giovedì 23 gennaio 2020

La “Regola sull'origine” dimostra perché gli accordi commerciali non sono libero commercio





di Robert P. Murphy


Ludwig von Mises disse che le persone devono scegliere tra socialismo e capitalismo senza ostacoli, perché non esiste una "via di mezzo" coerente tra i due. Il presunto compromesso di uno stato altamente interventista, in cui le autorità riconoscono la proprietà privata ma emanano editti che regolano il modo in cui i proprietari possono usarla, è instabile. Mises sosteneva che l'interventismo porta a conseguenze persino peggiori del problema originale, spingendo ad un maggiore interventismo.

Durante i dibattiti sull'Obamacare ho sottolineato quanto fosse pertinente la lezione di Mises: non potevamo ottenere le "parti buone" dell'Obamacare (come la copertura universale) senza le "parti cattive" (come il mandato individuale e gli imponenti aumenti delle tasse). Quando poi guardiamo alle controversie odierne sul commercio con la Cina, ancora una volta le intuizioni di Mises sono preziose. Non si possono imporre dazi punitivi sulla Cina e lasciare le altre rotte commerciali relativamente libere, perché i cinesi spediranno le loro esportazioni verso una rotta più tortuosa. I cinesi devono decidere se abbandoneranno i tentativi di gestione coercitiva degli scambi, o prepararsi ad una pianificazione top-down ancora più ampia del commercio globale.



Mises e il latte

L'esempio standard di Mises riguardo un intervento che porta ad un altro era il controllo dei prezzi del latte. Supponiamo che il governo voglia rendere il latte più economico per le famiglie povere. Può imporre severi controlli sui prezzi, ma se questo limite di prezzo viene imposto nel contesto di un'economia di mercato altrimenti libera, il risultato immediato sarà una carenza di latte. Ora non ci saranno più famiglie povere che lottano per permettersi il latte, i negozi non venderanno più latte. A questo punto il governo può ammettere il suo errore e ritirarsi, oppure può imporre ulteriori controlli sui prezzi, questa volta sui mangimi per bestiame ad esempio, al fine di convincere i produttori di latte a rifornire nuovamente il mercato. Tuttavia questo secondo giro di intervento porta a conseguenze ancora più indesiderabili, e così via.



La lezione di Mises applicata al commercio internazionale

Nel dibattito sul libero scambio possiamo osservare un fenomeno simile. L'amministrazione Trump è impegnata in una guerra commerciale contro la Cina, imponendo dazi sulle sue importazioni nel tentativo di portare Pechino al tavolo della contrattazione. Tuttavia le restanti tasche del libero commercio ne ostacolano l'effetto a causa del fenomeno del "trasbordo", in cui la Cina esporta i suoi beni in un Paese terzo dal quale poi possono essere venduti negli Stati Uniti senza penalità. Come ha riportato un recente articolo del WSJ, intitolato "I dazi americani sulla Cina sono stati smorzati dai trucchi commerciali":
Miliardi di dollari di beni fabbricati in Cina, e soggetti a dazi doganali dall'amministrazione Trump nella sua lotta contro Pechino, stanno entrando lo stesso negli Stati Uniti attraverso altri Paesi in Asia, in particolare il Vietnam, secondo i dati commerciali ed i funzionari stranieri.

E così vediamo la rilevanza del monito di Mises: l'obiettivo dell'intervento iniziale, la riscossione dei dazi sulle importazioni cinesi, era di danneggiare gli esportatori cinesi e quindi convincere i funzionari del governo cinese a soddisfare le richieste americane. Ma gran parte dell'effetto previsto è stato disattivato a causa del trasbordo.

A questo punto i funzionari americani possono ammettere che il loro approccio era sconsiderato e smettere di usare le tasse come un modo per rendere di nuovo grande l'America; oppure possono espandere la guerra commerciale contro la Cina per includere un ampio monitoraggio del contenuto delle merci provenienti da ogni altro Paese sulla Terra.



La “Regola sull'origine” negli accordi commerciali

Questa non è un'iperbole, perché come ha spiegato Ryan McMaken gli accordi commerciali speciali (come il patto degli Stati Uniti con l'America centrale) hanno delle clausole che indicano che solo merci qualificate possono sfuggire ai dazi. McMaken ha evidenziato questo passaggio da una FAQ sull'accordo CAFTA-DR (Accordo di libero scambio tra America centrale-Repubblica Dominicana-Stati Uniti):
In che modo il mio prodotto può qualificarsi per usufruire del CAFTA-DR?

Il prodotto deve essere qualificato come un bene "originario" ai sensi dell'Accordo. Ciò significa che il prodotto deve disporre di contenuti o elaborazioni USA, nicaraguensi, guatemaltechi, honduregni, salvadoregni, costaricani e/o domenicani sufficienti per soddisfare i criteri dell'accordo. Se le merci contengono solo input di Stati Uniti, o dell'America centrale, o della Repubblica Dominicana, allora sono idonee. Se contengono alcuni input di altri Paesi, potrebbero comunque essere idonei se soddisfano criteri specifici stabiliti nelle Regole sull'origine dell'Accordo. Ogni prodotto ha una regola unica, basata sulla sua classificazione tariffaria. La maggior parte delle regole richiede che gli input non originari subiscano una trasformazione specifica attraverso l'elaborazione negli Stati Uniti, o in uno o più degli altri Paesi firmatari (metodo del cambio di tariffa), e/o che abbiano un livello sufficiente di contenuto originario determinato mediante una formula (metodo del contenuto del valore regionale).

E ora vediamo perché un "accordo di libero scambio" non è un indice che dichiara: "I dazi sul Paese X sono pari allo 0%, tre urrà per Bastiat!" Questi sono accordi commerciali pianificati centralmente, con centinaia di pagine dedicate a dettagli e regolamenti.



Conclusione

Come Mises ha sottolineato più volte, le persone devono decidere se abbracciare il capitalismo o il socialismo. Non esiste una terza via in cui possiamo godere del dinamismo dei mercati evitando i loro "eccessi" attraverso interventi strategici. Nel caso dei dazi, in particolare quando l'obiettivo non è una fonte di entrate ma piuttosto il raggiungimento di una posizione di contrattazione con un determinato Paese, una politica che si indirizza ad esso si guasterà presto, perché il Paese di destinazione può semplicemente spedire le sue esportazioni tramite altri canali. (Questo stesso problema si verifica nel caso della "carbon tax" su quei Paesi che non puniscono gli emettitori di gas serra nella stessa misura del Paese originale.)

L'unico punto logico è che un Paese deve tenere traccia dell'intera rete di flussi commerciali e imporre dazi appropriati di conseguenza. Piuttosto che questo incubo bizantino, sarebbe più saggio gettare la spugna e provare un'altra strategia per raggiungere i loro obiettivi. Il libero commercio unilaterale renderebbe gli americani più ricchi e il nostro esempio potrebbe eventualmente ispirare altri stati a garantire ai loro cittadini una maggiore libertà economica.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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