lunedì 2 dicembre 2019

Paul Krugman sui dazi: “Ooops!”





di Gary North


Paul Krugman è il più noto economista keynesiano negli Stati Uniti. È stato insignito del premio Nobel e scrive regolarmente sul New York Times.

Di recente ha scritto un articolo su Bloomberg, ma visto che questa testata ha un paywall il pubblico non ha potuto accedere all'articolo e non ha potuto leggere la sua ammissione di un errore datato 25 anni. Il titolo recita: Ciò che gli economisti (incluso me) hanno capito male riguardo la globalizzazione. Il sottotitolo spiega: "I modelli utilizzati dagli studiosi per misurare negli anni '90 l'impatto delle esportazioni dei Paesi in via di sviluppo hanno sottovalutato gli effetti sull'occupazione e sulla disuguaglianza".

La buona notizia è questa: MSN ha riproposto l'articolo qui. Mi divertirò un po' a sue spese. Spiegherò il suo pensiero, ma prima di analizzare il suo articolo, meglio rivedere le basi economiche e filosofiche a favore del libero scambio.



LA LOGICA DEL COMMERCIO LIBERO

Il libero scambio transfrontaliero è concettualmente identico al libero scambio all'interno dei patri confini. Voglio chiarire questo punto sin dall'inizio.

Diciamo che due uomini, Brown e Smith, commercino tra loro. Ognuno di essi è specializzato in una particolare forma di produzione. Ognuno di loro scopre che è più redditizio specializzarsi piuttosto che rimanere un generalista. Tramite il libero mercato i due uomini possono scambiarsi denaro e ognuno ne ottiene di più se si specializza. Non c'è nulla di nuovo in questo concetto, risale ad Adam Smith e The Wealth of Nations (1776).

C'è un terzo uomo, Jones. È specializzato nella stessa linea di produzione in cui Brown è specializzato. Ma è fuori dai giochi: i suoi prezzi sono troppo alti. La qualità dei suoi prodotti è troppo bassa. Smith non prende minimamente in considerazione l'acquisto di qualcosa da Jones.

Poiché Smith, Brown e Jones vivono all'interno degli stessi confini geografici, Jones non può fare nulla se Smith non vuole comprare da lui. Può trovare altri modi affinché lo stato intervenga per limitare la capacità di Brown di vendere a Smith, ma non può far nulla riguardo i confini.

L'incapacità di Jones di vendere a Smith non viene conteggiata in nessun sondaggio finanziato dallo stato. Jones è quello che noi chiamiamo anche "un perdente". Dovrebbe cambiare linea di produzione, o forse deve trovare clienti che non conoscono gli enormi vantaggi che ha acquistare da Brown.

Quindi arriva un quarto uomo, Wong, che fa un'offerta a Smith. Vive in Cina ed esistono barriere legali invisibili tra Wong e Smith: due confini nazionali. Questi confini, di per sé, non favoriscono né Wong né Smith. Almeno non ancora.

Smith scopre che i prodotti di Wong sono persino migliori di quelli di Brown. Quindi smette di comprare da Brown e decide di commerciare con Wong.

Brown è ora fuori dai giochi. Perde soldi e poiché era solito fare soldi vendendo a Smith, questa riduzione del reddito viene conteggiata dallo stato nella sua raccolta delle statistiche. Ma gli statistici ignorano ancora Jones, che non è mai stato in corsa.

Brown è oltraggiato da Wong. Faceva buoni affari vendendo cose a Smith e non pensa di poter vendere a nessuno dei coetanei di Wong in Cina. Ma vede un'opportunità: se fa comunella con Jones, i due possono fare pressione sullo stato affinché eriga barriere commerciali (imposte sulle vendite) che aumentano i costi delle merci di Wong negli Stati Uniti. Brown pensa a sé stesso: "Questo impartirà una lezione ai cinesi", ma comprendendo le insidie che ha fare discorsi d'odio in questi giorni, tiene il pensiero per sé.

Dopo che lo stato impone i dazi, Wong diviene il perdente. Non vende più come prima così tanti prodotti a Smith. Ciò significa che non può avere accesso a tanti dollari e che non può acquistare altrettanti beni da qualcuno negli Stati Uniti che esporta beni in Cina.

