lunedì 6 ottobre 2025

La BCE interrompe il ciclo di allentamento, ma la crisi dell'Eurozona è appena iniziata

Da 3 anni a questa parte il lavoro della FED è tornato a essere quello di proteggere il sistema bancario americano e il mercato dei titoli sovrani americani. Questo è il suo vero doppio mandato. L'agenda della cricca di Davos è quella di rimuovere dalla scacchiera le singole banche e avere un unico polo di riferimento a livello mondiale. In sintesi, la rimozione del settore bancario commerciale e, soprattutto, il suo interesse netto a livello commerciale. Non è un caso che sul suolo statunitense non ci sarà mai una CBDC del tipo immaginato dalla Lagarde: programmabile, a tempo, censurabile. In questo contesto, ricordate che la FED non è tra i “buoni”; bisogna vedere per chi lavora e cosa vogliono difendere. L'agenda del WEF è un anatema per Wall Street e il settore bancario commerciale. La prima amministrazione Trump, già allora, era la prima iterazione dei NY Boys che cercavano di mettere paletti alle infiltrazioni della cricca di Davos nelle stanze dei bottoni americane e limitare i danni. Cambiare il sistema monetario, il modo in cui il tasso di riferimento interconnette i vari mercati, non è qualcosa che si può fare dalla sera alla mattina, o in sei mesi. Passare dal LIBOR al SOFR in tal lasso di tempo sarebbe risultato in un fallimento, i mercati l'avrebbero rigettato. Doveva avvenire lentamente, nel modo appropriato per permettere al sistema finanziario ed economico americano di essere indicizzato al SOFR. Ci sono voluti 5 anni... e cosa è arrivato alla fine del primo mandato di Trump? La “pandemia”. Oltre a un attacco diretto al SOFR quando ancora era in fase di prova. La crisi dei pronti contro termine del 2019, trasformatasi poi nella crisi del marzo del 2020, costrinse la FED a intervenire e a inchiodarsi allo zero bound per togliere dai guai i titoli sovrani americani diventati bidless. La cricca di Davos ha riprovato lo stesso attacco nel 2023, ma la FED nel bel mezzo di una “crisi bancaria” rialzò i tassi di 25 punti base; c'ha riprovato anche ad aprile di quest'anno ma ha fallito. Il risultato è una base da cui imbastire, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, un'indipendenza monetaria visto che in passato sono sempre stati legati all'Europa a causa dei flussi commerciali e del sistema bancario centrale. Tutta la storia del deficit commerciale degli USA nei confronti dell'Europa e del singolo tasso di riferimento, usato per muovere capitali in California a scapito del resto della nazione, rappresenta uno sforzo politico, burocratico e monetario di risucchiare la ricchezza americana e trasferirla nelle casse della cricca di Davos. Fu questo, oltre alla prima crisi nel mercato degli eurodollari, che spinse la nazione nel 1971 ad abbandonare il gold standard. Il processo di riforma della FED è in atto e gli spasmi sono avvertiti principalmente da UE/UK, i principali benenficiari del sistema dell'eurodollaro.

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-bce-interrompe-il-ciclo-di-allentamento)

La Banca Centrale Europea ha raggiunto la fine del suo ciclo di tassi, intrappolandosi proprio in quei problemi che aveva contribuito a creare. A Sintra tutto questo era praticamente nascosto dietro una facciata di chiacchiere.

La conferenza annuale, appena a ovest di Lisbona, è utile alla BCE tanto quanto Jackson Hole lo è per la Federal Reserve. È un momento per fare il punto della situazione, guardare al futuro e collegare la politica monetaria dell'anno precedente a una narrazione più ampia. Per la presidente della BCE, Christine Lagarde, questa narrazione è facilmente riassumibile: dopo otto tagli i tassi ora si attestano al 2%, l'inflazione si aggira intorno all'obiettivo del 2%, l'occupazione nell'Eurozona rimane stabile e una nuova crisi del debito non è all'orizzonte.

Questa è stata l'essenza del discorso della Lagarde a Sintra, concepito per trasmettere un messaggio unico: tutto è sotto controllo. Persino incertezze come la volatilità commerciale dell'era Trump, gli sconvolgimenti geopolitici, o il crollo dell'industria tedesca non dovrebbero far deragliare la rotta prefissata dalla BCE. Dopo lo sconquasso durante i lockdown, la situazione è ora considerata normale: i mercati “oscillano” attorno al loro equilibrio. Nel gergo delle banche centrali: hanno trovato il “tasso neutrale”.


La chimera di un tasso neutrale

Il “tasso neutrale” è il Santo Graal del misticismo delle banche centrali. Quando i policymaker si sentono sicuri e le campagne mediatiche mascherano con successo l'erosione della moneta fiat, diventa un mantra. In questa visione del mondo, il tasso di riferimento della BCE e alcuni tassi di mercato teorici e consolidati si allineano, non per caso, ma intenzionalmente. Ancor prima delle osservazioni conclusive della Lagarde, i membri del Comitato esecutivo della BCE, Joachim Nagel e Philip Lane, avevano gettato le basi per tutto giugno trasmettendo ripetutamente il messaggio del “tasso neutrale”.

