venerdì 18 novembre 2022

Il quadro generale finora: un anno dopo

 

 

di Francesco Simoncelli

Il mese scorso abbiamo assistito a una campagna mediatica che ha letteralmente bombardato la Truss riguardo la sua linea di politica fiscale. Per quanto gli attacchi fossero giusti riguardo l'incremento della spesa pubblica a fronte di un altrettanto giusto taglio delle tasse, i media generalisti hanno calcato la mano rimarcando l'incompetenza del suo intero esecutivo. La prima testa a saltare è stata quella del Ministro dello Scacchiere e poi il resto è storia. Lo sbigottimento generale è arrivato sulla scia della permanenza della Truss in carica: poco più di un mese. Sebbene un qualsiasi avvicendamento sia inutile perché i problemi economici, arrivati a questo punto, sono strutturali, ecco che l'arrivo di Sunak ha come rappresentato la scelta che "tutti" attendevano. Eppure, come abbiamo appreso di recente, guai fiscali ben peggiori attendono al varco il sistema pensionistico inglese. I fondi pensione inglesi non stanno vendendo obbligazioni a causa della mancanza di fiducia in questo o quell'altro governo, le vendono perché sono finiti con tutte le scarpe nella bolla del debito creata dai vari giri di QE e dalla fiducia che le banche centrali avrebbero sostenuto ad libitum il mercato del reddito fisso con riacquisti costanti.

Le passività non finanziate dei fondi pensione inglesi non sono un problema generato dalla Truss né solo un problema del Regno Unito, bensì sono un problema più che decennale abilmente mascherato da una folle stampa di denaro. Secondo la Reason Foundation le passività non finanziate per i fondi pensione statali negli Stati Uniti erano già $783 miliardi nel 2021 e sono salite a $1.300 miliardi nel 2022; il tasso di finanziamento delle pensioni statali era all'85% nel 2021 ed è sceso al di sotto del 75% nel 2022. Cosa è successo negli ultimi 13 anni di tassi negativi e gigantesca stampa di denaro? I fondi pensione hanno utilizzato strategie d'investimento risk on: affondare a piene mani nel mercato dei derivati per scommettere su tassi d'interesse e inflazione. E cosa succede quando questi ultimi salgono in tandem? Il valore nozionale dei derivati scende e scattano le margin call. Secondo le cifra della Reuters, il patrimonio totale nelle strategie risk on è quasi quadruplicato a £1.600 miliardi negli ultimi dieci anni e quasi i due terzi dei sistemi pensionistici della Gran Bretagna hanno perseguito tale strategia. La Truss e Kwarteng sono stati comodi pagliacci da prendere a pomodori in faccia, perché nessuno sui media generalisti ha puntato il dito contro la NIRP e la massiccia iniezione di liquidità della Banca d'Inghilterra. La loro unica colpa è stata quella di credere nel verbo keynesiano.

Con l'abbondanza di liquidità a buon mercato degli ultimi dieci anni, i governi dei Paesi sviluppati non hanno prestato alcuna attenzione agli squilibri fiscali. I disavanzi pubblici sono saliti vertiginosamente, la spesa pubblica è diventata incontrollata e il problema è stato nascosto nel bilancio delle banche centrali che, come la Banca d'Inghilterra, hanno acquistato quasi il totale delle emissioni nette di debito pubblico. Dopo anni passati a stampare denaro e aumentare il debito a nuovi massimi storici, è apparsa un'inflazione elevata e persistente, e ora le banche centrali devono lasciar salire i tassi e ridurre la crescita dell'offerta di denaro proprio quando i fondi a reddito fisso sono carichi di debiti tossici con rendimenti nominali e reali negativi. E il rialzo dei tassi significa che le richieste di garanzie sono più costose e le perdite insopportabili.

I fondi pensione inglesi vendono, quindi, asset liquidi man mano che si intensificano le margin call. Quello che è successo nel Regno Unito accadrà presto nella zona Euro, la quale ha accumulato decine di miliardi di euro in obbligazioni a rendimento negativo negli anni del QE e degli stimoli fiscali/monetari sconsiderati.


SPENDI OGGI, PAGA DOMANI

Il quantitative easing è stato concepito come uno strumento per fornire agli stati il tempo necessario per attuare riforme strutturali, stimolare la crescita e rafforzare l'economia; nella realtà, invece, è diventato uno strumento per aumentare le dimensioni dell'interventismo attivo nell'economia e l'azzardo morale. Infatti il problema principale con una politica monetaria accomodante è che aumenta enormemente l'interventismo attivo, attraverso la monetizzazione del debito e la spesa in deficit, e anche quello passivo poiché i successivi rialzi dei tassi e i vincoli di liquidità hanno un impatto sulle famiglie e sulle piccole imprese, mentre al contempo permangono i danni causati da deficit, spesa pubblica e debito pubblico. Quando la banca centrale cerca di contrastare l'inflazione dei prezzi lasciando salire i tassi e contraendo la base monetaria, ma lo stato aumenta la spesa e continua a indebitarsi a ritmo allarmante, ciò che segue è la confisca della ricchezza e la stagnazione. Pensate per un secondo al processo di base. Lo stato persegue la strada di svariati pacchetti di stimolo o sostegni (basti pensare, ad esempio, ai vari "decreti aiuti" che si susseguono in Italia), l'effetto moltiplicatore è inesistente anche quando tutte le condizioni rimangono positive, poi lo stesso stato aumenta nuovamente debito e deficit sventolando il feticcio dei "fattori esogeni", e il risultato è ancora più debito.