Le statistiche ora indicheranno che Brown sta guadagnando di nuovo soldi e Jones, ancora perdente, continuerà a non fare soldi vendendo a Smith. Sperava di poterlo fare, ma non sarà così. Forse potrà vendere a qualcun altro che non ha mai sentito parlare di Brown e che non potrà permettersi nulla che vende Wong.

Il libero scambio è libertà. Il libero scambio è il diritto di chiunque di vendere i suoi beni e servizi a chiunque altro. Il libero mercato è un'asta gigantesca dove vince l'offerta più alta. Questa è la logica dell'economia del libero mercato e ha a che fare con le persone che decidono se scambiare beni e servizi tra loro.

Una barriera invisibile nota come confine nazionale non ha nulla a che fare con la logica del libero scambio.



I DAZI SONO COME LE STRADE NON ASFALTATE

Ogni volta che esistono ostacoli tra i commercianti, come le strutture di trasporto scadenti, ciò impoverisce le persone più di quanto non sarebbe altrimenti accaduto se le stesse fossero state migliori. Quando i problemi di trasporto saranno superati grazie alle nuove tecnologie, alcune persone diventeranno più ricche perché potranno commerciare tra loro. Invece alcune di quelle persone che in precedenza avevano prosperato grazie alle strutture di trasporto scadenti, ora perderanno quote di mercato. I loro beni e servizi non soddisfano più gli standard di quegli individui che decidono di acquistare da qualcuno in fondo alla strada appena asfaltata.

Qualche economista si dovrebbe preoccupare della perdita di entrate sostenuta da alcuni venditori perché la strada in precedenza sterrata è ora asfaltata? Spero di no.

Sfortunatamente gli economisti keynesiani e i sostenitori dei dazi non comprendono la logica dell'economia. Non comprendono che la rimozione di una barriera commerciale ha gli stessi effetti della pavimentazione di una strada tra due città che in precedenza non commerciavano molto. Allo stesso modo, non comprendono che l'aumento dei dazi ha esattamente gli stessi effetti del lancio di bombe su autostrade asfaltate.


I dazi riducono il commercio e la libertà. I dazi riducono il reddito netto delle persone che in precedenza commerciavano tra loro.

Ogni volta che qualcuno vi dice che è una buona idea aumentare i dazi, pensate a qualcuno che vi dice che sarebbe una buona idea che il governo federale mandi bombardieri per distruggere le autostrade americane.



L'AMMISSIONE DI KRUGMAN

Ora è tempo di analizzare il semi-mea culpa di Paul Krugman.
Le preoccupazioni per gli effetti negativi della globalizzazione non sono qualcosa di nuovo. Quando la disuguaglianza di reddito negli Stati Uniti è iniziata a salire negli anni '80, molti commentatori si sono affrettati a collegare questo nuovo fenomeno ad un altro nuovo fenomeno: l'aumento delle esportazioni manifatturiere da economie di nuova industrializzazione.

Gli economisti hanno preso sul serio queste preoccupazioni. I modelli standard del commercio internazionale affermano che il commercio può avere grandi effetti sulla distribuzione del reddito: un famoso documento del 1941 mostra come il commercio con un'economia abbondante di manodopera possa ridurre i salari, anche se il reddito nazionale aumenta.

E così, durante gli anni '90, un certo numero di economisti, me compreso, ha cercato di capire quanto il mutevole panorama commerciale contribuisse alla disuguaglianza crescente. Hanno concluso che l'effetto era relativamente modesto e non era il fattore centrale nell'ampliamento del divario di reddito. Quindi l'interesse accademico per i possibili effetti negativi del commercio, sebbene non sia sparito, è sbiadito nel tempo.

Lasciate che traduca quanto dice in un linguaggio che spero possiate capire. Torno alla mia metafora del bombardamento delle strade asfaltate. Devo rivedere leggermente le dichiarazioni di Krugman: cambierò anni '90 con anni '50 e dazi con strade.
Le preoccupazioni per gli effetti negativi della pavimentazione delle strade non sono qualcosa di nuovo. Quando la disuguaglianza di reddito negli Stati Uniti è iniziata a salire negli anni '40, molti commentatori si sono affrettati a collegare questo nuovo fenomeno ad un altro nuovo fenomeno: l'aumento delle esportazioni manifatturiere da città di nuova industrializzazione in fondo alla strada.

