lunedì 18 ottobre 2021

L'Europa e la sua economia fragile nell'anno in cui termina l'era Merkel



di Brendan Brown

Mentre Angela Merkel prepara la sua uscita dalla cancelleria di Berlino, in Europa risuona un falso allarme su un imminente pericolo di "stagflazione". Questo fenomeno, come i draghi, appartiene alla mitologia piuttosto che a circostanze storiche o attuali reali.

Il rumore di fondo impedirà che si senta l'allarme sul vero pericolo del diluvio monetario post-Merkel in Europa: una crisi del debito francese e italiana che culminerà nel crollo dell'euro.

Il mito della stagflazione ha origine dall'esperienza degli anni '70 negli Stati Uniti. Le medie dei dati raccolte durante il periodo 1973-80, compresa una virulenta inflazione monetaria ed un boom economico (1976-78) racchiusi tra due recessioni con shock di approvvigionamento energetico, mostrano un'elevata inflazione dell'indice dei prezzi al consumo (IPC) seguita da una recessione economica.

Avanti veloce fino al presente: l'inflazione europea dell'IPC è aumentata nel corso dell'anno (3% su base annua a settembre), pur rimanendo al di sotto di quella statunitense, in parte a causa di un peso basso o nullo per le abitazioni e le auto di seconda mano. Tuttavia le reali prestazioni economiche in Europa sono state seriamente inferiori se correggiamo le illusioni ottiche legate alla fine dei lockdown.

Ora una crisi effettiva e incombente delle forniture di gas naturale in Europa (tra previsioni di carenza di approvvigionamento russo e produzione interna frenata dalla politica ambientale) potrebbe significare che i consumatori di alcuni Paesi dovranno affrontare un raddoppio delle bollette e anche interruzioni dei servizi. Il presidente russo Vladimir Putin, con il gasdotto Nord Stream 2 verso la Germania ora completato, potrebbe peggiorare la crisi per l'Europa orientale e meridionale. Alcuni esperti sospettano che Gazprom stia già manipolando i prezzi del gas.

Questa crisi del gas si aggiunge al peggioramento dei problemi dei colli di bottiglia nell'economia globale. Il numero suggerito per l'IPC dell'area Euro questo inverno è di circa il 5% anno/anno. Nel frattempo le prospettive di ripresa economica sbiadiscono. Tra i grandi Paesi europei solo la Germania quest'autunno è tornata ai livelli di PIL pre-2019.

Anche il capo della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha dovuto prendere atto dell'allarme stagflazione nella sua conferenza stampa del 9 settembre, strategicamente indetta in vista delle elezioni generali tedesche (26 settembre). Facendo una lieve concessione alla Bundesbank, ha annunciato un'insignificante riduzione del quantitative easing.

Questo consumato ex-politico francese, sensibile all'importanza dell'asse BCE-Berlino nel sostenere lo status quo dell'Unione Monetaria Europea (UEM), è riuscito a rimuovere l'euro come argomento di dibattito tra i principali partiti. Né l'UEM né l'allarme stagflazione (né il presidente Putin!) sono stati protagonisti del dibattito televisivo finale (12 settembre) tra i tre candidati alla cancelliera (Unione Cristiano Democratica, Partito Socialdemocratico e Verdi). Inoltre i recenti annunci della Lagarde su un "inverdimento" del quadro di politica monetaria della BCE hanno senza dubbio soddisfatto i Verdi.

Se ci fosse stata una domanda sulla stagflazione, la risposta corretta di uno qualsiasi dei candidati sarebbe stata che questo non era il vero pericolo.

Stagflazione è un termine fuorviante coniato negli anni '70 dai critici dello "stimolo" monetario targato Arthur F. Burns, seguito in Europa da Paesi al di fuori dell'orbita tedesca. Questi critici, nelle loro comprensibili preoccupazioni, sono stati troppo rapidi nel sottolineare un epilogo di alta inflazione e alta disoccupazione senza prestare attenzione ai dettagli piccoli ma importanti. L'elevata inflazione media dell'IPC nel 1973-1980 ha trasformato lo stimolo della politica monetaria in un boom inflazionistico (1976-1978). In particolare, la Francia in quel decennio viveva un miracolo economico.

Oggi, invece, c'è una diffusa sclerosi economica in gran parte derivante da una lunga inflazione monetaria che ha stimolato investimenti sbagliati e l'avanzata del capitalismo clientelare. Sì, dovremmo valutare la minaccia di questa lunga inflazione monetaria, aggravata dalla BCE e condonata dal cancelliere Merkel. Ciononostante è un diversivo erroneo riesumare diagnosi popolari, ma errate, degli anni '70.

L'episodio originale di "stagflazione" negli anni '70 iniziò con l'embargo dell'Organizzazione del Medio Oriente dei Paesi esportatori di petrolio e il relativo quadruplicamento del prezzo del petrolio all'indomani della guerra dello Yom Kippur (autunno 1973). L'inflazione dell'IPC accelerò all'indomani di questo episodio nonostante una recessione economica incalzante. Infatti l'inflazione monetaria a quel tempo si stava già trasformando in disinflazione monetaria, con Burns che aveva imposto una stretta monetaria nell'estate del 1973.