Negli ultimi tre decenni il risultato è sempre stato lo stesso: l'economia delle varie nazioni esce dalle crisi con un debito significativamente maggiore, una minore crescita dell'occupazione, una crescita più debole dei salari reali e una più lenta ripresa del PIL. Come mai? La spesa pubblica è l'equivalente di un ciclista che abbonda con torte e dolci nella sua dieta e si aspetta poi di gareggiare al meglio durante le corse.

L'interventismo monetario e fiscale hanno aperto all'inflazione dei prezzi di oggi e un'economia più debole. Lasciar salire i tassi può mitigare la situazione, ma la spesa permanente in deficit continuerà a erodere il potere d'acquisto di salari e depositi. L'Occidente è sulla strada di una contrazione del settore privato a livelli senza precedenti, in quanto interesserà tutte le industrie rilevanti contemporaneamente e in testa c'è il settore tecnologico. La divergenza tra l'indicatore ISM e l'indicatore S&P Global PMI mostra anche un'altra tendenza preoccupante: le grandi imprese stanno reggendo il colpo nell'attuale ambiente economico ad alta inflazione e bassa crescita, ma le piccole e medie imprese, che rappresentano circa l'80% dell'occupazione generale, sono in profonda crisi.

In questo contesto ci sono tre punti importanti su cui bisogna far chiarezza e che devono essere i capisaldi di una ripartenza organica e sostenibile. In primo luogo, la spesa pubblica è un meccanismo che non prevede responsabilità per investimenti impropri e decisioni sconsiderate. Inoltre il costo sarà sempre a carico dei contribuenti e delle imprese. Pensate all'ironia di voler "combattere la povertà" in Italia con uno strumento che invece ha previsto una maggiore spesa pubblica e una maggiore monetizzazione dei debiti; non c'è da sorprendersi se la povertà sia aumentata da quando è stato introdotto il reddito di cittadinanza. Lo stato, quindi, si presenta come la soluzione ai problemi che esso stesso crea e fa pagare due volte il conto ai contribuenti. In secondo luogo, gli stati, non potendo effettuare un calcolo economico in accordo con le forze di mercato, favoriscono politicamente progetti imprenditoriali fallimentari, scadenti e "mangia-soldi". I sussidi e le sovvenzioni sono spesso rivolti a settori obsoleti o privilegiati dal punto di vista esclusivamente politico, il che a sua volta porta all'aumento delle società zombi. La spesa pubblica per "salvare" le imprese tende a sostenere coloro che sono già molto indebitati e incapaci di ripagare i propri debiti: Ita Airways è l'esempio italiano classico, una società che per quanto possa essere rifinanziata o ricapitalizzata rappresenterà sempre una dolina finanziaria. Stesso discorso lo possiamo fare con Monte dei Paschi.

In terzo luogo, l'impatto economico negativo supera quello positivo. Gli enormi piani di spesa pubblica hanno creato un deficit strutturale insormontabile, proprio poiché molti programmi sono consolidati e l'impatto negativo su crescita, inflazione e salari reali sono innegabili. Infatti è un fatto incontrovertibile e acclarato che le economie escono da ogni crisi con un debito più alto, una crescita più bassa, una crescita più debole dei salari reali e una più scarsa creazione di posti di lavoro.

Accademici e popolazione in generale si sono abituati all'idea che se lo stato non spende durante una crisi, allora non sta facendo "nulla". Enormi stimoli della domanda sono essenziali anche quando il problema non ha nulla a che fare con la domanda. Peggio ancora, se un piano di stimolo precedente è stato di X allora quello successivo dovrà essere X + n o sembrerà troppo piccolo, non importa quale sia il risultato. Come scrisse Milton Friedman: “Le politiche non dovrebbero essere giudicate dalle loro intenzioni, ma dai loro risultati”. E quando i risultati sono scarsi e dannosi, come quelli a cui abbiamo assistito da quasi quindici anni a questa parte in particolar modo, giunge infine il tempo di cambiare mentalità e approccio. Perché è pericoloso utilizzare le banche centrali come prestatori di ultima istanza e il potere di spesa degli stati come soluzione di prima istanza? Perché la loro principale risorsa per implementare tali politiche siete voi: la vostra ricchezza, i vostri risparmi. 

L'espropriazione della ricchezza è l'altra faccia della medaglia delle cosiddette “politiche sociali”: tasse e inflazione, o entrambi. Alcuni potrebbero pensare che sia un'idea "intelligente" espropriare la ricchezza dei ricchi per sostenere l'economia, ma ormai credo che anche i sassi sappiano che è una bugia. Quando si permette alla pianificazione centrale di acquisire poteri straordinari, basati in questo caso particolare sull'idea che rubare ai ricchi sia giusto, siete voi che state rinunciando a una porzione del vostro spazio di manovra. E badate bene, se date allo stato un'unghia si prende tutto il corpo (inutile ricordare a tal proposito la follia sanitaria degli ultimi due anni).

Quello che sta emergendo, e che la narrativa ufficiale fa fatica a nascondere ormai, è non solo l'incapacità del sistema bancario centrale nell'adempiere ai punti che sono la sua raison d'être, ma il sistema di giustificazioni, soprattutto accademiche, che sono state costruite nel tempo a supporto. Stiamo (ri)scoprendo che le misure dal lato dell'offerta sono meno popolari in un mondo in cui il keynesismo è stato dominante, ma hanno un impatto migliore sull'economia rispetto a quelle dal lato della domanda che non fanno altro che ingigantire le dimensioni della spesa pubblica, del debito, delle tasse e dell'inflazione dei prezzi.


