giovedì 28 ottobre 2021

Quello che non hanno capito i premi Nobel 2021 per l'economia

 

 

di Frank Shostak

Il Premio Nobel per l'economia di quest'anno è stato assegnato a David Card dell'Università della California, Berkeley, Joshua Angrist del Massachusetts Institute of Technology e Guido Imbens della Stanford University. I premiati, secondo la Commissione, hanno dato un contributo importante su come accertare causa ed effetto in base ai dati osservativi.

Ad esempio, in che modo l'imposizione di un salario minimo influisce sull'occupazione? Nel rispondere a questo tipo di domande, gli economisti si affidano ai dati osservativi, ma con essi sorge un problema di identificazione fondamentale: la causa sottostante di qualsiasi correlazione rimane poco chiara.

Se osserviamo che salario minimo e disoccupazione sono correlati, è perché un salario minimo causa disoccupazione? O perché la disoccupazione e la minore crescita salariale alla base della distribuzione salariale portano all'introduzione di un salario minimo? O per una miriade di altri fattori che incidono sia sulla disoccupazione sia sulla decisione di introdurre un salario minimo? Una preoccupazione chiave con l'approccio dell'equazione strutturale è che per stabilire una relazione causale, la struttura proposta deve essere specificata correttamente.[1]

Secondo la maggior parte dei commentatori, l'aumento del salario minimo danneggerà il mercato del lavoro aumentando la disoccupazione. In uno studio condotto negli anni '90, gli economisti David Card e Alan Krueger hanno esaminato un aumento del salario minimo nel New Jersey confrontando i ristoranti fast-food lì e in una parte adiacente della Pennsylvania.[2] Non hanno riscontrato alcun impatto sull'occupazione.

Modificando gli studi randomizzati controllati (RCT) i nostri premi Nobel in particolare, Ingrist e Imbens, avrebbero presumibilmente risolto il problema di come accertare la causalità dai dati. Ai fini di questo articolo, non discuteremo i dettagli utilizzati per accertare causa ed effetto dai dati.


I dati storici possono dirci come funziona l'economia?

Si noti che i cosiddetti dati utilizzati dagli analisti sono una visualizzazione di informazioni storiche.

Secondo Ludwig von Mises in Human Action (pp. 41-49):

La storia non può insegnarci alcuna regola, principio o legge generale. Non c'è modo di astrarre a posteriori da un'esperienza storica teorie o teoremi riguardanti la condotta e le politiche umane.

Inoltre in The Ultimate Foundation of Economic Science (p. 74) Mises ha sostenuto che:

Quello che possiamo “osservare” sono sempre e solo fenomeni complessi. Ciò che la storia economica, l'osservazione o l'esperienza possono dirci sono fatti come questi: in un determinato periodo del passato il minatore John nelle miniere di carbone della compagnia X nel villaggio di Y guadagnava p dollari per una giornata lavorativa di n ore. Non c'è modo che tutto ciò possa condurre dall'assemblaggio di dati e formare una teoria riguardante i fattori che determinano l'altezza dei saggi salariali.

Nelle scienze naturali, mentre uno scienziato può isolare vari fatti, non conosce le leggi che governano questi fatti.

Non può fare altro che ipotizzare la “vera legge” che regola il comportamento delle varie particelle individuate. Non può mai essere certo, tuttavia, riguardo alle "vere" leggi della natura. Su questo Murray N. Rothbard ha scritto:

Le leggi possono essere solo ipotizzate. La loro validità può essere determinata solo deducendone logicamente le conseguenze, le quali possono essere verificate appellandosi ai fatti di laboratorio. Anche se le leggi spiegano i fatti, e le loro deduzioni sono coerenti con essi, le leggi della fisica non possono mai essere stabilite in modo assoluto. Infatti qualche altra legge può rivelarsi più elegante o capace di spiegare una più ampia gamma di fatti. In fisica, quindi, le spiegazioni postulate devono essere ipotizzate in modo tale che esse o le loro conseguenze possano essere verificate empiricamente. Anche così le leggi sono solo provvisorie, non assolute.[3]

In economia, invece, non abbiamo bisogno di ipotizzare, perché in economia possiamo accertare l'essenza e il significato della condotta delle persone.

Ad esempio, si può osservare che le persone sono impegnate in una varietà di attività. Possono svolgere lavori manuali, guidare automobili, camminare per strada o cenare in ristoranti. L'essenza di queste attività è che sono tutte finalizzate ad uno scopo.