Gli economisti hanno preso sul serio queste preoccupazioni. I modelli standard della pavimentazione delle strade affermano che il commercio può avere grandi effetti sulla distribuzione del reddito: un famoso documento del 1941 mostra come il commercio con una città abbondante di manodopera possa ridurre i salari, anche se il reddito regionale aumenta.

E così, durante gli anni '50, un certo numero di economisti, me compreso, ha cercato di capire quanto le strade asfaltate contribuissero alla disuguaglianza crescente. Hanno concluso che l'effetto era relativamente modesto e non era il fattore centrale nell'ampliamento del divario di reddito. Quindi l'interesse accademico per i possibili effetti negativi delle strade asfaltate, sebbene non sia sparito, è sbiadito nel tempo.

Iniziate a capire? Eppure se Krugman dovesse leggere questo articolo, dubito seriamente che capirebbe. Questo perché pensa in termini di aggregati, non di individui. Non inizia con la libertà individuale; inizia invece con aggregati basati su statistiche raccolte con la forza dal governo degli Stati Uniti. Così fanno anche i suoi coetanei keynesiani.
Negli ultimi anni le preoccupazioni per la globalizzazione sono tornate alla ribalta, in parte a causa di nuove ricerche e in parte a causa degli shock politici della Brexit e del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Ed essendo tra quelli che hanno contribuito a plasmare il consenso degli anni '90, che l'aumento del commercio causava un modesto aumento della disuguaglianza, mi sembra appropriato chiedermi cosa ci siamo persi.

Tradurrò di nuovo.
Negli ultimi anni le preoccupazioni per la pavimentazione delle strade sono tornate alla ribalta, in parte a causa di nuove ricerche e in parte a causa degli shock politici della Brexit e del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Ed essendo tra quelli che hanno contribuito a plasmare il consenso degli anni '50, che la pavimentazione delle strade causava un modesto aumento della disuguaglianza, mi sembra appropriato chiedermi cosa ci siamo persi.

Ciò che manca a Krugman è la teoria economica. Quello che gli manca è una teoria del benessere individuale che inizia con la libertà individuale. Vale a dire, ciò che si è perso è ciò che manca a tutti gli economisti keynesiani.
Il consenso degli anni '90

A metà degli anni '90 ci sono stati diversi dibattiti su come utilizzare i dati sugli scambi per valutarne gli impatti sui salari. La maggior parte degli studi si è concentrata sul volume degli scambi e sulla quantità di lavoro e altre risorse incorporate nelle importazioni ed esportazioni. Alcuni economisti hanno mosso obiezioni a questo approccio, preferendo concentrarsi sui prezzi piuttosto che sulle quantità.

Ciò che alla fine è emerso è stato un approccio "se non": chiedersi come sarebbero stati i salari se non ci fosse stato l'aumento delle esportazioni dai Paesi in via di sviluppo, come minimo dal 1970 ma di più dagli anni '90. Si è scoperto che le importazioni dai Paesi in via di sviluppo, sebbene superiori rispetto al passato, erano ancora piccole rispetto alle dimensioni delle economie avanzate (circa il 2% dei loro prodotti interni lordi). Questa cifra ha causato solo un modesto cambiamento nei salari relativi. L'effetto non era banale, ma non era neppure abbastanza grande da essere rilevante.

Ancora una volta, devo tradurre.
Il consenso degli anni '50

A metà degli anni '50 ci sono stati diversi dibattiti su come utilizzare i dati sulla pavimentazione delle strade per valutarne gli impatti sui salari. La maggior parte degli studi si è concentrata sul volume degli scambi e sulla quantità di lavoro e altre risorse incorporate nelle importazioni ed esportazioni tra le regioni. Alcuni economisti hanno mosso obiezioni a questo approccio, preferendo concentrarsi sui prezzi piuttosto che sulle quantità.