QUELLO CHE I KEYNESIANI NON CAPISCONO

Seguendo le orme di John Maynard Keynes, la maggior parte degli economisti sostiene che non si può avere completa fiducia in un'economia di mercato poiché ritenuta "intrinsecamente instabile". Se lasciata senza freni, l'economia di mercato potrebbe portare all'autodistruzione, da qui la necessità che stati e banche centrali prendano in mano le redini. Una gestione di successo nel quadro keynesiano si ottiene influenzando la spesa pubblica: essa genera reddito, dato che la spesa di un individuo diventa il reddito di un altro. In sostanza, più si spende, maggiore sarà il reddito. La spesa alimenta l'economia e se i consumatori non riescono a spendere durante una recessione, è compito dello stato intervenire. Quello che i keynesiani non capiscono è la questione inerente il finanziamento. Ciò che conta per la crescita economica non sono solo gli strumenti, i macchinari e il lavoro in quanto tali, ma un flusso adeguato di beni di consumo che vada a sostenere la vita e il benessere degli individui. Lo stato, per sua natura, è incapace di creare ricchezza reale. Detto in modo semplice, le persone impiegate dallo stato si aspettano un compenso per il loro lavoro, ma l'unico modo in esso le può pagare è tassando gli altri.

Quando le tasse vanno a sottrarre i mezzi a coloro che li usano per sostenere la propria vita, essi ne avranno meno a loro disposizione e di conseguenza non potranno aumentare la produttività nei loro settori di competenza. Con l'intensificarsi del peso della tassazione, coloro che creano ricchezza reale non avranno più mezzi a sufficienza nemmeno per sostenere la struttura produttiva esistente. E questo infine porterà a una contrazione del settore industriale sulla scia di una deformazione artificiale sia della struttura produttiva, sia dell'allocazione di capitale. Da sottolineare anche che i presunti investimenti compensativi attuati dall'apparato statale non risulteranno in una crescita economica reale, poiché la natura artificiale dei segnali economici su cui nascono impedisce loro, per definizione, di avere un ritorno sugli investimenti positivo.

La cura naturale di questo caos, etichettato come "recessione", è trattata come una maledizione ed evento da evitare a tutti i costi., quando invece non è altro che la riallocazione di risorse scarse secondo le priorità dei consumatori. I problemi economici vengono risolti al meglio quando non si ostacolano gli imprenditori, lasciandoli liberi di allocare le risorse in base alle priorità degli individui. Pertanto il miglior piano di stimolo è consentire al meccanismo di mercato di operare liberamente, poiché ciò comporta la scomparsa di alcune attività economiche mentre altre verranno ampliate. Infatti le politiche fiscali e monetarie allentate non salvano l'economia, ma salvano invece attività che sfornano prodotti che hanno una bassa priorità nei desideri dei consumatori; sostengono gli sprechi e promuovono l'inefficienza, sottraendo risorse alle attività che invece creano ricchezza reale.

Decenni di politiche monetarie e fiscali sconsiderate hanno gravemente danneggiato il processo di creazione di ricchezza reale. Politiche più flessibili non possono migliorare la situazione attuale, al contrario non fanno che ritardare ulteriormente la ripresa economica. Non facendo nulla, invece, banche centrali e stati consentiranno un rinnovato accumulo di risparmi reali e successivamente la riparazione del flusso della ricchezza reale. Anche perché, se politiche monetarie e fiscali allentate potessero davvero stimolare la crescita economica, a quest'ora tutta la povertà nel mondo sarebbe stata sradicata. L'unico motivo per cui in passato politiche monetarie e fiscali accomodanti sembravano efficaci era perché il bacino dei risparmi reali si stava espandendo.

Una volta che quest'ultimo, però, diventa stagnante, l'illusione dell'efficacia di suddette politiche va in frantumi. Quanto più aggressivo è stato lo "stimolo" precedente, tanto peggiori diventeranno le condizioni economiche. Se il suddetto bacino è ancora intatto, non c'è bisogno di ricette keynesiane per rilanciare l'economia: esso stesso getterà le basi per una ripresa organica e sostenibile. Se invece è in declino, le ricette keynesiane non faranno che peggiorare le cose e potrebbero addirittura causare una depressione economica prolungata.


CONSEGUENZE IMPREVISTE?

Quello a cui abbiamo assistito è stato un processo, un lento marcire del sistema economico/sociale in cui viviamo. La litania adesso è "fare qualcosa a riguardo" la situazione disastrosa che affrontiamo, ma è stato proprio questo "fare qualcosa a riguardo" che ci ha portati alle attuali condizioni. Inutile dire che, nonostante le prove logiche ed empiriche a sostegno di un "non far niente al riguardo" fornite nella sezione precedente, stati e banche centrali continueranno a rimanere fedeli al loro copione interventista. Il keynesismo, a quanto pare, non morirà in silenzio, ma col botto. Meglio così, perché significherà essere screditato nei secoli dei secoli. Ma c'è un'altra "teoria" economica che si sta nascondendo nel sottobosco dei fallimenti: la MMT. Tanto battaglieri durante il precedente periodo di "lowflation", nessuno di questi sciroccati avanza la ricetta fisiologica della loro teoria: più tasse. Questo perché, secondo il loro modo di (s)ragionare, per quanto il debito pubblico possa rappresentare una misura della ricchezza creata dallo stato e infilata nelle tasche delle persone tramite il denaro fiat, se l'inflazione diventa troppo alta allora tassare il denaro "in eccesso" diventa la soluzione. Tale considerazione dovrebbe essere più che sufficiente per gettare nella pattumiera della storia questa "teoria" fallace e dannosa.

