mercoledì 9 novembre 2022

Tutto per niente

 

 

di Barry Brownstein

Il compianto Walter Kempowski è uno degli scrittori tedeschi più famosi. Il suo successo monumentale è arrivato con Das Echolot: Ein kollektives Tagebuch (Echoes: A Collective Diary) in dieci volumi. Solo il volume finale, Swansong 1945: A Collective Diary from Hitler's Birthday to VE Day, è stato tradotto in inglese.

Come gli altri volumi di Das Echolot, Swansong non contiene commenti di Kempowski. Attinse al materiale pubblicato e alle testimonianze inedite di oltre 8000 civili, soldati, prigionieri, scrittori, politici e artisti. Kempowski organizzò il tutto come un collage dell'esperienza totalitaria tedesca durante la seconda guerra mondiale. Lasciò che i documenti parlassero da soli, a volte con parallelismi e a volte con contrasti come “la descrizione di una festa di una famiglia alcolizzata è seguita da una voce in un fascicolo sul suicidio di una donna ebrea; e una nota del medico di Hitler sulla sua iniezione quotidiana si trova accanto a un'osservazione della suora Sophie Scholl sulla bontà di Dio”.

Kempowski scrisse: “Se state cercando una formula per descrivere il corso retrogrado del progresso umano, l'Echolot vi permetterà di scavare abbastanza in profondità per trovarne una”. Il risultato rivela verità scomode, compreso quanto i tedeschi comuni sapessero dell'Olocausto:

Kempowski l'aveva ampiamente pubblicizzato in Germania sotto il titolo "Ne siete a conoscenza?" (il soggetto era chiaramente l'Olocausto). In risposta riceveva migliaia di racconti personali da persone che invariabilmente scrivevano cose come "No, non ne ero a conoscenza... ma..." e poi ha continuato con i resoconti di treni misteriosi che attraversavano la loro città di notte, di odori misteriosi, di voci e chiacchiere nel quartiere, di famiglie scomparse durante la notte; tutto ciò, in giustapposizione con altre prove, andava a raccontare l'agghiacciante macroracconto. Sì, dopotutto lo sapevano e, in effetti, lo sapevano tutti, ma erano riusciti a convincersi di non saperlo.

L'ultimo romanzo di Kempowski, All for Nothing, attinge alla sua esperienza e ricerca storica per raccontare la storia degli ultimi mesi della seconda guerra mondiale mentre l'esercito sovietico si avvicinava alla Prussia orientale (ora provincia russa di Kaliningrad). L'inverno era rigido. Era in corso uno dei più grandi esodi della storia quando 750.000 rifugiati fuggivano dall'Armata Rossa. Nella loro fuga lungo la costa baltica, 300.000 persone perirono: alcuni per fame, altri caddero in acqua con i loro carri trainati dai cavalli a causa della rottura del ghiaccio, altri ancora vennero bombardati o le navi su cui si imbarcavano venivano affondate. I caduti venivano trascinati via in modo che gli altri potessero andare avanti. Kempowski aveva quindici anni quando assistette allo svolgersi di questa tragedia della guerra poco conosciuta.

Da un certo punto di vista, il titolo del libro è semplice: milioni di morti e le rovine della guerra sono stati tutti inutili.

Eppure una lettura più apptofondita del romanzo rivela una verità più devastante: nessuno impara nulla dalla sofferenza che li circonda; nessuno dei suoi personaggi cresce o cambia. Hanno una capacità illimitata di negare ciò che sta per accadergli, per loro la speranza è che Hitler “li stesse lasciando passare [i russi] per poi coglierli nel sacco”.

Kempowski espose la banalità, la menzogna e la brama dell'ego. Fino al momento della morte, il fulcro di ogni personaggio è la santa trinità dell'ego: me, me stesso e io.

La morte è ovunque, ma Heil Hitler è ancora sulle bocche di tutti. I funzionari del partito controllano ancora i "documenti" e "registrano" gli effetti personali dei profughi. Uomini dai "quindici ai settanta" vengono trascinati via per combattere e morire negli ultimi giorni della guerra. Le bende imbevute di sangue vengono staccate per assicurarsi che le ferite non fossero falsificate. I funzionari nazisti erano la feccia della società, eppure la popolazione temeva ancora il potere dello stato.

