lunedì 29 gennaio 2018

Perché gli ambientalisti devono comprendere come funziona l'economia





di Steven Horwitz


Uno dei temi più complessi per i difensori dell'impresa libera è la preoccupazione per l'ambiente, in particolare il cambiamento climatico. Ciò che rende le tesi degli ambientalisti più sofisticate, è che spesso usano idee e termini che vengono usati per descrivere i sistemi economici.

Ad esempio, i sistemi naturali e sociali sono evolutivi. La natura, come la società, è un ordine emergente (o quello che Hayek definiva "spontaneo"). Ho descritto i mercati come "ecosistemi epistemologici". E sia l'ecologia che l'economia condividono lo stesso prefisso. Ancora più interessante, gli ambientalisti spesso usano parole come "risorse", "scarsità" e "efficienza" che si sentono anche nelle discussioni sui mercati e sull'economia in generale.

A causa di queste somiglianze, i difensori dei mercati liberi e quelli preoccupati per l'interferenza umana nel mondo naturale dovrebbero ascoltarsi l'uno con l'altro più attentamente. Di recente ho avuto la possibilità di partecipare a questo tipo di conversazione e mi ha fatto pensare ad una mala comunicazione e a ciò che l'economia può aggiungere al modo in cui gli ambientalisti spesso considerano questi problemi. Quelli che seguono sono alcuni pensieri correlati su tale tema.



Economisti ed ambientalisti

Un'idea recita che i difensori dei mercati dovrebbero fare più attenzione alle analogie con gli ecosistemi naturali quando parlano con gli ambientalisti. I mercati funzionano molto come l'evoluzione darwiniana, almeno per analogia. L'imprenditorialità e l'innovazione sono gli equivalenti economici delle "mutazioni" e il sistema profitti/perdite è l'equivalente economico della "selezione naturale".

Proprio come il processo biologico conduce a specie che si adattano ai loro ambienti perché le mutazioni che migliorano la loro sopravvivenza verranno trasmesse alle generazioni future, così i processi economici portano gli esseri umani meglio "adattati al loro ambiente sociale" a riordinare il mondo fisico in modi in cui potranno creare più valore.

Gli ambientalisti riconoscono come questi tipi di sistemi adattativi complessi creino l'ordine senza un progettista nel mondo naturale e, notando come la stessa descrizione si applica ai mercati, ritengono possa essere un modo per generare conversazioni più interessanti e produttive, per non parlare di un maggiore apprezzamento per i mercati.

Come gli economisti, gli ambientalisti sono preoccupati per le risorse scarse e l'efficienza. Ciò che spesso ci divide è come comprendiamo tali termini. Ad esempio, gli ambientalisti tendono a pensare alle risorse come oggetti fisici che sono prodotti dalla natura, come le "risorse naturali". A volte trascurano le risorse di capitale prodotte dall'uomo e la combinazione tra natura ed umanità (che è la risorsa che chiamiamo lavoro).

Come esempio di questa confusione, consideriamo il tema che ho incontrato di recente: le forme verdi di energia, come l'energia solare, sono auspicabili perché usano meno risorse naturali scarse e perché creano milioni di posti di lavoro.

La mia risposta come economista è applaudire a qualsiasi modo di produrre qualcosa che utilizza meno risorse naturali, ceteris paribus. Se posso creare la stessa quantità di energia usando meno carbone e nient'altro, questo è un bene. Ma osservate il resto dell'affermazione: l'energia verde richiede anche più di quella risorsa scarsa nota come lavoro umano. Questo è ciò che significa "creare posti di lavoro" in questo contesto. Ci sono diverse prove che l'energia verde richieda molto più lavoro rispetto al combustibile fossile, o ad altre forme basate sul carbonio.

Gli ambientalisti giustamente capiscono che è un bene usare meno risorse naturali scarse, ma sembrano dimenticare tale idea quando si tratta di lavoro umano.



Ne vale la pena?

Sfruttare le risorse scarse significa che dobbiamo considerare quanto lavoro occorrerà per produrre una particolare quantità di energia. Proprio come utilizzare più risorse naturali di quelle che dovremmo usare significa abbandonare le alternative realizzabili con suddette, allo stesso modo creare posti di lavoro che potrebbero non essere necessari per produrre l'energia significa abbandonare altre cose che avremmo potuto avere.

Parte di questa confusione deriva da significati diversi dati ad "efficienza". Gli ambientalisti sono spesso interessati alla cosiddetta "efficienza energetica", o "efficienza delle risorse". Un esempio potrebbe essere il chilometraggio del gas. Le automobili sono più efficienti se fanno più miglia al gallone.

Per un economista, tuttavia, l'efficienza relativa è "efficienza economica" o "ne valeva pena?"

Abbiamo la tecnologia per creare automobili molto più efficienti dal punto di vista del consumo di carburante, ma se non possono essere costruite per meno di, ad esempio, $100,000, la maggior parte della gente dirà che non ne vale la pena. Tali automobili potrebbero essere più efficienti dal punto di vista tecnologico, ma sarebbero meno efficienti dal punto di vista economico.