La morte delle giustificazioni accademiche e non significa, a sua volta, stare pronti a un raddoppio della dose d'interventismo sui mercati e, soprattutto, nella vita di tutti i giorni. La pianificazione centrale è un cane idrofobo adesso e, pur di salvare sé stessa, non si fermerà davanti a niente. Ignora che questa "malattia" la porterà lo stesso alla dipartita infine, ciononostante azzannerà, distorcerà, danneggerà e distruggerà la società e ciò che resta del tessuto industriale nel processo. Frank Chodorov, nel suo libro straordinario “L'ascesa e la caduta della società” la cui traduzione è stata curata da me e la trovate al seguente link, predisse questo esito negli anni '50. Come fece? Aveva la sfera di cristallo? Attraverso il metodo prasseologico e la deduzione logica: ogni pianificazione centrale dell'economia è destinata a fallire. È inevitabile. Per quanto possano essere presumibilmente ben congegnati i piani di coloro che sono al vertice della società, la struttura stessa top-down su cui si basa la loro forza e potere è incapace di sorreggere la miriade di contraddizioni e fallimenti che, per sua natura, è costretta a sfornare.

Il sistema monetario fiat è nato morto e sin dall'inizio è stata una questione di quando e come sarebbe stato evidente. La cosa che l'ha fondamentalmente tenuto in vita è stato il parassitismo del bacino della ricchezza/risparmi reali. Nel frattempo siamo in piena fase "negazione", con tutte le follie che ne conseguono.


NEGARE LA MORTE #1: INTERVENTISMO SUI MERCATI E RISCHIO DI CODA

A settembre la Banca del Giappone è intervenuta sui mercati dei cambi per comprare yen e tentare di arginare quella che ormai è a tutti gli effetti un'emorragia persistente. Lo yen, che ha costantemente perso valore dalla metà di marzo quando la BOJ ha annunciato che non avrebbe seguito la FED in un rialzo dei tassi, continuerà a scivolare nei confronti del dollaro dato l'impegno della BOJ a voler tenere artificialmente bassi i tassi d'interesse. Tale mossa, oltre a ricordarci che esistono giganteschi market maker nei mercati dei cambi, ci suggerisce altresì che tali mercati sono truccati e quello attuale è un gioco di specchi e percezione della fiducia. La settimana successiva, poi, è stata la volta della Banca d'Inghilterra. Sterlina e obbligazioni inglesi pesantemente venduti con conseguente aumento dei rendimenti di quest'ultimi, inflazione dei prezzi oltre al 10% e prezzi dell'energia 5 volte superiori a quello dell'anno precedente: questa era lo scenario in cui la BOE ha rivelato d'essere intervenuta, soprattutto per salvare diversi fondi pensione pubblici come scritto all'inizio di questo saggio.

Poiché i mercati obbligazionari e dei cambi sono stati, almeno temporaneamente, calmati da questi interventi, gli esempi di Giappone e Inghilterra ricordano il vantaggio di avere un sistema bancario centrale che risponde alle esigenze nazionali in caso di crisi. La stessa cosa non accade in Europa, ovviamente. L'Italia, che sta affrontando una crisi economica ben peggiore di quella nel Regno Unito, non ha altra scelta che guardare al prossimo giro di protezione elargito da Bruxelles e Banca centrale europea. Sia chiaro, comunque, che mentre tutte le azioni di cui sopra possono aiutare a evitare nell'immediato il famigerato "proiettile d'argento creditizio", il loro utilizzo è diventato fin troppo regolare e le deformazioni economiche risultanti sono arrivate al punto di saturazione.

Da parte sua Powell rimane, e rimarrà, impassibile alle grida di dolore dei suoi "colleghi" al di qua dell'Atlantico.

[...] In altre parole, Powell e tutti gli altri funzionari della FED sapevano dieci anni fa cosa sarebbe successo. Sapevano che stavano creando un'enorme bolla finanziaria e che quando avrebbero rialzato i tassi, questa bolla sarebbe scoppiata causando gravi danni economici. Eppure hanno continuato a espandere la bolla e ora, con Powell come presidente, la stanno facendo scoppiare. Nessuno onesto può affermare che i banchieri centrali fossero "ciechi", o ignoranti. Questo è un crash ingegnerizzato, non un crash accidentale.

Se è intenzionale, allora è un mezzo per raggiungere un fine e non c'è motivo per cui la FED intervenga per salvare i mercati in questo momento. [...] Hanno una via d'uscita e si chiama "stagflazione".

L'inflazione dei prezzi unita a un PIL negativo è alla base di un contesto di stagflazione. L'unico altro fattore che manca oggi negli Stati Uniti è l'aumento della disoccupazione, ma questo problema arriverà presto quando numerose aziende inizieranno i licenziamenti in inverno. La stagflazione è la scusa perfetta della FED per continuare a rialzare i tassi d'interesse nonostante il crollo delle azioni. Se i tassi non vengono lasciati salire, l'inflazione dei prezzi dilagherà e il PIL diminuirà comunque. Se tornano al QE, ne conseguirà una calamità inflazionistica.

Per “salvarci”, devono farci del male. Questa è la scusa che useranno.

