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di Thomas Kolbe
(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-resa-dei-conti-della-francia-il)
La Francia è intrappolata in una spirale di debito e ora il presidente della Corte dei conti francese mette in guardia dalle conseguenze dell'inazione politica.
Pierre Moscovici è presidente della Corte dei conti francese da cinque anni, la quale supervisiona le revisioni periodiche delle finanze pubbliche del Paese. Dal 2012 al 2014 è stato Ministro delle finanze francese e poi ha ricoperto per cinque anni la carica di Commissario europeo per gli Affari economici e finanziari, la fiscalità e le dogane. Un uomo che sa come gestire le casse vuote.
Di recente Moscovici ha invitato il Primo ministro, François Bayrou, ad adottare misure urgenti per consolidare le finanze pubbliche. La situazione di bilancio della Francia, ha affermato, è sfuggita di mano, soprattutto nel 2023 e nel 2024. Se non si raggiungerà presto un'inversione di tendenza, i mercati dei capitali la imporranno. “Possiamo ancora agire volontariamente”, ha avvertito il governo, “ma domani i mercati potrebbero imporre misure di austerità”.
Per ora regna la calma nei mercati obbligazionari
Una volta che le tessere del domino iniziano a cadere, la situazione precipita: gli investitori si liberano in massa dei titoli di stato francesi, i rendimenti aumentano, i prezzi crollano e rifinanziare l'enorme debito pubblico del Paese diventa ancora più costoso. Già oggi il pagamento degli interessi assorbe il 10,6% del bilancio statale francese, all'incirca la stessa cifra destinata all'istruzione. Con l'aumento del debito, il margine di manovra fiscale si riduce.
Con un debito sovrano al 114% del PIL, la trappola potrebbe scattare inaspettatamente. Per ora i funzionari europei continuano a puntare il dito contro gli Stati Uniti, i cui indici di indebitamento sono simili, ma nessuno può dire per quanto tempo questa tattica di sviamento funzionerà. Il rischio di credito si materializza all'improvviso, di solito senza preavviso.
Punto di non ritorno
Ciò che sappiamo è questo: un rapporto debito/PIL superiore al 100% è già considerato critico. A quel punto anche ambiziosi sforzi di riforma raramente bastano a uscire dalla situazione critica e a meno che il Paese indebitato non emetta la valuta di riserva mondiale, saranno i mercati dei capitali a emettere il loro verdetto, come abbiamo visto durante la crisi del debito dell'Eurozona quindici anni fa.
Ciò che segue è familiare: l'intervento della banca centrale per mantenere liquide le finanze pubbliche, azionando la stampante monetaria e trasferendo il conto ai cittadini attraverso l'inflazione.
La Francia non è mai stata nota per il suo conservatorismo fiscale. Anni di stallo politico, maggioranze mutevoli e coalizioni instabili hanno spinto i deficit annuali ben oltre la soglia del 3% di Maastricht. Nel 2024 il deficit ha raggiunto il 5,8% del PIL. Anche con le prime misure di risanamento, si prevede che quest'anno rimarrà al 5,5%, ben al di sopra dell'obiettivo.
Nessuna ripresa economica in vista
Se i policymaker francesi contano su una ripresa della crescita economica, potrebbero rimanere delusi. A maggio l'indice dei direttori degli acquisti (indice PMI) per il settore manifatturiero si è attestato a 48,1 e per i servizi a 49,6, entrambi in territorio di contrazione. I PMI riflettono il sentiment delle imprese, valori superiori a 50 indicano crescita e inferiori, invece, una contrazione. Sono considerati indicatori precoci delle tendenze economiche e industriali.
In altre parole: nonostante – o forse proprio a causa – dell’ingente spesa pubblica, l’economia francese è bloccata in recessione.
Rischio di contagio
La crisi fiscale che si sta profilando in Francia è più di una semplice tragedia nazionale. Insieme a Germania e Italia, la Francia è sottoposta a un attento esame da parte di analisti e investitori di tutto il mondo. Parigi riuscirà a portare a termine il consolidamento fiscale? La fiducia nell'affidabilità creditizia della Francia è instabile da anni. Nel 2023 Moody's è stata l'ultima grande agenzia di rating a declassare la Francia dal rating AAA, assegnandole un outlook negativo.
Se i mercati dei capitali dovessero ulteriormente declassare il debito francese, le conseguenze si estenderebbero all'intera Eurozona. Qui vale la vecchia regola: o si resta uniti, o si muore divisi. I mercati obbligazionari tendono a passare da un anello debole all'altro, rivalutando rigorosamente l'affidabilità creditizia in situazioni di crisi. Chi vacilla paga interessi più alti, o perde del tutto l'accesso al mercato. Moscovici lo sa bene.
La pressione sui governi nazionali sta aumentando: o si vara una riforma di bilancio drastica, o si aumenta il carico fiscale sui cittadini.
L'eccezione francese
La Francia è un caso speciale. Con un rapporto spesa pubblica/PIL pari al 57,3%, il suo Stato sociale si colloca tra quelli più pesanti al mondo. Di conseguenza la pressione fiscale complessiva è salita al 45,6%, ben al di sopra della media UE di circa il 40%. I cittadini stanno già rinunciando a quasi metà del loro reddito per mantenere le illusioni assistenziali di Parigi.
La pace sociale viene comprata con denaro che non esiste più, finanziata dal debito e sostenuta dall'illusione della sovranità fiscale. Quando persino il massimo revisore dei conti del Paese chiede un consolidamento, una cosa è chiara: la situazione sta per farsi seria. L'equilibrio sociale stesso, fondamento del patto politico ombra che tiene a bada i disordini nelle banlieue, è in gioco.
La storia ce lo insegna: quando i governi tagliano i programmi sociali in Francia, la pace sociale crolla e le periferie – da Parigi a Marsiglia a Lione – vanno a fuoco.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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