Si trattava di paura accecante o di fiducia mal riposta? "Non dovrebbero essere tutti uniti dietro il Führer?" si chiede un personaggio mentre pensa a chi chiamare per denunciare una persona che definiva Hitler, "quel tizio". Le persone si aggrappano ai ricordi dei bei vecchi tempi, alle "guerre dei fiori" quando "gli austriaci li accolsero con tanto entusiasmo". "Aiutare un ebreo" è ancora il più alto dei crimini agli occhi della popolazione, essendo visti come "sporchi mosconi e un branco di criminali".

Aldous Huxley scrisse: “Il fatto più scioccante della guerra è che le sue vittime e i suoi strumenti sono i singoli esseri umani, e che questi individui sono condannati dalle mostruose convenzioni della politica ad assassinare o ad essere assassinati in diatribe in cui non c'entrano niente". Se solo fosse del tutto vero.

Molti personaggi nei libri di Kempowski sono complici e non semplici vittime. In Swansong Kempowski condivide le osservazioni del giornalista danese Jacob Kronika, scritte nell'aprile 1945, secondo cui i tedeschi “non hanno né la forza né il coraggio di liberarsi dal potere demoniaco [di Hitler]”.

La violenza insensata è ancora la norma, anche con l'Armata Rossa a poche ore di distanza. I dissidenti vengono giustiziati e la gente del posto ha ancora tempo per biasimarli. “Da tutte le parti gli spettatori lanciavano sguardi ostili ai prigionieri. È colpa delle persone così, pensavano. Hanno aizzato tutti gli altri contro di noi, hanno alimentato le fiamme che bruciano il mondo”.

E poi l'ultima scena inquietante al molo mentre le ultime navi partono: “Ognuno sperava che quel miracolo avvenisse solo per sé stesso e tutti si buttavano in acqua per realizzare quel miracolo. A bordo di una nave per attraversare il mare! In Danimarca. Forse saremo fortunati! Fragole e panna montata, perché no?”

Odiavano la loro sofferenza, ma nessuno imparava da essa. Per quanto avessero abbracciato il nazismo, alla fine nessuno venne a salvarli.


Imparare da Kempowski

A partire dal 1933, Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda del Reich, tenne gli annuali discorsi di compleanno del "Nostro Hitler". In Swansong Kempowski cita l'ultimo discorso radiofonico annuale di Goebbels in occasione del compleanno di Hitler nell'aprile 1945. Goebbels e Hitler si sarebbero suicidati entro pochi giorni, ciononosatnte Goebbels è sempre menzognero, affermando che la vittoria sarebbe arrivata e che la pace e l'amicizia erano gli obiettivi nazisti:

Entro pochi anni dalla guerra, la Germania prospererà come mai prima d'ora. I suoi paesaggi e le sue province in rovina saranno pieni di città e villaggi nuovi e più belli in cui dimoreranno persone felici. Tutta l'Europa condividerà questa prosperità. Saremo di nuovo amici di tutti i popoli di buona volontà e lavoreremo insieme a loro per riparare le gravi ferite che segnano il volto del nostro nobile continente. Il nostro pane quotidiano crescerà dai ricchi campi di grano, placando la fame di milioni di persone che oggi soffrono e muoiono di fame. Ci saranno lavori in abbondanza, la fonte più profonda della felicità umana, da cui uscirà fortuna e forza per tutti. Il caos svanirà. Il mondo sotterraneo non governerà questa parte del mondo, ma piuttosto saranno ordine, pace e prosperità a governarlo.

La convinzione che Goebbels aveva alimentato in tutti quegli anni era che un leader forte e saggio potesse incarnare la volontà del popolo e portarlo alla grandezza. Le continue affermazioni che Dio fosse dalla parte dei nazisti sottolineavano quella convinzione; Hitler e i tedeschi stavano combattendo "nemici pieni di odio" e soprattutto malvagi.