La FED non sta bluffando sul rialzo dei tassi d'interesse. L'economia mondiale è squilibrata e insostenibile grazie a 13 anni di "generosità monetaria" da parte delle banche centrali che ha alimentato le bolle finanziarie in tutto il mondo e che ora stanno scoppiando. E la FED lo sa, lo capisce e comprende anche che la via d'uscita dall'attuale pasticcio non è evitarlo di nuovo con più eroina monetaria. Sono i mercati offshore del dollaro a chiedere un salvataggio alla FED, non le società statunitensi. A suo tempo, anche loro inizieranno a gridare, ma non oggi. La FED sta progettando una demolizione controllata dei mercati del credito e questa è l'unica via d'uscita diversa da un completo e totale collasso economico mondiale. Ha gli strumenti, gli incentivi e lo spazio di manovra fiscale per provarci.

L'intenzione della FED è quella di attutire i contraccolpi della sua strategia recuperando i capitali all'estero usati per sostenere il globalismo attraverso l'iperfinanziarizzazione dei mercati dei capitali. Il rischio non viene più valutato in modo appropriato: piuttosto che sulla base della qualità dell'investimento, esso viene ponderato sulle aspettative della linea di politica del sistema bancario centrale. Credo che Powell, il FOMC e i sostenitori della FED a Wall Street lo capiscano e che siano intenzionati a invertire ciò a cui eravamo stati abituati. Con la maggior parte del Sud del mondo che lavora per de-dollarizzare il proprio commercio, la FED non ha altra scelta. Ciò non significa che non ci sarà dolore economico negli USA, anzi, ma, allo stesso tempo, ci sono situazione ben peggiori che catalizzeranno le attenzioni del mondo: l'Europa e il Regno Unito.

Il problema per il futuro, come ha di recente commentato Druckenmiller, è l'inversione della globalizzazione e degli input finanziari, i quali apriranno le porte a un rischio di coda molto pesante come conseguenza degli errori economici del passato e la volontà di volerne accumulare altri: un decennio di rendimenti inesistenti.


NEGARE LA MORTE #2: INTERVENTISMO NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI

La crisi energetica nell'Unione Europea non è stata causata da "fallimenti del mercato", o per mancanza di alternative; è stata da imposizioni politiche. I politici hanno imposto un mix energetico instabile e questo ha sostanzialmente fatto salire i prezzi per i consumatori: bistrattare l'energia nucleare e chiudere le relative centrali come in Germania; vietare l'estrazione di gas naturale in Europa; aumentare i sussidi alle tecnologie inefficienti  e aumentare le tasse sulle tecnologie efficienti; vietare l'estrazione del litio; riempire le bollette di tasse e costi che non hanno nulla a che vedere con i consumi energetici. I prezzi dell'energia in Europa non sono cari per un brutto tiro della sorte, ma per chiara volontà. L'aumento esponenziale dei sussidi, dei costi e del prezzo dei diritti di emissione di CO2 sono decisioni politiche.

Voler eliminare le energie più dense (es. nucleare, idrocarburi) e sostituirle con fonti rinnovabili meno dense e che necessitano di un supporto da parte del gas naturale e ingenti investimenti in infrastrutture, è molto costoso. Una transizione energetica deve essere competitiva e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, o altrimenti sarà un disastro. Un maggiore interventismo centrale non risolve i problemi. 

Le nazioni europee dovrebbero preoccuparsi di cancellare dalle bollette tutte quelle voci che non hanno nulla a che fare con il consumo di elettricità, compreso il costo degli errori di pianificazione passati, e abbassare le tasse che sono a dir poco insostenibili. Il mercato non è sempre perfetto, ma l'intervento statale è sempre imperfetto. L'Unione Europea si sta affrettando a installare nuovi rigassificatori. Il problema? Quasi tutte le navi a gas naturale liquefatto per questo inverno sono già state appaltate. Gli stessi governi che si sono rifiutati di rafforzare le catene di approvvigionamento del gas naturale quando era a buon mercato, ora si stanno affrettando a spendere ingenti somme per soluzioni a bassa efficienza. Le energie rinnovabili non eliminano la dipendenza dal gas naturale, esse sono, per definizione, intermittenti e volatili; inoltre l'installazione di più energie rinnovabili richiede anche enormi spese per investimenti, il che le rende ulteriormente più costose. Inoltre le rinnovabili non riducono la dipendenza da altri Paesi: Cina e altre nazioni per litio, alluminio, rame, ecc.

E questo in un momento storico in cui la Cina si sta disaccopiando dall'Occidente dal punto di vista commerciale e industriale. Nonostante tutti i guai economici che affliggono l'economia cinese, soprattutto dal punto di vista immobiliare, la Cina sta guardando al suo interno per custodire la classe media che è cresciuta negli ultimi trent'anni sulla scia dell'outsourcing americano di industrie e know-how. La Cina, quindi, non sarà più il fornitore di beni a poco prezzo per il resto del mondo e questo è un danno enorme soprattutto per l'Europa la quale ha vissuto al di sopra dei propri mezzi grazie soprattutto a questo fenomeno. È al lavoro per costruire una nuova catena logistica fondata sui BRICS da quando, tre anni fa, è stato avviato il Grande Reset. Inutile dire che si intensificherà lo scontro con gli Stati Uniti, i quali adesso devono rimpatriare industrie che per tornare a pieno regime necessiteranno di molto tempo visto che in patria non operano da decenni.