Detto in modo diverso, tali vetture utilizzerebbero risorse preziose per dare vita a qualcosa che pensiamo sia meno prezioso delle alternative.



Capire la scarsità

Anche questo è un punto in cui la parola "scarsità" entra in gioco. Sembra che gli ambientalisti trattino "la scarsità" come sinonimo di "rarità". Una cosa è scarsa se è poca in numero. Ma per gli economisti la scarsità non è una questione di patrimonio fisico, bensì una relazione tra lo stock fisico e il desiderio umano per tale bene.

Ad esempio, a mio avviso esiste nel mondo solo una palla da baseball autografata da Steven Horwitz. Al contrario, ci sono molte palle da baseball autografate da Derek Jeter. Nonostante siano più numerose, le palle da baseball di Jeter sono molto più scarse (come si riflette nel loro valore molto più elevato) perché nessuno vuole una palla autografata da Horwitz, ma molte persone vogliono una palla autografata da Jeter.

Quello che i mercati ci permettono di fare, è avere un indicatore della scarsità: i prezzi. Il fatto che la gente pagherà molto di più per una palla di Jeter piuttosto che una palla di Horwitz, ci dice che la palla di Jeter è più scarsa e più preziosa. I prezzi forniscono conoscenze e incentivi sulla scarsità delle merci, comprese le risorse naturali, e ci permettono di usarle solo per quelle cose il cui valore per le persone è abbastanza alto.

I mercati ci permettono di effettuare tali confronti di valore e, quindi, sorvolare l'efficienza tecnologica e considerare l'efficienza economica. Cioè, i mercati ci costringono a pensare ai costi.

Gli ambientalisti più sofisticati lo capiscono fino ad un certo punto, per questo le migliori proposte per affrontare il cambiamento climatico sono quelle che cercheranno, ad un certo punto, di iscrivere il sistema dei prezzi nel processo.



Le sanzioni statali non risolveranno il problema

Le carbon tax, per esempio, cercano di includere i costi esterni dell'energia a base di carbonio nelle decisioni prese dai produttori di energia. Queste proposte spesso cercano di far tornare ai consumatori le entrate raccolte, in modo da aiutarli a far fronte ai prezzi più elevati dell'energia causati dalla tassa.

Queste proposte sono migliori del vecchio approccio regolamentare "comando e controllo", ma portano con sé due problemi che solo gli economisti notano.

In primo luogo, trovare la giusta imposta/prezzo non è una cosa semplice. Sappiamo che i prezzi di mercato sono il risultato di quello che Mises definì "mercanteggiare". Mises sottolineò anche che i cambiamenti dei prezzi che osserviamo sono la fine visibile di una catena di causalità che inizia nella mente umana. Ciò che fa funzionare i prezzi di mercato è che essi sono il risultato dei processi decisionali delle persone, rischiando le proprie risorse e avvalendosi delle proprie conoscenze.

I prezzi impostati dalla burocrazia non hanno gli stessi incentivi per un comportamento attento, né contribuiranno ad acquisire tanta conoscenza, come accade invece con i prezzi reali del mercato. Le battaglie politiche su tali tasse sono inevitabili e con esse se ne va ogni apparenza di razionalità economica.

E questo ci porta al secondo punto che gli economisti possono avanzare nei confronti degli ambientalisti: il fallimento del mercato non è una condizione sufficiente per l'intervento dello stato. Le proposte di una carbon tax, come tutte le altre politiche simili, possono sembrare interessanti sulla carta, ma dobbiamo sempre chiederci se i politici riusciranno ad attuarle.

Ad esempio, supponiamo che una carbon tax raccolga miliardi in entrate che saranno destinate alla ridistribuzione in favore delle famiglie statunitensi. Conoscendo la storia della previdenza sociale, ci aspetteremmo che i politici non tentino di utilizzare tali entrate per soddisfare potenti interessi speciali, o per altri scopi che fornirebbero più voti?

Gli economisti possono ricordare agli ambientalisti che per quanti disordini ci possano essere nei mercati (come in natura), spesso l'intervento statale è peggiore. Dobbiamo confrontare la realtà di due processi imperfetti e il fatto che i mercati siano imperfetti non è di per sé una giustificazione per l'intervento dello stato.

Si dice che le cose più interessanti succedano ai confini, dove le culture si scontrano. Questo vale per i confini tra gli ordini spontanei dei mercati e degli ecosistemi.

Anche se mi sono concentrato su ciò che gli ambientalisti possono imparare dagli economisti, l'apprendimento avviene in entrambi i sensi. Dimostrare come tracciare le linee di demarcazione quando due ordini emergenti interagiscono tra loro, come natura ed economia, richiede un dialogo attento e paziente. Spero che entrambi i gruppi siano in grado di accettare la sfida.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. Io credo che l'agenda politicofinanziaria globalista abbia necessità di propagandare temi ed argomenti globalisti come l'ambientalismo, l'esportazione della libertà e della democrazia, il controllo delle nascite, ecc ecc essenzialmente per promuovere un governo unico mondialista.

    Sarò diventato stronzo con l'età, ma per me è palese che sia così.

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