lunedì 24 febbraio 2020

Coronavirus e ciclo del credito: la tempesta perfetta





di Alasdair Macleod


Questo articolo ipotizza che la diffusione del coronavirus coincida con la fase di bust del ciclo del credito globale, con risultati potenzialmente catastrofici. Al momento in cui scriviamo, gli analisti stanno ancora cercando di fare i conti con l'impatto economico del virus ed esprimono la speranza che dopo un mese o due tutto tornerà alla normalità.

La crisi del credito già si prospettava di grave intensità, data la combinazione della fine della fase espansiva e del protezionismo commerciale. Queste furono le condizioni che portarono al crash di Wall Street del 1929-32. Dato il ciclo del credito e le dinamiche commerciali simili oggi, la questione è come verrà risolta una sopravvalutazione delle obbligazioni e delle azioni unita all'aumento dell'inflazione monetaria.

Questo articolo evidenzia preoccupanti parallelismi con il crollo della bolla Mississippi di John Law esattamente 300 anni fa. Legando il potere d'acquisto delle livree al valore della sua impresa, Law fece in modo che entrambi collassassero insieme nell'arco di soli sei mesi.

Le somiglianze con il nostro esperimento keynesiano sono troppo grandi per essere ignorate. Potrebbe ripetersi un crollo simultaneo di valute fiat ed asset finanziari? In tal caso, sia la bolla monetaria sia la bolla degli asset finanziari potrebbero scoppiare entro la fine di quest'anno.

Sebbene gli asset finanziari si avvicinano ai massimi storici, ciò è senza dubbio dovuto al fatto che denaro e credito vengono pompati nei mercati finanziari; e mentre i rendimenti obbligazionari continuano ad essere soppressi da questo giochetto, sembra che gli attori economici preferiscano correre il rischio di possedere azioni piuttosto che depositi bancari.

Proprio quando si è materializzata questa epidemia virale, il sistema finanziario era già in supporto vitale e nella sua condizione più debole. Il ciclo del credito deve passare alla fase successiva e le dinamiche sottostanti suggeriscono che potrebbe essere peggio della crisi della Lehman, almeno quella riguardava solo le entità finanziarie ed i prezzi degli immobili residenziali. Questa volta le banche hanno accumulato livelli preoccupanti di debito spazzatura direttamente e indirettamente attraverso obbligazioni di prestito garantite. I mercati monetari sono gravemente sotto stress e la liquidità pare incredibilmente scomparsa. Le banche centrali li stavano inondando con denaro ex novo ancor prima che si verificasse la crisi bancaria e sistemica, ma tutto questo denaro extra non fa altro che far aumentare ulteriormente i valori degli asset finanziari.

Sarà un errore incolpare il coronavirus per gli eventi finanziari ed economici che seguiranno, ma inevitabilmente questo è ciò che faranno coloro che hanno fatto affidamento su un sistema monetario fallito. Quanto al decorso dell'epidemia, solo il tempo ci dirà come andranno le cose. Con i mercati finanziari già sull'orlo di una crisi sistemica ed economica, i tempi della sua comparsa potrebbero innescare un crollo finanziario ed economico globale.



Il ciclo del credito e l'inflazione dei prezzi degli asset

Dobbiamo ricordarci che il ciclo del credito, la manifestazione della psicologia bancaria riguardo i cambiamenti nella disponibilità del credito, è al suo punto di svolta. Vi sono tre distinte classificazioni da cui proviene la domanda di credito: l'economia non finanziaria, gli speculatori (in particolare i grandi hedge fund) e gli stati.

Il commento degli esperti finanziari riguarda quasi esclusivamente l'economia non finanziaria, con la politica monetaria rivolta ufficialmente ai prezzi al consumo e all'occupazione. In presenza di un boom artificiale, le banche sono persuase ad aumentare i loro prestiti a tassi repressi, portando ad un'allocazione errata delle risorse di capitale. I prezzi dei beni di consumo iniziano quindi a salire ed i tassi d'interesse anche, indebolendo la base del calcolo economico. Rilevando un aumento del rischio di prestito, le banche iniziano a limitare l'espansione del credito bancario, cosa che fa salire ulteriormente il rischio di credito. Le banche iniziano a farsi prendere dal panico, ritirano le agevolazioni creditizie revolving e di conseguenza facilitano la discesa dell'economia in crisi.