La prima tra queste industrie è quella dei chip, spingendo quindi la stessa Cina ad accelerare i tempi per l'annessione di Taiwan. Ma soprattutto quella energetica, con l'avvio di 15 nuove centrali nel futuro prossimo. Inutile dire che da questo punto di vista la Russia è il maggiore fornitore di uranio e, sorpresa delle sorprese, tale merce non è soggetta alle sanzioni. Malgrado ciò, iniziano a essere "spinte" le pratiche per nuove miniere di uranio negli Stati Uniti e Canada. L'UE rimane nel mezzo di questo processo di de-globalizzazione, falsa vittima e artefice dell'attuale sconquasso geopolitico. Mentre Cina e USA sono consapevoli del fatto che preservare (ciò che rimane del)la classe media è imprescindibile se si vogliono arginare i contraccolpi violenti della crisi economica incalzante che arriva sulla scia delle decisioni monetarie più sconsiderate della storia, l'UE per sopravvivere cannibalizzerà la propria popolazione andando invece a decimare la classe media.

Con un tasso di riferimento al 2% e un IPC al 10,7%, la BCE sta ancora prestando denaro a più di 8 punti percentuali SOTTO l'inflazione. Gli aumenti dei prezzi al consumo non sono mai stati sgonfiati prestando denaro a tassi reali negativi. Quindi o l'inflazione persisterà, o la BCE dovrà continuare a lasciar salire i tassi... almeno "finché qualcosa non si rompe". Tre cose determinano la salute finanziaria delle famiglie nella classe media: case, lavoro e valore del loro denaro. Su tutti e tre i temi, la classe media europea è massacrata. I salari italiani al netto dell'inflazione, dopo un breve sbuffo nel 2018, hanno ripreso a calare e continuano a farlo seguendo una tendenza al ribasso.

% crescita dei salari in Italia

Ecco perché anche i risparmi (lordi) italiani sono calati dopo una breve impennata nei mesi di lockdown, con un tasso di risparmio delle famiglie al 9,3% oggi e in caduta libera.

Tasso di risparmio lordo in Italia

Per quanto riguarda infine il settore immobiliare, la bolla che ancora affligge gli immobili italiani non è scoppiata, tenuta artificialmente gonfiata dal "Superbonus 110%". Come tutti i cicli di boom/bust, anche questo mini-ciclo è destinato a finire in bust e con conseguenze gravi per il settore interessato se non viene sostenuto artificialmente... strategia, quest'ultima, anch'essa deleteria.

Redditi in calo, posti di lavoro che scompaiono e prezzi delle case in calo: il sacrificio della classe media sull'altare della sopravvivenza della pianificazione centrale è servito. Poiché poi queste persone che cadono in disgrazia chiederanno "più aiuti" dallo stato, ciò richiederà più debiti e tasse più elevate. Anche perché, nonostante tutti questi anni di reddito di sudditanza cittadinanza, i poveri sono aumentati. in Italia. Tali richieste, inutile ricordarlo, deviano più capitale dagli investimenti produttivi portando a una crescita economica più lenta e con il rallentamento della crescita le aziende passano al costo del lavoro più basso, o all'automazione, deprimendo ancor di più il reddito dei lavoratori. Ciò porta a più richieste di aiuti allo stato e il ciclo si spiralizza, spingendo ancor più nella fossa la classe media. La strada verso la schiavitù di hayekiana memoria è lastricata di buone intenzioni: dopo decenni di aumento dei livelli di debito per generare crescita economica, il danno a quest'ultima sta diventando più evidente che mai. La fine dei giochi, un debito eccessivo combinato con un invecchiamento demografico, è il "disastro deflazionistico" già presente nell'economia giapponese.

Naturalmente anche il Giappone non ha più una classe media.


CONCLUSIONE

Un anno fa facevo il punto della situazione con il seguente articolo. Era arrivato il momento di aggiornare la situazione. Dal 2009 a oggi è stata stampata una quantità di denaro fiat senza precedenti e il risultato di questa "strategia" per arginare la crisi originatasi con Lehman Brothers sta risultando in quella che potremmo definire una inflazione dei prezzi strutturale, non "transitoria". Per le banche centrali e gli stati, visto che sono stati loro la causa scatenante, sarà difficilissimo arginarla, se non impossibile, e rimarrà presente nei vari ambienti economici ancora per molto tempo. La quasi impossibilità di gestire una situazione talmente esplosiva ha richiesto l'avvio di una gestione più capillare della società attraverso la narrativa fasulla sulla crisi sanitaria e successivamente sulla guerra, facendo accettare una decrescita a quelle popolazioni interessate che in "tempi normali" non avrebbero affatto accettato di buon grado.

Fin dove si potevano spingere i pianificatori centrali? La crisi sanitaria e la successiva guerra in Ucraina sono stati eventi che dovevano rispondere a questa domanda. La frode del sistema monetari fiat, ormai moltiplicata all'ennesima potenza, ha bisogno di nuovi finanziamenti affinché possa andare avanti... come ogni schema di Ponzi che si rispetti. E quel blocco che ha più bisogno di restare a galla a causa della natura artificiale della sua esistenza è l'Unione Europea. L'UE non è la vittima, ma il carnefice. Avendo vissuto per molto tempo al di sopra dei propri mezzi, i pianificatori centrali che sposano e sponsorizzano il suo progetto hanno cercato di acquisire capitali dall'estero attraverso il crollo economico precoce degli USA e hanno cercato di acquisire energia a buon mercato dalla Russia cercando di far crollare il governo attualmente in carica. Gli USA stanno reggendo il colpo e le sanzioni si sono ritorte contro chi le ha attuate, anche perché la Russia ha lavorato insieme alla Cina sin dal 2015 per proteggersi da eventuali escalation a tal proposito; l'energia continuerà a fluire in Europa tramite intermediari come la Turchia, ma esclusivamente perché si vuole rendere quest'ultima un alleato dei BRICS.

