lunedì 27 gennaio 2020

Trump e l'assassinio di Soleimani: un'azione stupida





di David Stockman


Durante più di mezzo secolo in cui Washington ha vigilato sul mondo abbiamo visto picchi crescenti di stupidità. Ma nulla è paragonabile alla "politica" di Donald riguardo l'Iran, culminata con l'assassinio insensato del suo principale leader militare ed eroe della cosiddetta rivoluzione islamica, il maggiore generale Qassem Soleimani.

Ad essere chiari, non vogliamo affatto elogiare il morto. Come la maggior parte dei generali di qualunque esercito (incluso quello americano), era un assassino a sangue freddo.

E in questi tempi di guerra basati sui droni, i generali tendono ad uccidere più civili che combattenti. Le milioni di vittime civili sin dagli anni '60 per mano di generali statunitensi lo confermano sicuramente.

D'altra parte, anche i compagni con cui Soleimani ha combattuto nel corso dei decenni non erano stinchi di santo. In ordine sequenziale, i combattenti armati da Saddam Hussein e George W. Bush, i jihadisti sunniti dell'ISIS e le forze aeree israeliane e saudite, che proprio in questo momento stanno facendo piovere bombe e missili su alleati e delegati iraniani in Siria, Libano e Yemen.

L'unica ragione per cui questi anni di combattimento sono descritti dai media generalisti come prove del terrorismo iraniano è che i neocon lo hanno dichiarato. Cioè, agli occhi di Washington all'Iran non è permesso avere una politica estera e le sue alleanze con i correligionari principalmente sciiti in Iraq, Siria, Libano e Yemen sono presumibilmente di per sé schemi di aggressione e terrorismo, garantendo qualsiasi ritorsione, tra cui l'assassinio dei suoi più alti funzionari.

Ma questa è solo una colossale assurdità e arroganza imperialista. Il governo di Assad in Siria, il più grande partito politico in Libano (Hezbollah), la popolazione dominante dello Yemen settentrionale (Houti) e una parte significativa delle forze armate irachene rappresentate dalle milizie sciite (PMF o forze di mobilitazione popolari) non sono meno civilizzati e non più soggetti alla violenza settaria di chiunque altro in quella regione. Ed i tagliagole dell'ISIS sono stati tutti insurrezionisti jihadisti sunniti, non governi e partiti politici a base sciita.

La verità è che l'America non ha nulla a che spartire nella faida tra sciiti e sunniti, che ormai dura da 1300 anni. E quando si parla di propagazione delle forze terroristiche in Europa o in America, la storia recente è assolutamente chiara: il 100% di tutti gli episodi terroristici islamici negli Stati Uniti da quando sono iniziati negli anni '90 sono stati perpetrati o ispirati dai jihadisti sunniti, non dall'Iran o dai suoi sciiti alleati nella regione.

Quindi dobbiamo essere diretti: l'aggressione nella regione del Golfo Persico negli ultimi tre decenni ha avuto origine nel nido di vipere neocon di Washington DC e tra i delegati, i collaboratori e gli incaricati di Bibi Netanyahu. E la forza motivante è sempre stata la ricerca del cambio di regime, prima in Iraq e poi in Siria e Iran.

Inutile dire che Washington ha istigato un "cambio di regime", cosa che tende a provocare una determinata autodifesa e una controreazione violenta. Quindi la verità è che la cosiddetta mezzaluna sciita non è un'alleanza di terroristi che infliggono violenze sfrenate alla regione; è una lega di oppositori al cambiamento di regime e combattenti armati che hanno scelto di dire "No" agli schemi imperiali di Washington.

Quindi, eliminando Soleimani, Trump non stava sferrando un colpo contro il "terrorismo", stava solo intensificando l'aggressività del cambiamento di regime di Washington nella regione, rischiando così uno scoppio di violenza ancora maggiore e forse una catastrofica conflagrazione nel Golfo Persico, da dove passa quotidianamente un quinto del petrolio mondiale.

E ora Donald ha vanificato il suo intento di ritirare le forze americane dal Medio Oriente, la stessa piattaforma su cui ha fatto campagna elettorale nel 2016. Ora ci sono oltre 50.000 militari statunitensi nella regione del Golfo Persico e decine di migliaia di altri appaltatori, delegati e mercenari. Dopo l'assassinio di Soleimani, quel numero può solo salire.


Facendo fuori Soleimani Donald non ha vendicato le vittime innocenti dell'aggressione iraniana, americani o altro, ha solo dato una scusa in più per esistere all'antiamericanismo nella regione, che i sanguinosi interventi di Washington hanno generato nel corso dei decenni e che ora si intensificherà.

A volte un'immagine dice più di mille parole e quella della processione funebre di Teheran si fa beffe dell'affermazione idiota del segretario Pompeo secondo cui il Medio Oriente è ora più sicuro di prima.


