lunedì 20 gennaio 2020

Come Trump ha assassinato l'America

La maggior parte delle persone si è concentrata sulla figura del generale iraniano assassinato. Patriota? Carnefice? Chi lo sa... sta di fatto che i motivi alla base di questi e di futuri attacchi è una sola: il dollaro USA. Non bisogna smettere di guardare il quadro più ampio. La propensione degli Stati Uniti per i deficit di bilancio ha fatto emergere un grosso problema nella loro gestione: vendita di un sacco di debito pubblico o monetizzazione dello stesso. E se non ci fosse abbastanza domanda globale? Ciò significherebbe che gli Stati Uniti dovrebbero pagare più interessi sul proprio debito, oppure potrebbero monetizzarlo attraverso la banca centrale. Inutile dire come quest'ultima "soluzione" distruggerebbe il valore del dollaro. Quindi gli Stati Uniti hanno capito che dovevano trovare il modo di impedire che l'eccesso di dollari e debito ne distruggesse il valore. L'hanno trovato attraverso la politica estera. Un pezzo importante di questa strategia è stata la costante alleanza con l'Arabia Saudita, il più grande produttore mondiale di greggio dalla metà degli anni '70 al 2018 (quando gli USA poi l'hanno superata). Però man mano che la Cina e la Russia lavorano sempre più per indebolire il dollaro e la sua posizione geopolitica, piccoli Paesi come l'Iran diventeranno ancora più importanti nella spinta degli Stati Uniti a conservare lo status quo del dollaro. Ma resta da vedere per quanto tempo possano continuare su questa linea...
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di David Stockman


Secondo la logica contorta di Washington si potrebbe dire che gli iraniani se la siano andata a cercare. Dopotutto hanno avuto il coraggio di piazzare il loro Paese proprio nel mezzo di 35 basi militari statunitensi!

Però qualcuno più sano di mente potrebbe chiedere: cosa diavolo sta facendo Washington con una massiccia impronta militare in una regione e in una serie di Paesi arretrati che non hanno praticamente alcun impatto sulla sicurezza e la libertà della sua patria?

Gibuti? Oman? Kyrgyzstan? Uzbekistan? Afghanistan? Bahrain? Kuwait? E sì, Iraq e Iran?

Washington ha distrutto il penultimo senza una ragione, basandosi su grandi bugie per quanto riguarda le armi di distruzione di massa inesistenti di Saddam e la presunta base di al-Qaeda. Ciò ha trasformato l'Iraq in un inferno che pulsa di attriti settari e rimostranze anti-americane, anche quando Baghdad è caduta sotto il controllo dei politici e delle milizie sciite amiche dell'Iran.

Allo stesso tempo, l'Iran stesso non rappresenta una minaccia per la patria americana. Il suo piccolo PIL da $350 miliardi equivale a 6 giorni di produzione annua negli Stati Uniti e il suo budget della difesa da $20 miliardi è equivalente a quello che il Pentagono spreca ogni 8 giorni.

Militarmente non ha una marina, un'aeronautica che sembra uscita da un museo della guerra fredda e una forza missilistica a corto e medio raggio che è dedicata alla difesa e alla deterrenza nella regione, non ad un attacco agli Stati Uniti.

I suoi circa 300 aerei, ad esempio, includono 175 US F-4, F-5, F-14, elicotteri e trasportatori acquistati dallo Shah negli anni '70 e tenuti insieme con scotch e gomma da masticare. Dispone inoltre di circa 60 aerei MiG-29 e Sukhoi Su di epoca sovietica, oltre a qualche decina di aerei europei e cinesi dal design prevalentemente antico.


Allo stesso modo, anche il suo missile da crociera di medio raggio più avanzato (Soumar) riesce a malapena a raggiungere Roma, in Italia, per non parlare di Roma in Georgia.

Come è evidente dai cerchi gialli, verdi, rossi e neri sulla mappa qui sotto, che rappresentano il raggio di azione di ciascun missile, la stragrande maggioranza della forza missilistica dell'Iran ha un raggio di 500 miglia o meno. Questi missili sono in grado di colpire obiettivi nelle immediate vicinanze del Golfo Persico, o più o meno nella stessa area che comprende le 35 basi militari americane mostrate nel grafico sopra.

Detto in altro modo, le capacità militari estremamente modeste dell'Iran non rappresentano affatto una minaccia per la patria americana. Servono sostanzialmente a difendersi nel proprio quartiere, dove Washington è intervenuto e che occupa con enorme potenza di fuoco e intenzioni ostili da decenni.


In ciò, ovviamente, si capiscono molte cose. Più di 13 anni dopo l'impiccagione di Saddam, gli Stati Uniti hanno ancora più di 30.000 truppe e appaltatori nelle immediate vicinanze del Golfo Persico. Ma perché?

Non può essere dovuto all'ISIS. Lo Stato Islamico non è mai stato niente di più che un numero insignificante di città e villaggi polverosi sull'Alto Eufrate, a cavallo tra l'Iraq occidentale e la Siria nord-orientale, comunque destinato a crollare sulla scia della sua follia barbarica; e che è stato sbaragliato dall'aeronautica russa, dai militari di Assad e dalle forze della milizia sciita organizzate dallo stesso maggiore generale Soleimani.

Dovrebbe essere ovvio ormai che non è nemmeno per il petrolio. Al momento gli Stati Uniti stanno producendo quasi 13 milioni di barili al giorno e sono i principali produttori mondiali di petrolio (staccando l'Arabia Saudita e la Russia); e attualmente sono esportatori di greggio per la prima volta in tre quarti di secolo.

Inoltre la Quinta Flotta USA non è mai stata la soluzione alla sicurezza petrolifera. La cura per i prezzi elevati sono i prezzi elevati, come dimostrano dal boom dello scisto americano e canadese.

