venerdì 5 aprile 2019

Il dollaro: il re dei ratti tra le valute fiat in declino





di Alasdair Macleod


La spiegazione per l'arresto improvviso della crescita economica globale si trova nella coincidenza tra il picco del credito ed il protezionismo commerciale. La storia delle recessioni economiche indica una replica del periodo 1929-32, a differenza che all'epoca il denaro fiat era coperto da un gold standard. Le finanze pubbliche oggi sono in condizioni peggiori ed i mercati devono ancora apprezzare le conseguenze di una moderata contrazione del commercio globale. Tra nuove emissioni e la liquidazione di possedimenti in mano straniera, i compratori nazionali dovranno assorbire $2 miliardi di titoli del Tesoro statunitensi nel prossimo anno, quindi è lecito aspettarsi il ritorno del QE. Tuttavia Cina e Russia hanno i mezzi per sfuggire a questo destino, presumendo che abbiano il coraggio di farlo.



Introduzione

Potrebbe essere troppo presto per dire che il mondo stia entrando in una crisi economica, ma anche gli ottimisti cronici devono ammetterlo che le possibilità stanno aumentando. Gli analisti finanziari, sia bullish che bearish, si trovano di fronte ad una complessa matrice di fattori quando devono giudicare l'effetto futuro di qualsiasi contrazione sulle valute e sul dollaro in particolare.

Alcuni ritengono che una recessione globale continuerà a spingere le valute estere ad essere vendute in cambio di dollari, perché questi ultimi sono percepiti come meno rischiosi. Altri puntano il dito alle tensioni intorno all'euro, provenienti soprattutto da una crisi del debito in Italia e nei PIIGS rispetto alla relativa stabilità delle nazioni anseatiche. Alcuni analisti si aspettano che la Cina fungerà da innesco di una crisi quando la sua economia alimentata dal debito imploderà.

Con il progredire della recessione, è normale pensare al dollaro come ad un rifugio sicuro. Per un breve periodo, rispetto ad altre valute questo potrebbe essere vero... ma dopo?

Coloro che hanno successo nella loro analisi oltre il breve termine, ci riescono perché scartano ogni pregiudizio. Potrebbero quindi evidenziare che in caso di una congiuntura economica severa, potrebbe emergere una divisione tra est ed ovest. L'effetto di una recessione sul blocco asiatico, guidato da Cina, Russia e India, rischia di discostarsi dall'America e dall'Europa. È il nuovo contro il vecchio, gli stati asiatici con meno welfare state e le nazioni più mature con welfare state preponderante.

Quando consideriamo questi due gruppi, tendiamo ad analizzare la situazione attraverso la lente dei nostri pregiudizi. Anche rimuovendo questa predisposizione risulta chiaro che qualunque sia il punto di partenza in termini di debito/PIL e altre metriche, le prospettive per le nazioni con meno welfare state saranno nettamente migliori durante una recessione economica globale di quanto lo saranno quelle per nazioni gravate da ampi obblighi legati al welfare. La Cina e altri stati asiatici non dovranno affrontare lo stesso grado di escalation del debito di America, Giappone, Regno Unito e nazioni europee. Inoltre l'Asia ha economie molto più dinamiche, con il potenziale per una continua rivoluzione industriale.

Le finanze pubbliche svolgeranno un ruolo da protagoniste. Dato che si deteriorano durante le recessioni economiche, il punto di partenza e il ritmo di escalation del debito rappresenta tutto ciò che dovrebbe interessarci. Il rapporto debito totale/PIL della Cina è a circa il 260% mentre quello degli Stati Uniti si aggira intorno al 360%, quindi su questo aspetto il debito totale della Cina è significativamente inferiore. Il debito/PIL del governo degli Stati Uniti è superiore al 100%, mentre quello della Cina è meno del 45%. Tuttavia gli analisti occidentali ritengono che la Cina sia in una posizione debitoria più debole rispetto a quella degli Stati Uniti.