Inoltre possiamo stabilire il significato di queste attività, pertanto il lavoro manuale può essere un mezzo per alcune persone per guadagnare denaro, cosa che a sua volta consente loro di raggiungere vari obiettivi come l'acquisto di cibo o vestiti.

Cenare in un ristorante può essere un mezzo per instaurare rapporti d'affari, guidare un'auto può essere un mezzo per raggiungere una determinata destinazione, ecc. Le persone operano in un quadro di mezzi e fini; usano vari mezzi per assicurarsi i fini. Possiamo anche stabilire da quanto sopra che le azioni delle persone sono consapevoli e propositive.

La conoscenza che l'azione umana è cosciente e propositiva è certa e non provvisoria. Chiunque tenti di obiettare a ciò, infatti, si contraddice, poiché sta compiendo un atto intenzionale e cosciente nel sostenere che le azioni umane non sono consce e propositive. Sono valide anche varie conclusioni derivate da questa conoscenza dell'azione cosciente ed intenzionale.

La teoria secondo cui l'azione umana è consapevole ed intenzionale si regge da sola, indipendentemente da ciò che mostrano i cosiddetti dati.

Inutile dire che la teoria consolidata non richiede alcuna verifica statistica. A differenza delle scienze naturali, in economia non si ipotizza. Conosciamo l'essenza delle cose, cioè che l'azione umana è cosciente ed intenzionale, quindi in economia non dobbiamo impostare un'ipotesi e poi testarla.

Dato che l'economia riguarda azioni umane consapevoli ed intenzionali, possiamo stabilire che la causalità proviene dagli esseri umani e non da fattori esterni. Ad esempio, gli individui non rispondono meccanicamente alle variazioni del reddito personale. Ogni individuo lo fa in accordo con i suoi obiettivi.


Il salario minimo e la disoccupazione

Dato che l'obiettivo finale di ogni individuo è il sostentamento ed il benessere della propria vita, è improbabile che un imprenditore paghi un lavoratore più del valore del prodotto che genera. Se un lavoratore genera all'ora un valore di $10 verso l'azienda, l'imprenditore non pagherà più di questo importo.

Se il salario minimo è fissato a $15 all'ora mentre il lavoratore può generare solo un valore di $10 all'ora, sarebbe illegale per l'azienda pagarlo meno del salario minimo di $15 all'ora. In uno scenario del genere, l'azienda sarebbe costretta a licenziare il lavoratore, dal momento che impiegarlo per $15 all'ora ne intaccherebbe la redditività.

Uno studio che impiega metodi quantitativi avanzati e conclude che l'aumento dei salari minimi è innocuo per il mercato del lavoro è a dir poco discutibile. Tale studio implica che gli individui non cercano di migliorare la propria vita e il proprio benessere.

Si noti che non sono necessari studi quantitativi per accertare che l'aumento del salario minimo si tradurrà in un aumento della disoccupazione. Tutto ciò che è richiesto è una discussione logica che la maggior parte degli esseri umani potrebbe seguire.


Conclusioni

Contrariamente al modo di pensare popolare, non valutiamo una teoria rispetto al fatto che corrisponda ai dati in quanto tali, ma al contrario valutiamo i dati attraverso una teoria.

Lo scopo di una teoria è fornire l'essenza dell'oggetto di indagine. È come una mappa stradale che fornisce informazioni su una particolare posizione ignorando vari fattori non essenziali: indica al lettore come raggiungere il punto B dal punto A. La mappa, tuttavia, non fornisce vari dettagli, come gli alberi e le case circostanti.

Non è necessaria una verifica statistica per stabilire l'effetto dell'aumento del salario minimo sulla disoccupazione. Una semplice analisi logica mostra che un aumento del salario minimo indebolisce il mercato del lavoro.

Dato che l'economia riguarda azioni umane consapevoli ed intenzionali, possiamo stabilire che la causalità proviene dagli esseri umani e non da fattori esterni.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Answering Causal Questions Using Observational Data (Committee for the Prize in Economics Sciences in Memory of Alfred Nobel, 2021).

[2] David Card and Alan Krueger, “Minimum Wages and Employment,” American Economic Review 84 (1994): 772–93.

[3] Murray N. Rothbard, “Towards a Reconstruction of Utility and Welfare Economics,” in On Freedom and Free Enterprise: The Economics of Free Enterprise, ed. May Sennholz (Princeton, N.J.: D. Van Nostrand, 1956), p. 3.

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