I guai energetici statunitensi sono praticamente autoinflitti, quindi basterebbe semplicemente smetterla con questo masochismo. Per l'Europa invece le cose stanno diversamente, visto che, per quanto vengano sbandierate le rinnovabili, esse sono insufficienti a garantire l'attuale complessità della società europea. Una transizione energetica seria richiederebbe, oltre al nucleare, riallacciare i rapporti con la Russia e preventivare una finestra di 5-10 anni per una emancipazione, parziale e come minimo sostenibile, da tale fonte di approvviggionamento. L'autolesionismo energetico da parte dell'Europa è tutto diretto a trasferire ricchezza dal basso verso l'alto, come ricordato dalla situazione immobiliare italiana. Azerbaijan, Algeria, Norvegia e Turchia non sono in grado di fornire una quantità sufficiente di energia, e a prezzi bassi, da sostituire completamente l'approvviggionamento russo. La cannibalizzazione della classe media europea è dimostrata ancor più dalla volontà di esacerbare le sanzioni, seguendo la cosiddetta fallacia dei "costi irrecuperabili" e non volendo smantellare qualcosa che fino a questo momento ha fallito clamorosamente.

Qual è quindi la strategia adottata dall'UE per tentare di contenere un'inflazione strutturale? Taglio dei consumi, uccisione della domanda, riduzione dei posti di lavoro, riduzione artificiale delle entrate delle singole famiglie. In sintesi, prelievo silenzioso dei risparmi e dipendenza totale dallo stato. Ecco il motivo per cui, nonostante tutte le chiacchiere sulle truffe riguardanti il reddito di cittadinanza, esso continua a esistere. Anzi, si vuole che esistano truffe a tal proposito, poiché è la dipendenza l'obiettivo finale. Dato che è a rischio l'esistenza stessa dell'euro, è necessaria un'economia più chiusa affinché chi detiene ricchezza denominata in tale valuta possa conservarla e la chiusura di un'economia avviene attraverso un maggiore controllo. Come lo si attua? Attraverso le CBDC, o un euro digitale. Anche perché, con un costo dell'energia che aumenta, i prodotti europei diventano meno esportabili e appetibili all'estero, lasciando quindi il tutto al consumo interno. E questo a sua volta significa prezzi più alti per la classe medio/bassa europea e meno consumi. La depressione della produzione, quindi, serve a non permettere la trasformazione dell'inflazione in iperinflazione, mentre essa fa il suo mestiere di tassa nascosta derubando silenziosamente il potere d'acquisto di coloro che nella catena di trasmissione del denaro creato ex novo sono ultimi.

Nel frattempo si tengono addormentati i gonzi, tramite i giornalisti prezzolati, a fare il tifo per l'una o l'altra parte in guerra mentre vengono sfilati da sotto il loro naso tutti gli averi che possiedono.

In conclusione, il mondo sta diventando multipolare ed è finita l'era in cui l'Occidente faceva pagare i propri debiti al sud del mondo. Singapore sarà la nuova Svizzera e l'Arabia si unirà ai BRICS: la fine della geopolitica in stile Mackinder è agli sgoccioli. Adesso è arrivato il momento che, l'Europa in particolar modo, ripaghi i propri debiti. I pianificatori centrali sono abili nel distruggere; sono incapaci a costruire. La distopia del Grande Reset, infatti, significa erigere un momento alla distruzione. Ed ecco perché fallirà. Nonostante porzioni consistenti della popolazione occidentale sceglierà la dipendenza dallo stato, ci saranno sacche di resistenza che opteranno per la scelta opposta: maggiore decentralizzazione e indipendenza. Per quanto il dirigismo possa farsi stringente, è una strategia fallimentare nel lungo termine; una prova in merito è il clamoroso fallimento della Cina nel "bandire" il mining Bitcoin. La possibilità di far contare la soluzione individuale attraverso la tecnologia informatica e digitale è un'opportunità unica: grazie a Bitcoin non solo è possibile emanciparsi dal cappio della pianificazione centrale, ma è altresì possibile costruire società parallele. Guardate, ad esempio, a come l'economia di El Salvador stia crescendo grazie anche all'adozione di Bitcoin come valuta ufficiale della nazione. Il commercio diventa più stabile e fiducioso, l'affidabilità della blockchain di Bitcoin garantisce questo risultato. Ampliare la propria conoscenza riguardo questo argomento, quindi, significa avere accesso ad una finestra privilegiata sul futuro.


3 commenti:

  1. Ci risiamo. Quello del superbonus è l'ennesimo esempio di ciclo boom/bust, uno che ha come al solito visto l'alimentazione di una domanda artificiale in un settore e che ha portato a investimenti inesorabilmente improduttivi. Il mantra keynesiano del quasi-boom pervade ogni ambiente economico e politico, i quali vendono con orrore la fase di correzione e la considerano una piaga da evitare a ogni costo. Gli Austriaci invece ammoniscono: "Temete il boom (artificiale), non il bust". E infatti ecco le conseguenze: indebitamento insostenibile, deformazione della struttura della produzione sulla scia del boom fasullo e misallocation delle risorse scarse con conseguente aumento dell'inflazione dei prezzi.