Ciò che alla fine è emerso è stato un approccio "se non": chiedersi come sarebbero stati i salari se non ci fosse stato l'aumento delle esportazioni dalle regioni in via di sviluppo, come minimo dal 1940 ma di più dagli anni '50. Si è scoperto che le importazioni dalle regioni in via di sviluppo, sebbene superiori rispetto al passato, erano ancora piccole rispetto alle dimensioni delle città avanzate (circa il 2% dei loro prodotti interni lordi). Questa cifra ha causato solo un modesto cambiamento nei salari relativi. L'effetto non era banale, ma non era neppure abbastanza grande da essere rilevante.

Quando lo leggete in questo modo, il gergo accademico rimane incomprensibile, ma la logica alla base diventa più chiara. A queste persone non piace la libertà. Pensano che la libertà sia un peso gravoso, perché secondo loro le persone che non possono competere in presenza di strade asfaltate meritano un'attenzione speciale. Se non prosperano a causa delle strade asfaltate, gli statistici del governo lo registreranno e gli economisti keynesiani, i mercantilisti ed i sostenitori dei dazi si preoccuperanno molto perché le strade asfaltate costringono le persone improduttive a scegliere un'altra linea di produzione. Questo è ciò che fa il mercato: attraverso la concorrenza costringe i produttori improduttivi a dedicarsi ad altre linee di produzione. Questo è un argomento importante per il libero mercato. I consumatori vogliono prodotti migliori e lo scambio libero consente loro di ottenere prodotti migliori con lo stesso ammontare di denaro.
Iperglobalizzazione

Queste valutazioni sull'impatto degli scambi commerciali effettuate intorno al 1995, e che facevano affidamento sui dati di un paio di anni prima, erano probabilmente corrette. In retrospettiva, però, i flussi commerciali nei primi anni '90 erano solo l'inizio di qualcosa di molto più grande, o quello che un articolo del 2013 degli economisti Arvind Subramanian e Martin Kessler definiva iperglobalizzazione.

Fino agli anni '80 era aperto a discussione se la crescita del commercio mondiale dopo la seconda guerra mondiale avesse principalmente rispecchiato lo smantellamento delle barriere commerciali erette prima della guerra; il commercio mondiale in percentuale del PIL mondiale era solo leggermente più alto rispetto al 1913. Nei due decenni successivi sia il volume che la natura del commercio si sono spostati verso un territorio inesplorato.

Lasciatemi tradurre.
Iperpavimentazione

Queste valutazioni sull'impatto della pavimentazione delle strade effettuate intorno al 1955, e che facevano affidamento sui dati di un paio di anni prima, erano probabilmente corrette. In retrospettiva, però, i flussi commerciali nei primi anni '50 erano solo l'inizio di qualcosa di molto più grande, o quello che un articolo del 2013 degli economisti Arvind Subramanian e Martin Kessler definiva iperpavimentazione.

Fino agli anni '50 era aperto a discussione se la crescita del commercio mondiale dopo la seconda guerra mondiale avesse principalmente rispecchiato lo smantellamento delle barriere commerciali erette prima della guerra; il commercio mondiale in percentuale del PIL mondiale era solo leggermente più alto rispetto al 1947. Nei due decenni successivi sia il volume che la natura del commercio si sono spostati verso un territorio inesplorato.

Quanti guai! L'avvento dell'asfalto ha sconvolto l'economia delle strade sterrate. Cosa si potrebbe fare?

Krugman offre una risposta.
Questo grafico mostra un indicatore di tale cambiamento: le esportazioni manifatturiere dei Paesi in via di sviluppo misurate in rapporto al PIL mondiale. Ciò che all'inizio degli anni '90 sembrava un grave disturbo per le forze commerciali, era solo l'inizio.

Cos'ha causato questa enorme impennata in quella che, negli anni '90, era ancora una forma di commercio abbastanza nuova? Tecnologia e politica. La containerizzazione delle merci non era esattamente qualcosa di nuovo, ma le aziende hanno impiegato del tempo per capire come la riduzione dei costi di trasporto permettesse di spostare all'estero parti del processo produttivo ad alta intensità di manodopera. Nel frattempo la Cina ha fatto passi da gigante, dalla pianificazione centrale ad un'economia di mercato incentrata sulle esportazioni.

Traduzione:
Questo grafico mostra un indicatore di tale cambiamento: le esportazioni manifatturiere delle regioni in via di sviluppo misurate in rapporto al PIL nazionale. Ciò che all'inizio degli anni '50 sembrava un grave disturbo per le forze commerciali, era solo l'inizio.