La forza principale dell'America, che tutti citano, è il ruolo di riserva della sua valuta. Tutti hanno bisogno di dollari. Tutti i Paesi senza mercati finanziari sofisticati accendono prestiti in dollari, i quali alla fine devono essere rimborsati. Tutto, dai prezzi delle materie prime ai mercati finanziari globali, è etichettato in dollari. Il dollaro è diventato anche un'arma, il mezzo per far rispettare la politica estera americana. È il Re dei Ratti del mondo delle valute.

Finché il mondo gode di una crescita economica, il ruolo dollaro è difficile da mettere in discussione. Quando la marea economica si inverte, tutto cambia. In questo articolo spiegherò perché l'economia globale si sta dirigendo verso una crisi, che per dimensioni potrebbe essere simile alla grande depressione. Se questa analisi è corretta, le prospettive del dollaro come valuta di riserva globale, e addirittura la sua esistenza, saranno minacciate e dovranno essere rivalutate sotto questa luce.



Il picco del credito coincide col protezionismo commerciale

L'accoppiata picco del credito e protezionismo commerciale è decisamente catastrofica. Questa combinazione fu devastante quando lo Smoot-Hawley Tariff Act fu approvato dal Congresso nell'ottobre 1929, in particolare se confrontata con le conseguenze relativamente minori dei dazi Fordney-McCumber del 1922. La differenza era che il Fordney-McCumber fu introdotto all'inizio del ciclo del credito e lo Smoot-Hawley al picco. Questa dissomiglianza fu la causa principale dietro il grave crash di Wall Street e della successiva depressione globale.

Oggi abbiamo una situazione così simile allo Smoot-Hawley e la sua coincidenza con la fase finale del ciclo del credito dovrebbe farci preoccupare. Ciò che è particolarmente allarmante è che il commercio internazionale sembra aver già smesso di espandersi, quasi come se si fosse imbattuto in un muro di mattoni. Un confronto con l'esperienza del 1929 ci dice che questo risultato è estremamente probabile. Quel precedente ci avverte che il commercio internazionale di oggi potrebbe rapidamente scivolare dall'espansione verso una contrazione severa, con conseguenze terribili per l'intera economia globale. Nel 1929 lo Smoot-Hawley e la fase finale del ciclo del credito si unirono per peggiorare la grande depressione.



L'impatto sul finanziamento del debito pubblico sarà immenso

Quale impatto avrà oggi sull'economia statunitense un ciclo del credito alle battute finali combinato con un'escalation di protezionismo commerciale (in particolare per quanto riguarda il finanziamento di un deficit di bilancio crescente visto che gli americani si sono abituati agli stranieri che acquistano in massa i loro bond del Tesoro)?

Per apprezzare tutte le implicazioni, dobbiamo rivisitare la connessione tra il commercio e il deficit di bilancio in base al presupposto che il deficit di bilancio aumenterà mentre i volumi commerciali diminuiranno. Ma prima di esaminare le conseguenze dobbiamo spiegare perché e come i due deficit sono collegati. Il modo più semplice per farlo è immaginare un mondo in cui c'è il sound money, in cui il denaro ed il credito totale sono fissi e la preferenza per detenere denaro rispetto ai beni non cambia.

Se la quantità di denaro e credito è costante, tutte le importazioni devono essere pagate dalle esportazioni. In altre parole, non possono emergere squilibri commerciali se non ci sono cambiamenti nel denaro circolante. Se viene esteso il credito ad un importatore, deve provenire da risparmiatori disposti a posticipare la loro spesa, invece di essere creato dal nulla come nel caso del sistema bancario a riserva frazionaria. Allo stesso tempo, lo stato può finanziare le sue spese solo aumentando le tasse e prendendo a prestito da privati. Il sistema bancario nel nostro esempio non può che fungere da intermediario e non può aumentare la quantità di denaro o credito per la spesa pubblica, né può espandere il credito per finanziare il commercio.