    Ma nel periodo storico in cui viviamo, e vivremo, la storia non finisce qui. Il quesito pesante è uno: chi paga le elargizioni finora concesse? Non esistono pasti gratis. Seguite il ragionamento: la maggior parte della ricchezza risparmiata in Italia è sotto forma d'immobili, quegli stessi risparmiatori hanno messo in gioco la loro principale fonte di risparmio abboccando all'amo del "superbonus" ovvero la casa, si sono indebitati per cifre molto consistenti, le rivalutazioni catastali incombono, le regole europee invaderanno pesantemente la compravendita d'immobili nel futuro prossimo in base alla "sostenibilità energetica verde". Durante le fasi di bust l'oggetto posto in garanzia per ottenere i prestiti a buon mercato viene di norma pignorato e il debito viene estinto. Molto probabilmente non verrà pignorata la "prima" casa tout court, ma sapete, un'opzione di prelazione nel momento in cui dovrà essere venduta non è da scartare in un mondo che, come ha ricordato oggi Schwab al G20, "deve affrontare una ristrutturazione sistemica e strutturale, ci vorrà del tempo ma il mondo avrà un aspetto diverso dopo che avrà affrontato questo processo".

    You'll own nothing and you'll be happy.

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  2. La prima cosa da notare è che tutto il discorso di Panetta è un coacervo di "possibilità" e "condizionali", quindi le affermazioni riguardanti un probabile abbassamento dell'inflazione (dei prezzi) attraverso la famigerata "transizione verde" sono, nel migliore dei casi, un suo wishful thinking. Ma al di là di ciò c'è un aspetto che risalta: la descrizione del fenomeno inflattivo, la sua origine in particolar modo. Quando l'inflazione è vista come un aumento generale dei prezzi, tutto ciò che contribuisce all'aumento dei prezzi è definito "inflazionistico". Non sono più la banca centrale e le banche a riserva frazionaria le cause dell'inflazione dei prezzi, ma varie altre cause. In questo quadro, non solo la banca centrale non ha nulla a che fare con l'inflazione, ma al contrario è considerata un istituto che la combatte.

    In quest'ottica, però, un calo della disoccupazione o un aumento dell'attività economica sono visti come un potenziale innesco inflazionistico; anche l'aumento dei salari dei lavoratori è considerata una potenziale minaccia. La definizione mainstream non spiega, quindi, perché l'inflazione è una cattiva notizia. Non sono i sintomi di una malattia, ma piuttosto la malattia stessa che causa il danno fisico. Allo stesso modo non è un aumento generale dei prezzi, ma un aumento dell'offerta di denaro a infliggere danni fisici a risparmiatori e redditi fissi. L'aumento dell'offerta di denaro innesca un processo di deviazione di risparmi reali da chi crea ricchezza reale a chi la spreca: è la cattiva allocazione delle risorse, non l'aumento dei prezzi in quanto tale, a innescare l'inflazione dei prezzi. Inoltre i percettori primi del denaro creato ex novo sono i beneficiari dei suoi effetti rispetto a chi lo riceve successivamente o non lo riceve per niente.

    Infatti i redditi reali diminuiscono non a causa di aumenti generali dei prezzi, ma a causa di aumenti dell'offerta di denaro; l'inflazione esaurisce il bacino dei risparmi reali, indebolendo così la produzione di ricchezza reale e abbassando i redditi reali. In sintesi, l'inflazione dei prezzi è un effetto e la cosiddetta transizione energetica, essendo un progetto calato dall'alto e con la violenza sulle teste degli individui, rappresenta un processo di deviazione di ricchezza reale alimentato da una domanda artificiale gonfiata attraverso i finanziamenti pubblici. Alla luce di ciò, la famigerata transizione energetica non attenuerà affatto l'inflazione dei prezzi.

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  3. La distruzione della classe media è un fenomeno legato alla legge dei rendimenti marginali decrescenti. La BCE abbassato i tassi a livelli assurdi, il che ha attirato le persone in case troppo care a tassi dei mutui sottovalutati. E adesso la BCE è costretta a lasciar salire i tassi, cosicché milioni di famiglie nella classe media avranno difficoltà a ripagare i mutui. I vari governi europei, Italia in testa, hanno speso molto più denaro di quello che potevano raccogliere attraverso la tassazione e hanno fatto affidamento sull'inflazione monetaria per compensare la differenza.

    Così i pianificatori centrali europei hanno reso la classe media dipendente dalle agevolazioni fiscali sui mutui, bonus statali, moratorie, prestiti alla produzione durante la crisi sanitaria e molto altro. L'inflazione artificiale è particolarmente dannosa per quel settore della società che crea ricchezza reale, ovvero la classe media. E l'inflazione svaluta il tempo: i salari reali diminuiscono e insieme a essi calano anche gli standard di vita della classe media. E presto la classe media svanisce: per pochi che si fanno strada tra i ricchi, la maggior parte sprofonda tra i poveri, alla disperata ricerca dell'ennesima elemosina statale. Quando muore il denaro, muore la società e poi l'intero Paese va in malora.

    Ma, attenzione, perché anche la cannibalizzazione della classe media è soggetta alla legge dei rendimenti decrescenti. Man mano che vengono saccheggiate sempre più ricchezza e potere, la classe media combatte sempre di più. La cricca di Davos afferma che in futuro "non possiederemo nulla e saremo felici", ma i membri della classe media stanno iniziando a rifiutare questa formula e oppongono resistenza.

    Ecco perché, a maggior ragione, deve essere distrutta secondo i piani dei pianificatori centrali. Ecco perché Bitcoin è la miglior arma per resistere a questo assalto.

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