Il punto qui è che Washington ha diffamato in modo così implacabile l'Iran e falsificato la narrativa del Medio Oriente che il lato iraniano della storia è stato completamente ignorato.

Non che il regime iraniano controllato dal mullah sia composto da qualcosa che assomigli ad una democrazia. Una delle grandi disgrazie degli ultimi quattro decenni è che il popolo iraniano non è stato in grado di liberarsi dalle catene culturali e religiose imposte da questo regime teocratico, incapace quindi di sfuggire all'arretratezza economica e all'incompetenza di ciò che è essenzialmente un governo di chierici autoritari.

L'ostilità seminata da Washington e le minacce al regime iraniano, però, non fanno altro che accendere il nazionalismo e indurre la popolazione a sostenere il governo iraniano.

Peggio ancora, le fondamenta patriottiche di questo sentimento pro-regime sono completamente ignorate da Washington, a causa della sua falsa narrativa sulla storia post-1979. Tuttavia, agli occhi del popolo iraniano, le forze Qud e Soleimani passano per valorosi difensori della nazione.

Soleimani s'è guadagnato la sua popolarità sul campo di battaglia negli anni '80, contro con la forza aerea di Saddam Hussein. E Saddam era l'invasore le cui bombe chimiche avevano un'accuratezza particolarmente micidiale contro i giovani soldati iraniani, spesso a malapena armati poiché chiamati ad individuare i bersagli per l'aviazione americana (una depredazione che gli iraniani conoscono bene, anche se ai giorni nostri Washington finge di non sapere).

Poi, dopo che Bush Jr. ha riversato su Baghdad la sua macchina da guerra, è emerso che la maggioranza della popolazione sciita della nazione non ha fatto molto per essere "liberata" da Washington. Infatti gli elementi più radicali della comunità sciita irachena a Sadr City e in altre città dell'Iraq centrale e meridionale hanno imbracciato le armi durante il 2003-2011 contro quelli che percepivano come gli "occupanti" americani, perché... beh... era il loro Paese.

Inutile dire che gli sciiti in Iran erano più che pronti a fornire aiuto agli sciiti iracheni nella loro lotta contro quello che da allora sarebbe stato percepito come il nemico mortale dell'Iran. Dopotutto, un anno prima che Bush Jr. iniziasse la follai della seconda guerra del Golfo nel marzo 2003, i suoi consiglieri neocon dementi, guidati da David Frum, avevano inventato un baubau chiamato Asse del Male, che includeva l'Iran, e lo aveva contrassegnato come il bersaglio successivo.

Ma l'idea che il popolo iracheno, e in particolare la sua maggioranza sciita, avrebbe ballato per le strade per accogliere l'esercito americano, è solo propaganda infondata del Partito della Guerra.

Detto in altro modo, Washington ha inviato 158.000 combattenti in un Paese che non aveva mai minacciato la sicurezza della patria americana, o ospitato i suoi nemici, e che non aveva la capacità di farlo in nessun caso. Ma contrariamente alle rassicurazioni di Rumsfeld, Cheney e del resto degli sciacalli neocon intorno a Bush, questi combattenti statunitensi sono stati presto considerati "invasori", non liberatori, e hanno incontrato resistenza da un'ampia varietà di elementi iracheni, compresi i resti del governo e dell'esercito di Saddam, i jihadisti sunniti radicalizzati e una vasta gamma di politici, religiosi e milizie sciite.

Il più importante tra questi era il clan Sadr, emerso come tribuna delle comunità sciite espropriate nel sud a Baghdad. Sono saliti alla ribalta dopo che Bush Sr. ha esortato gli sciiti a insorgere contro Saddam dopo la Guerra del Golfo nel 1991, e poi li hanno lasciati al loro destino.
Nessun supporto USA si è materializzato quando la repressione indiscriminata del regime sulla popolazione ha sistematicamente arrestato e ucciso decine di migliaia di sciiti e distrutto santuari sciiti, centri di apprendimento, città e villaggi. Secondo testimonianze oculari, i carri armati baathisti furono dipinti con messaggi come "Nessuno sciita dopo oggi", le persone furono impiccate ai pali elettrici ed i carri armati investirono donne e bambini per le strade.

Da questo orrore è emerso Mohammad Mohammad Sadeq al-Sadr, il fondatore del movimento Sadrist che oggi, sotto la guida di suo figlio Muqtada, costituisce il più potente movimento politico iracheno. Dopo il crollo del regime baathista nel 2003, il movimento Sadrist ha formato la propria milizia, nota come Jaysh al-Mahdi, o Esercito Mahdi.

Ma l'Esercito Mahdi era nato lì; era arabo, non persiano, e stava combattendo per le proprie case e comunità, non per gli iraniani, i Qud o Soleimani. Infatti i sadristi si sono opposti fortemente all'influenza iraniana tra gli altri gruppi dissidenti sciiti, tra cui la brutale Brigata Badr e il Consiglio supremo per la rivoluzione islamica (SCIRI).

