martedì 12 luglio 2022

I tassi d'interesse salgono, ma la FED continua a essere sconsiderata

Come ho avuto modo di documentare in diversi articoli ultimamente, la FED sta rialzando i tassi non per combattere l'inflazione interna, bensì per scrollarsi di dosso il peso morto del mercato degli Eurodollari il quale l'ha costretta nel corso del tempo a salvare l'UE e l'euro sin dalla crisi Lehman. La posizione più restrittiva riguardo la politica monetaria sta prosciugando le fonti di finanziamento indirette per l'Europa e la Cina (attraverso Hong Kong). Non è un caso che la BCE continui a essere incerta e la Cina abbia avviato un nuovo piano di stimolo interno. Nonostante l'amministrazione Biden cerchi di rallentare il percorso di Powell continuando a gonfiare la spesa pubblica statunitense attraverso i vari pacchetti di "aiuti" all'Ucraina, quella che abbiamo negli USA è una guerra civile in cui da un alto ci sono i vandali al soldo della cricca di Davos (il cui compito è erodere credibilità e prestigio agli USA) e dall'altro coloro che resistono a questa infiltrazione nelle leve del potere statunitense. In questa guerra, però, le leggi economiche non si fermano. Un rialzo dei tassi indebolisce le bolle gonfiate sulla scia della precedente politica di tassi artificialmente bassi, la quale a sua volta aveva alimentato credito delle banche non coperto dal risparmio. Ciò devia la ricchezza da chi la crea a chi la spreca. Un aumento rialzo dei tassi arresta tale deviazione di ricchezza e questo a sua volta mette in moto un bust. Maggiore è la percentuale di bolle su tutte le attività, maggiore sarà l'intensità della recessione. Questa è sostanzialmente una buona notizia, ma nel breve termine ci sarà dolore economico per ripulire l'economia dagli eccessi del passato. Ci sono già diversi indicatori che segnalano l'arrivo di una recessione negli USA, ma quello che secondo me è più importante adesso è la seguente dichiarazione di Powell. La FED può limitare i danni scaricando una parte del peso della correzione sull'Europa, ma non può evitare le conseguenze delle sue precedenti azioni sconsiderate (con Bernanke e la Yellen). Da questa crisi il sistema bancario centrale ne uscirà visceralmente ridimensionato, soprattutto perché rispetto al 2008 esistono alternative: Bitcoin.

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di Thorsten Polleit

Il problema dell'elevata inflazione causata dalle banche centrali non può più essere minimizzato e l'insofferenza pubblica per la crescente svalutazione della valuta ha ora costretto i policymaker ad agire.

La Federal Reserve ha lasciato salire il tasso d'interesse di riferimento a 1 punto percentuale. Anche molte altre banche centrali hanno reagito, come la Bank of England, la Central Bank of Australia e la Central Bank of Sweden; inoltre la Banca Centrale Europea (BCE) ora prevede di lasciar salire i tassi d'interesse all'inizio del terzo trimestre.

Tutto ciò significa che ci sarà un'inversione dei tassi?

La risposta inizia con uno sguardo al sistema monetario fiat: in esso i tassi d'interesse non sono impostati come in un libero mercato, ma sono determinati in un "mercato ostacolato". Non solo le banche centrali manipolano i tassi d'interesse a breve termine, ma ora hanno anche una presa salda su quelli a lungo termine attraverso l'acquisto di titoli di debito; in linea di principio, possono manipolare i tassi d'interesse al millesimo.

Il tasso d'interesse è estremamente importante per il sistema monetario fiat, perché le banche centrali creano denaro in stretta collaborazione con le banche commerciali, le quali lo prestano a consumatori, produttori e governi senza corrispondenti fondi di risparmio (rinuncia al consumo). Ciò equivale a creare denaro dal nulla.

