò che ha fatto crollare l'economia di Main Street, quando i piani alti delle grandi aziende hanno iniziato a buttare in mare dipendenti, inventari e beni "inattivi" nel tentativo di placare gli dei del trading a Wall Street.

Lo scoppio delle bolle finanziarie alimentate dalle banche centrali rappresenta il nuovo catalizzatore delle recessioni, il che significa che grafici come questo sono indicatori in ritardo del prossimo crash di Wall Street.


Non potrebbe essere più evidente che una volta che una lunga espansione arriva alle sue battute finali, il tasso di disoccupazione U-3 del BLS scenda inesorabilmente. Cioè, la linea rossa (disoccupazione U-3) incarna essenzialmente la gravità ciclica del mondo del lavoro, spinta dalle forze sottostanti della crescita capitalista.

Quindi quello che sta realmente accadendo è che, nonostante l'onere dell'intromissione statale nell'economia, della regolamentazione, della tassazione, del debito e della stampa di denaro, il capitalismo è andato avanti da quando Donald è inciampato nell'Ufficio Ovale a causa delle strane elezioni del 2016.

Nonostante le notizie della Fox e della CNN, i lavoratori, gli uomini d'affari, gli imprenditori, gli inventori, gli innovatori e gli investitori hanno spinto in avanti l'economia americana, con vendite finali reali (che escludono dal PIL oscillazioni degli inventari a breve termine) in aumento al 2,74% annuo.

E questo è solo leggermente peggio di quello che sono stati in grado di realizzare all'epoca delle politiche di Obama, quando le vendite finali reali sono cresciute ad un tasso annuo del 2,87% durante gli ultimi 10 trimestri del suo mandato.

Allo stesso modo, durante i primi 31 rapporti mensili sul lavoro da quando Donald è in carica, il cosiddetto numero di posti di lavoro creati ha una media di 193.000 al mese rispetto ai 220.000 al mese negli ultimi 31 mesi di Obama.

Detto in altro modo, né Donald né Obama avevano nulla a che fare con questi risultati, ma rappresentavano la performance economica standard di Main Street. Questi risultati mediocri sono stati il lavoro del capitalismo che è avanzato contro i blocchi dell'intervento statale.

Quindi i risultati visibili di cui Donald si vanta sono una truffa. Praticamente sta rivendicando il credito per il fatto che il sole sorga ogni mattina.

Ma ciò che si trova di sotto, la parte più invisibile, è un disastro politico. La politica assolutamente sbagliata in qualsiasi momento nel ciclo economico e creditizio è la guerra commerciale, la dissolutezza fiscale e la svalutazione monetaria; e nelle attuali circostanze tali politiche equivalgono ad un disastro epico in via di sviluppo.

Infatti ciò che sta accadendo nell'arena politica non è più nemmeno così invisibile. Durante le due settimane successive all'abominevole accordo sul tetto del debito, il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti ha preso in prestito l'incredibile cifra di $363 miliardi, essenzialmente per pagare i conti che erano stati accantonati quando l'ultima sospensione del tetto del debito era scaduta a marzo.

In ogni caso, il debito pubblico netto è ora aumentato di $2.700 miliardi durante i 31 mesi di mandato di Donald, e anche questo è un ritmo record in un momento in cui ogni canone di politica fiscale keynesiana ed insegnamento della brigata JM Keynes, Paul Samuelson, Paul Krugman dovrebbe essere abbandonato o scomparire del tutto.


Quindi l'idea stessa di vantarsi dei dati di un'espansione economica di 121 mesi gravemente indebolita e di una speculazione alimentata da un bull market di 124 mesi, puzza di sbalorditiva ingenuità politica.

È come se Donald si portasse dietro un piatto e si chiedesse esattamente dove posizionare la testa, una domanda a cui troverà risposta abbastanza presto.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


1 commento:

  1. Questa storia ci permette di capire meglio come funziona il mondo delle bolle: come viene immessa più aria e come diventa sistemica. Grazie alle già ben note ingenti iniezioni di liquidità delle banche centrali, tale denaro è finito principalmente nel circuito finanziario dove ha alimentato una folle mania per titoli di dubbia produttività. Non è un caso che siano state avviate IPO da capogiro con ritorni iniziali stratosferici e poi si siano dimostrate delle tigri di carta. Un caso ad hoc è Tilray. Un altro caso è WeWork, un'attività il cui bilancio è un fiume di sangue visto che l'anno scorso per ogni dollaro guadagnato ne ha persi due. Ora Softbank vuole esporsi ulteriormente nei confronti di questo gigantesco incubatore di rendimenti decrescenti e quadruplicare la sua scommessa. Piuttosto che riconoscere l'assenza di una domanda genuina di mercato per WeWork, si vuole tenere in vita con nuovi fondi sottraendoli a potenziali attività che avrebbero fatto meglio e li avrebbero messi a miglior frutto rispondendo alle esigenze reali degli attori di mercato (e non prima agli stockholder).

    Quindi abbiamo un'attività zombie mantenuta a supporto vitale grazie alla solvibilità di un'altra attività, la quale può utilizzare la propria credibilità per accendere ulteriori prestiti e più rischiosi. Il filo conduttore che si instaura è internazionale, dove non si capisce più dove inizino gli asset reali di un'azienda e dove inizino i debiti. In questo caos fermare l'allentamento monetario significa creare una serie di fallimenti a catena (salutari per il mercato, aggiungo) che andrebbero a ripulire tutti quegli errori di valutazione commessi in precedenza. Il problema per le banche centrali e gli stati è che ci vanno di mezzo i protetti dal loro cartello. Quindi si prosegue lungo la strada di questa gigantesca ridistribuzione dei risparmi reali verso attività che li sprecheranno, in attesa di un "miracolo" e che col tempo le cose cambino. Su questo si basano le attuali politiche di figure presumibilmente onniscienti come banchieri centrali e policymaker: aspettare e pregare. Finché, un bel giorno, come diceva Margaret Thatcher, i soldi degli altri finiscono.... o per meglio direi i risparmi degli altri...

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