Questo è un breve riassunto di un ciclo del credito, ma ha poca relazione con quello di oggi. Invece di essere prevalentemente distribuito per la produzione, il credito bancario viene sempre più utilizzato dagli intermediari finanziari che concedono prestiti al consumo. Inoltre i consumatori hanno ridotto i loro risparmi, che in passato erano parte integrante del funzionamento del ciclo del credito. E nonostante la propaganda del sistema bancario centrale si rivolga principalmente all'economia non finanziaria, questo settore è stato progressivamente lasciato indietro rispetto alle esigenze della speculazione finanziaria al fine di sostenere i valori degli asset ed i prestiti allo stato.

Oggi negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in molte altre economie sviluppate, ad eccezione dei fondi pensione ed assicurativi, i risparmi come forza economica sono praticamente scomparsi. La maggior parte dei consumatori vive giorno per giorno ed è indebitata fino al collo rispetto alle proprie spese. La ricchezza e il reddito reale sono stati sempre più trasferiti da individui produttivi a stati, grandi banche e clientes attraverso la svalutazione monetaria. Gli effetti di quest'ultima sono stati nascosti con il metodo statistico, lasciando i consumatori in condizioni peggiori di quanto i seguaci delle statistiche ufficiali amano pensare.

Ogni ciclo del credito impoverisce ancora di più i consumatori, poiché i loro guadagni ed i loro risparmi vengono continuamente erosi da una sempre più rapida svalutazione monetaria. Avendo domato le statistiche, governi come quello degli Stati Uniti, del Regno Unito e dell'UE ora pensano di poter abbandonare la responsabilità fiscale. Pensano di poter finanziare deficit di bilancio, investimenti pubblici e persino progetti di energia sostenibile senza grandi conseguenze per il potere d'acquisto delle loro valute, il tutto con mezzi inflazionistici. Naturalmente è un'illusione, coerente con la psicologia di fine ciclo.

La realtà è che la spesa pubblica è fuori controllo. I valori attuali degli impegni previdenziali futuri si stanno materializzando sotto forma di passività presenti non finanziate. Gli stati sono finanziati mediante l'espansione dei bilanci delle loro banche centrali e l'unica cosa che mantiene in piedi questa illusione sono le speculazioni degli hedge fund che portano direttamente e indirettamente all'aumento costante dei valori degli asset finanziari.

Ma sta arrivando una crisi. Sembra che abbia iniziato ad arrivare lo scorso settembre, quando il mercato dei pronti contro termine USA si è improvvisamente bloccato ed il tasso overnight è salito al 10%. Tale blocco andava a rimarcare le richieste in accelerazione dei finanziamenti pubblici che non possono essere accolte, nonché le attività di arbitraggio sugli interessi da parte degli speculatori attivi in ​​operazioni di pronti contro termine e swap in valuta estera (fx).

Gli speculatori, in particolare i grandi hedge fund, sono diventati ottimisti nei confronti del dollaro nell'aprile 2018, tre mesi dopo l'entrata in carica del presidente Trump. Per gli speculatori era chiaro che i suoi tagli delle tasse avrebbero stimolato l'economia, fatto salire i tassi d'indebitamento del governo e quindi la domanda estera di dollari da investire nel debito degli Stati Uniti in un momento in cui i tassi d'interesse in euro e yen erano intrappolati sotto lo zero. Questo punto è contrassegnato dalla freccia nella Figura 1 qui sotto, quando si è verificato un chiaro breakout nel Trade-Weighted Index del dollaro.


Il Trade-Weighted Index del dollaro è fortemente ponderato a favore dell'euro. Poiché la BCE aveva ancorato i suoi tassi d'interesse al di sotto dello zero, ha dato origine ad un trade immensamente redditizio. Uno speculatore poteva prendere in prestito euro a tassi d'interesse vicini allo zero ed acquistare bond del Tesoro USA a rendimenti di oltre l'1,5% nell'aprile 2018, per poi vederli salire al 2,39% un anno dopo mentre la FED provò a ridurne il suo bilancio. Gran parte di questo trade era condotto attraverso swap FX, i quali bloccano i differenziali dei tassi d'interesse per un periodo di un anno (a volte di più) e il cui deposito del 10% consente ad uno speculatore di operare con una leva di dieci volte. Il meccanismo è raffigurato nell'immagine qui sotto.