Pertanto il sound money rende impossibile uno squilibrio commerciale così come rende impossibile un deficit di bilancio. Ne consegue che, se le quantità di denaro e credito possono espandersi, si sviluppano squilibri nei bilanci commerciali o statali, o in entrambi. Un deficit non deve condurre all'altro, ma nella misura in cui non accade, allora la differenza deve riflettersi in un cambiamento nel tasso di risparmio. I risparmi devono essere spesi affinché aumenti il consumo che porta poi al deficit commerciale. In alternativa devono essere investiti, o spesi in futuro, affinché si possano ridurre.

Se un governo spende più di quello che riceve in tasse e il conseguente deficit di bilancio non si riflette in un analogo deficit nella bilancia commerciale, è perché gli individui rimandano la spesa e aumentano i loro risparmi acquistando titoli di stato. La loro spesa per gli articoli di consumo viene quindi ridotta, limitando la domanda di beni di consumo importati. Ovviamente ci sono altri asset in cui investire, come le obbligazioni societarie, motivo per cui i deficit gemelli non saranno mai esattamente uguali. Ma in generale, se non vi è alcun cambiamento nel tasso di risparmio, sia il deficit commerciale che quello di bilancio si approssimeranno tra loro.

Nel mondo odierno delle valute fiat, un deficit di bilancio deve pur sempre essere finanziato anche in assenza di un aumento dei risparmi. Le due fonti di finanziamento sono l'acquisto di debito pubblico da parte del sistema bancario e il reinvestimento di dollari in eccesso in mani straniere, principalmente a causa del deficit commerciale. Finché gli stranieri sono disposti a reinvestire le loro eccedenze in dollari invece di venderle, i deficit gemelli non sono destabilizzanti. Il problema arriva quando tale condizione viene a mancare, che è più probabile che accada quando il ciclo del credito è alle battute finali e vengono imposti dazi.

Inoltre le finanze pubbliche si deteriorano rapidamente quando si sviluppa una crisi economica. La tabella 1 qui sotto è un'illustrazione idealizzata di come aumenti il fabbisogno di fondi da parte del governo durante una recessione relativamente minore, a causa di una mutevole combinazione dei deficit gemelli.


I residenti e le banche degli Stati Uniti hanno dovuto trovare $184 miliardi nell'anno fiscale 2018 per colmare il deficit di finanziamento del governo federale. Questo è il requisito del finanziamento nazionale. Supponendo che le modifiche elencate nelle note della Tabella 1 valgano per l'anno fiscale 2019, il fabbisogno di finanziamento interno sale ad oltre mille miliardi di dollari, un aumento di oltre cinque volte. Fondamentalmente questo presuppone che le eccedenze di capitale che si accumulano in mani straniere vengano completamente riciclate in buoni del Tesoro USA.

Un'escalation delle esigenze di finanziamento interno la vedremo anche in tutti gli altri Paesi che abitualmente hanno deficit commerciali e devono far fronte a crescenti obblighi in materia di welfare state. Queste dinamiche non sono state prese in considerazione dalle aspettative del mercato, perché i rendimenti obbligazionari devono ancora riflettere l'aumento dell'offerta e il prezzo dell'oro non ha suggerito le implicazioni inflazionistiche di una reintroduzione di un quantitative easing in tutte le economie avanzate.

Ritornando alla nostra analisi riguardo la posizione degli Stati Uniti, l'aumento del fabbisogno di finanziamento interno implica che le importazioni di capitali dovrebbero aumentare drasticamente, anche durante una recessione moderata, se si vuole evitare una crisi di finanziamenti. È improbabile che ciò accada.