La seconda guerra mondiale iniziò nel settembre 1939. Ecco alcuni versi di Goebbels nei confronti di Hitler a partire dall'aprile 1940, evidenziando la grande bugia secondo cui il leader giusto avrebbe guidato una nazione alla gloria.

1940: “Il popolo tedesco vede nel Führer l'incarnazione della sua forza nazionale e un fulgido esempio dei suoi obiettivi nazionali”.

1941: “Il nostro popolo non sa, e non vuole nemmeno sapere, cosa sta progettando il Führer e come otterrà la vittoria. Semplicemente si fidano di lui”.

1942: “Semmai il popolo tedesco si è sentito unito nel pensiero e nella volontà, è sicuramente in questo: servirlo e obbedire ai suoi comandi”. E poi Goebbels allinea perversamente il compleanno di Hitler con l'appello universale di Beethoven alla fratellanza nella sua Nona Sinfonia: “I suoni della musica eroica e titanica che fluiscono da ogni cuore tedesco elevano la nostra confessione a un'altezza solenne e santa”.

1943: “Come nazione di 90 milioni di persone, riponiamo davanti a lui la nostra fiducia. Crediamo in una vittoria tedesca perché crediamo in lui”.

1944: “Per noi il Führer è il portavoce e l'agente della volontà di tutta la nazione”.

1945: “Se è virile e tedesco, come il nostro Führer, dipendere interamente da sé stessi in questa lotta, contando sulle proprie forze e certezze nonché sull'aiuto della divina provvidenza di fronte a un nemico che minaccia di numeri schiaccianti, combattere piuttosto che capitolare, allora è altrettanto virile e tedesco per un popolo seguire un tale Führer, incondizionatamente e lealmente, senza scuse o riserve.

Ma nel 1945 meno tedeschi si bevevano ciò che Goebbels diceva, non perché, come suggerisce Kempowski, i tedeschi avessero imparato qualcosa, ma semplicemente perché stavano sopportando grandi sofferenze.

Prima che iniziassero le sofferenze, i tedeschi si bevevano il sogno nazista di arrivare alla prosperità attraverso mezzi totalitari e omicidi. Goebbels era il principale propagandista e molti tedeschi scelsero di lasciarsi ingannare. Poi, mentre il sogno si sgretolava, si rifiutavano ancora di mettere in discussione le false premesse. No, i non credenti e "l'ebraismo internazionale" li avevano sabotati.

Nel 1945, ancora una volta, a pochi giorni dal suo suicidio e da quello di Hitler, Goebbels dichiarò: “Il popolo tedesco lo scelse tramite libere elezioni e lo fece Führer”. 

Don Boudreaux scrive: “Non c'è 'volontà del popolo' che sia analoga alla volontà che avete voi o alla volontà che ho io. I risultati di un'elezione non sono mai propriamente identificati come 'la volontà del popolo'”.

Non c'è volontà del popolo e quindi nessuna che Hitler avrebbe potuto personificare al posto dei cittadini tedeschi.

Anche i politici americani rivendicano il mandato di personificare e implementare qualcosa che non esiste. Di recente, a Filadelfia, il presidente Biden ha castigato coloro che hanno affermato di "non riconoscere la volontà del popolo". I politici fanno affermazioni false perché un numero sufficiente di elettori le accetta volentieri e la popolazione non riesce a riconoscere le rovinose conseguenze che scaturiscono dal corso autoritario che stanno impostando.

Gli americani una volta capivano che nessuno è adatto al potere; i poteri concessi allo stato e ai suoi capi politici devono essere limitati e controllati. Oggi siamo più vicini che mai alla fine della famosa Via verso la schiavitù di Hayek.

Oggi molti americani cercano un "campione", che sia Biden o Trump, domani sarà un altro. Se la situazione economica peggiorerà, è ancora meno probabile che questi politici si impegneranno a rispettare i principi costituzionali. 

Kempowski ci aiuta a capire che il progresso si inverte quando le persone adottano convinzioni illiberali. La paura accecante e la fiducia mal riposta stabiliranno il corso per la prossima era della storia americana? La sofferenza durante la crisi sanitaria è stata inutile?


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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