Mettendo da parte il rischio di controparte, questo trade veniva visto dagli hedge fund come privo di rischi e funzionava in modo molto simile ad un contratto repo. Tuttavia va notato che quando il trade viene smobilitato, le variazioni del valore della garanzia e del tasso di cambio devono essere assorbite direttamente o indirettamente dal fornitore dello swap.

L'aumento dei rendimenti obbligazionari ed un calo del tasso di cambio del dollaro avranno conseguenze significative per la disponibilità di swap. Nel frattempo, secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, i contratti forward e swap in circolazione sono cresciuti da $53.900 miliardi a $59.400 miliardi nella prima metà del 2019, la stragrande maggioranza ha coinvolto dollari. Data la crescente popolarità di questo trade, è probabile che sia cresciuto ulteriormente verso la fine dell'anno scorso. Ora sta mettendo a dura prova le risorse del sistema bancario: prestare dollari come parte degli accordi di swap, mentre i GSIB devono detenere quantità crescenti di bond del Tesoro statunitensi.

Dobbiamo anche considerare l'effetto della valuta, poiché il trade richiede alla controparte dello swap FX di shortare direttamente o indirettamente l'euro o lo yen ed investirli in bond del Tesoro statunitensi a breve scadenza. L'effetto ha fatto calare l'euro e lo yen e aumentato la domanda di dollari. La normale domanda ed offerta è stata sommersa dalla domanda speculativa per il dollaro.

Ma come suggerisce la Figura 1, lo slancio rialzista del dollaro si sta ora bloccando. Le tensioni nelle banche, in particolare le banche di rilevanza sistemica a livello globale (GSIB) che, in base alle regole di Basilea III, devono dimostrare liquidità sufficiente per coprire tutte le passività a termine con trenta giorni di anticipo, sono ora limitate nella propria capacità. Il segnale di questa crisi di liquidità si è verificato lo stesso giorno in cui Deutsche Bank ha venduto la sua intermediazione primaria a BNP, il che suggerisce che potrebbero esserci altri elementi di rischio nell'ambiente. Per il dollaro la conseguenza è una fondamentalmente: a meno che la domanda di swap in valuta non vada avanti, inizierà a calare.

La FED non ha avuto altra alternativa che intervenire e attraverso i pronti contro termine fornire ulteriore liquidità ai GSIB, cosa che ha fatto da settembre ad una media di circa $50 miliardi. Nella misura in cui i GSIB fanno ora affidamento sui pronti contro termine della FED, fungono da passepartout agli hedge fund. Infatti la FED ormai sostiene direttamente gli hedge fund nelle loro attività ed è ora l'agente principale dietro l'inflazione dei prezzi degli asset finanziari.

Che sia fatto con intenzione o no, la FED ha saldato il potere d'acquisto del dollaro ai valori degli asset finanziari. Stanno entrambi salendo e quasi sicuramente cadranno insieme. L'unica domanda è chi prenderà l'iniziativa.

La politica della FED di gonfiare il valore degli asset finanziari li ha portate in un territorio fortemente sopravvalutato. La realtà ignorata è che gli stati, in particolare il governo degli Stati Uniti che con la sua valuta di riserva stabilisce la base di valutazione per tutti i mercati, possono solo garantirsi una solvibilità a breve termine attraverso la svalutazione delle loro valute. Aumentare le tasse invece sarebbe rovinoso per l'economia sottostante e tagliare la spesa andrebbe contro la spinta delle banche centrali verso stimoli fiscali.

Il rating del debito del governo degli Stati Uniti è totalmente incompatibile con i fatti. Peggio ancora, quando i mercati inizieranno a riflettere su questa contraddizione, si renderanno conto che maggiore è il costo del finanziamento, maggiore sarà la sua crescita. Il governo degli Stati Uniti è fermamente imprigionato in una trappola del debito e col passare del tempo l'unico modo per sostenere la spesa pubblica sarà quello di accelerare continuamente la svalutazione della valuta.

Nel frattempo la tranquillità dei mercati finanziari nasconde la loro più grande sfida: l'impatto del coronavirus sull'economia cinese e quindi sull'economia globale. Anche se non diventa una pandemia arriverà in un momento in cui l'economia globale entrerà nella fase di crisi del ciclo del credito. Il fatto che questi due eventi abbiano anche coinciso con un crollo del commercio transfrontaliero, provocato dai dazi del presidente Trump contro la Cina, fornisce un'ulteriore aggravante alla situazione. Anche senza il virus, le somiglianze con il 1929 dovrebbero spingere gli investitori a concedersi una pausa di riflessione.