Cos'ha causato questa enorme impennata in quella che, negli anni '50, era ancora una forma di commercio abbastanza nuova? Tecnologia e politica. Il trasporto delle merci su ruota non era esattamente qualcosa di nuovo, ma le aziende hanno impiegato del tempo per capire come la riduzione dei costi di trasporto permettesse di spostare al di sotto della linea Mason-Dixon parti del processo produttivo ad alta intensità di manodopera. Nel frattempo il sud ha fatto passi da gigante, dalla pianificazione centrale ad un'economia di mercato incentrata sulle esportazioni.

Lasciate che ve lo dica, i vecchietti della Carolina del Sud e dell'Alabama non erano contenti del cambiamento. Gli imprenditori locali non dovevano più chiedere "quanto in alto?" ogni volta i vecchietti dicevano di saltare.

Krugman continua:
Squilibri commerciali

Un contrasto tra il modo in cui gli studiosi misurano l'impatto della globalizzazione e il modo in cui la popolazione la osserva (l'approccio adottato da Trump, ad esempio) è l'attenzione agli squilibri commerciali. La popolazione tende a considerare le eccedenze come una vittoria e i deficit commerciali come una sconfitta. Ma i modelli commerciali economici alla base del consenso degli anni '50 non hanno dato alcun ruolo agli squilibri commerciali.

L'approccio degli economisti è quasi certamente giusto a lungo termine, sia perché i Paesi alla fine devono migliorare, sia perché gli squilibri commerciali incidono principalmente sulle quote relative dei settori commerciali e non commerciali, senza effetti chiari sulla domanda complessiva di lavoro. Tuttavia i rapidi cambiamenti nei saldi commerciali possono causare seri problemi di aggiustamento, un tema più ampio su cui tornerò a breve.

Traduzione:
Squilibri commerciali

Un contrasto tra il modo in cui gli studiosi misurano l'impatto della pavimentazione delle strade e il modo in cui la popolazione la osserva (l'approccio adottato da Trump, ad esempio) è l'attenzione agli squilibri commerciali. La popolazione tende a considerare le eccedenze come una vittoria e i deficit commerciali come una sconfitta. Ma i modelli commerciali economici alla base del consenso degli anni '90 non hanno dato alcun ruolo agli squilibri commerciali.

L'approccio degli economisti è quasi certamente giusto a lungo termine, sia perché i Paesi alla fine devono migliorare, sia perché gli squilibri commerciali incidono principalmente sulle quote relative dei settori commerciali e non commerciali, senza effetti chiari sulla domanda complessiva di lavoro. Tuttavia i rapidi cambiamenti nei saldi commerciali possono causare seri problemi di aggiustamento, un tema più ampio su cui tornerò a breve.

Sì, signore, ci sono stati seri problemi di aggiustamento. Se la vostra quota di mercato era basata su strade sterrate, asfaltarle rappresenta una minaccia per il vostro reddito e il vostro stile di vita.

Krugman poi dice questo:
Rapida globalizzazione e disgregazione

Il consenso degli anni '90 pro-globalizzazione, secondo cui il commercio contribuiva poco alla disuguaglianza crescente, si basava su modelli che cercavano di inquadrare come la crescita del commercio avesse influenzato i redditi di ampie classi di lavoratori, come quelli che non erano andati al college. Questi modelli sono accurati nel lungo periodo. Gli economisti, però, non si sono concentrati molto sui metodi analitici riguardanti i lavoratori in settori e comunità particolari, cosa che avrebbe fornito un quadro migliore delle tendenze a breve termine. Questo, a mio avviso, è stato un grave errore.

Avrebbe dovuto essere ovvio che la politica della globalizzazione sarebbe stata molto più influenzata dai singoli settori che hanno guadagnato o perso dallo spostamento dei flussi commerciali piuttosto che dalle grandi domande su come il commercio influenzi il divario salariale globale dei colletti blu/colletti bianchi o la misura statistica della disuguaglianza nota come Coefficiente di Gini.