Un balzo dei prezzi al consumo dovuto a problemi nell'offerta non è sintomo di inflazione monetaria e si verificherebbe anche in un sistema monetario sano. Ma una volta risolti i problemi, i prezzi al consumo dovrebbero scendere. Invece Burns spinse sull'acceleratore dell'inflazione monetaria. Forti sintomi di inflazione dei prezzi di beni e asset emersero nel 1976-78 nel mezzo di un boom economico globale e statunitense. Poi, quando la politica monetaria iniziò ad essere ristretta, l'esplosione della rivoluzione iraniana portò un nuovo shock per l'offerta di petrolio, causando una spirale al rialzo dei prezzi proprio mentre l'economia stava rallentando.

Avanti veloce agli allarmi che ora suonano su una stagflazione nel 2021.

In Europa, come negli Stati Uniti, gran parte del picco dell'inflazione IPC di quest'anno è stato determinato da "problemi dal lato dell'offerta", i famigerati colli di bottiglia che sono l'essenza della tesi "inflazione transitoria" spacciata delle banche centrali. A loro volta questi colli hanno contribuito a tagli forzati nella produzione. Pesano sulla domanda le incertezze sui tempi di attesa delle consegne e la stretta sui redditi reali.

Le preoccupazioni da parte della FED e delle banche centrali estere per le interruzioni dell'offerta (e la famigerata inflazione transitoria dovuta ai colli di bottiglia) sollevano qui la questione della responsabilità: il massiccio "stimolo" monetario ha contribuito ad un enorme aumento sbilanciato della domanda di beni di consumo durevoli, gonfiando al contempo il boom della digitalizzazione guidato dalle esigenze di restare casa durante la pandemia.

Dovremmo associare le interruzioni dell'offerta ed i costi delle risorse per eliminare gli arretrati agli investimenti errati indotti dall'inflazione monetaria. Dietro queste strozzature ci sono il consumo eccessivo e gli investimenti improduttivi, e il loro seguito potrebbe benissimo aggravare le tendenze recessive.

È improbabile che l'attuale impennata dell'inflazione dell'IPC in Europa, acuita dalle ulteriori impennate del prezzo del gas naturale (questo, contrariamente alle strozzature, potrebbe essere un vero e proprio shock dell'offerta), si trasformi direttamente in inflazione sostenuta ed un IPC elevato caratteristico degli anni '70. Il vero pericolo di un aumento sostenuto dell'inflazione di beni e servizi nell'area Euro risiede altrove: nell'aumento e nella diminuzione dell'inflazione dei prezzi degli asset, la caratteristica distintiva dell'inflazione monetaria in Europa durante l'era Merkel.

Quando l'inflazione globale dei prezzi degli asset si trasforma in deflazione, c'è un'alta probabilità che i debiti dei governi francese e italiano e dei sistemi bancari in quei due Paesi entreranno nel centro della crisi. Le banche francesi hanno ora una famigerata esposizione a potenziali "aree in bolla", compresi i prestiti cinesi, accumulati durante l'inflazione monetaria europea e statunitense ormai decennale. Le finanze pubbliche francesi sono ora deboli come quelle italiane e la cancellazione del mega ordine australiano per i sottomarini francesi nel mezzo di una più ampia crisi esistenziale per il settore militare francese evidenzia le debolezze del credito francese.

Forse il governo di coalizione tripartito che emergerà dalle elezioni tedesche lavorerà davvero a stretto contatto con Parigi e darà vita ad un'unione bancaria europea e salvataggi illimitati tramite la BCE. Questa soluzione di tipo cinese ai problemi del debito europeo, una severa repressione monetaria in un sistema bancario effettivamente statale, porterebbe alla fuga di capitali dall'Europa su una scala mai vista in Cina, con la sua valuta inconvertibile protetta da una miriade di restrizioni sui cambi. Un crollo dell'euro, piuttosto che i prezzi del gas e le strozzature, è la fonte più probabile di un'inflazione IPC elevata e sostenuta in Europa dopo l'era Merkel.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


1 commento:

  1. Il problema con la stampa di denaro è che distorce e distrugge l'economia reale. Man mano che la quantità di "denaro" aumenta, la ricchezza effettiva (es. beni e servizi) diminuisce. Ad esempio, dal 2000 la FED ha aumentato l'offerta di denaro di oltre 20 volte, ma la crescita del PIL è stata dimezzata (sebbene non sia una misura molto adeguata per inquadrare la ricchezza reale). Dal 1950 al 1999 la crescita del PIL reale è stata in media del 3,6% all'anno; dal 2000 al 2020 è stata in media dell'1,8%.

    Il denaro creato ex-novo si presenta prima nei prezzi di azioni e obbligazioni (perché la FED acquista obbligazioni sovrane per abbassare i tassi d'interesse e finanziare la spesa in eccesso dello stato). Successivamente arriva nei prezzi al consumo e con il loro aumento i consumatori diventano irrequieti, facendo poi pressione sui loro rappresentanti eletti per "fermare il furto" attraverso l'inflazione. La spirale prezzi-salari che indicizza l'economia è alle porte, peggiorando la spirale stagflattiva. Però, attenzione, diversamente dagli anni '70 è solo una fase lungo il cammino di inflazione galoppante che aspetta le varie banche centrali occidentali; soprattutto adesso che l'effetto disinflattivo "Made in China" sulle economie occidentali sta progressivamente svanendo.

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