giovedì 23 febbraio 2012

Salvare le Banche E' Inflazionistico

Pare essere ormai l'unica "soluzione" ventilata dall'establishment mainstream: inflazionare. Negli Stati Uniti la stampa di moneta dello zio Ben sta iniziando ad avere effetto nell'economia più ampia. Leggiamo da EPJ: il petrolio greggio della West Texas Intermediate viene commerciato a $106.07 (+2.5%); l'oro è arrivato a $1757.20, su di $31.30 (+1.85%); l'argento è arrivato a $34.35 su di $1.13 (+3.47%); il rame è arrivato a $3.8385 su di $0.1305 (+3.53%); lo zucchero è arrivato a $24.50 su di $0.73 (+3.03%). E apprendiamo nello stesso momento che Krugman ormai è uscito di senno poiché non fa altro che starnazzare "deflazione!" anche quando i passanti vorrebbero informazioni per il più vicino Taco Bell. Un pò come Abe Simpson che vedeva la morte ovunque si girasse.
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di Thorsten Polleit


I.

L'ultima ondata di turbolenze nei mercati finanziari è stata causata dalla crescente preoccupazione degli investitori circa la solidità finanziaria delle banche commerciali, in particolare le banche nella zona euro.

Sembra che gli investitori stiano perdendo sempre più fiducia nella capacità delle banche di tenere fede ai loro obblighi di pagamento in condizioni "normali" di mercato e di generare utili sufficienti per il futuro.

Tale interpretazione può contribuire a spiegare le valutazioni depresse dei titoli bancari della zona euro, che hanno perso circa il 71% del loro valore dall'inizio del 2007.[1] Al contrario, le perdite dei titoli bancari Statunitensi sono pari a (solo) circa il 50%.





II.

L'attuale livello di "stress" in cui si trovano le banche — sottoforma di costi crescenti per ottenere i finanziamenti sul mercato — può essere illustrato da due variabili:[2]

  1. Il differenziale tra il tasso Libor interbank market a 3 mesi ed il tasso overnight index swap (OIS); e, per le banche della zona euro,
  2. il cosiddetto EUR/USD cross currency basis swap, che mostra il costo del finanziamento in dollari per le banche della zona euro: prendono in prestito euro e li convertono in dollari Statunitensi attraverso uno scambio FX.

Il grafico qui sotto mostra lo spread in percentuale tra il tasso Libor e quello OIS nella zona euro e negli Stati Uniti dal 2007 all'inizio del 2012. Sin da Agosto dell'anno scorso, gli spread hanno preso l'ascensore, soprattutto nella zona euro, riflettendo una crescente preoccupazione degli investitori circa la salute finanziaria delle banche.




Tuttavia, gli spread sono finora rimasti ben al di sotto dei picchi visti nel mese di Settembre/Ottobre 2008, quando la banca d'investimento Americana Lehman Brothers andò in default. Allora, gli spread elevati indicavano che gli investitori temevano che il crollo della banca di investimento Statunitense avrebbe potuto trascinare verso il basso tutto il settore bancario (internazionale).

Da allora gli investitori hanno appreso che le banche centrali avrebbero fornito alle banche qualsiasi quantità di denaro necessaria per tenerle a galla. Infatti, la Federal Reserve (FED) ha rimpolpato le riserve in eccesso delle banche a circa $1.5 biliardi, mentre nella zona euro la Banca Centrale Europea (BCE) le ha portate a circa €700 miliardi.




Questo, a sua volta, ha portato ad un calo, o default, del rischio creditizio sul debito bancario denominato in valuta nazionale dal punto di vista degli investitori: sotto l'attuale politica monetaria di fornire una quantità illimitata di base monetaria, gli investitori possono aspettarsi di ricevere il denaro nominale investito in obbligazioni e depositi bancari.

Ultimamente, però, le banche della zona euro sono state sempre più sotto pressione per quanto riguarda il loro finanziamento in dollari Statunitensi. Gli investitori privati sono disposti ad estendere il credito denominato in dollari alle banche della zona euro a tassi di interesse elevati, o per nulla.

Nel grafico qui sotto (per scadenze ad un anno) si può osservare lo sviluppo dei costi di finanziamento in dollari per le banche della zona euro quando hanno fatto ricorso ad un cross-currency basis swap. Più il valore diventa negativo, più diventa costoso per le banche della zona euro ottenere finanziamenti in dollari Statunitensi. In effetti, i costi di finanziamento stanno ritornando verso i livelli massimi osservati nel mese di Settembre/Ottobre 2008.





III.

Questo sviluppo ha portato le principali banche centrali di tutto il mondo ad un'azione coordinata. Il 30 Novembre 2011, la Banca del Canada, la Banca d'Inghilterra, la Banca del Giappone, la BCE, la FED e la Banca Nazionale Svizzera (BNS) hanno annunciato che avrebbero fornito una quantità illimitata di base monetaria attraverso accordi di swap di liquidità "per sostenere il sistema finanziario globale."[3]

L'annuncio includeva un abbassamento degli swap di liquidità già esistenti di 50 punti base e l'estensione di tali disposizioni fino al 1 Febbraio 2013.

Inoltre, le banche centrali hanno annunciato che avrebbero fornito "swap di liquidità bilaterali e temporanei, in modo che la liquidità potesse essere fornita in ogni giurisdizione e in una qualsiasi valuta, qualora le condizioni di mercato lo avessero giustificato." Quindi tutte le banche centrali hanno effettivamente aperto i cancelli per sfornare una somma indefinita di denaro per consentire alle banche di onorare i loro obblighi.