Una tale offerta artificiale di credito abbassa il tasso d'interesse di mercato al di sotto di quello che sarebbe stato altrimenti; tale soppressione artificiale provoca inizialmente una ripresa economica, un boom.

Quest'ultimo si ripercuote sulla struttura economica della produzione e dell'occupazione: le risorse scarse vengono sempre più investite in progetti a lungo termine e dispendiosi in termini di tempo e meno nella produzione di beni di consumo. Il successo dell'investimento, e quindi la continuazione del boom, dipende dal fatto che i tassi d'interesse rimangano bassi o scendano a livelli ancora più bassi.

Finché il boom continua, tutto sembra funzionare bene. Per le aziende sembrano tempi ottimi: staccano profitti, accendere prestiti è possibile senza grossi problemi, i lavoratori possono sperare in salari più alti e più opportunità di lavoro, le entrate fiscali fluiscono e i prezzi di borsa salgono a nuovi massimi.

Ma cresce anche il debito in termini assoluti e in relazione alla produzione economica. La spesa per consumi è finanziata "a credito", il che significa essenzialmente consumo di capitale e nessuna accumulo di capitale, e lo stato, in particolare, che normalmente contribuisce poco o nulla alla crescita della produttività nell'economia, prende in prestito pesantemente per finanziare la sua spesa. I rendimenti di molti investimenti aziendali sono in ritardo rispetto all'aumento del debito, contribuendo all'aumento del debito complessivo.

Ciò che accade quando la banca centrale lascia salire i tassi d'interesse è ovvio: le persone riducono i loro consumi e risparmiano più del loro reddito. Le aziende improvvisamente notano che i profitti sono inferiori a quanto sperato e i nuovi investimenti non ripagano, contrariamente alle aspettative, e quindi falliscono. I nuovi progetti imprenditoriali vengono interrotti, le iniziative vengono liquidate e i posti di lavoro creati durante il boom vengono persi. In altre parole, il boom si trasforma in bust.

Ciò richiede una riallocazione e una rivalutazione dei fattori di produzione: strumenti, macchine, manodopera, ecc. Diventa chiaro che alcuni di questi fattori sono stati sprecati, cioè incanalati in metodi di produzione irrealizzabili con un utilizzo residuo estremamente basso (lasciandosi dietro solo macerie). Anche i lavoratori sono colpiti: le competenze e le capacità umane non sono più necessarie ai livelli precedenti e i lavoratori devono riqualificarsi o abbandonare il mercato del lavoro.

Dal momento che tutto questo richiede tempo, il riequilibrio economico che comporta un tale bust non arriva solitamente senza una recessione e disoccupazione. In un'economia fortemente indebitata, questo processo è particolarmente doloroso.

Le persone che perdono il loro reddito a causa della disoccupazione, ad esempio, hanno problemi a pagare il servizio del debito sulle loro case; le aziende sono sotto la stessa pressione per soddisfare i loro pagamenti d'interessi su prestiti e capitale; le banche sono investite da ritardi di pagamento e inadempienze. Se gli accantonamenti per i rischi non sono sufficienti a coprire le perdite, la scarsa dotazione di capitale proprio delle banche verrà esaurita e diventeranno riluttanti a concedere prestiti e il flusso di nuovo credito/denaro nell'economia diminuirà.

Questo, a sua volta, metterà sotto pressione ribassista i prezzi degli asset: azioni, obbligazioni, immobili e terreni. Il valore del prestito bancario sottostante alle garanzie diminuirà e le banche richiederanno garanzie aggiuntive ai mutuatari. Se questi ultimi non possono permetterselo, saranno minacciati di risoluzione del prestito e scivoleranno sull'orlo del fallimento.

In questo modo l'ambiente inflazionistico alla fine si trasforma in uno deflazionistico, in cui i prezzi delle merci scendono su tutta la linea e l'economia vacilla. Se non ci sono "forze opposte", un tale sviluppo farà addirittura crollare l'intero sistema monetario fiat; ma ci sono "forze opposte".

