lunedì 27 ottobre 2025

Il costo nascosto dell'istruzione gratuita in Europa

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Lika Kobeshavidze

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-costo-nascosto-dellistruzione)

Il modello universitario europeo è spesso visto come un trionfo della società moderna. Senza tasse universitarie esorbitanti, con un debito studentesco minimo e la promessa di pari accesso, sembra la soluzione ideale. In Paesi come Germania e Francia gli studenti pagano solo una piccola quota amministrativa, in genere tra i $200 e i $500 all'anno, rispetto ai costi di iscrizione esorbitanti degli Stati Uniti o del Regno Unito. Molti ricevono anche aiuti finanziari sotto forma di borse di studio che non devono essere rimborsate, o prestiti a basso interesse in base alle necessità.

Ma dietro le promesse di equità e opportunità si nasconde un sistema che troppo spesso è rigido, sovraffollato e poco stimolante.

Nonostante l'accessibilità, la realtà di doversi orientare in queste istituzioni può far sentire gli studenti come se fossero solo un numero in una gigantesca macchina burocratica.

Quando l'istruzione è accessibile a tutti, le università si riempiono. Le aule sono sovraffollate e il contatto personale con i professori diventa raro. In molti Paesi europei è normale frequentare le lezioni con centinaia di altri studenti. C'è poco spazio per discussioni, feedback, o persino domande.

Ti siedi, prendi appunti, vieni promosso o bocciato. Sembra più una catena di montaggio che un luogo di apprendimento. E i numeri spiegano il perché. Nel 2022 l'Unione Europea contava 18,8 milioni di studenti, circa il 7% della sua popolazione totale, iscritti all'istruzione terziaria. Negli Stati Uniti circa  19,1 milioni di persone si sono iscritte all'università durante l'anno accademico 2024-25. Oltre a cifre di iscrizione simili, sia l'UE che gli Stati Uniti hanno reso l'istruzione superiore ampiamente accessibile. Nell'UE, dove le tasse universitarie sono spesso infime o fortemente sovvenzionate, l'istruzione superiore viene ampliata per accogliere la maggioranza. Nel 2022 il 44% dei cittadini dell'UE di età compresa tra 25 e 34 anni aveva completato un corso di laurea, rispetto al 50% negli Stati Uniti.

I due sistemi differiscono nella struttura. Ciò che li distingue non è il numero di studenti, ma il modo in cui viene erogata l'istruzione. Le università europee tendono a basarsi su lezioni di grandi dimensioni, percorsi di studio rigidi e una limitata competizione istituzionale. Il risultato è un modello costruito sulla fredda efficienza piuttosto che sull'individualismo. Le istituzioni statunitensi, al contrario, operano in un ambiente competitivo e decentralizzato, con una gamma più ampia di strutture accademiche, inclusi college più piccoli e una progettazione dei programmi più flessibile.

Quando l'istruzione superiore è dimensionata per servire quasi tutti, come in gran parte d'Europa, si rischia di barattare la profondità con la capacità di elaborazione e la personalizzazione con la comodità amministrativa. Alla fin fine funziona lo stesso, ma a costo di trattare l'istruzione meno come un percorso e più come un processo burocratico.

A causa di questa scala il sistema si basa fortemente sulla standardizzazione. I programmi sono progettati per soddisfare le esigenze della maggioranza, il che significa che spesso non lasciano spazio a chi pensa o impara in modo diverso. Questa rigidità non inizia all'ingresso dell'università. In Paesi come Germania e Francia gli studenti vengono indirizzati verso percorsi accademici, o professionali, già a partire dagli 11 o 12 anni. Se non si viene inseriti nel percorso giusto in quel momento, le possibilità di accedere all'università in seguito possono ridursi drasticamente. Di conseguenza quando gli studenti accedono all'istruzione superiore sono già stati incanalati in un sistema che limita la crescita personale, la sperimentazione e le seconde possibilità.