Supponendo che il commercio globale stia iniziando a contrarsi come suggerisce la nostra tesi, è più probabile che gli stranieri rimpatrino i fondi nelle proprie valute invece di investirli in dollari. Le ipotesi inizialmente ottimiste delle società straniere su un'espansione commerciale condurranno inevitabilmente ad una rivalutazione al ribasso delle loro esigenze in dollari. Anche l'aumento dei deficit di bilancio e l'emergere di investimenti improduttivi nelle loro giurisdizioni richiederanno finanziamenti.È quindi decisamente realistica l'ipotesi di una crisi dei finanziamenti pubblici locali che si trasforma in una crisi dei finanziamenti pubblici mondiale.

Fino a poco tempo fa gli investitori stranieri hanno continuamente aumentato i loro investimenti in obbligazioni del Tesoro USA, prevedendo una crescita ininterrotta del commercio transfrontaliero. Questo scenario è cambiato con le nuove politiche protezionistiche americane e le risposte cinesi ed europee. La prova di ciò la troviamo nei dati TIC del Tesoro USA, quando lo scorso dicembre gli stranieri sono risultati venditori netti per $91,4 miliardi, cifra che rappresenta quasi il doppio del deficit commerciale del mese precedente.

Questa potrebbe essere la prova iniziale che i flussi di capitale si stiano già invertendo. Senza afflussi di capitale, dovranno essere il sistema bancario americano e gli investitori privati a finanziare l'intero deficit di bilancio e ad assorbire ulteriori liquidazioni dall'estero. Giusto per essere chiari, la Tabella 1 di cui sopra ci dice che il fabbisogno interno di fondi passerà da $184 miliardi ad oltre $1.500 miliardi se gli stranieri smetteranno di comprare. Inoltre vi è il timore di ulteriori deflussi di capitale, se le cifre TIC di dicembre sono una guida. A quel ritmo gli stranieri liquideranno una parte significativa dei loro investimenti in dollari, cosa che include la cessione di buoni del Tesoro USA.

È molto probabile che queste vendite possano portare gli acquisti interni di titoli del Tesoro statunitensi a oltre $2.000 miliardi. Gli stranieri hanno accumulato ingenti investimenti in dollari nel corso degli anni ed a fine giugno 2018 hanno totalizzato $19.400 miliardi, a cui possiamo aggiungere fondi monetari detenuti tramite banche corrispondenti e strumenti monetari a breve termine per un totale di ulteriori $5.200 miliardi. Ad oltre il 110% del PIL, il totale di $24.600 miliardi in investimenti e liquidità è la più alta esposizione in dollari mai registrata in mani straniere.

Dobbiamo inoltre menzionare il feedback derivante dalla contrazione del commercio internazionale, poiché ciò indebolirebbe ancora di più le esportazioni statunitensi.

I Paesi con un surplus delle esportazioni subiranno quindi un duro colpo da una contrazione generale. Ma come ad esempio hanno costantemente dimostrato il Giappone e la Germania, l'abitudine al risparmio (una parte integrante delle loro eccedenze commerciali) limiterà le loro difficoltà rispetto a quelle affrontate dagli spendaccioni che invece hanno assassinato i loro risparmiatori. Inghilterra, Francia e gli stati mediterranei sono particolarmente a rischio e ci si può aspettare che le prospettive fosche sulla valuta, derivanti da ulteriori pressioni sull'euro-sistema, degenerino in una crisi monetaria europea.

In breve tempo il feedback negativo di queste catene di eventi rischia di indebolire ulteriormente le finanze statali ovunque, peggiorando la contrazione del commercio, riducendo le entrate fiscali e aumentando l'onere del welfare state. La Tabella 1 di cui sopra rifletterà solo l'inizio di un crollo più profondo, un risultato che probabilmente sarà impossibile da evitare, con gravi conseguenze per le valute (in quanto le banche centrali reagiranno con dosi maggiori di inflazione monetaria).