È qui che entra in scena l'ormai famosa analisi del 2013 dello "shock cinese" di David Autor, David Dorn e Gordon Hanson. Ciò che hanno fatto è stato spostare l'attenzione dalle questioni della distribuzione globale del reddito agli effetti della rapida crescita delle importazioni sui mercati del lavoro locali, dimostrando che questi effetti erano ampi e persistenti. Ciò ha rappresentato una nuova ed importante intuizione.

Una scusa parziale per quelli di noi che non hanno preso in considerazione questi problemi 25 anni fa, è che non avevamo idea di come si sarebbe evoluta né l'iperglobalizzazione iniziata negli anni '90 né l'aumento del deficit commerciale un decennio dopo. E senza la combinazione di questi sviluppi, lo shock cinese sarebbe stato molto più piccolo. Tuttavia abbiamo perso una parte cruciale della storia.

Traduzione:
Rapida globalizzazione e disgregazione

Il consenso degli anni '50 pro-pavimentazione delle strade, secondo cui il commercio contribuiva poco alla disuguaglianza crescente, si basava su modelli che cercavano di inquadrare come la crescita del commercio avesse influenzato i redditi di ampie classi di lavoratori, come quelli che non erano andati al college. Questi modelli sono accurati nel lungo periodo. Gli economisti, però, non si sono concentrati molto sui metodi analitici riguardanti i lavoratori in settori e comunità particolari, cosa che avrebbe fornito un quadro migliore sulle tendenze a breve termine. Questo, a mio avviso, è stato un grave errore.

Avrebbe dovuto essere ovvio che la politica della pavimentazione delle strade sarebbe stata molto più influenzata dai singoli settori che hanno guadagnato o perso dallo spostamento dei flussi commerciali piuttosto che dalle grandi domande su come il commercio influenzi il divario salariale globale dei colletti blu/colletti bianchi, o la misura statistica della disuguaglianza nota come Coefficiente di Gini, per non parlare poi del Coefficiente Betty Sue come se fossero Antani.

È qui che entra in scena l'ormai famosa analisi del 2013 dello "shock fuffoso" di David Autor, David Dorn e Gordon Hanson. Ciò che hanno fatto è stato spostare l'attenzione dalle questioni della distribuzione globale del reddito agli effetti della rapida crescita delle importazioni sui mercati del lavoro locali, dimostrando che questi effetti erano ampi e persistenti. Ciò ha rappresentato una nuova ed importante intuizione.

Una scusa parziale per quelli di noi che non hanno preso in considerazione questi problemi 65 anni fa, è che non avevamo idea di come si sarebbe evoluta né l'iper-pavimentazione delle strade iniziata negli anni '40 né l'aumento del deficit commerciale di New York un decennio dopo. E senza la combinazione di questi sviluppi, lo shock fuffoso sarebbe stato molto più piccolo. Tuttavia abbiamo perso una parte cruciale della storia.

Krugman dice di non preoccuparci.
Una tesi a favore del protezionismo?

Cos'altro s'è perso il consenso degli anni '90? Un sacco di cose. Le esportazioni dei Paesi in via di sviluppo sono cresciute ben oltre il loro livello nel momento in cui è emerso il consenso. La combinazione di questa rapida crescita e l'aumento degli squilibri commerciali ha fatto sì che la globalizzazione producesse per molti lavoratori un disagio e un costo di gran lunga superiori a quanto previsto dal consenso.

Questo significa che Trump ha ragione e che una guerra commerciale sarebbe nell'interesse dei lavoratori feriti dalla globalizzazione?

No. Questa risposta non si basa tanto su una fiducia nel libero scambio bensì sulla natura delle perdite imposte dalla globalizzazione. Il problema con quest'ultima non è stato tanto la domanda di manodopera, quanto lo sconvolgimento causato da alcuni dei più rapidi cambiamenti nella storia. Molti indicatori suggeriscono che l'iperglobalizzazione è stata un evento unico e che il commercio si è più o meno stabilizzato rispetto al PIL mondiale [...].

Di conseguenza ora le maggiori perturbazioni deriverebbero dal tentativo di invertire la globalizzazione piuttosto che dal lasciare andare avanti l'attuale sistema commerciale. A questo punto milioni di decisioni su dove mettere gli stabilimenti commerciali e dove spostare/trovare lavoro sono state prese sul presupposto che l'attuale sistema commerciale mondiale continuerà ad andare avanti. Ignorare questo presupposto, aumentando i dazi e forzando una contrazione del commercio mondiale, darebbe il via ad una nuova ondata di perturbazioni insieme ad una serie completamente nuova di vincitori e vinti.