Questa rigidità produce qualcosa di più profondo della semplice frustrazione. Crea una cultura del conformismo. Ci si aspetta che gli studenti seguano il percorso ufficiale, finiscano in tempo e non facciano troppo rumore. Fallire o impiegare più tempo per laurearsi è visto come una debolezza, anche se il processo di tentativi ed errori è essenziale per un apprendimento autentico. L'idea di esplorare diverse discipline o di fermarsi a riflettere è raro che sia incoraggiata. Il successo si misura in base all'efficienza con cui si completa il programma, non in base a quanto si scopre su sé stessi o sul mondo.

Di conseguenza la creatività si perde. Gli studenti che vogliono correre rischi, provare cose nuove, o porre domande scomode finiscono per trovare scarso supporto. I professori spesso non hanno tempo per fare da mentore ai singoli studenti. Gli studenti hanno una scelta limitata su cosa studiare, o come affrontarlo. In questo sistema l'obiettivo non è ispirare, ma produrre.

Ora confrontate tutto questo con sistemi in cui la competizione e la scelta sono più centrali. Negli Stati Uniti gli studenti possono scegliere liberamente il proprio percorso di studi, cambiare indirizzo, o persino prendersi del tempo libero senza penalità. Nel Regno Unito le università competono per accaparrarsi gli studenti, spingendole a offrire programmi più innovativi e un insegnamento migliore. Questi modelli sono tutt'altro che perfetti, soprattutto in termini di costi, ma spesso offrono più spazio alla crescita personale, al pensiero indipendente e alla libertà accademica.

Non si tratta di un invito a ripristinare tasse universitarie elevate. L'istruzione dovrebbe essere accessibile, ma l'accessibilità da sola non garantisce la qualità. Il modello europeo spesso rinuncia alla flessibilità in favore dell'accesso; è costruito per servire tutti allo stesso modo, il che significa che fatica a servire bene chiunque.

Non è sempre stato così. Con l'apertura delle università europee al grande pubblico nel XX secolo, l'esigenza di efficienza portò a strutture rigide e programmi di studio standardizzati. Quello che un tempo era un sistema per pochi privilegiati divenne una catena di montaggio per milioni di persone. Per contestualizzare il concetto per i lettori americani: la maggior parte degli studenti europei paga meno di $500 all'anno in tasse universitarie. A titolo di confronto, mentre le università statunitensi hanno una media di oltre $38.000 all'anno, la maggior parte degli studenti americani frequenta istituti più accessibili, con tasse universitarie statali che si aggirano in media sui $10.000 in quelle pubbliche e sui $3.000 nei community college.

Prendiamo ad esempio la Svezia. Molti studenti non iniziano l'università prima dei vent'anni, in parte perché il sistema offre pochi incentivi a iniziare prima. Una volta iscritti, i percorsi accademici sono stretti e cambiare direzione è difficile.

In Italia gli studenti spesso rimangono all'università per molti anni. Non perché siano eccessivamente curiosi o appassionati, ma perché il sistema è obsoleto e lento. I tassi di abbandono sono alti e le lauree hanno scarso peso nel mercato del lavoro.

E in Francia alcune delle scuole più prestigiose non fanno affatto parte del sistema universitario pubblico. Le Grandes Écoles sono a pagamento, più selettive e offrono un'istruzione più personalizzata. Ironia della sorte sono considerate migliori proprio perché non seguono il modello “libero per tutti”.

La verità è che la vera libertà educativa significa molto più che eliminare le tasse universitarie. Significa permettere agli studenti di esplorare, fallire, cambiare e trovare la propria strada. Significa incoraggiare l'innovazione e premiare la curiosità. E sì, significa permettere ai sistemi di competere ed evolversi.

Il sistema educativo europeo è motivo di orgoglio, ma quest'ultimo non dovrebbe impedire le riforme. Dobbiamo porci domande più difficili: stiamo costruendo istituzioni che siano davvero al servizio degli studenti, o stiamo semplicemente creando macchine che trattano tutti allo stesso modo?

Se l'istruzione deve preparare le persone al futuro, allora dobbiamo assicurarci che i nostri sistemi siano sufficientemente flessibili da crescere con essi. Quando si forzano tutti a conformarsi allo stesso schema, si rischia di distruggere proprio ciò che rende l'istruzione potente: la capacità di pensare in modo diverso.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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