La scomparsa delle valute fiat

Nel 1929 la concomitanza tra lo Smoot-Hawley Tariff Act e le battute finali del ciclo del credito avveniva sotto un gold standard. La mitologia di quell'esperienza ha erroneamente apposto la colpa al gold standard per la depressione e ha alimentato le politiche inflazionistiche che vediamo oggi. In realtà c'è stata una confusione tra effetti e cause, e pochi economisti comprendono il ruolo distruttivo dei dazi durante il picco del ciclo del credito. Ciononostante tutti sanno quale sarà la risposta dei banchieri centrali questa volta: sosterranno i deficit dei loro governi in congiunzione con l'aumento delle riserve delle banche commerciali mediante l'espediente già testato di un quantitative easing.

Il QE per risolvere difficoltà di questo tipo è stata la risposta alla grande crisi finanziaria. È impossibile per gli americani e gli altri risparmiatori finanziare il crescente deficit di bilancio quando sono essi stessi già indebitati, disoccupati e i loro investimenti finanziari soffriranno a causa di un bear market. La ricetta neo-keynesiana è quella di incoraggiare la spesa e scoraggiare il risparmio, in base alla convinzione che la grande depressione sia stata peggiorata dalla tendenza al risparmio. Invece l'inflazione sostituirà il risparmio, accelerando la distruzione della ricchezza personale. In breve, le banche centrali non vedono alternativa all'inflazione, nonostante i ripetuti fallimenti nel raggiungere qualcosa di positivo in passato... a parte la sopravvivenza dei loro stati.

Mentre non sembra esserci alternativa a spremere le ultime gocce di sangue dal settore privato per sostenere i governi e il sistema bancario internazionale, l'escalation dell'inflazione monetaria potrebbe distruggere le valute fiat. Invece di un calo dei prezzi delle commodity e delle materie prime come negli anni '30, a questo giro i prezzi saliranno quando le valute fiat si schianteranno. Quindi, dopo uno shock finanziario iniziale, è probabile che i valori delle proprietà residenziali, le scorte minerarie e le quotazioni azionarie delle imprese che possono sopravvivere ad un crollo della valuta potrebbero iniziare a recuperare.

Il problema più urgente, però, oltre al crollo economico e al crollo della valuta, è la perdurante crisi delle finanze pubbliche. Si presume comunemente che la svalutazione degli oneri statali favorisca lo stato, ma questo punto di vista ingenuo non tiene conto dell'escalation dei costi dei futuri del welfare state. È difficile immaginare che gli stati gravati da questi oneri ingombranti abbiano l'autorità di invertire la legislazione socialista degli ultimi novanta anni al fine di stabilizzare le loro finanze.

Tuttavia un aumento della base monetaria attraverso il QE e la conseguente espansione delle riserve bancarie continueranno ad essere viste come una politica monetaria necessaria. È solo più tardi che diventeranno pienamente evidenti gli orrori insiti nel livello generale dei prezzi. A quel punto sarà troppo tardi, se non lo è già, per affrontare una crescente perdita di fiducia della popolazione nel potere d'acquisto della moneta. Nel caso del dollaro, non appena gli stranieri sovraesposti diventeranno consapevoli di tale tendenza, è probabile che ne accelereranno la vendita. Ciò vale in particolare per i cinesi ed i giapponesi, i maggiori creditori dell'America, i quali smetteranno di prostrarsi davanti alle politiche commerciali americane e si concentreranno per sostenere le loro economie.

Con un dollaro in calo misurato in yuan, yen e persino euro (se tale valuta esisterà ancora per allora), il livello generale dei prezzi in America inizierà a salire ad un ritmo tanto sostenuto che non potrà più essere nascosto attraverso la manipolazione statistica.

E così, la differenza tra il crollo del 1929 e quello attuale è l'oro. Novant'anni fa i prezzi venivano misurati in oro, a $20,67 l'oncia. Ciò portò ad una svalutazione del 40% del dollaro nel gennaio 1934. Oggi, sebbene i dazi siano inferiori a quelli dello Smoot-Hawley e non ancora pienamente entrati in vigore, l'inflazione monetaria dietro al ciclo del credito è stata decisamente più estrema. Se ciò che accadde nel 1929 rimane un precedente valido per quello che succederà nel prossimo anno o due, il destino del dollaro è quello di affrontare una perdita di fiducia come valuta nazionale ed internazionale affidabile.