Il grande risveglio

Se la nostra tesi è corretta, il fatto che potere d'acquisto del dollaro e valori degli asset finanziari essendo legati collasseranno insieme, vedremo un risultato diverso da quello che ci si potrebbe aspettare. Oggi chiunque discuta delle conseguenze dell'inflazione monetaria suggerirebbe che il potere d'acquisto della valuta diminuirà per un certo periodo di tempo (anni forse) ad un ritmo accelerato, dando a coloro che riconoscono che cosa sta accadendo il tempo per proteggersi. Questa è stata l'esperienza in Germania e in alcune altre nazioni europee sulla scia della prima guerra mondiale. Invece se le cose vanno come descritto in questo articolo, il crash sarà estremamente rapido, con obbligazioni, azioni e valute fiat che collasseranno in meno di un anno. Tutto ciò che serve è che il settore privato smetta di acquistare titoli di stato.

È successo una volta, esattamente trecento anni fa. Come le banche centrali di oggi che si occupano del debito dei loro governi, John Law a Parigi aveva usato l'inflazione delle proprie banconote per far salire il prezzo delle azioni della compagnia Mississippi. Nel dicembre del 1719 il piano di Law andò a gambe all'aria: il diluvio di moneta stampata alimentò la presa di profitto delle azioni emesse dalla sua compagnia. Le livree scoperte emesse da Law raggiunsero l'economia più ampia e portarono ad un aumento dell'inflazione dei prezzi.

Il fattore che alla fine indebolì il suo piano fu il giovane re che il 28 febbraio di quell'anno vendette l'esposizione della corona (100.000 azioni) a 9000 livree. Troppa offerta da sostenere per il mercato e sia le azioni che le livree di carta iniziarono a colare a picco. Nel settembre successivo, mentre le azioni Mississippi avevano ancora un valore nozionale di qualche migliaio di livree, queste ultime erano privi di valore.

Il crollo della valuta precedette di qualche mese quello delle azioni. Oggi prevale una situazione simile attorno alle valute fiat, il cui potere d'acquisto reale è nascosto dagli stati. Negli ultimi anni l'inflazione dei prezzi negli Stati Uniti ha raggiunto circa il 10% nella maggior parte delle principali città (come si può verificare consultando il Chapwood Index o ShadowStats di John Williams), non il 2% come recitano i dati ufficiali. Vista la standardizzazione del calcolo dell'IPC, possiamo presumere che l'inflazione dei prezzi in altre giurisdizioni sia similmente soppressa. Ma non abbiamo ancora visto i poteri di acquisto delle valute fiat iniziare a declinare considerevolmente, come accadde alla fine del 1719.

Non importa. Dovremmo invece valutare i probabili cambiamenti della politica monetaria nei prossimi mesi. Questa volta dobbiamo aggiungerci anche i danni aggiuntivi posti dal coronavirus. L'economia cinese, dove la produzione sta cessando ed i prezzi dei generi alimentari stanno salendo, potrebbe evolversi in un crollo simile a quello di John Law, nel qual caso la valuta sarà la prossima. I commentatori mainstream stanno dicendo che una volta che il virus passerà, tutto tornerà alla normalità. Non proprio, perché le bugie dietro il denaro fiat saranno quasi sicuramente state esposte, come scoprì John Law a sue spese.

Rispetto alle vicende di John Law, nel nostro caso l'illusione rialzista viene sconfessata dal coronavirus. E la Cina conta, essendo il più grande produttore al mondo di beni di consumo e di produzione intermedia. Il governo cinese sta espandendo rapidamente l'offerta di denaro per sostenere il mercato azionario e lo farà anche attraverso banche commerciali statali nel vano tentativo di sostenere l'economia in generale. Proprio come John Law nei suoi ultimi tre mesi di gloria.

Il segnale che tutto sta andando storto per lo yuan è probabilmente riflesso nella domanda di Bitcoin, che può essere acquistato online attraverso mercati peer-to-peer anche da utenti in quarantena (gli exchange cinesi sono stati banditi dal governo nel 2017). Al momento della stesura di questo articolo, sono scambiati ad un piccolo premio. Se quest'ultimo aumenta, o il numero di offerte d'acquisto sale improvvisamente, sarà un'indicazione che i residenti cinesi stanno iniziando a perdere fiducia nella loro valuta. Se le autorità tentano di vietare i siti Bitcoin peer-to-peer, ciò invierà un segnale simile. Anche senza che il coronavirus si diffonda ad altre nazioni e ne indebolisca direttamente le economie, coloro che credono nell'efficacia della politica monetaria del sistema bancario centrale inizieranno ad avere dubbi poiché nemmeno i tassi d'interesse negativi sono riusciti a fermare un declino economico. L'errore deriva da credenze incrollabili nelle politiche inflazionistiche di John Law e John Maynard Keynes.