Con tale azione, le banche centrali stanno segnalando che sono pronte a ricapitalizzare le banche in qualsiasi valuta: se la domanda degli investitori per gli oneri bancari non dovesse "tornare alla normalità," le banche centrali colmeranno le lacune finanziarie delle banche con base monetaria creata da poco.

Questo è in realtà quello che è successo nel 2008/2009, in una situazione di profondo stress del mercato, quando gli swap di liquidità della FED nei confronti di altre banche centrali raggiunsero quasi i $583 miliardi nel Dicembre 2008.[4] Con un calo del livello dello stress di mercato, le banche rimborsarono il denaro alla FED.[5]





IV.

L'incremento dello stock di moneta è ben lungi dall'essere neutrale. In primo luogo, un aumento dell'offerta della base monetaria (fiat) è inflazionistico: si abbassa il potere d'acquisto di una unità di denaro (al di sotto del livello che avrebbe prevalso se l'offerta di moneta fosse rimasta invariata).

Ne beneficiano i ricevitori iniziali del nuovo denaro, a scapito di coloro che lo ricevono in un momento successivo o per niente — come spiegato dal cosiddetto effetto Cantillon.

Tale aumento dell'offerta di moneta impedisce ai prezzi di mercato di aggiustarsi ai loro livelli reali. Per esempio, se le banche centrali estendono denaro addizionale alle banche, quest'ultime non dovranno vendere, ad esempio, asset (prestiti, titoli, ecc.) per rifinanziarsi.

Come conseguenza, i prezzi degli asset vengono tenuti a livelli artificialmente elevati. Le banche e gli altri proprietari di asset godranno di un utile imprevisto, impedendo ad altri investitori di avere l'opportunità di acquistare asset a prezzi inferiori.

Mentre una politica di aumento dell'offerta di moneta potrebbe evitare delle perdite nella produzione presente e nell'occupazione mantenendo a galla le banche, impedendo che vadano in default per i loro oneri, la questione importante è se una tale politica contribuirà a ripristinare di nuovo la salute delle economie.

Dal punto di vista della Scuola Austriaca d'economia, la risposta è no. Ludwig von Mises dimostrò che un boom indotto dal denaro fiat — e oggi tutte le principali valute sono denaro fiat — può essere mandato avanti solo con l'infusione sempre maggiore di denaro fiat (o mezzi fiduciari), creato attraverso l'espansione del credito bancario, con conseguente abbassamento artificiale dei tassi di interesse di mercato. Scrisse,

Un boom indotto dall'espansione del credito dovrà inevitabilmente portare ad un processo che secondo il linguaggio quotidiano viene chiamato depressione. [...] La depressione è in realtà il processo di riaggiustamento, che mette le attività produttive di nuovo in accordo con lo stato dei dati di mercato.[6]

Tuttavia, se è l'obiettivo politico è quello di evitare una depressione — cioè, una diminuzione dello stock di moneta dovuto al default delle banche e per i debiti in generale, accompagnato dalla diminuzione della produzione e dei prezzi insieme ad un aumento della disoccupazione — a tutti i costi, dovranno essere monetizzate dalle banche centrali quantità sempre maggiori di debito.

Una politica di crescita illimitata dell'offerta di moneta, di conseguenza, se perseguita, finirebbe per portare ad una drastica svalutazione della moneta fiat. Potrebbe anche condurre a quello che Mises chiamò un "crack-up boom" (in Tedesco: Katastrophenhausse), che comporta la distruzione della moneta fiat.

Ad un certo punto,

Enta in scena il crack-up boom. Ognuno è ansioso di scambiare il proprio denaro con beni "reali", non importa se ne ha bisogno o meno, non importa quanti soldi deve pagare. In un tempo molto breve, entro poche settimane o addirittura giorni, le cose che erano usate come moneta non sono più utilizzate come mezzi di scambio. Diventano carta straccia. Nessuno vuole scambiare nulla con questa carta straccia.[7]


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Un altro fattore potrebbe essere l'aspettativa dell'investitore sulle questioni dei diritti, che diluirebbero il valore delle proprietà degli attuali azionisti. In un caso estremo, gli investitori potrbbero temere anche la possibilità che le banche vengano nazionalizzate.

[2] Consultare Goldberg, L. S., Kennedy, C., Miu, J. (2011) Central Bank Dollar Swap Lines and Overseas Dollar Funding Costs, in: FRBNY Economic Policy Review, Maggio, pp. 3- 20.

[3] Consultare, per esempio, il comunicato stampa del SNB "Coordinated central bank action to address pressures in global money markets" del 30 Novembre 2011.

[4] Per l'impatto sull'eurozona consultare Vergote, O., Studener, W., Efthymiadis, Merriman, N. (2010), Main Drivers Of The ECB Financial Accounts And ECB Financial Strength Over The First 11 Years, Occasional Paper Series, No 111, Maggio, esp. pp. 17–19.

[5] Le banche hanno anche mantenuto elevati livelli di base monetaria verso la fine dell'anno, il che ha contribuito alla domanda di base monetaria. Il programma è terminato il 1 Febbraio 2010 (che segnala l'ultimo giorno per l'inizio di uno swap di liquidità).

[6] Mises, L. v. (1996), Human Action, 4th ed., Fox & Wilkes, San Francisco, p. 563.

[7] Ibid, p. 428.

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