lunedì 20 ottobre 2025

L’alleanza tra Washington e Nuova Delhi è una tempesta perfetta contro la Cina

Gli accordi che sta siglando Trump in giro per il mondo, i trattati di pace che sta facendo firmare, sono passi in avanti nel ridimensionare l'ascendente inglese su quei Paesi mediorientali e Sud-est asiatici che possono rappresentare polveriere in grado di trascinare gli USA in una guerra cinetica. La visita più recente alla Corona inglese da parte di Trump ritengo fosse un modo per presentare al Re i termini della sua resa. Non credo abbia accettato (o perlomeno non chi si trova dietro di lui), soprattutto perché gli Stati Uniti continuano a essere protagonisti di instabilità interna e mancanza di unità a causa di violenze che eruttano sulla scia dell'emotività riguardo eventi geopolitici scatenati ad hoc. Conosciamo già l'origine di questi disordini. Così come possiamo affermare che la recente invasione di indiani nei posti di comando imprenditoriali americani è un chiaro disegno per inondare la nazione di soggetti lavorativi “unskilled” e impedire che chi è capace possa emergere. Questo ha richiesto all'amministrazione Trump di intervenire in merito ai visti H1B e andare direttamente alla fonte, come vedremo nell'articolo di oggi, per capire da che parte vuole stare l'India. Stiamo parlando di persone che non “vanno l'una contro le altre. Questa è gente che possiede le proverbiali “manila envelope” e fa circolare un assaggio del contenuto: “Sei un nostro asset adesso. Abbiamo altri che possono ricoprire il tuo ruolo, quindi decidi cosa fare”. Finché i soldi dei contribuenti americani venivano sottoposti a leva e gonfiati tramite l'eurodollaro, gli USA venivano usati come martello nel resto del mondo da UE e UK (tramite i finanziamenti alle loro ONG). Infatti sono sempre state le ONG il veicolo per eccellenza per riciclare gli eurodollari che scomparivano dai radar statistici ufficiali, finivano nel sistema bancario ombra (potenziato consapevolmente da leggi come la Dodd-Frank, ad esempio) e poi ricomparivano sotto forma di finanziamenti per entità alla luce del sole. Tanti sventolano il feticcio di Soros, giustamente, ma pochi quello di Obama. Da un lato abbiamo Londra e dall'altro Bruxelles, dato che Obama ha sempre fatto riferimento all'UE. La “golden power” e la Guarda nazionale applicati adesso da Trump sono propedeutici alla guerra contro la cricca di Davos. È così che ad esempio Putin ha messo in riga gli oligarchi e scacciato l'influenza delle ONG. La stessa cosa ha fatto la Georgia. La stessa cosa non ha potuto farla l'Ucraina dato che la politica estera degli USA, nel 2022, era ancora appaltata a Londra e Bruxelles. L'ascendente di Washington su Tbilisi, ad esempio, era una propaggine dell'impero inglese. Ecco perché i disordini recenti in Georgia sfoggiano bandiere europee e sfilate di politici europei. Con il prosciugamento del mercato degli eurodollari e la riorganizzazione di Washington lontano dalle influenze geopolitiche estere, nonché la pulizia di quelle aree nel mondo in cui gli inglesi avevano ascendente, viene smantellata una piovra sotterranea vecchia di decenni.

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da The Epoch Times

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lalleanza-tra-washington-e-nuova)

Mentre gli scambi commerciali tra Cina e Stati Uniti continuano a diminuire, Pechino è ansiosa di stabilizzare le relazioni commerciali con Washington, e lo ha fatto, almeno per un po'. Ma quanto durerà un accordo commerciale se il regime cinese continua a violarlo?

La dura realtà è che il Partito Comunista Cinese (PCC) è consapevole della sua posizione precaria. Da un lato la Cina ha un disperato bisogno di stabilizzare le sue relazioni commerciali con gli Stati Uniti; dall'altro non può rispettare gli accordi perché è costretta a barare sulle condizioni commerciali, poiché  le debolezze strutturali prevalgono e spingono l'economia al ribasso. Di conseguenza il livello di fiducia tra Washington e Pechino è basso.

La mancanza di fiducia non è ovviamente l'unico fattore che sfavorisce la Cina. L'antipatia dell'amministrazione Trump nei confronti del regime cinese come rivale strategico è ben nota e difficilmente cambierà. Inoltre gli investimenti esteri diretti stanno diminuendo e le aziende straniere stanno abbandonando la Cina il più rapidamente possibile.

Molte di loro si stanno trasferendo in India. L'elenco delle aziende che scelgono l'India rispetto alla Cina è significativo e in costante crescita, anche prima che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ottenesse un secondo mandato. Nel 2024 decine di grandi aziende, tra cui Dell, HP, Intel, Samsung, LG Electronics, Nike, Hasbro, Blizzard Entertainment, Stanley, Black & Decker e molte altre, hanno già trasferito i loro stabilimenti in India o prevedono di farlo nel prossimo futuro.

Anche questa tendenza non sembra destinata a cambiare. Secondo un sondaggio del 2024 della Camera di Commercio Americana in Cina, il 45% delle aziende statunitensi in Cina ha avviato piani per diversificare i propri fornitori al di fuori della Cina, mentre il 38% sta prendendo in considerazione questa possibilità. La proverbiale scritta sul muro è sulla Grande Muraglia cinese: il divario commerciale si sta ampliando, non riducendosi. I suoi giorni da leader mondiale nel settore manifatturiero e il peso strategico che ne deriva stanno per finire.