E la strada per la stabilità dell'industria petrolifera mondiale è un commercio pacifico, perché praticamente ogni regime, indipendentemente dalla politica e dall'ideologia, ha bisogno di tutte le entrate petrolifere che può raccogliere per finanziare il proprio governo e mantenere la sua popolazione ragionevolmente tranquilla.

Certamente non esiste un caso migliore di quello dell'Iran stesso, con un'economia gravata da decenni di guerre, sanzioni, mal governo e una popolazione di 80 milioni che aspira ad un tenore di vita occidentale.

Se lasciato in pace, Teheran avrebbe prodotto 5 milioni di barili al giorno dalle sue abbondanti riserve, a malapena un decimo della sua scarsa produzione attuale dovuta alle sanzioni di Washington.

Quindi se non si tratta dell'ISIS o del petrolio, perché Washington continua a mettere in pericolo le 35 basi visualizzate nel grafico sopra e migliaia di truppe statunitensi e altro personale nella regione?

Perché Donald non è stato in grado di riportare a casa le forze come ha spesso proclamato?

La risposta, ovviamente, è che la politica estera del governo degli Stati Uniti è controllata da neocon anti-iraniani e dai fanatici dei cambi di regime. Siamo ancora in Siria non per combattere l'ISIS, che è sparito ormai, ma per bloccare la rotta terrestre dell'Iran verso i suoi alleati in Siria e Libano (Hezbollah); e rimaniamo in Iraq esclusivamente per usarlo come base per gli attacchi clandestini statunitensi e israeliani contro suddetti alleati.

Questi attacchi istigati o condotti da Washington contro gli alleati iraniani sono il motivo per cui vi è una crescente pressione nel governo iracheno affinché gli Stati Uniti se ne vadano. Queste pressioni diventeranno ora schiaccianti alla luce del bombardamento americano di cinque campi del PMF (forze di mobilitazione popolari), milizie sciite che sono state integrate nell'esercito iracheno e che sono sotto il comando del suo primo ministro e di Soleimani.

A dire il vero, la scelta degli alleati dell'Iran non ha nulla a che fare con la sicurezza della patria americana: nessuno dei governi sovrani in Libano (dove Hezbollah è il principale partito politico), in Siria e persino in Iraq (che a quanto pare è alleato degli Stati Uniti) ha protestato contro questi accordi basati sulla confessione (sciita) ed i benefici che ne derivano.

Questo perché la cosiddetta mezzaluna sciita è un bau-bau inventato da Bibi Netanyahu ed è la scusa per la sua isterica politica estera anti-iraniana. Quest'ultima non è nemmeno intesa a migliorare la sicurezza di Israele, ma è una strategia per diffamare un "nemico lontano" in modo da tenere unita la sua coalizione di destra e continuare a governare.

Allo stesso modo, l'avidità e l'appetito per il potere da parte del complesso militare degli Stati Uniti sono così voraci da farli accettare tutte le missioni in qualsiasi parte del pianeta, non importa quanto siano stupide, futili o immorali (come nel caso dei 19 anni in Afghanistan).

Di conseguenza Washington cospira per mantenere attive le 35 basi nel Medio Oriente e per innescare azioni come l'assassinio del principale leader militare iraniano al fine di mantener viva la minaccia ed alimentare periodicamente tensioni e contrattacchi che mantengono in vita le missioni e le forze schierate.

Washington ha demonizzato, ostracizzato e attaccato economicamente l'Iran per decenni, e ora sta letteralmente cercando di distruggere la sua economia e società attraverso le sanzioni economiche e la sua campagna di "massima pressione" che mira a portare il destino di Saddam Hussein e Muammar Gheddafi ai leader di Teheran.
L'attuale campagna di sanzioni di Washington contro l'Iran è così aggressiva e brutale che costituisce una guerra sotto mentite spoglie.
Quando si circonda una nazione sovrana con un'armata militare terrestre, marittima e aerea e poi si dichiari una guerra economica vera e propria con un obiettivo a malapena camuffato di cambio di regime, bisogna combattere come si può.

Ecco perché la dichiarazione del Segretario di Stato Pompeo che giustifica l'atto di aggressione di Donald è orribile.

Washington sta mettendo a rischio l'intera nazione dell'Iran e lo sta facendo senza alcuna provocazione iraniana contro la sicurezza della patria americana.

Ora le cose andranno fuori controllo, perché il regime iraniano si vendicherà per la morte di Soleimani. Eliminando quest'ultimo Donald ha anche vaporizzato ogni possibilità di attuare la politica "America First" su cui ha sempre insistito e ragione per cui è finito nell'Ufficio Ovale.

L'unica cosa decente che Obama abbia fatto sul fronte della politica estera è stato l'accordo sul nucleare con l'Iran. In base a quest'ultimo l'Iran rinunciava ad una capacità di armi nucleari che non aveva mai avuto o voluto e si vedeva restituire miliardi di dollari congelati (che appartengono in primo luogo a Teheran), sottoponendosi ad una serie di ispezioni e controlli internazionali da cui persino Houdini non avrebbe potuto liberarsi.

Ma Donald ha stracciato questo accordo, non perché l'Iran l'abbia violato, ma perché i neocon (guidati da quel ritardato di Jared Kushner) gli hanno mentito riguardo ai presunti difetti.

L'attuale aggressione contro l'Iran sta rapidamente diventando la decisione più demente e vergognosa di Washington, perché sta mettendo inutilmente in pericolo i suoi cittadini e intrappolando il loro leader in un ciclo di violenza infinita.

Donald è ora l'ennesimo presidente americano intrappolato nel tipo di trappola che da sempre è risultato il modus operandi dell'Impero prima di tutto e tutti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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