Sfuggire alla svalutazione del denaro fiat

Da quanto detto, è chiaro che è iniziata una serie di eventi che minacciano di innescare una crisi mondiale del credito centrata sul Re dei Ratti tra le valute fiat: il dollaro. Altre valute fiat affrontano problemi analoghi: deficit gemelli, mancanza di risparmiatori, aumento degli oneri del welfare state e diminuzione delle entrate fiscali. Queste valute fiat sono minacciate dalla stessa sorte del dollaro, ma forse non contemporaneamente.

Questi fatti non sorprenderanno affatto i seguaci della teoria Austriaca del ciclo economico, ma è probabile che le banche centrali occidentali, intuendo vagamente un'altra crisi del credito, abbiano cercato di isolare le vie di fuga. Hanno persuaso le loro popolazioni che l'oro non è più denaro, hanno incaricato le banche di limitare i prelievi di denaro contante e hanno protetto i loro governi da una crisi sistemica stringendo le normative e promulgando leggi per i bail-in. L'effetto di queste misure in una crisi non può che essere indovinato, ma è probabile che accelerino la distruzione del potere d'acquisto di una valuta, se invece di incassare depositi (cioè persone che escono dal sistema bancario ma non dalla valuta) le persone sono costrette a scambiare i saldi bancari con beni fisici e criptovalute per sfuggire dal rischio sistemico.

Si potrebbe obiettare che i piccoli depositanti siano protetti dall'assicurazione sui depositi, ma non sono i piccoli depositanti che inizieranno una fuga precipitosa verso le alternative ai depositi bancari: saranno i grandi depositanti ed i possessori di obbligazioni bancarie che si proteggeranno dai bail-in.

Le valute emesse da nazioni che hanno conservato una cultura del risparmio e i cui governi non sono gravati da ingenti oneri del welfare state, possono sopravvivere se intraprenderanno azioni appropriate. Indubbiamente dovranno resistere alla persuasione dei propri inflazionisti neo-keynesiani che suggeriranno di mantenere "competitive" le loro valute, almeno inizialmente. Quando ciò porterà ad un rialzo dei tassi di interesse interni, queste politiche saranno molto probabilmente abbandonate a favore di un finanziamento solido sotto forma di una copertura con l'oro.

Le valute scoperte con maggiori probabilità di tornare coperte sono lo yuan cinese e il rublo russo. Sia la Cina che la Russia hanno abbracciato l'oro come moneta onorata dal tempo, superiore alle valute fiat in continua svalutazione. Oltre a stabilizzare la situazione monetaria panasiatica a vantaggio del commercio eurasiatico, un gold exchange standard credibile introdurrebbe disciplina monetaria ed abbasserebbe i tassi d'interesse verso il livello concordato reciprocamente da creditori e mutuatari.

Anche se non possiamo prevedere con certezza questo risultato, sappiamo che per l'Asia sarà disponibile l'opportunità di sfuggire alla distruzione della valuta. Possiamo andare ancora oltre, e dire che non ci sarà un'alternativa credibile e che oggi in Cina e in Russia ci sono specialisti abbastanza lungimiranti da comprendere il punto. Dopo tutto, la Russia ha già venduto i suoi dollari in cambio d'oro e la Cina si è mossa per controllare il mercato globale dei lingotti. Inoltre gli ultimi tre mesi di rapporti sullo stato delle sue riserve mostrano che la Cina sembra aver smesso di accumulare dollari e invece li stia vendendo per comprare altro oro. È importante sottolineare che ora non le dispiaccia sbandierarlo ai quattro venti.