La grande opportunità dell'India con gli Stati Uniti

Nel frattempo, con grande preoccupazione di Pechino, l'India sta strategicamente cambiando rotta per colmare questo divario, espandendo le sue relazioni commerciali con gli Stati Uniti. Questi ultimi sono altrettanto decisi a deviare gli scambi commerciali dalla Cina verso l'India.

Le intenzioni dell'India sono allineate a quelle degli Stati Uniti. Ad aprile di quest'anno il vicepresidente statunitense, J. D. Vance, ha visitato l'India per stabilire un accordo commerciale bilaterale tra i due Paesi. L'obiettivo è aumentare l'attuale volume di scambi commerciali da $190 miliardi a $500 miliardi entro il 2030.

La crescente relazione tra Stati Uniti e India va oltre il commercio. Prima della visita di Vance, la direttrice dell'intelligence nazionale statunitense, Tulsi Gabbard, era in India per una conferenza geopolitica. Ancora più significativo è il fatto che il primo ministro indiano, Narendra Modi, sia stato tra i primi leader mondiali a incontrare Trump dopo il suo ritorno alla Casa Bianca. All'epoca Modi menzionò una “mega partnership” con gli Stati Uniti e avviò negoziati per affrontare i dazi imposti da Trump sui prodotti indiani.

In particolare, Modi aveva già ridotto i dazi su alcuni beni statunitensi prima di incontrare Trump. Questo potrebbe spiegare perché i funzionari indiani abbiano descritto i negoziati commerciali come “molto attivi” e “intensi”, avvalorando la percezione di un accordo commerciale in fase di elaborazione tra Stati Uniti e India.


Gli effetti strategici a catena

La Cina potrebbe non essere a conoscenza di questi sviluppi e può già vedere diversi effetti a catena in atto. Come notato, gli Stati Uniti sono interessati al “friend-shoring” o alla ristrutturazione delle catene di approvvigionamento globali dalla Cina all'India. Un ulteriore impatto potrebbe essere la riduzione della capacità di Pechino di supportare la Russia nella sua guerra contro l'Ucraina.

Sebbene tra Washington e Pechino sembri esserci una sorta di riorganizzazione degli scambi commerciali, la tendenza delle aziende ad abbandonare in massa la Cina rimane innegabile. Apple ha annunciato che trasferirà fino al 25% della sua produzione di iPhone dalla Cina all'India entro il 2025, e anche una parte significativa della sua produzione di telefoni negli Stati Uniti verrà trasferita fuori dalla Cina.

Ma si stanno verificando anche altri effetti.

Una questione strettamente correlata è il predominio della Cina sul mercato delle terre rare. Come gli Stati Uniti, l'India dipende dal monopolio cinese sulle terre rare. Uno dei cambiamenti politici di Modi è quello di concentrarsi sul potenziale dell'India di aumentare la sua capacità produttiva di terre rare e diventare un fornitore chiave per gli Stati Uniti. Ciò rappresenterebbe un duro colpo per la Cina e una grande vittoria sia per l'India che per gli Stati Uniti.

Un altro aspetto significativo è il crescente coinvolgimento dell'India nella pianificazione della difesa statunitense nella regione. L'India svolgerà un ruolo sempre più importante negli accordi di sicurezza statunitensi nella regione indo-pacifica.


La risposta a doppio taglio di Pechino

In risposta a questi sviluppi, il PCC sta diventando creativo. Ad esempio, in contrasto con le barriere commerciali erette dopo l'incidente di Galwan che ha coinvolto scambi militari, i media statali cinesi hanno lanciato l'idea di ridurre le restrizioni commerciali e incoraggiare l'interazione tra Cina e India. Questo è un risultato diretto della crescente visibilità dell'India nella regione e del dialogo con gli Stati Uniti.

Forse ancora più importante, l'ambasciatore cinese in India si è impegnato a fermare il dumping di prodotti cinesi nei mercati indiani, ad alleviare i deficit commerciali e persino a rimuovere le barriere tariffarie e non tariffarie sulle importazioni indiane. Questo annuncio si accompagna alla ripresa del dialogo diplomatico, al coinvolgimento ad alto livello, ai voli diretti e persino alla possibilità di un migliore accesso alle terre rare per l'India.

Nel tentativo di contrastare la tendenza al friend-shoring, però, la Cina sta limitando le esportazioni di macchinari e i trasferimenti di attrezzature verso l'India, al fine di ridurre al minimo la propria capacità di gestire la domanda manifatturiera in entrata. Pechino sta inoltre avvertendo Nuova Delhi che il suo impegno con Washington – sia nel commercio che in alleanze strategiche come il Quad, nonché la cooperazione nell'evoluzione delle posizioni di difesa a guida statunitense – potrebbero minacciare i suoi rapporti cordiali con la Cina.

Un'altra carta da giocare per il PCC sarebbe quella di aumentare il sostegno al Pakistan, il rivale regionale dell'India dotato di armi nucleari. Si tratta di una minaccia velata, ma improbabile che funzioni perché sia ​​il Pakistan che l'India sono nazioni dotate di armi nucleari. Il sostegno di Pechino non altera sostanzialmente lo status quo.

Una o tutte queste potenziali contromisure di Pechino saranno sufficienti a distogliere Nuova Delhi dalla sua inclinazione verso Washington? Il regime cinese riuscirà a ostacolare l'ascesa dell'India, nonostante il continuo collasso della sua economia?

Improbabile.

La Cina sta affrontando una tempesta su più fronti, principalmente provocata da essa stessa attraverso le politiche del PCC, e questa tempesta non fa che peggiorare. Per usare la metafora conosciuta da tutti, è una tempesta perfetta contro la Cina e a favore dell'India.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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