Traduzione:
Una tesi a favore delle strade sterrate?

Cos'altro s'è perso il consenso degli anni '50? Un sacco di cose. Le esportazioni delle città in via di sviluppo sono cresciute ben oltre il loro livello nel momento in cui è emerso il consenso. La combinazione di questa rapida crescita e l'aumento degli squilibri commerciali ha fatto sì che la pavimentazione delle strade producesse per molti lavoratori un disagio e un costo di gran lunga superiori a quanto previsto dal consenso.

Questo significa che Trump ha ragione e che una guerra commerciale sarebbe nell'interesse dei lavoratori feriti dalla pavimentazione delle strade?

No. Questa risposta non si basa tanto su una fiducia nel libero scambio bensì sulla natura delle perdite imposte dalla pavimentazione delle strade. Il problema con quest'ultima non è stato tanto la domanda di manodopera, quanto lo sconvolgimento causato da alcuni dei più rapidi cambiamenti nella storia. Molti indicatori suggeriscono che l'iper- pavimentazione delle strade è stata un evento unico e che il commercio si è più o meno stabilizzato rispetto al PIL mondiale [...].

Di conseguenza ora le maggiori perturbazioni deriverebbero dal tentativo di invertire la pavimentazione delle strade piuttosto che dal lasciare andare avanti l'attuale sistema commerciale. A questo punto milioni di decisioni su dove mettere gli stabilimenti commerciali e dove spostare/trovare lavoro sono state prese sul presupposto che la pavimentazione delle strade continuerà ad andare avanti. Ignorare questo presupposto, bombardando le strade e forzando una contrazione del commercio nazionale, darebbe il via ad una nuova ondata di perturbazioni insieme ad una serie completamente nuova di vincitori e vinti.

Krugman conclude: "Quindi, sebbene il consenso degli anni '90 sull'effetto della globalizzazione non abbia resistito alla prova del tempo, le sue carenze non avallano il protezionismo adesso. Avremmo potuto agire diversamente se avessimo saputo cosa sarebbe successo, ma non è una buona ragione per tornare indietro nel tempo." Traduzione: "Quindi, sebbene il consenso degli anni '50 sull'effetto della pavimentazione delle strade non abbia superato la prova del tempo, le sue carenze non avallano la tesi delle strade sterrate adesso. Avremmo potuto agire diversamente se avessimo saputo cosa sarebbe successo, ma non è una buona ragione per tornare indietro nel tempo."



CONCLUSIONE

Il keynesismo è mercantilismo. È una filosofia di analisi economica che inizia con aggregati nazionali piuttosto che con singoli processi decisionali. I dubbi di Krugman sull'analisi economica fornita da lui e dai suoi colleghi keynesiani negli anni '90 sono un'ammissione di colpevolezza rara, ma benvenuta, visto che ne afferma l'incopetenza.

Qualsiasi economista che inizia la sua analisi con aggregati nazionali, aggregati statali, aggregati di contea, aggregati di città o aggregati di CAP, è un mercantilista. Non inizia con la libertà individuale, non inizia con la responsabilità individuale, non parte dal presupposto che la persona migliore per decidere quali siano gli usi e le opportunità migliori per la propria proprietà è il singolo proprietario. Invece inizia con l'ipotesi che un pianificatore centrale sia la persona migliore per decidere i migliori usi per la proprietà altrui.

Questa è la mentalità keynesiana. È stata articolata al meglio da Paul Samuelson nella prima pagina della sua prefazione al suo libro di testo del 1948, Economics: "Il reddito nazionale è il tema unificante e centrale del libro". Il reddito nazionale è un aggregato statistico che si basa su un presupposto economico, vale a dire che il modo migliore per misurare la ricchezza nazionale è attraverso le statistiche che vengono raccolte dallo stato attraverso la minaccia della violenza. Questa è una mentalità olistica che si basa sulla coercizione dello stato. Tutta la pianificazione centrale, inclusa la pianificazione centrale keynesiana, si basa sulla coercizione dello stato.

Questo include anche i dazi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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