Il messaggio? Che avevano bilanciato le forze inflazionistiche e deflazionistiche e riportato l'Eurozona su una traiettoria di crescita. Tralasciamo i dibattiti sulle statistiche manipolate riguardo l'inflazione e sui dati sulla disoccupazione drasticamente sottostimati. Queste narrazioni sui tassi neutrali non sono altro che favole: comunicati stampa preconfezionati volti a evocare controllo. I ​​processi economici non si riducono a schemi così semplicistici, ma non è proprio questo il punto: la storia dei tassi neutrali è un sedativo, sia per gli stati che per i mercati.


Il peccato originale fiscale

La storia della BCE come custode della stabilità monetaria è una reliquia dei tempi della Bundesbank. Quell'epoca è ormai lontana. Le banche centrali di tutto il mondo, coinvolte in intricati intrecci politico-fiscali durante l'ultima crisi del debito di 15 anni fa, ne sono diventate dipendenti. Solo durante i lockdown, il PEPP della BCE ha assorbito €1.850 miliardi in debito sovrano dell'Eurozona e oggi detiene ancora circa un terzo di quella montagna di obbligazioni.

Oggi l'unico obiettivo della BCE è quello di mantenere liquidi questi debiti sovrani, acquistando obbligazioni scansate dal mercato per mantenere l'illusione che debito pubblico, Stati sociali generosi e interventismo keynesiano siano tutti elementi conciliabili.

I governi dell'Eurozona hanno a lungo fatto affidamento sulla liquidità esterna. Con un debito pubblico medio pari al 100% del PIL, molti stati membri sarebbero insolventi senza il sostegno della BCE. Ciò avrebbe conseguenze non solo per i mercati, ma anche per la coesione sociale, la stabilità interna e l'immagine di un'Unione Europea costruita su motori di welfare sovradimensionati che offrono ai cittadini un falso senso di sicurezza e sottovalutano pericolosamente la capacità pubblica.

Un ritiro della BCE da questo nesso di irresponsabilità fiscale, sostegno monetario ed eccesso politico è quindi impensabile. La banca centrale non è più solo un guardiano della moneta, ma lo stabilizzatore di un modello sociale in erosione. Attraverso mezzi indiretti e canali secondari, sta finanziando pensioni, bilanci previdenziali, ingranaggi burocratici e oscurando al contempo la fragilità dell'intero edificio.

La BCE è l'ultimo pilastro che tiene insieme questa struttura in rovina. Rimuovendola, il castello di carte crollerà all'istante. Ecco perché la Lagarde e i suoi collaboratori devono preservare l'illusione di un'Eurozona governabile.


I fatti raccontano una storia diversa

Al di là della patina di Sintra, nel mondo reale dei dati l'Eurozona è in grave crisi. L'industria continua a contrarsi e l'edilizia è in profonda recessione. Oltre il 50% delle aziende lamenta ordini insufficienti. Dal 2021 la sola industria tedesca ha tagliato 217.000 posti di lavoro ed entro la fine dell'anno ne perderà altri 100.000. La deindustrializzazione avanza, la produzione viene trasferita all'estero, i capitali fuggono e la produttività è ferma da otto anni consecutivi.

Il risultato: le basi imponibili dei Paesi si stanno erodendo. Le entrate diminuiscono e i costi del welfare aumentano, facendo aumentare il peso del debito. Senza riforme concrete, l'Eurozona rischia una crisi del debito che costringerà ancora una volta la BCE a fungere da prestatore di ultima istanza.

Anni di tassi di interesse pari a zero hanno immerso l'Eurozona nel dolce veleno del credito a basso costo. Ora le aziende dipendenti dai sussidi stanno crollando sotto i tassi reali positivi. Questa è “economia zombi”. E l'ultima vittima della pianificazione industriale verde – Northvolt – è solo l'ennesima a chiudere i battenti, conseguenza di una politica economica gestita centralmente.


La FED tiene duro

A peggiorare la situazione, dall'altra parte dell'Atlantico, la Federal Reserve mantiene ferma la sua strategia di consolidamento, mantenendo i tassi al 4,5%, ben al di sopra di quelli delle altre principali banche centrali. Gli Stati Uniti sono chiaramente disposti ad accettare un tasso di mercato positivo, dando alla loro economia lo spazio per eliminare gli elementi improduttivi. Ciò consente al capitale produttivo di riposizionarsi e alimentare un nuovo ciclo di investimenti. Con tagli fiscali, deregolamentazione energetica e ridimensionamento dei programmi verdi, gli Stati Uniti stanno diventando una calamita per i capitali, che le economie europee non possono che invidiare.

A Washington la visione è chiara: un periodo di sofferenza porta grandi ricompense. Mentre gli Stati Uniti si attrezzano amministrativamente, tecnicamente e innovativamente per l'era digitale, l'UE inscena una competizione su piani di welfare in continua espansione: limiti agli affitti, sussidi sociali, sussidi verdi, consumi decretati e regolamentati per sostituire i meccanismi produttivi della creazione di reddito.

L'Europa è diventata dipendente dalle sovvenzioni dello Stato sociale, aggrappandosi a un modello iperstatalista per rinviare le sofferenze sociali ed economiche. E sempre in agguato ci sono la BCE e la sua fatale pressione monetaria. Quanto durerà tutto questo solo il tempo ce lo dirà, ma le tensioni sui mercati stanno aumentando. Il giorno in cui queste tensioni innescheranno un terremoto, scuotendo le placche tettoniche dell'economia per un nuovo riallineamento, si avvicina sempre di più.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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