I 603 militari statunitensi che secondo il Pentagono sono stati uccisi dagli iraniani, in realtà sono vittime delle rivolte dell'Esercito Mahdi nel periodo 2003-2007. Questi attacchi erano guidati da Muqtada al-Sadr.

L'impennata delle morti statunitensi all'epoca è stato il risultato diretto della famigerata campagna del generale David Petraeus. Aveva preso di mira l'Esercito Mahdi di al-Sadr nella speranza di indebolirlo. A partire dalla fine di aprile 2007, gli Stati Uniti hanno lanciato dozzine di operazioni militari volte esclusivamente a catturare o uccidere ufficiali dell'Esercito Mahdi, facendo sì che resistesse con forza a quei raid e imponesse vittime crescenti alle truppe statunitensi.

Così, tra la nebbia di due decenni e la propaganda neocon, come hanno fatto l'Iran e Soleimani ad essere etichettati più e più volte come "assassini di americani" come se avessero attaccato innocenti a Manhattan?

È solo il vecchio adagio secondo cui l'Iran è la fonte delle potenti bombe chiamate Explosively Formed Penetrators (EFP), utilizzate da molte delle milizie sciite e dai jihadisti sunniti nella provincia di Anbar. Eppure questa affermazione è stata smentita più di un decennio fa dalla prova, quando l'Esercito Mahdi e altre milizie sciite stavano prendendo le loro armi non solo dagli iraniani, ma da qualsiasi luogo possibile, oltre a fabbricare le proprie.

D'altra parte, ciò che le forze iraniane di Qud hanno realizzato in Iraq e in Siria è stato praticamente cancellato dalla narrativa mainstream. Per intenderci, sono stati in prima linea nell'eradicazione dello Stato Islamico.

Infatti in Iraq è stato il traballante esercito nazionale iracheno che Washington ha messo in piedi al costo di miliardi che è battuto in ritirata quando l'ISIS è emerso nella provincia di Anbar nel 2014. Così facendo s'è lasciato alle spalle migliaia di veicoli corazzati statunitensi, artiglieria mobile e persino carri armati, oltre a pistole e munizioni, permettendo allo Stato Islamico di prosperare brevemente e soggiogare diversi milioni di persone in tutta la Valle dell'Eufrate.

Inoltre è stato Washington ad addestrare, equipaggiare, armare e finanziare i cosiddetti ribelli anti-Assad in Siria, i quali hanno indebolito e distrutto così tanto Damasco che lo Stato Islamico è stato in grado di riempire brevemente il vuoto di potere e imporre la sua barbarie ai cittadini di Raqqa e dintorni. E lo ha fatto con armi catturate o vendute all'ISIS dai cosiddetti ribelli moderati.

Al contrario, il panico in Iraq durante il 2014-2015 è stato fermato quando gli iraniani su invito del governo sciita di Baghdad hanno contribuito ad organizzare e mobilitare le milizie sciite irachene, che alla fine hanno cacciato l'ISIS da Mosul e Anbar.

Allo stesso modo, al di fuori delle zone di confine settentrionale liberate dai curdi siriani, è stata l'alleanza sciita tra Assad, Hezbollah e le forze iraniane di Qud a liberare la Siria dalla peste dell'ISIS.

Sì, le forze aeree statunitensi hanno letteralmente incenerito due grandi città temporaneamente occupate dallo Stato Islamico: Mosul e Raqqa. Ma sono stati i combattenti sciiti, che stavano letteralmente combattendo per le loro vite e le loro case, che hanno ripulito quella terra da una barbara infestazione generata e resa possibile dai neocon di Washington.

Quindi torniamo alla totale stupidità di Donald. Da un lato, è ora evidente che il motivo per cui Soleimani era a Baghdad era quello di fornire una risposta ufficiale da Teheran ad una recente offerta di riduzione dell'escalation saudita. E questo per parola del primo ministro che Washington ha messo a capo dell'Iraq e che ora si è unito alla maggioranza del parlamento iracheno per chiedere che i presunti liberatori dell'Iraq, dopo aver speso migliaia di miliardi di dollari e sangue, lascino il Paese immediatamente.

Allo stesso tempo, le tendenze positive che erano in movimento nella regione fino pochi giorni fa (ISIS cancellato, la Siria vicina ad eliminare i restanti jihadisti, Arabia Saudita ed Iran pensare ad un modus vivendi più pacifico, il genocidio dello Yemen vicino alla conclusione) ora possono andare in fumo.

Abbiamo a lungo creduto che a Washington non ci fosse nulla di più stupido della mafia politica neoconservatrice che ha distrutto il Medio Oriente, così come i militari ed i contribuenti americani che hanno patito più e più volte le fauci della loro follia.

Ma ora Donald ha addirittura eguagliato suddetta stupidità.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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