L'effetto sul dollaro

Senza dubbio ci sarà l'amministrazione americana che vedendo nei guai economici la Cina coglierà l'opportunità di rilanciare la produzione americana, ma non considera una conseguenza di gran lunga maggiore: un crollo globale della domanda dei consumatori. Era già in atto; il ciclo del credito ha svoltato verso la fase di bust e il commercio globale si sta chiaramente riducendo.

Il pericolo maggiore per gli americani è la consapevolezza che, con una crisi economica globale che non può essere negata, i prezzi delle azioni sopravvalutati sono vulnerabili ad un grave calo. Allo stesso tempo, è probabile che vi sia una brusca rivalutazione dei requisiti di prestito del governo USA. A quel punto il legame tra titoli sopravvalutati e rendimenti dei titoli di stato ridicolmente bassi può solo portare ad una conclusione: fare affidamento su un quantitative easing illimitato.

Precedentemente in questo articolo è stato evidenziato come gli hedge fund stessero giocando con lo swap fx finché i bilanci dei GSIB erano diventati eccessivamente tesi e la FED è stata costretta a fornire liquidità necessaria per mantenere tali posizioni. Sarebbe pericoloso per questi speculatori supporre che la FED continuerà, attraverso i GSIB, a finanziare i loro swap in valuta. Gli stessi GSIB hanno sempre più probabilità di ritirarsi dall'offerta di strutture illimitate di swap fx mentre l'intero gioco arriverà a bloccarsi.

Supponendo che ciò avvenga, le posizioni di swap dovranno essere smobilitate, portando ad una offerta aggiuntiva di titoli del Tesoro USA a breve termine, ad una vendita di dollari e ad una chiusura delle posizioni short in euro e yen. Un indebolimento del dollaro e il calo dei prezzi dei titoli del Tesoro USA possono essere evitati solo se i compratori stranieri li acquistano, ma con il crollo del commercio globale già evidente prima del coronavirus, non lo faranno. Hanno livelli di liquidità e titoli in dollari che sono più che sufficienti per le loro esigenze e quindi si trasformeranno in venditori di entrambi. Analisti e commentatori finanziari statunitensi non sono preparati per questo evento.

Il mito in cui credono è la protezione del Dilemma di Triffin per il dollaro, secondo cui gli stranieri saranno ancora costretti ad acquistarlo perché è la valuta di riserva mondiale. I credenti nel Dilemma di Triffin non riescono a comprendere la conclusione di Robert Triffin: i crediti esteri sul dollaro si accumuleranno al punto in cui inevitabilmente si verificherà una corsa agli sportelli. Triffin temeva che l'inevitabile aumento dei tassi d'interesse in dollari statunitensi che ne sarebbe seguito avrebbe causato una deflazione globale.

Se Triffin avesse ragione, allora la nostra analisi sarebbe ancor più corretta. L'unico elemento della sua teoria che possiamo contestare è la conclusione riguardo la deflazione, ma lo scrisse in un momento storico in cui esisteva un gold standard. Se per deflazione presumeva un crollo dell'attività economica, siamo d'accordo; se, come suggerisce il termine, intendeva una contrazione delle quantità di denaro, non siamo d'accordo. Di fronte a un governo degli Stati Uniti alla disperata ricerca di fondi ed un sistema bancario con problemi di liquidità, la risposta monetaria della FED sarà quella di fornire tutto ciò che serve loro.

Non è solo Triffin. John Law fu il precursore di Keynes, che allo stesso modo comprese che un'economia potesse essere stimolata dall'espansione monetaria e creditizia, ma non riuscì a trovare una soluzione alle successive conseguenze. Nel caso di Law, il suo esperimento non venne ripetuto fino al tempo della rivoluzione francese, una situazione molto diversa. Nel caso di Keynes, abbiamo assistito all'accumulo di cicli del credito destabilizzanti per un periodo più lungo, ma il risultato sarà lo stesso.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Nessun commento:

Posta un commento