La Cina e la Russia si trovano in una posizione simile alla Gran Bretagna dopo le guerre napoleoniche. In seguito alla reintroduzione formale del gold standard nel 1821 (il sovrano d'oro era stato introdotto nel 1816), il valore del debito pubblico in mani private aumentò col diminuire dei tassi d'interesse e la credibilità finanziaria del governo migliorò. La creazione di ricchezza da questo semplice atto fu uno dei principali contributi al successo della rivoluzione industriale, che spinse la Gran Bretagna nella sua preminenza globale. La Cina ha ambizioni simili e capisce che solo permettendo ai suoi cittadini di accumulare ricchezza personale può raggiungere i suoi obiettivi economici.

Sarebbe stupida a non seguire l'esempio britannico del diciannovesimo secolo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


1 commento:

  1. La recente richiesta di Trump alla FED affinché elargisca ancor più denaro facile può essere paragonata alla classica immagine "due zoppi che si reggono alla stessa stampella". Questo grafico vi mostra cosa ha tenuto in piedi il mercato azionario statunitense mentre la FED tirava il freno a mano sulla sua politica monetaria. Ma l'effetto una tantum dei tagli fiscali di Trump sta svanendo ed ecco che, come tutti i suoi predecessori, egli torna a chiedere un intervento attivo della banca centrale. Donald Trump, come la maggior parte degli economisti mainstream, crede che le minacce all'economia arrivino durante la fase di restringimento monetario, quando invece i semi della disfatta sono piantati prima.

    I bust non sono fenomeni magici e misteriosi, sono il risultato di politiche monetarie allentate da parte delle banche centrali (ampliate poi dalla riserva frazionaria delle banche commerciali). Il bust viene creato nella fase di boom, in quanto la politica della banca centrale porta alla creazione di nuovi capitali "dal nulla". Questo eccesso di denaro finisce in una varietà di aree non produttive dell'economia: aree e industrie che non avrebbero mai visto così tanta spesa ed investimenti in assenza di denaro creato ex novo.

    In un'economia di mercato senza una banca centrale, gli aumenti della spesa possono verificarsi solo a seguito di risparmio reale ed investimenti precedenti. Il risparmio e gli investimenti precedenti comportano aumenti di capitale e produttività dei lavoratori, che a loro volta creano più ricchezza e capacità di spesa in un'economia.

    Quando il denaro fiat ex novo viene creato da una banca centrale e finisce nell'economia più ampia, esso crea solo l'impressione che ci sia una nuova capacità di spesa reale e nuova ricchezza. Alla fine la mancanza di una solida base economica al di sotto di questa nuova spesa porta ad insolvenze, bancarotte, pignoramenti e altri problemi. Poi le bolle scoppiano e arriva la recessione. Ma la recessione in sé non è il problema, è la fase durante la quale l'economia viene riparata. La recessione si verifica quando vengono esposti le bolle ed i malinvestment, e la ricchezza reale viene reindirizzata verso settori dell'economia veramente redditizi che non si avvalgono di stimoli costanti e di facili guadagni.

    Quindi, il vero problema non è che la FED ora stia cercando di moderare (leggermente) la sua posizione monetaria, e quindi fa scoppiare le bolle; il vero problema è che la FED ha creato le bolle in primo luogo.

    Trump vede solo i numeri e si prende il merito del boom. Nella sua mente (crede che la FED voglia sabotare la crescita economica che egli ha creato. La realtà è qualcosa di molto più complesso. La FED ora è preoccupata che potrebbe non essere in grado di normalizzare la politica monetaria prima che arrivi la prossima recessione in modo che abbia abbastanza spazio di manovra per riabbassare il tasso dei Fed Funds.

    Inoltre non bisogna presumere che l'indebolimento degli indicatori economici sia solo il risultato del tightening della FED. Con l'aumento delle insolvenze dei mutui per auto, la diminuzione dei permessi per la costruzione di nuove case e la crescita dei prezzi di quelle esistenti, la realtà ci sta dicendo che le bolle in questi settori non riescono più a soddisfare le aspettative illusorie di una "crescita perenne". Denaro fiat creato ex novo o meno.

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