È importante sapere che la piramide del debito è stata costruita negli ultimi anni in un sistema di “repressione finanziaria”: le banche centrali hanno tagliato i tassi d'interesse così tanto che erano (e sono tuttora) negativi al netto dell'inflazione. I prestiti in scadenza sono stati così sostituiti da nuovi prestiti a tassi d'interesse reali negativi; e sono stati inoltre accesi ulteriori prestiti, anch'essi a tassi d'interesse reali negativi.

Pertanto è comprensibile che soprattutto gli stati altamente indebitati abbiano uno scarso interesse per una politica monetaria intenzionata a rialzare i tassi d'interesse e a ridurre l'inflazione, perché tassi d'interesse bassi, insieme a un'inflazione elevata, sono esattamente ciò di cui le finanze pubbliche hanno bisogno: riducono il debito pubblico a spese dei creditori e di chi usa il denaro.

Un'uscita da tale "repressione finanziaria" innescherà una grave crisi economica, finanziaria e persino politica, poiché il relativo rialzo dei tassi d'interesse reali provocherà un crollo. Quindi la domanda chiave è qual è il motivo e non è certamente quello di mantenere l'inflazione dei prezzi al consumo al 2%; in caso contrario, avrebbero alzato i tassi d'interesse molto tempo fa.

C'è da temere che le banche centrali vogliano una maggiore inflazione per disinnescare i problemi di debito delle loro economie nazionali. Come accennato in precedenza, ciò può essere ottenuto se i tassi d'interesse vengono mantenuti bassi e l'inflazione supera i tassi d'interesse in modo che i creditori e chi usa il denaro possano beneficiarne. Tuttavia c'è un problema: l'inflazione non deve salire troppo.

Se ciò accade, c'è il rischio che le persone "fuggano" letteralmente dal denaro e che quest'ultimo smetta del tutto di funzionare. Naturalmente gli stati non vogliono un tale esito e hanno bisogno del denaro fiat inflazionistico per condurre le loro politiche ridistributive.

Se le banche centrali vogliono perseguire una politica d'inflazione elevata e allo stesso tempo impedire che essa sfugga al controllo, devono bluffare la popolazione, dando l'impressione di essere determinate a "combatterla".

Anche se potrebbero essere necessari piccoli rialzi dei tassi d'interesse, la domanda è se il tasso d'interesse reale, negativo da circa quindici anni, tornerà in territorio positivo. I dubbi a riguardo abbondano...

L'elevato debito delle economie mondiali indica che i tassi d'interesse reali non possono più tornare a livelli “normali”. Tanto più che c'è un tacito consenso nel mondo occidentale sul fatto che le forze del libero mercato non debbano sfidare il "welfare state", finanziato con maggiori debiti e denaro fiat.

Questa mentalità è sostenuta anche da coloro che vogliono imporre il loro programma di "grande reset" e "grande trasformazione" agli altri. Il sistema monetario fiat è uno strumento particolarmente potente non solo per lo stato, ma anche per i gruppi con interessi speciali che cercano di utilizzarlo per manipolare gli sviluppi economici e sociali. Non si arrenderanno tanto facilmente.

Il forte incentivo politico a mantenere a galla il sistema monetario fiat suggerisce che le banche centrali su entrambe le sponde dell'Atlantico rialzeranno leggermente i tassi d'interesse, ma non abbandoneranno le loro politiche inflazionistiche e che se l'economia rallenterà troppo, risponderanno con un debito ancora maggiore, più soldi e un'inflazione ancora più alta.

Quindi anche se i tassi d'interesse saliranno, la repressione finanziaria continuerà. Molto probabilmente il potere d'acquisto delle valute fiat continuerà a essere fortemente svalutato. Questo è uno sviluppo che non solo erode sempre più la funzione di riserva di valore del dollaro, dell'euro e altri, ma minaccia anche la loro funzione di mezzo di scambio.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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